NON SI RIESCE A TIRARE LA FINE DEL MESE, MA QUANTO INCIDE IL CARO-PETROLIO? DATI INEDITI: IL PESO SULLA FAMIGLIA (QUASI SETTE MILIONI DI VECCHIE LIRE!).. DATO EVIDENTE: STATI IMPOTENTI

Dati comprensibili a tutti

E’ un continuo, in TV, sui mezzi di informazione, nei discorsi di economisti, politici, sindacalisti: “non si riesce a tirare la fine del mese”. Molteplici e complesse le cause ma nessuno si cala nel dettaglio per vedere quale peso abbia sulle famiglie il vertiginoso e non giustificato aumento dei prezzi del petrolio. Qualche Associazione di consumatori parla di incidenza sulle famiglie di circa 400 €uro/anno. Il Comitato Cittadini Consumatori Valtellina ritiene che si debba analizzare meno superficialmente la situazione fornendo non dati macroscopici da addetti ai lavori ma dati comprensibili anche al caricatore d’alpe o alla massaia che non ha potuto andare oltre la quinta elementare.

L’Italia è più povera. Lo siamo tutti

Il conto è presto fatto: L’Italia è più povera per via del vertiginoso maggior costo del petrolio. Lo sono per conseguenza i 59.131.287 italiani.

Nello scorso anno l’Italia (dato ufficiale) ha importato 654 milioni di barili di petrolio. Teniamo fisso questo valore.

Oggi, a 100 $ il barile, il costo per l’Italia verrebbe ad essere di 65,4 miliardi di dollari, e cioè 44.489.795.920 €uro pari a 86.144.257.140.000 vecchie £ire, oltree 86.000 miliardi dunque.

La quota che grava su ogni famiglia di 4 persone (1.682.235.602 per uno) è di 6.728.942.407, quasi sette milioni in un anno!, vecchie lire.

Gli aumenti

Importa anche vedere quali sono stati gli aumenti.

- Rispetto al 2006: Omettendo i dati intermedi la famiglia di quattro persone si trova sul gobbo un maggior costo di oltre due milioni di vecchie lire (2.231.864), altro che 400 €uro in più!

- Rispetto alla media dell’ultimo triennio: maggior costo di quasi tre milioni (2.913.661)

- Rispetto al 2003: maggior costo di 4.562.793 sempre di vecchie £ire.

E ci è ancora andata bene, sotto questo profilo, per via dell’€uro forte rispetto al dollaro debole, dato che le forniture per fortuna non le paghiamo in €uro ma in dollari.

Dove vanno questi soldi?

Cosa sta succedendo? Non è più come un tempo quando ci furono aumenti del prezzo stabiliti dai Paesi produttori, OPEC in particolare. Oggi invece non va a loro il surplus. Si è stabilito un vero e proprio cartello del mercato petrolifero mondiale da parte di chi sta in mezzo,. C’è di fatto “un monopolio nel sistema di raffinazione con una capacità insufficiente a coprire la domanda di prodotti finiti”.

Pia illusione quella di chi pensava che con la concorrenza i prezzi avrebbero operato in favore dei consumatori. Follia, come quella del WTO, l’organismo del commercio mondiale che in nome del liberismo ha determinato e sta determinando conseguenze pesanti, con le più pesanti ancora da venire (ricordiamo la posizione contraria del sondriese Tremonti, non compresa e seguita abbastanza, in particolare per i problemi dell’apertura alla Cina, ben vista da grandi aziende e multinazionali, un guaio per tutte le altre aziende.

Politica schiacciata dall’economia

E’ venuto meno il ruolo della politica, schiacciata dall’economia. La politica mira, riuscendoci o meno, al bene dei cittadini. L’economia ha per sua stessa ragion d’essere la creazione di profitti. L’equilibrio precedente consentiva un sostanziale compromesso fra le ragioni dell’una e quella dell’altro. Lo vediamo con il petrolio. Oggi Banca europea e mondiale da un lato sono prigioniere anch’esse del vento, del tornado, liberista, dall’altro sono comunque deboli rispetto alla forza della finanza per via dell’entità dei capitali fluttuanti in giro per il mondo

Incapaci gli Stati, tutti, sia di destra che di sinistra, di intervenire, con una rassegnazione preoccupante.

Incapace l’Europa.

Incapaci persino gli Stati Uniti che sfruttano, come un tempo l’Italia, la debolezza della loro moneta favorendo la competitività delle loro aziende per salvarsi dalle crisi produttive, da quelle finanziarie ed anche, di fatto, facendo compartecipare gli altri alle enormi spese per l’Irak.

Il pericolo: la stag-flation

Pannicelli caldi di fronte ad una spirale che va verso la cosa più temibile per il cittadino qualsiasi: la stag.flation.

Aspettiamo che sia troppo tardi?

E’ ora di cominciare a protestare contro un’Europa imbelle, sapendo che questa volta non ci sono gli egoismi nazionali ma il fronte dei problemi non conosce confini. Il grave disagio del caricatore d’alpe o della massaia di cui si diceva prima, dell’artigiano di Grosio o di Caltagirone, della media impresa ed anche di qualcuna di grande, sono gli stessi di Frau Mittel e di Madame Dupont, del pescatore di Bretagna o del minatore delle Asturie, del cristalliere di Boemia o del fabbricante di bambole di Norimberga. E più a rischio è il pensionato valchiavennasco come quello abruzzese ma anche quello austriaco, lo sloveno, il belga, persino lo scozzese notoriamente parco nelle spese.

La gente esca dall’amorfo silenzio per sostenere l’azione, difficile, dei politici da portarsi, appunto, a livello europeo. I mezzi di informazione possono avere un grande ruolo. Intanto per far sapere quello che si è esposto sopra: i veri dati economico-finanziari e la grande speculazione che si sta facendo a danno sia dei Paesi produttori che dei Paesi consumatori, anche per le capacità di acquisti (di tutto: beni, società, persone) che l’accumulo si così imponenti capitali consente.

Per il CCCVa: Alberto Frizziero

Per il CCCVa: Alberto Frizziero
CCCVA