8 30 38 DELL'UTRI E GHEDDAFI, QUALCHE RIFLESSIONE

DELL'UTRI

Mi viene spontanea qualche riflessione in merito alle farse di fine estate alle quali stiamo assitendo.

La prima riguarda Marcello Dell'Utri a Como.

Come si sa il 30 agosto scorso il senatore del PdL, amico di Silvio Berlusconi, è stato ospite a Parolario come bibliofilo che ha acquistato i presunti diari di Benito Mussolini.

Al senatore è stato impedito ogni tipo di intervento da una contestazione crescente organizzata.

Glauco Peverelli, Presidente di Parolario, ritiene che tutti abbiamo perso un'occasione: i contestatori quella di capire la genesi dei diari del Duce, il contestato quella di esporre le sue ragioni, la città di offrire un segno di democrazia.

In linea generale potrei essere d'accordo con Peverelli: impedendo a Dell'Utri di parlare abbiamo dato dimostrazione di mancanza di senso democratico. Vorrei, però, ricordare che gli organizzatori della manifestazione non potevano trascurare il fatto che Dell'Utri avrebbe potuto creare qualche problema e, forse, non era il caso d'invitare una persona a trattare di un argomento di dubbio interesse quale poteva essere quello della presunta autenticità dei diari mussoliniani. La cosa fu organizzata con la certezza di uno scoop? Beh...se è così potrebbe essere riuscito a Dell'Utri che ha fatto pubblicità al suo prossimo libro ed a Parolario che s'è meritato la cronaca un po' più ampia sui media nazionali e forse internazionali.

Mi piace anche pensare,però, che dare la patente di mancanza di democrazia a chi ha contestato un po' duramente e fors'anche maleducatamente il sen. Dell'Utri è affermazione a senso unico: lo stesso senatore - che più volte ha dichiarato di essersi candidato al Senato per schivare i processi - avrebbe mostrato maggiore senso di democrazia (nella quale dice di credere) se avesse accettato i processi a suo carico e avesse pregato la Magistratura di fare chiarezza al più presto possibile, evitando le dilazioni procedurali che purtroppo la legge consente e che lasciano nei cittadini il dubbio che un esponente che siede democraticamente (?) fra i banchi del Parlamento Italiano sia in odore di mafia e di evasione fiscale. Medesimo ragionamento applicherei valutando la posizione del nostro Presidente del Consiglio.

Se, certamente, fu poco rispettoso della democrazia chi ha impedito al senatore di parlare, non si può dire che il senatore stesso mostri grande rispetto per la democrazia cercando in ogni modo di svicolare dai processi.

Dei due, qual'è l'atteggiamento più grave? Quello di chi si fa scudo del Parlamento per dilazionare sine die ogni giudizio o quello di cittadini che sono puniti anche solo per aver bruciato il semaforo giallo e che ricordano ad un senatore che sarebbe meglio che non occupasse quel posto?

GHEDDAFI

Vengo alla seconda farsa di fine estate: il ricevimento in pompa magna del colonello Gheddafi a Roma.

Businnes ist businnes, dicono molti accreditati giornalisti commentando le carnevalate romane.

Sono d'accordo: il trattato di Bengasi ha messo fine a contenziosi pluridecennali fra i due Paese (Italia e Libia) e ci ha procurato qualche altro affare redditizio che potrà essere non male in tempi di magra come quelli che stiamo vivendo.

Mi chiedo, però, se il business debba essere la sola anima delle trattazioni diplomatiche o se non sia necessaria anche un po' di decenza che dovrebbe far premio sul mero businnes.

Transeat per le palandrane con cui s'abbiglia il colonnello (a cui non possiamo certo imporre la mise), transeat per le tende che dobbiamo allestire perchè non ce la fa a dormire un paio di notti in albergo, e transeat per i cavalli berberi, le cinquecento fanciulle pagate che hanno seguito le lezioni di Corano, ma...non c'è un limite alla richiesta di un bel po' di miliardi di dollari per impedire l'immigrazione (cosa che mi sa molto di ricatto)?

Non c'è un limite alla predica sulla necessità della conversione dell'Europa all'Islam? E non c'è un limite alla genuflessione continua con cui il TG1 ha seguito l'avvenimento ed alla dichiarazione di difesa di un giornalista come Sandro Sallusti (vicedirettore del "Il Giornale" e Direttore de "L'Ordine" di Como) che quasi lo paragona al Papa affermando che Gheddafi ha fatto in Italia quello che il Papa fa quando va in Africa?

In dialetto comasco-milanese i nostri vecchi, assistendo a queste farse, avrebbero detto:"Un quei v'un l'ha perduu ul capiss" (qualcuno ha perso la Trebisonda).

Non le sembra che sia il caso di fermare il giornalismo gridato (che non fa riflettere), la notizia urlata (che quasi sempre risulta infondata), l'assioma "gli affari prima di tutto" e riflettere su una società che continua a rincorrere l'effimero non riuscendo più a cogliere l'essenza dei valori?

Molto cordialmente.

Ernesto Miragoli

www.webalice.it/miragoli

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