ARGOMENTI PROPOSTI DA Mario PULIMANTI: 1) ANNA MAGNANI 2) GIOVEDÌ E VENERDÌ SANTO 3) PASSAGGIO PASQUALE
1) ANNA MAGNANI
Entro in un bar.
Mando giù una birra.
Un amico mi stringe la mano.
Dà un'occhiata al suo orologio digitale da quanttro soldi: "Scusami tanto ma devo scappare. Mia moglie mi sta aspettando".
E sparisce.
Rimango seduto per un pò.
Un'altra birra.
Scura.
Santo Dio, chissà perché sto pensando a una collega.
La prima volta che ho posato gli occhi su di lei, mi ha lanciato uno sguardo così cattivo che mi sono fatto il segno della croce.
E da allora non é cambiato nulla: risposte monosillabiche, occhi che si evitano, quello strano sguardo cattivo.
Con lei non sono a mio agio.
Una persona negativa e noiosa.
Non c'è più niente da fare.
Rischia di trascinarti, psicologicamente, al suo stesso livello.
E' un buco nero di disperazione.
Scuoto la testa.
Sul bancone, una rivista.
Con Nannarella in copertina.
Quel giorno del 1973 è stato uno di una lunga serie di giorni tristi, segnati dal grigio dell'inverno, che ogni tanto viviamo.
Quel giorno é morta Anna Magnani.
Ah, dimenticavo: mi chiamo Mario. Sono romano. Abito a Ostia. E considero Anna Magnani la massima rappresentante del teatro e del cinema neorealista italiano.
Certo, il centenario della sua nascita, il 7 marzo, poteva anche essere celebrato meglio, come del resto è avvenuto nel 2007, per gli anniversari di Rossellini, Soldati e Visconti.
Forse la Magnani non gode di quella popolarità diffusa che ormai guida le strategie di marketing dell'industria e della cultura.
Cavolo, non é nemmeno disponibile in dvd la sua interpretazione più celebre, la Pina di "Roma città aperta!"
E dire che noi italiani, da più di cinquant'anni, abbiamo negli occhi e nel cuore quella corsa disperata dietro il camion tedesco che metteva la parola fine al suo più grande personaggio.
Dopo cento anni, il suo volto identifica ancora il cinema italiano nel mondo. Nel 1955 ottenne l'Oscar come migliore attrice protagonista per "La Rosa Tatuata" di Daniel Mann.
La sua paura dell'aereo e la convinzione di non vincere non la fecero andare a Hollywood.
Difatti non presenziò alla cerimonia e non aspettò sveglia le notizie dagli Stati Uniti.
Il giornalista che con una telefonata la svegliò per darle la notizia ebbe difficoltà a convincerla che non si trattava di uno scherzo.
Due anni dopo ottenne un'altra candidatura per "Selvaggio è il vento"
di George Cukor.
Tennessee Williams, che per lei ha scritto "La rosa tatuata" ha detto:
''Non ho mai incontrato una donna più bella. Non posso fare a meno di seguire il nome di Anna Magnani da un punto esclamativo''.
Ehm...lei, nata a Roma il 7 marzo del 1908, ha amato sempre la città eterna, dove ha abitato fino alla sua morte nel 1973.
Occhi di brace.
Capelli sempre arruffati.
E scuri.
Una proverbiale impulsività.
Mi sembra di sentire ancora la sua risata.
Irridente.
Canzonatoria.
Gioiosa: la risata di Nannarella.
Pino Daniele le ha inoltre dedicato "Anna verrà" .
Una bella canzone.
Barcollo.
Un tizio mi guarda "Stai in guardia, amico. Birra scura. Una fottuta dinamite, amico".
"Ehm...davvero?"
Annuisco, sorridendo, e mi guardo intorno, sperando che si sbagli.
Wow. Adesso sono seriamente agitato.
Mi sento come se mi avessero dato un pugno nello stomaco e sono così frastornato che a malapena riesco a tenere la testa dritta.
Mi sgranchisco le gambe.
Una passeggiata sul lungomare mi farà bene.
Che birra.
Forte.
Mh-mh. Come la personalità di Nannarella.
La nostra magnifica "lupa romana".
2) GIOVEDÌ E VENERDÌ SANTO
20 marzo.
Questo è l'ultimo vagone della metro di Ostia.
Sono seduto con un libro sulle ginocchia ma non riesco a concentrarmi.
C'è una ragazza seduta di fronte a me, intrappolata in uno stato leggero di sonno, con la testa che le ciondola, sempre più in basso, ogni volta che la metro oscilla, finché non inizia a cadere e si tira su di botto. Più in là c'é una ragazza dark.
La intravedo mentre sale.
Mi passa davanti e si siede più in là.
Capelli corvini, vestita tutta di nero.
Pelle nera, scarpe nere, rossetto nero.
Il viso è bianco cadaverico per il trucco.
E' leggermente gobba, con i capelli che le cadono delicatamente sul viso. La bocca spalancata, le labbra nere allungate e strette sui denti bianchi.
Sbadiglia.
Il treno rallenta.
Ma non si sveglia quasi mai e così è come se non dormisse mai davvero.
Vicino a lei c'è un ragazzo che sembra malato.
Ancora più giù nel vagone c'è una rifugiata dell'Europa dell'Est che elemosina qualche spicciolo con il bambino in braccio.
Sono veramente organizzati.
Si incontrano in un viale vicino alla Stazione della Piramide per organizzare i turni.
Stazione Lido Centro. Scendo.
Bus 01. Salgo.
Fermata di Piazza delle Repubbliche Marinare. Riscendo.
Via Zambrini. Studio medico.
Il dottore alza lo sguardo dalla sua scrivania.
"Ha i trigliceridi alti. Quante bustine di zucchero consuma a settimana?"
"Cinque". E' una piccola bugia bianca. Sono arrivato a cinque bustine lunedì, ma poi ho smesso di contare, così sono rimasto a cinque bustine. "Niente zucchero. Niente alcool. Per un paziente con i suoi valori di trigliceridi, il rischio di attacco al cuore, infarto o trombosi cresce drasticamente."
Improvvisamente sono tanto, tanto spaventato.
Il cuore batte violentemente.
Sudore sulla fronte.
Il dottore alza lo sguardo.
I suoi occhi sono finestre su un cielo di pieno inverno.
"Lei appartiene a un gruppo statistico con rischio elevato."
Fuori dallo studio medico si sta facendo buio e fa veramente freddo.
Il traffico è rumoroso nell'aria umida di Ostia.
Salutandomi, mentre dava un'occhiata all'orologio, il dottore mi ha ricordato che a causa della mia età…e dei miei trigliceridi… si manifesteranno presto vertigini, stanchezza e perdita della libido.
E' tutto finito. Io sono finito. Scandaloso.
Un senso di paura cresce dentro di me.
Terrore esistenziale.
Lo zucchero, l'alcool, il sesso: senza di loro, cos'altro rimane?
Mi sento vecchio, stanco e inutile e persino spaventato.
Simonetta é delusa.
Lei si lamenta di me.
Dice che avrebbe voluto, al posto mio, un uomo estremamente affascinante, simpatico, socievole, persino un po' comico, ma nello stesso tempo serio e maturo, una figura rassicurante.
Senza trigliceridi.
Senza sbalzi di umore.
Che non si facesse problemi su nulla.
Non frivolo né pesante.
Un cavallo vincente.
Reputa suo marito (io) emozionante tanto quanto il lunedì mattina.
Anche io voglio lamentarmi.
Cioè, lo so che non posso.
Infatti è la cosa più difficile di tutte.
Non puoi lamentarti.
Chi ascolterebbe un uomo di cinquantadue anni che si lamenta del colesterolo in un mondo fatto di miseria infantile, guerra, droghe e malattie?
Nessuno.
Persino io non mi ascolterei.
"Armageddon non risparmierà nessuno".
Rimango incredulo.
Il tizio sembra un Testimone di Geova.
Ha i capelli cortissimi, una camicia bianca e una targhetta con il nome. Non riesco a leggerla.
Decido di lasciar chiacchierare Simonetta.
Prima le parole.
Per un istante vengo a saper che la fine del mondo é vicina, anche se non capisco esattamente di cosa il ragazzo intenda metterci in guardia.
Ben presto però ne capisco davvero il senso.
Isterismi integralisti.
Poi i saluti.
Infine, il vuoto e il silenzio.
Poi siamo pronti per partecipare alla riunione scolastica.
Per l'occasione si dovrà discutere del bullismo.
Da nonno Angelino ho imparato pazienza, diplomazia, comprensione.
Inizio a innervosirmi.
Con un movimento della gamba faccio volare in alto il cellulare, lo raccolgo al volo e lo metto in tasca.
Dalla folla dei docenti e consiglieri scolastici si leva un timido applauso.
C'é poco da dire.
Dopo infinite rassicurazioni sull'inesistenza di episodi di nonnismo scolastico, riesco a strappare al mio inconscio un grido di dissenso.
Con tutti gli occhi puntati addosso, cerco di comportarmi come le donne, che assumono un'aria di distaccata nonchalance.
Sono già in preda al panico.
Tutte le facce si voltano verso di me.
Facce lunghe, facce corte, facce grasse e facce magre.
Stanno tutte aspettando.
Devo aggiungere qualcos'altro: "Bene. E' bello essere qui oggi".
Silenzio.
La delusione aleggia nell'aria.
Devo essere in grado di comunicare le mie idee con energia e passione.
Ma tutto quello che riesco a dire è "No, no, perdonatemi! Le cose son andate diversamente. Non si sono verificati episodi di bullismo."
Un brusio d'ammirazione serpeggia nell'aula.
"Mi dispiace -aggiungo- é che...é che sarebbe così bello se gli stipendi dei dipendenti statali venissero agganciati a quelli dei parlamentari". L'entusiasmo é via via aumentato: grida d'incitamento, applausi, urla di approvazione.
Simonetta maschera il proprio sconcerto.
Sbatto le palpebre.
Mi sono schierato.
Sono sceso troppo in basso.
E' una guerra in trincea.
Mi accorgo di non aver fatto i conti con la stanchezza solo al termine della riunione.
Torniamo a casa.
Appena il tempo di cenare.
Mi sveglio in piena notte.
Succede sempre così.
Mi addormento. mi sveglio un'ora dopo, il cuore batte come un martello pneumatico.
Non c'é modo di dormire.
Probabilmente rimarrò in questo stato per delle ore.
Terrore nero.
Il peggio del peggio.
Vado al bagno.
Mi guardo allo specchio: ho i capelli bianchi e un nuovo set completo di rughe sulla fronte.
Ritorno a letto.
Sento un senso di calore al fianco.
Poi vedo solo la luce della radio-sveglia.
Nient'altro.
E' l'alba quando mi risveglio.
Una luce fioca filtra dalla finestra vicino al mio letto.
Cerco di voltare la testa.
Vedo Simonetta seduta al mio fianco.
"Sei già sveglia" le dico.
E' inamovibile.
"Ho preso una decisione" dice lei semplicemente.
"Ma c'é la partita!"
A nulla valgono i miei tentativi di dissuaderla, di farla ragionare.
Si parte.
A1. Per Collevecchio.
Guardo i cartelli.
Sono cartelli bianchi, rossi e verdi.
Grandi, piatti, rotondi.
C'è qualcosa scritto sopra.
Scritte bianche e nere.
Guardo le scritte e i cartelli ma sento che c'è qualcos'altro che dovrei fare.
Mi rendo conto che non li sto leggendo.
Li sto soltanto guardando.
Li attraverso con lo sguardo.
Simonetta guida fissando la strada, piegata in avanti.
Un enorme suv ci passa accanto velocemente.
C'è un adesivo con la scritta "Forza Roma. Daje Lupi" sul paraurti.
Un clacson strombazza.
"Ce l'aveva con noi?"
Simonetta mi lancia un'occhiata, poi torna a guardare la strada: ""Non so. Credo di sì, forse".
"Dobbiamo spostarci".
Una Ferrari ci passa accanto a bassa velocità nella corsia interna.
E' incredibilmente bella.
Ci troviamo a Vescovio.
E' un posto romantico, certo.
Una Basilica.
Un giardino.
Un parco.
Simonetta é seduta, mi dà le spalle, guarda la vallata davanti a noi.
Indossa un cappotto nero e i suoi capelli sono tutti arruffati.
Sono capelli molto belli, ma si annodano con facilità.
Entriamo.
Mi guardo intorno.
L'interno della Basilica è sorprendentemente grande.
L'aria è fresca.
Qui c'è pace e quiete, distacco totale dal frastuono della vita quotidiana.
Riesco a sentire il mio cuore.
Bum bum. Bum bum.
Ci sediamo su una panca vicino all'entrata.
Il posto è deserto.
Un Santo con il naso rotto mi fissa dall'alto.
Raggi di sole passano attraverso le vetrate istoriate riversando schizzi dorati, rossi, verdi, sul mio viso.
Sono immerso nei miei pensieri.
Oggi è venerdì santo.
Ventuno marzo.
Sembra di stare in un altro mondo.
Si festeggia l'arrivo della primavera, ma nei mercati è già possibile acquistare le fave.
E si notano gli anticipi di fioritura di azalee e mimose, così come quelle di coltivazioni precoci, come il nocciolo e il cipresso.
Tabella di marcia in anticipo anche per il susino ornamentale e il gelso. E fioritura anticipata anche di melo, pero, pesco, susino albicocco e ciliegio.
Fioriture impazzite per i cambiamenti climatici dovuti all'effetto- serra. Rabbrividisco: oh, accidenti, lavoro al Ministero dell'Agricoltura. Dunque so che, mentre tutta l'ortofrutta arriva a maturazione insieme, stravolgendo logistica e prezzi di mercato, va cambiato l'approccio alla questione climatica e al risparmio idrico perché gli sprechi non sono in agricoltura, ma nelle piogge non raccolte negli invasi e nelle dispersioni della rete idrica.
Un ristorante.
L'occasione di mangiare bene e di parlare di cucina con il gestore.
I sapori di una volta? Non ci sono più.
"Nell'ultimo mezzo secolo -dice infatti il proprietario del ristorante
- è cambiato praticamente quasi tutto: non solo tendenze e mode ma fin la carne e gli ingredienti, che non hanno lo stesso sapore di una volta. A volte, ma non per nostalgia, preparo i piatti d'un tempo, magari a casa: il coniglio in umido, ad esempio, o i bocconcini di vitello. Il loro sapore, tuttavia, non è quello che ricordo. Perché ogni cosa è mutata. Preferisco allora cimentarmi in nuovi progetti, in ricette diverse. Ed è quello che fanno i giovani cuochi di oggi. Ben venga la sperimentazione, allora, e il desiderio di creare qualcosa di nuovo. Ma attenzione a non perdere il sapore e il gusto: una piatto che soddisfa gli occhi è bello, come la tavolozza di colori di un artista della pittura, ma deve anche e soprattutto soddisfare il palato, lasciare un ricordo di gran piacevolezza."
Rientriamo in macchina.
Accendo lo stereo.
Pino Daniele.
Per festeggiare i trent'anni di carriera Pino Daniele é uscito con un cofanetto di tre cd dal titolo "Ricomincio da 30", dedicato alla memoria dell'amico Massimo Troisi.
Insomma, un vero e proprio ritorno alle origini.
Con questa raccolta il cantautore ha voluto raccogliere i momenti più belli della sua storia musicale, come cantante, autore e musicista.
Cinquanta canzoni.
Niente male, Pino.
Pomeriggio.
Siamo tornati.
Cineland.
Bene.
"Questa notte é ancora nostra".
Con Nicolas Vaporidis.
Massimo e Andrea lavorano in una ditta di onoranze funebri e hanno una band rock.
Ma per ottenere il sì dal discografico di turno (Franco Califano) devono trovare una cantante solista cinese. Ottima commedia basata sulla contrapposizione, con simpatici equivoci e battute divertenti.
Cavolo, con humour nero oltretutto.
Sera.
In tivvù, la Via Crucis del Colosseo.
Quest'anno i testi delle meditazioni sono stati pre¬disposti dal cardinale Joseph Zen Ze-kiun, arcive¬scovo di Hong Kong, con ampi riferimenti alle Chie¬se di tutta l'Asia.
Quindi anche alla Cina, dove si soffre per motivi legati alla po¬ vertà, alla guerra, alle persecuzioni.
Il Papa regge la croce nelle ultime tre stazioni. In prece¬denza è stata sostenuta dal cardinale Ruini, da una donna cine¬se, da un malato in carrozzella e da due barellieri, da una fa¬miglia della diocesi di Roma, da due frati di Terra San¬ta e da due africani.
Ma ora basta.
Il tempo delle parole é finito.
3) PASSAGGIO PASQUALE
Il cuore della fede cristiana è nell'annuncio pasquale, che risuona da duemila anni nel mondo: "Cristo, nostra speranza, è risorto!"
Credere, infatti, che Gesù è risorto, significa accettare la testimonianza degli Apostoli, poveri pescatori di Galilea, che hanno sperimentato dal vivo l'evento della risurrezione. La loro fede era debole, incerta, carica di dubbi. Eppure, andarono in tutto il mondo, predicando il Vangelo. Ma che cosa spingeva la gente ad accogliere il loro messaggio? Noi siamo fatti per amare e, quando sperimentiamo una esperienza di questo genere, ci sentiamo rinascere e proviamo una profonda soddisfazione. Ben presto ci accorgiamo che si tratta di momenti occasionali, che spesso deludono le aspettative, che pure ci hanno suscitato. E poi c'è la morte, che sembra distruggere ogni possibilità di amore e di felicità. Per sempre. Tutto ha un termine, un limite, dovuto alle sofferenze, al distacco dalle persone più care.
Eppure in noi resiste l'esigenza di una speranza che apre il cuore a desideri e attese, che vanno oltre ogni limite. Quando diciamo ad una
persona: "Ti amo", sentiamo che quell'amore desidera permanere oggi, domani, sempre. Appunto.
Pasqua bagnata, fortunata come le spose.