Questa pandemia ci sta insegnando a ragionare su come stiamo vivendo il presente

Ma anche a riflettere sulle diverse sfumature di grigio delle nuvole che si avvicinano dall’orizzonte minacciose

Nostra nota introduttiva                                                                                                                        
Riceviamo e pubblichiamo senza entrare nel merito per quel senso di responsabilità che un giornale dovrebbe avere non volendo rischiare di fornire ai lettori deformazioni della realtà. Una sola noticina per ricordare 45.000 persone ammassate a San Siro per la storica partita Atalanta.Valencia più le altre migliaia, tante, ammassate in bar, pizzerie, circoli e via dicendo. Tutti immuni da virus???
Pubblichiamo dunque come faremo se qualcuno avesse da dire la sua su quanto segue (NdD)
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Da Silvano Marini:
"Al Direttore.

Di solito quando si scrive ad un giornale lo si fa per criticare, ma alcune volte anche per riflettere . Detto ciò, mi auguro che questa pandemia ci stia insegnando a ragionare su come stiamo vivendo il presente, ed anche a riflettere sulle diverse sfumature di grigio delle nuvole che si avvicinano dall’orizzonte minacciose. Forse nel dramma che stiamo vivendo c’è una grande opportunità: quella di ritrovare noi stessi, quella di ritrovare una buona ragione per stare al mondo. Ma vi è anche l’opportunità che questa pandemia diventi uno spunto costruttivo per riflettere sulla   organizzazione e gestione sanitaria sul territorio. La gestione centrata sull’ospedale e sulle terapie intensive si è dimostrata insufficiente per l’esiziale pandemia . Il ruolo della Medicina generale che dovrebbe essere fondamentale per la diagnosi e terapia in tempi rapidi dai primi sintomi dell’infezione, è stato anche in Valtellina nella maggioranza dei casi latitante: si è nascosto dietro la “foglia di fico” delle mascherine. Nel corso dell’emergenza, l’assunzione di responsabilità dei governi regionali per intervenire rapidamente a contenere i focolai dell’epidemia è stato visto come sottrazione di potere dal governo centrale, causa di nefasti ritardi. Per rimanere in Lombardia, dobbiamo premettere che con i suoi 10 milioni di abitanti in un territorio densamente popolato, la Regione ha dovuto subire, per prima in Europa, una violenza che non ha paragoni con il resto d’Italia.  Ora che la situazione sta lentamente migliorando e la mente è più lucida, iniziano a emergere grandi domande su come è stata combattuta questa emergenza. Dove e come sono morti i 16.000 lombardi? Tachipirinati a casa con inappropriati antibiotici, ossigenati senza cura farmacologica nella propria abitazione, o intubati in ospedale? E nelle Rsa? Perché nella vicina Baviera, la più simile alla Lombardia dal punto di vista socioeconomico e demografico, c’è stato 1 decesso ogni 20 infettati mentre in Lombardia 1 ogni 5? A questa domanda i nostri esperti rispondono che i tedeschi non conteggiano i deceduti che hanno malattie gravi concomitanti, mentre noi contiamo arbitrariamente anche i moribondi che decedono per, e quelli che decedono con il coronavirus. Che in Baviera il basso rapporto infettati / morti sia dovuto solo alla differente classificazione dei decessi è tutto e da dimostrare! E più verosimile invece, che i tempestivi esami del sangue effettuati dai medici di base nei poliambulatori territoriali dei Land, non abbiano lasciato il tempo alla malattia d’acuirsi nell’ammalato. Il tempo che passa dal sintomo all’inizio della terapia cambia l’esito della malattia infettiva. Austria e Germania hanno saputo guarire 4 su 5 dei contagiati con cure non ospedalizzate anche se avevano posti letto di terapie intensive per 100.000 abitanti quattro volte più di noi. Infatti da quello che ci dicono oggi coloro che  studiano l’evolversi dell’infezione, è il coagulo venoso del sangue a formare i trombi, che causano nella maggior parte dei casi i decessi, in particolare degli anziani.  Domandiamoci anche il perché oggi il rapporto numerico infettati / morti non ha più un andamento lineare proporzionato come a inizio pandemia. Oggi la mortalità con alla base lo stesso numero di infettati sintomatici, in terapia intensiva oppure a casa, sta diminuendo; si è, dunque, rotto il trend.  Forse perché il darwinismo sociosanitario del covid 19, forte con i deboli (anziani) e debole con i forti, dopo avere eliminato i più deboli inizia a indietreggiare? O forse che le terapie mirate e tempestive con la farmacopea esistente , anche senza vaccino, diminuiscono le morti da questo virus? Ma ci viene raccontato che il covid-19 a ogni mutazione diventa sempre più “ buono”( sembrerebbe una giustificazione geniale!)  per nasconderci il fatto che le cure sono tanto più efficaci quanto prima inizia la terapia.  
Ogni anno, però, le agenzie degli studi epidemiologici delle Regioni e dello Stato in collaborazione con i cd. Risk management ospedalieri ci forniscono i dati con le percentili sulle morti evitabili, in ambito ospedaliero e sociosanitario territoriale, (prevenzione, diagnosi precoci e cure non appropriate, ecc…) sarebbe interessante sapere, nel prossimo anno, come verranno classificate le morti di questa pandemia e quante di queste 33.000 erano evitabili. In conclusione, in attesa dell’immunità di gregge e che il randello mediatico televisivo smetta di agire come farmaco anestetico sulle nostre menti,  aspettiamo che le autorità competenti ci spieghino cosa non ha funzionato nella fallimentare gestione sanitaria della pandemia  per fare emergere la verità, non teologica, ma intesa come accertamento delle eventuali responsabilità  per omissioni o colpe. A ciascuno il suo.
Silvano Marini

Sondrio  13/06/2020

Angolo delle idee