POSSIAMO FARCELA! 12.7.10.12
Difendere l'economia di un territorio è difendere la vita stessa delle persone, lo sviluppo sociale della comunità, la possibilità di realizzare il bene comune.
Difendere l'economia di un territorio significa evitare ogni e qualsiasi azione che possa minacciare la sicurezza e la coesione sociale della comunità di persone che ci vivono; significa, per coloro che ricoprono responsabilità di rappresentanza del medesimo, spogliarsi di ogni pretesa individualistica di status, di successo e di interesse personale. Significa votarsi solo ed esclusivamente al bene comune.
Questo concetto etico, sembra essere estraneo alla politica della provincia di Sondrio. Non sto puntando il dito contro nessuno, lo sto solo mettendo su una piaga che esiste da molto tempo, che sembrava in via di guarigione dalla fine degli anni '70 e fino alla alluvione del 1987, per poi precipitare nuovamente nel protagonismo individualista della classe dirigente politica da una parte e, dall'altra, da un vassallaggio codino, asservito al potere, delle varie categorie sociali.
A dare man forte a questo modo di rapportarsi tra politica e società civile sono stati i 20 anni di governo della cosiddetta seconda repubblica, dove chi ha preso il potere ha fatto ogni sforzo per delegittimare ogni aspetto positivo della democrazia (ossia la partecipazione democratica dei cittadini alla costruzione del bene comune ) a favore di una liberalizzazione coatta degli affari privati, col sostegno del denaro pubblico (vedi legge Valtellina ).
A dimostrazione di ciò, ci sono: a )- le trame dei trafficanti che hanno fatto scempio del territorio di fondo valle; b )- costose infrastrutture avviate e rimaste al palo, dopo devastanti ferite causate all'ambiente (SS. 38 ); c )- elargizioni, favori e privilegi concessi ad aziende senza protocolli di garanzia (vedi la Riello ) a favore dei lavoratori coinvolti. Tutto questo a spese di milioni di euro dei contribuenti, senza che i cittadini abbiano tratto alcun concreto giovamento.
Praticamente si sta ripetendo analoga situazione di quanto è successo negli anni '60, quando si elargirono contributi di denaro pubblico (BIM) a favore di aziende provenienti dall'esterno senza sottoscrivere protocolli di garanzia per i lavoratori coinvolti. Il numero delle aziende "avventuriere" beneficiate e che in seguito hanno dichiarato default è molto alto, ne cito una come emblema: la Brevetti Val Berkel di Prata Camportaccio. Quella situazione mise in luce la debolezza della politica economica e sociale che veniva praticata in Valtellina e Valchiavenna. A farlo furono i sindacati che con fatica, insistenza, determinazione e aspre lotte, aprirono una nuova stagione di rapporti democratici con la politica, coinvolgendo le istituzioni locali e il governo regionale. Come ho ricordato sopra, quella stagione si concluse con l'evento alluvionale del 1987 e di quella esperienza non è rimasto nulla. La politica non ha tratto nessuna lezione, e i sindacati erano impegnati più a litigare fra loro sulle strategie nazionali, anziché pensare al territorio .
Oggi, diversamente dagli anni '60, la situazione economica e socio politica è molto diversa. L'economia ha assunto connotati nuovi, i mercati spaziano a livello globale. Le società multinazionali hanno in mano il gioco e insieme alla finanza padroneggiano a livello mondiale sempre in cerca di nuovi profitti. Di fronte a questa nuova situazione, i governi degli Stati dimostrano di essere impotenti e incapaci di tenere sotto controllo i fenomeni. Fine di un 'epoca? SI! Il riscatto da questa situazione è però possibile, ma sarà duro e lungo e dovrà partire dal basso, dai territori. Bisognerà coinvolgere la gente su progetti che utilizzino con intelligenza le risorse locali (intelligenze umane, materie prime, energia, ambiente naturale ). In buona sostanza bisogna ripristinare la democrazia partecipativa, che per troppa disattenzione abbiamo abbandonato da troppo tempo, abbagliati da un sistema che si è dimostrato fallimentare. Certo, per fare tutto questo ci vogliono aiuti e questi devono arrivare dallo Stato. E se lo Stato continua ad essere assente e disattento verso i nuovi bisogni, bisogna cambiare la classe dirigente e politica che lo governa. Anche questo è possibile, se noi prendiamo coscienza della potente arma che abbiamo: il voto.
Valerio Dalle Grave
Nostra nota
Dobbiamo una correzione. Negli anni '60 con la DC maggioranza assoluta, la polemica scorreva a fiumi, quali che fossero gli argomenti. Una delle leggende metropolitane protrattasi per molto tempo era il cosiddetto "fallimento della politica industriale del BIM'. Chi è venuto negli anni successivi ha preso questo come dato assoluto. Non è così. Innanzitutto ricordiamo che a quel tempo stavano finendo i grandi lavori per gli impianti idroelettrici che avevano toccato punte di oltre 10.000 occupati. Stiamo parlando dei primi anni 'sessanta' quando gli occupati nel settore elettrico scesero a poco più di un migliaio. Poteva nascere una situazione drammatica. Non ci fu proprio per la politica seguita dal BIM (Della Briotta, principale oppositore, ebbe a scrivere negli anni '70 che se il BIM non ci fosse stato si sarebbe dovuto inventarlo...). In 10 anni,come documenterò in un prossimo articolo, a fronte di un investimento comp'lessivo a mutuo di 6,989 miliardi la spesa del BIM a riduzione interessi fu di 317,2 milioni. A fronte di 8,559 miliardi di investimento complessivo assistito non sugli interessi ma da contributo parziale l'intervento totale a contributo fu di 1371 milioni. L'effetto moltiplicatore é evidente. Senza incentivi quelle attività in gran parte non ci sarebbero state e dunque neppure i posti di lavoro relativi. Aggiungasi che il meccanismo finanziario - definito "geniale" da economisti - prevedeva che le operazioni fracessero capo alle banche. Erano loro a valutare e a rischiare. Erano quindi loro a valutare l'affidabilità di un'azienda. Non c'era rischio di clientelismo politico o simili. Si ricordano i due-tre casi di aziende saltate (emblematca la Berkel che, significativo anche questo, aveva stupito un po' tutti perchè fra i dipendenti aveva assunto anche due giardinieri per le aiuole esterne...). Innanzitutto non dimentichiamo la crisi congiunturale (1964) che qualche stress ad attività appena partite lo aveva provocato, qui e altrove. In secondo luogo sta il fatto che chiusa un'attività non si chiusero i cancelli perchè in quei capannoni subentrarono quasi subito altre aziende e quindi, quel che più conta, altrettanti lavoratori. Infine quando si invoca, giustamente magari, il metodo della programmazione 'non conme in passato' si compie un falso storico visto e considerato che proprio il BIM procedeva per programmi che avevano poi specifici regolamenti. Evidentemente un po' di memoria storica serve e non solo per una valutazione del passato ma fors'anco per attingere, per ricavarne qualche utile suggerimento per il presente.
Frizziero