IL TEATRO SI CHIUDE 11 4 18 46

Ci vuole coraggio.

Per vivere.

Un coraggio da eroi.

A quanti fiumi di ingiustizia bisogna assistere in una vita intera.

Un'inondazione ininterrotta.

Ci sarebbero tutti i presupposti per effettuare una sequenza multipla di omicidi e andare a dormire candidi e rilassati, senza rimpianti.

L'ho capito solo ora.

Ora che nulla può più alterare il mio battito cardiaco.

Qualche volta ho inciampato, convulso, nella mancanza di senso di quello che stavo facendo e questi attimi laceranti mi hanno fatto soffrire come un cane zoppo e randagio.

Tutte le repliche hanno una fine.

E finiscono pure tutti i copioni.

E io sto esaurendo gli uni e gli altri.

Il teatro si chiude.

Torno a casa.

Mi infilo a letto.

Fuori sta piovendo.

Mi addormento.

E, dopo anni di mancanza, faccio un sogno.

Questo.

Ho nove anni e papà mi tiene per mano.

Sposto lo sguardo alla mai destra e anche mio nonno mi tiene per mano.

Camminiamo lungo via del Cavone, in un sabato mattina assolato ed invernale che non tornerà mai più.

Indosso, con orgoglio adulto, un piccolo cappotto marrone.

Fa freddo ma io ho le mani calde.

E sono felice. Perché sono al sicuro.

Come non lo sono stato mai più.

Loro sono allegri.

Poi, all'improvviso, senza motivo, domando quando accadrà che loro moriranno.

E loro, senza scomporsi, con grande sicurezza, mi dicono che loro non moriranno.

Io ci credo.

E sorrido mentre guardo, intorno a me, una campagna ancora pulita.

Invece mi stavano mentendo.

E, da quell'istante, sono cominciati tutti i miei guai.

E tutte le mie gioie.

Il sole è tramontato.

Il sogno è terminato.

Ma io, da quel momento, non mi sono più svegliato.

Ancora un attimo, papà.

Arrivo, arrivo.

Ci vediamo a Collevecchio.

Mario Pulimanti

Mario Pulimanti
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