ARGOMENTO PROPOSTO DA Fabrizio TARANTO (x): OLIMPIADI DI PECHINO, BOICOTTARE NON SERVE ALLA CAUSA DEL TIBET. GLI ATLETI E LE DELEGAZIONI POSSONO DIVENTARE ALFIERI DELLA LIBERTA'

Si avvicina a grandi passi l'appuntamento olimpico e, di pari passo con la crescente repressione attuata dal regime cinese in Tibet, prende corpo il dibattito intorno alla necessità o meno da parte del mondo libero di boicottare i giochi.

Non si tratta certo di strumentalizzare un appuntamento che deve restare un evento sportivo cui da millenni la politica lascia il passo rispettosamente sospendendo addirittura le guerre, come accadeva nell'antichità: sarebbe però assurdo non cogliere l'occasione per indurre il governo cinese a ragionare sulla necessità di rispettare i diritti umani e i diritti civili di tutti e far sentire al tempo stesso al popolo tibetano la solidarietà del mondo intero.

Se è vero che lo sport è sinonimo di civiltà e di sano confronto reciproco è anche vero che esso può e deve essere veicolo attraverso il quale affermare i valori del rispetto fra i popoli.

In quest'ottica le Olimpiadi sono senza dubbio più pericolose di un eventuale boicottaggio, il quale farebbe di fatto male alla causa tibetana relegandola, dopo l'iniziale notizia del boicottaggio, di nuovo nel sostanziale oblio nel quale giace periodicamente da innumerevoli anni: non andando a Pechino correremmo in altre parole il rischio di far precipitare velocemente nell'ombra la situazione della Cina, riportando di fatto una sconfitta per la libertà.

La comunità internazionale ha una notevole arma per costringere il governo di Pechino ad arrestare la propria morsa sul Tibet: essa non consiste certo nel costringere i propri atleti a disertare i campi sportivi, quanto nell'invitare gli stessi ad una collaborazione nella costruzione della libertà del popolo tibetano. Se nulla verrà concretamente attuato dal governo cinese per concedere diritti umani, civili e politici alla gente del Tibet da qui alla cerimonia di inaugurazione dei giochi perché non chiedere a cento, mille o magari tutti gli atleti delle delegazioni che sfilino e gareggino portando un segno di palese solidarietà nei confronti degli oppressi dal regime di Pechino?

Perché non impegnare il mondo politico affinché capi di stato ed ambasciatori presenti durante tutti i giochi, testimonino anch'essi in modo evidente la loro solidarietà e il loro amore per un mondo libero nel quale non esista più oppressione per nessun popolo da parte di un altro?

Come potrebbe il governo cinese nascondere al mondo ed anche ai propri cittadini un evento di solidarietà così enorme? Come potrebbe sottrarsi al peso delle proprie responsabilità?

Il rispetto dei diritti nazionali del popolo tibetano è questa volta, come forse mai in passato, nelle mani della comunità internazionale: essa deve cogliere al volo l'occasione storica per mettere a frutto, al cospetto di una platea veramente mondiale come quella interessata alle Olimpiadi, il conseguimento di obiettivi minimali quanto sacrosanti di rispetto dei diritti civili e politici in Tibet.

(x) Presidente Centro Studi Destra per l'Italia - Patria e Tradizione

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