SEGNI, AN, LA LEGA E UNA NOSTRA NOTA

Riceviamo e pubblichiamo:

A me, cresciuto in una famiglia rigorosamente antifascista (mio padre non fu mai iscritto al partito fascista e negli anni '30 la sua chiamata in una prestigiosa università fu cancellata dal ministero per motivi politici), il destino ha riservato una frequente convergenza con Alleanza Nazionale nelle battaglie istituzionali. Dal '96 ad oggi il partito di Fini è stato un alleato importante nelle battaglie referendarie per il maggioritario, e in quelle per il presidenzialismo e la Costituente. Non sempre il comportamento è stato coerente. Pochi mesi fa, all'inizio della crisi, l'abbandono della campagna referendaria fu clamoroso e ingiustificato. Ma ho sempre pensato che il passaggio dal partito postfascista ad una destra europea fosse un grande passo per la democrazia italiana, e che il maggioritario spingesse fortemente in questo senso. Credo che la formazione di un centrodestra unito che confluisca nel Partito popolare europeo sia la conclusione logica di questo cammino. Se la elezione di Fini a Presidente della Camera aiuta il processo, va salutata positivamente.

Ma Fini sbaglierebbe a considerare completata la missione sua e del suo partito. Non basta far nascere un partito unico di centro destra. Bisogna capire che cosa nasce, quale è la identità e l'obiettivo del nuovo soggetto. E il ruolo di AN non è solo quello di abbandonare il postafscismo, ma quello di fare della nuova destra il portatore di una serie di valori terribilmente carenti nell'Italia di oggi, e che solo una destra europea e moderna può rilanciare: il senso dello Stato, della legalità, del dovere, dell'unità nazionale. Funzione particolarmente importante perché gli altri soggetti della coalizione non possono riproporre questi temi. Nella lunga campagna contro i giudici Forza Italia ha in conclusione diminuito il senso della legalità e della forza della legge. E la Lega sta diffondendo, e non solo al Nord, il discredito della Nazione, delle sue istituzioni, della sua unità. A me pare, in conclusione, che ad AN spettasse, in questo quadro, il compito di rilanciare in forme moderne il significato e il valore della unità italiana e del rafforzamento delle sue istituzioni.

Ma devo dire con tutta sincerità che sinora questo non è avvenuto. Fu debole, a suo tempo, la resistenza contro la linea di esasperato federalismo e contro il Sud che caratterizzò la riforma costituzionale del 2005, e che ne provocò la sconfitta referendaria. Inesistente è, negli ultimi tempi, ogni alternativa alla Lega, che ha una strategia ancora imprecisa nei suoi contenuti istituzionali, ma chiarissima nella azione quotidiana di denigrazione dello Stato, della nazione, nell'insulto verso il mezzogiorno. Con una campagna martellante il partito di Bossi sta convincendo una parte sempre maggiore di italiani che stare insieme è un errore, che il Nord avrebbe tutto da guadagnare nell'andarsene per i fatti propri , che l'unico problema della Padania è lo Stato italiano con la sue leggi, con le sue tasse, con l'euro (che dovremmo ringraziare tutti e tenercelo stretto se non vogliamo finire come l'Argentina).

Sottovalutare queste cose significa fare la politica dello struzzo, e rifiutarsi di guardare quello che capita attorno a noi. La campagna dei movimenti estremisti fiamminghi, identica a quella della Lega nelle rivendicazioni e negli slogan, ha portato un anno fa il Belgio sull'orlo della scissione. Fini e il suo partito (non solo loro naturalmente) dovrebbero ricordarselo. Sarebbe drammatico se la destra, nata per rilanciare l'Italia, dovesse minare la sua unità.

Mario Segni

Nostra nota

Una visione, sia consentito, "romanocentrica". Lo diciamo non per entrare nel dibattito politico ma per correggere una visione dei problemi da un angolo non ottimale. Diciamo questo non a difesa della Lega - che non ha bisogno di avvocati - ma con riferimento ad una provincia, la nostra, che nelle recenti elezioni per la Camera ha dato il 37% alla Lega, la percentuale più alta in Italia.

Terreno dunque ideale per diffondere, come scrive Segni, "il discredito della Nazione, delle sue istituzioni, della sua unità", per "azione quotidiana di denigrazione dello Stato, della nazione, nell'insulto verso il mezzogiorno"?. Nulla di tutto questo in Valtellina e Valchiavenna, ma anche in altri centri lombardi ove la Lega ha avuto un alto livello di consensi. Sarebbe bene che a Roma si guardasse alla periferia (per Roma lo è anche una regione di più di nove milioni di abitanti, altro che Svizzera o Belgio!, come la Lombardia, come pure lo sono la Sicilia o il Veneto) con ben altro respiro, magari ricordando quello che aveva la Roma latina. Un respiro in base al quale il barbaro rinunciava alla conquista pur di poter avere il diritto di dire "cives romanus sum". Sono i due pesi e due misure che alimentano la diffidenza verso Roma. Un solo esempio: un tragico episodio di violenza a Roma provoca l'intervento del Governo Prodi, precedenti altri massacri al nord no. Si stanno accorgendo molti perfino a sinistra che il fenomeno Lega al nord va diversamente analizzato, ci pensi anche Mario Segni. Un tempo alle lamentele per i continui ritardi dei treni, acuiti da misure demagogiche per cui i TEE doveva no mettersi in fila dietro i convogli per pendolari che si fermavano a tutte le stazioni, veniva la risposta, ebete ma allora valida in quanto "ideologica", che la puntualità dei treni era una cosa fascista. Stiamo attenti a non compiere un errore simile. Alle proteste per la delinquenza extracomunitaria rispondere che è una proposta della Lega, alla permeabilità delle carceri, alla lentezza dei processi, al carico fiscale e via dicendo rispondere che si tratta di posizioni della Lega. Eccetera. Quando a sinistra si sono accorti nelle ultime elezioni che parte degli operai della Thyssen e di altre aziende sino a ieri gioielli del movimento sindacale e dell'ortodossia anche comunista votava Lega è cominciata una riflessione. La Lega come sintomo di un male profondo, per cui addirittura Lega come speranza. A sinistra! E Segni no?

NdD

Mario Segni
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