4 23 (Aggiornamento del 23.4) DIBATTITO: SETTE VESCOVI IN UN MESE

Dal 20 marzo al 23 aprile 2010 dalla chiesa cattolica si sono dimissionati sette vescovi. Tutti per casi di pedofilia praticata e/o sottaciuta.

Se le cose andassero avanti di questo passo entro la fine dell'anno salteranno altre 70 guide di diocesi il che farà la gioia dei preti carrieristi che sono lì ad aspettare d'essere giubilati da qualche parte ed intanto fanno la prova davanti allo specchio come starebbero abbigliati di mitra e pastorale, ma si porrebbe un problema serio: quante altre teste mitrate potrebbero saltare a causa della pedofilia clericale?

La chiesa cattolica è stata investita da un contagio di peste che sembra la stia decimando e non servono proclami tranquillizzanti da parte della Curia Romana, nè riconoscimenti ad un papa (il primo nella storia) che su questo argomento è inflessibile.

Serve, piuttosto, compiere riflessioni un po' più articolate.

Pubblicisti ben più autorevoli del sottoscritto hanno già sgomberato il campo dal primo equivoco: il prete è pedofilo perchè è costretto al celibato. Condivido in pieno chi combatte questo equivoco perchè a mio avviso la pedofilia non è frutto della continenza sessuale forzata del clero di rito romano, ma di una deformante e deformata visione della sessualità che deve essere ricondotta all'immaturità sessuale del soggetto (maschile o femminile) che, nel caso, è prete o suora, ma potrebbe essere insegnante o muratore con moglie o marito.

C'è un secondo equivoco che serpeggia: il colpevole silenzio dei gerarchi. Tacquero, troncarono, sopirono, tacitarono con favori, ma non denunciarono o si autodenunciarono. Sono additati oggi, a ragione, al pubblico ludibrio come sporcaccioni, ma non ho ancora trovato un autorevole pubblicista che ricordi un concetto: tali persone si credono (e come tali si presentano) depositari di una morale che si rifà direttamente ad un Dio Incarnato che, negli anni della sua vita terrena, ricordò:"...se uno di voi scandalizza uno di questi piccoli, è meglio che gli sia appesa al collo una macina da mulino e sia precipitato nel profondo del mare. E' inevitabile che vi siano scandali, ma guai a quell'uomo che è motivo di scandalo!". La conseguenza di questa riflessione è ovvia: se tali persone passano con tanta leggerezza su un precetto del loro fondatore, come possono autenticamente testimoniarlo nella vita ed essere "sale che dà sapore, lievito che fermenta, lampada sul moggio?"

Questa riflessione va spinta fino alla fine: occorre che la gerarchia si tolga i paramenti e condivida con il popolo dei credenti una profonda rifondazione di un cristianesimo che da secoli si fonda più sull'esteriorità di un rito che sull'interiorità di un messaggio; sulla riproposizione di uno stantio schema pastorale che sulla ricerca di un nuovo modo di vivere il kerigma apostolico; sulla ricerca di un modus vivendi con la secolarità (tramite concordati, operazioni finanziarie e via elencando) che sull'impegno di essere "segno di contraddizione".

La peste dello scandalo della pedofilia che ha investito la gerarchia cattolica è un dono ed una provocazione dello Spirito Santo che Gesù ha lasciato che guidasse la sua chiesa dopo la sua Ascensione. Lo Spirito provoca i Pastori a riflettere sulla necessità di gettare gli orpelli che in secoli di quieto vivere hanno oscurato la perla del messaggio dell'Amore ed a lavorare di scalpello per ridarle splendore.

Ma sembra che i gerarchetti locali questa provocazione non la colgano. Continuano a girare le loro diocesi a prendere gli applausi nelle inutili e burocratiche visite pastorali, a mascherarsi per presiedere faraoniche celebrazioni liturgiche in cui si autocompiacciono di pronunciare dotte ed inascoltate omelie, a contemplare il loro prezioso anello al dito nei palazzi episcopali caldi d'inverno e freschi d'estate.

Ernesto Miragoli

Ernesto Miragoli
Approfondimenti