Questa volta: Il difficile caso dell’eutanasia
Eccomi qui a scrivere al giornale non per una
dissertazione divertente e piacevole, ma per esaminare
una questione ostica ed imbarazzante. Infatti, tra le
varie controversie che accompagnano (e inaspriscono) i
temi angoscianti del nostro tempo, conversando domenica
scorsa - dopo un generoso pranzo a base di pesce - con il
mio primogenito, ci siamo trovati inaspettatamente
ad affrontare il difficile caso dell’eutanasia.
All’affermazione di mia nuora, la quale
sosteneva, al riguardo, che il progresso scientifico e
tecnologico trasforma sempre più i problemi della vita e
della morte da naturali in artificiali, nel senso che fa
aumentare il controllo sociale sui momenti fondamentali
di accesso e uscita dalla vita, io ho aggiunto che
questo è ancor più vero se si pensa che viviamo in un
mondo in cui quasi più nessuno muore in casa propria, e
gli ospedali sono attrezzati in modo da poter ritardare
la morte in senso tecnico per periodi relativamente
lunghi di tempo. Ma, riflettendo con calma su questi
discorsi il giorno dopo, nella quiete della mia casa, mi
sono chiesta: se fosse veramente questo il quadro
globale della situazione concernente l’eutanasia, quale
sarebbe, allora, il vero valore della vita?
Effettivamente questa imprevista e fortuita conclusione
equivarrebbe proprio ad un invito allo scetticismo.
Tanto è vero che, se affermassimo ciò, a questo punto
saremmo costretti edonisticamente ad affermare che la
fede è inutile nella ricerca del valore della vita e
che, in ogni caso, la negazione del trascendente può
servire da viatico che ci accompagna nel nostro cammino,
essendo appunto inutile porsi la domanda su cosa
troveremo una volta giunti a destinazione.
Viceversa, io
- da cattolica apostolica romana - vorrei invitare i
nichilisti che la pensano così a guardare, invece, alla
vita come a una scelta criticamente orientata in senso
religioso. Di fatto, il valore della vita, a mio parere,
dipende dalla capacità di seguire virtuosamente i
percorsi esistenziali che ci indica la nostra fede,
insieme interessanti per noi e giustificabili da un
punto di vista morale secondo la nostra fede cattolica e
la nostra coscienza, valori che ci mettono al riparo dai
pericoli intellettuali che possono provenire sia da un
eccessivo attaccamento alle cose dovuto al materialismo
sia dallo scetticismo sempre più dilagante e di moda.
Senza dimenticare che lo sforzo più grande di esistere
non è non abituarsi a morire, ma pensare- come viene
oltretutto ribadito proprio oggi, Giorno delle Ceneri-
che questo nostro cammino terreno è solo temporaneo e
che, quindi, non è la ricerca della morte indolore, o di
altri edonismi effimeri, il fine per cui siamo stati
creati.
Ernesta Aloisi
GdS - 20 II 05 - www.gazzettadisondrio.it