Quando i lombardi emigravano in Sicilia - Francesca Ciancia (Dal sito www.iti-itas.com) da Daniele Marconcini
 Piazzesi e Aidonesi fin dalle 
 prime volte che ci siamo affacciati fuori dal nostro piccolo 
 distretto, ci siamo sentiti chiedere dai siciliani: "Ma da dove 
 vieni?" e alla risposta "Dalla provincia di Enna" , li abbiamo 
 sentiti replicare perplessi "Eppure non sembri siciliano! ".
 - Non sembri siciliano -, ci hanno detto anche fuori dalla 
 Sicilia e non si capiva bene se voleva essere un complimento. 
 Certo è che anche l?ascoltatore meno attento percepisce nella 
 parlata, anche italiana, di un parlante galloitalico qualcosa di 
 diverso, di poco siciliano; sarà, il timbro vocalico, 
 l?incertezza con cui pronuncia le vocali atone, la "e"
 soprattutto, o le consonanti doppie che rende lene e le lene che 
 raddoppia; sarà la cadenza, forse priva di quella musicalità o 
 cantilena che caratterizzano la gran parte dei dialetti isolani. 
 Quello che è certo è che minimo ti prendono per sardo, ma 
 siciliano mai. La curiosità di capire l?arcano mi spinse, ancora 
 matricola universitaria, ad approfondire gli studi di 
 glottologia e dialettologia che mi fecero "scoprire" le nostre 
 origini "nordiche" e capire, ad esempio, perché Vittorini in 
 Sicilia scriveva di avere incontrato il gran lombardo, al bivio 
 tra Aidone e Piazza
 Armerina. Sì perché la stranezza dei dialetti di Piazza Armerina 
 e
 Aidone, ma anche di Nicosia, di Sperlinga, di San Fratello, e in 
 misura minore di altri paesi, trae le sue radici dai dialetti 
 dell?Italia Settentrionale, dal Monferrato all?Emilia, nell?area 
 appunto dei cosiddetti dialetti gallo-italici; quelli che oggi 
 parliamo sono il risultato di vari processi di integrazione e di 
 adattamento dell?originario gallo-italico con i dialetti 
 siciliani con i quali veniva a contatto o era obbligatorio 
 confrontarsi. La differenza tra i vari dialetti gallo-italici 
 sta proprio nel grado di integrazione , di apertura o addiritura 
 di cedimento al siciliano egemone.
 Certo si deve imputare a ciò se da sempre i gallo-italici di 
 Sicilia hanno sviluppato una forma di bilinguismo, per cui 
 parlavano il dialetto stretto, o vernacolo, in ambito familiare 
 e rurale, ma usavano una forma sicilianizzata per farsi capire 
 dai forestieri. Questo fenomeno, documentato in Aidone e a 
 Piazza Armerina già agli inizi del secolo scorso e forse ancora 
 prima, ha interessato di meno gli altri tre comuni dove la gente 
 orgogliosamente continua a parlare la forma che noi chiamiamo "vernacolare", 
 alla quale adegua anche i termini più moderni e tecnologici.Ma è 
 risaputo che per fumo non ci batte nessuno e così, per studiare 
 il piazzese o l?aidonese, bisogna improvvisarsi archeologi, 
 mentre per il nicosiano o il sanfratellano basta saper ascoltare 
 e registrare.
 Le ragioni dell? origine dei dialetti galloitalici di Sicilia , 
 denominati al momento della loro scoperta lombardo-siculi, vanno 
 cercate nell?insediamento di coloni provenienti dalla medievale 
 Lombardia (l?Italia settentrionale occupata dai Longobardi) al 
 seguito dei Normanni, i conquistatori della Sicilia.
 Ripercorriamo per sommi capi il contesto storico.
 La conquista normanna dell?Isola, compiuta da Ruggero 
 d?Altavilla, dura circa trent?anni, inizia nel 1060, con la 
 penetrazione nella parte nord-orientale e la presa di Messina, e 
 si conclude nel 1091, con la resa di Castrogiovanni (1088) e la 
 caduta di Noto (1091), le ultime roccaforti musulmane 
 rispettivamente all?interno e sulla costa meridionale. La 
 conquista militare è compiuta ma restano ancora molte ragioni di 
 crisi: gli arabi sono ancora numerosi e covano disegni di 
 riconquista; la popolazione è stata decimata dalle guerre; 
 l?Isola si presenta come un mosaico di culture in cui però 
 l?elemento latino, a fronte di quello arabo e greco, è in netta 
 minoranza. Ruggero per dare risposta a tutti questi problemi 
 rinforza l?elemento latino sia a livello culturale che 
 demografico, pur rispettando la cultura e le competenze di arabi 
 e greci. Così affida compiti di responsabilità ai suoi amici 
 normanni e francesi e poi, in misura sempre maggiore, ai 
 "lombardi" del continente che avevano contribuito alle guerre di 
 conquista degli Altavilla, in Italia Meridionale prima e in 
 Sicilia poi.
 L?operazione fu favorita dal matrimonio dello stesso Ruggero con 
 Adelaide, marchesa del Monferrato, della famiglia degli 
 Aleramici, che portò al seguito i suoi fratelli e molti suoi 
 conterranei; Ruggero e i suoi successori incoraggiarono, non 
 solo l?arrivo sporadico di popolazioni provenienti dal nord, ma 
 addirittura la conduzione di vere e proprie colonie, collocate 
 in maniera strategica dalla costa settentrionale a quella 
 sud-orientale passando per il centro, quasi a creare una zona 
 cuscinetto, per impedire agli arabi di oriente e occidente di 
 riunire le proprie forze. Le comunità così costituite 
 contribuirono anche a velocizzare il fenomeno di nuova 
 latinizzazione della Sicilia e in compenso ottennero notevoli 
 privilegi.Le tracce di questa colonizzazione, ancora dopo quasi 
 mille anni, si trovano nei dialetti; in alcuni paesi dell?entroterra 
 come: Aidone, Piazza Armerina, Nicosia, San Fratello e Sperlinga, 
 Novara di Sicilia, sono così evidenti che si parla ancora di 
 colonie lombarde o per meglio dire galloitaliche. Tra gli 
 insediamenti, infatti non tutti hanno mantenuto allo stesso modo 
 gli elementi caratteristici, ciò è dovuto probabilmente alla 
 quantità di coloni rispetto all?elemento indigeno e alla 
 condizione di isolamento in cui sono rimaste alcune colonie 
 rispetto ad altre più aperte all?influenza delle comunità 
 viciniori.Gli studiosi dei fenomeni linguistici per definire e 
 differenziare la situazione linguistica di queste comunità, 
 rispetto al complesso panorama dei dialetti siciliani, parlano 
 di isole alloglotte, perché veramente straniera doveva risultare 
 all?orecchio dei siciliani la parlata di queste popolazioni che 
 definivano ora "francesi" ora "lombardi".
Da Daniele Marconcini
 GdS 20 XII 2005 - www.gazzettadisondrio.it
