ARGOMENTI PROPOSTI DA Mario PULIMANTI: 1) G8 2) SONO UN EMERITO IMBECILLE 3) OSTIA

1) G8

Molti, ritenendo che il mondo non è mai stato tanto vicino alla distruzione, affermano che molte sono le cause di questa corsa alla distruzione, a cominciare dalla gravissima scarsità di acqua, petrolio, gas, carbone e altre risorse naturali.

I paesi ricchi come Stati Uniti, Giappone e Cina si sono accaparrati la fetta più consistente di queste risorse, lasciando alle nazioni più povere gli avanzi.

Io, uomo di pace, ritengo che il problema trascende quello, storico e complesso, di chi ha e chi non ha.

E' fondamentalmente una questione di ignoranza e intolleranza, elementi pressoché inscindibili. Quasi mai ci si imbatte nell'ignoranza senza la sua perversa gemella, l'ignoranza.

Alcuni, invece, ritengono che la fine del mondo é sì vicina, ma per motivi di ordine morale.

Pazzi fanatici. Adepti al culto di Geova che credono in un'ecatacombe purificatrice, che spazzerà via ogni corruzione e riporterà Geova nel mondo, dopo che questo sarà stato purificato.

Io, a mia volta, ritengo indispensabile il ruolo del G-8, indispensabile per affrontare i crescenti problemi comuni.

Oltre ai temi economico-finanziari e del rincaro delle materie prime, il G-8 ora tratta i problemi dell'Africa e dell'ambiente, la proliferazione nucleare, il terrorismo e la pirateria.

Il G-8 fu costituito nel 1975 da un nucleo originario di cinque Paesi - Usa, Francia, Germania, Regno Unito e Giappone - per affrontare la crisi monetaria di allora. Italia e Canada vi entrarono poco dopo e la Russia nel 1998.

Alle sue riunioni partecipano varie organizzazioni internazionali e, da qualche anno, cinque fra i maggiori Paesi emergenti: Cina, India, Brasile, Messico e Sud Africa (G-5) . Progressivamente, il G-8 ha poi ampliato le sue competenze. Oggi si interessa anche di sicurezza, economia ed ecologia. È un foro informale, con un summit annuale a livello di Capi di Stato e di Governo e varie riunioni ministeriali.

Non vi vengono assunti impegni vincolanti.

Le sue raccomandazioni, di conseguenza, sono purtoppo spesso disattese. La revisione della composizione e dei compiti del Gruppo non rientra nell'agenda della riunione che dal 7 al 9 luglio si terrà in Giappone, ad Hokkaido.

Forse verrà inserita in quella del Summit del 2009 con la presidenza italiana. Sarà un compito arduo, che impegnerà a fondo la nostra diplomazia, tanto più che il G-8 è l'unico organismo mondiale a cui l'Italia partecipa a pieno titolo.

La crescita dei Paesi emergenti potrebbe delegittimare la sua partecipazione al gruppo. All'Italia converrebbe -per mantenere il proprio rango- un G-8 a geometria variabile, con l'attuale nucleo permanente, a cui si aggiungerebbero di volta in volta le potenze emergenti, a seconda degli argomenti trattati.

Del resto la situazione in Africa è peggiorata, nonostante la crescita del Pil dovuta alle entrate dalle materie prime, ma di cui si appropriano le sue corrotte ed inefficienti classi dirigenti.

L'Asia ha oltre ogni ottimismo già superato gli obiettivi di sviluppo del millennio, fissati dall'Onu nel 2000. Essi tra l'altro prevedono che, tra il 1990 e il 2015, il numero di persone con reddito inferiore ad un dollaro al giorno e di quelle che soffrono la fame venga dimezzato, e che l'educazione elementare venga estesa a tutta la popolazione. La povertà e la fame in Africa sono invece peggiori di quelle del 1990.

Sono poi destinate ad aggravarsi per l'aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Potrebbero scoppiare carestie, rivolte e guerre civili; aumentare criminalità, terrorismo e fondamentalismo; originarsi incontenibili ondate immigratorie verso il Nord. Tali rischi andrebbero fronteggiati con massicci aiuti finanziari, con la distribuzione di sementi e fertilizzanti, con l'approvazione del Doha Round, con la rinuncia a produrre etanolo dai cereali e con l'eliminazione dei sussidi pubblici alle agricolture occidentali.

Nel G-8, tutti si dichiareranno d'accordo con tali misure, ma nessuno assumerà impegni vincolanti. Quindi, non se ne farà niente. D'altronde, è sempre accaduto così dal 2005, quando Tony Blair collocò l'Africa al primo posto delle priorità del G-8.Per l'ambiente, si auspicherà l'adesione degli Usa e della Cina al Protocollo di Kyoto.

Si discuterà anche degli emendamenti da proporre al Trattato di Non Proliferazione, nella Conferenza di Revisione del 2010. Potrebbero consistere nel divieto di costruire impianti per l'arricchimento dell'uranio e per il riprocessamento del combustibile spento, volto a recuperare il plutonio. In compenso, si sottolineerà come la creazione di uno o più banche mondiali di rifornimento delle barre garantirà il combustibile ai Paesi che hanno rinunciato a produrlo in proprio.

Per il terrorismo e la criminalità sarà come al solito auspicato il supporto tecnico ed addestrativo da parte dei Paesi avanzati a favore di quelli emergenti. Qualcosa di più concreto, ad esempio pattugliamenti congiunti, potrà essere previsto per contrastare la pirateria, aumentata negli ultimissimi anni.

Per i partecipanti, il summit di Hokkaido sarà un'occasione d'incontro, allietata dalle immancabili manifestazioni no-global. I problemi principali verranno rimandati al summit 2009, quando vi parteciperà il successore di Bush. Anche per questo, la presidenza italiana del G-8 sarà molto impegnativa.

Spengo il pc.

Arrossisco fino alla punta delle orecchie.

E' che…mi piacerebbe un G-8 risolutivo.

Un sogno?

Forse.

2) SONO UN EMERITO IMBECILLE

Ostia. Attraverso il cortile acciottolato di Piazza Rendina, vicino Corso Duca di Genova. La macchina è parcheggiata in fondo alla piazza., davanti al cancello che separa Faber Beach dal mare. Giro la chiavetta dell'accensione e premo energicamente sul pedale dell'acceleratore. La macchina si risveglia tossicchiando. Mi porto sul lungomare, mentre la velocità aumenta in modo lento, ma regolare. Tiro giù il finestrino, inspiro una boccata di quest'aria fresca che mi schiaffeggia il viso.

Sfrecciando lungo le strade del litorale, oltre il Pontile e la Rotonda, mi sento più potente di come sono in realtà. Una piacevole illusione. Non mi permetto di pensare a Simonetta, alla distanza che in questo momento sembra crescere tra noi due. Dopo otto o nove chilometri di dune e mare, la strada che sto percorrendo diventa la via principale di Torvajanica, la località più vicina. C'è un mercato nel mezzo della strada costeggiata da lunghe file di bassi edifici con le facciate di colore bianco. Alcuni sono adibiti a negozi, altri immagino siano le case di vacanzieri romani. Fermo al semaforo, ne approfitto per frugare nel borsello alla ricerca di una mentina. Parcheggio. Entro in un bar.

Bevo un cocktail. Penso che sono nato a Testaccio, ho vissuto tanti anni alla Garbatella e ora mi ritrovo a Ostia. Non l'ho mai detto a nessuno, ma tutte le volte che penso che sono un pendolare sento la tristezza calarmi addosso come una nebbia. Ormai vedo il mondo con gli occhi completamente diversi e non posso fingere che non sia così. Mi sento un nodo allo stomaco. Non vedo, comunque, nessuna ragione valida per andare a stare altrove. Sembro sul punto di iperventilare. Falso allarme. Sono un emerito imbecille (non è possibile, sennò non potrebbe scrivere su "La Gazzetta di Sondrio"! - ndr). Scoppio a ridere. Proprio così.

3) OSTIA Eccomi qui: mi chiamo Mario e vivo ad Ostia. A mia moglie Simonetta che afferma che io, dall'alto dei miei 52 anni e quasi ottantacinque chili di peso, comincio a somigliare sempre di più al fratello gemello di Oliver Hardy, sono solito rispondere che anche Einstein non era bello, però che fisico!... Ma bando alle distrazioni. Dicevo che abito ad Ostia. Esattamente a Corso Duca di Genova, all'altezza di Piazza delle Repubbliche Marinare. Da casa mia, per andare al Porto di Ostia, si deve purtroppo percorrere la zona di Nuova Ostia, da alcuni definita il ghetto di Ostia. Oltretutto è a Nuova Ostia, in via dell'Idroscalo, che è stato ucciso Pier Paolo Pasolini in un luogo desolato, polveroso e abbandonato, come il monumento a lui dedicato, scrostato e in rovina. La cronaca ci racconta che la mattina del 2 novembre 1975 in un campo in via dell'Idroscalo fu scoperto il cadavere di un uomo. Sarà Ninetto Davoli a riconoscere il corpo di Pier Paolo Pasolini. Nella notte i carabinieri fermarono Giuseppe Pelosi, detto "Pino la rana", alla guida di una Giulietta 2000 che risulterà di proprietà proprio di Pasolini. Pelosi, interrogato dai carabinieri, confessò l'omicidio. Raccontò di aver incontrato Pasolini presso la Stazione Termini, e dopo una cena in un ristorante, di aver raggiunto il luogo del ritrovamento del cadavere; lì, secondo la versione di Pelosi, Pasolini avrebbe tentato un approccio sessuale, e vistosi respinto, avrebbe reagito violentemente: da qui, la reazione di Pelosi che culminò nell'omicidio del grande poeta-regista. Ma questa è un'altra storia. Ora vorrei parlarvi di quello che accade per arrivare al Porto di Ostia. Niente di male se si ha l'accortezza di percorrere il Lungo Mare. I problemi sorgono, invece, se si ha l'incauta idea di addentrarsi per le zone interne di Nuova Ostia Qui, tra strani individui che scorazzano per vie ad angolo retto, circoli culturali e sezioni politiche coesistono fianco a fianco con i negozietti a gestione familiare in cui si possono cambiare assegni, pagare bollette e comprare parrucche, artigianato africano, liquori e mobilio vario. Molti degli edifici più vecchi sono deserti e parecchi sono recintati o sigillati da porte metalliche coperte di graffiti. Dietro le strade più affollate, elettrodomestici a pezzi aspettano che qualcuno venga a razziarli e la spazzatura si ammonticchia agli angoli delle case e davanti ai marciapiedi. Erbacce e giardini di fortuna invadono i lotti abbandonati. Le affissioni reclamizzano gli spettacoli dei teatri di Ostia, il Pegaso, il Fara Nume, ma anche il più importante Teatro Nino Manfredi, mentre centinaia di manifestini coprono pareti e staccionate, annunciando spettacoli e show di qualche compagnia locale di attori semisconosciuti. I ragazzi si raccolgono a gruppetti. Passando con la mia macchina a via Forni, vicino a Piazza Gasparri, nel cuore di Nuova Ostia, ho notato alcuni di loro che seguivano la mia macchina -non riconoscendola come una della zona- con cautela, diffidenza e, in qualche caso, con aperto disprezzo. Non mi è, comunque, venuto in mente di parcheggiare. Infatti in queste vie, nell'inferno di sporcizia e di violenza con bestemmie che piovono da tutte le parti, è pericoloso parcheggiare. O, meglio, ritrovare la macchina dopo il parcheggio. O comunque, l'autoradio, la ruota di scorta, gli specchietti laterali, le targhe, le tendine di Topolino, i seggiolini, i cerchioni delle ruote, il volante, i fari, i tergicristalli. La gente è pronta a tutto per mettere insieme venti euro. Ma pure dieci. Il giorno dopo, in un attimo di follia, ho ripercorso, e questa volta a piedi, lo stesso tragitto. Camminavo, quindi, sotto i pilastri di cemento di Nuova Ostia toccandomi continuamente la tasca di dietro per tastare il portafogli. In questi posti non sai mai chi puoi incontrare. Un secondo ci vuole che ti hanno rubato anche i trigliceridi che hai nelle arterie. Una volta proprio sotto i pilastri di Piazza Gasparri ci stavano accampati due barboni. Uno di questi è il famoso clochard Elia. Poi tutti i giorni gli rubavano i cartoni e i panni che raccoglievano dall'immondizia e alla fine se ne sono andati via. Troppo degradante anche per loro. E, per Elia, destinazione Chiesa di Nostra Signora di Bonaria, dove, per tantissimo tempo è stato accampato di fronte alla parrocchia, in un modo non proprio conforme alle regole dell'igiene, tenuto conto che non è possibile definire salubre, pulito e sterilizzato l'ambientino che si era costruito. Ed ora l'alloggiamento-bivacco di Elia si può notare davanti al centro commerciale "l'Aquilone". Questo mi ha fatto riflettere. L'aumento della povertà e delle disuguaglianze sociali, con il relativo insorgere di nuovi modelli di marginalità sociale ed economica, è un fenomeno comune a tutti i paesi occidentali. Per quanto riguarda le povertà estreme come quella di Elia, la presenza di un consistente numero di persone senza casa costituisce un elemento ricorrente di marginalità sociale nei paesi economicamente avanzati, come l'Italia. Io ritengo che per fronteggiare soddisfacentemente il problema le amministrazioni locali dovrebbero poter mobilitare una persona ogni mille abitanti, come affiancatore di un emarginato grave (sia un suo familiare o un volontario o un operatore stipendiato) per far avanzare gradatamente la persona che esce dall'emarginazione. Difatti, riassumere in carica questi cittadini espulsi dalla piena cittadinanza comporta certamente il costo di un coinvolgimento tanto dell'amministrazione pubblica, quanto delle reti di solidarietà. A mio parere questa è la sola strada da seguire per aiutare persone come Elia, permettendo loro di poter tornare a vivere come persone normali ed evitando, tra l'altro, che loro stessi possano diventare veicolo di gravi infezioni sia verso loro stessi che verso gli altri. Ma torniamo alla mia passeggiata dell'altro giorno a Nuova Ostia. Non è facile comprendere le dinamiche di questa zona, né cercare di capire quali sono i motivi profondi del disagio e della poverta' che si respirano camminando lungo le sue vie oscure e tristi. Non è facile superare le barricate che separano la cosiddetta Ostia da Nuova Ostia che è, senza dubbio, la zona più desolata del Lido. E' certo che sono pochi coloro che, consapevoli di un contesto sociale tanto pericoloso e di un clima particolarmente turbolento, intendano trasferirvisi neanche per trascorrere un breve soggiorno. E non vorrei esagerare dicendo che mi sembra un ambiente abbandonato a se stesso intriso di sofferenza e delusione, dove vigono regole dure e brutali. Ma è purtroppo quello che penso. Ritornando indietro, però, verso Piazzale della Posta, lo scenario cambia: gli edifici deserti sono stati abbattuti o ristrutturati, i cartelloni fuori dai cantieri mostrano quali residenze idilliache presto rimpiazzeranno le costruzioni preesistenti. Difatti la zona appena limitrofa a Corso Duca di Genova, infine, è bella e alberata, con marciapiedi puliti. Le file di vecchi edifici sono in buone condizioni. Ci sono i bloccasterzo ai volanti delle auto, anche se il parco macchine include anche vecchie Fiat od improbabili Skoda. Andando avanti si esce finalmente da Nuova Ostia. Prima di arrivare sotto il mio portone c'è un palazzo di arenaria, con la facciata ricca di decorazioni scolpite nella pietra ed il ferro battuto di un nero lucente sotto il sole della tarda mattinata. E più avanti due splendide palazzine risalenti agli anni sessanta. Parcheggio vicino a quella di destra, davanti alla fermata dello 01. "Ecco, questa è casa mia".

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