GIORNALISTI PER LA COSTITUZIONE

In vista delle elezioni dell'Ordine del 20/27 maggio - Presenti 350 giornalisti al battesimo del Movimento "Giornalisti per la Costituzione" - Franco Abruzzo: "Chi ha interessi privati in altri settori non può possedere giornali"

Riceviamo e pubblichiamo:

Milano, 26 gennaio 2007. La più imponente manifestazione milanese di giornalisti degli ultimi 20 anni ha fatto da cornice ieri sera - al Ristorante "Le isole" di via Pirelli 5 - alla nascita del Movimento di opinione "Giornalisti per la Costituzione". Franco Abruzzo, presidente dell'Ordine dei Giornalisti della Lombardia, sta scrivendo il programma, di cui ha anticipato alcuni punti: "Il problema centrale - ha detto Abruzzo - è quello della difesa della professione, che gli editori vogliono distruggere. Gli editori vogliono assemblare i materiali presenti nella rete utilizzando giovani precari e affidare la parte nobile, i commenti, a persone di fiducia (ambasciatori e professori universitari). Questo disegno va cont rastato con energia e determinazione. Bisogna battersi perché chi ha interessi privati in altri settori non possieda giornali. E' in corso nel nostro Paese una furiosa battaglia (soprattutto politica e non solo giudiziaria) attorno a Telecom, perché attraverso il doppino in un domani vicino passeranno, con internet, programmi tv, sport, cultura, spettacoli. Chi sarà padrone del doppino potrà condizionare la vita politica e la stessa vita democratica del Paese. Il primo passaggio è l'approvazione di una legge sullo Statuto dell'impresa editoriale, che separi proprietà azionarie e redazioni". La varietà delle opinioni sulle pagine dei giornali deve garantire il traguardo dell'obiettività minima, che si sostanzia anche nella pubblicazione di tutte le versioni circolanti su un determinato evento. Il pluralismo è un valore da coltivare. "La libertà dei media e il loro pluralismo sono rispettati" afferma solennemente la Costituzione europea. Un principio, che va costruito e implementato a livello continentale.

Alla manifestazione erano presenti tantissimi giovani giornalisti e i collaboratori di Abruzzo impegnati nella battaglia per l'Ordine professionale, visto, attraverso le regole deontologiche che sono norma, come strumento utile alla categoria per ribadire il fondamento della professione ancorata alla formazione universitaria (voluta dalla Ue), all'esame di Stato, al rispetto delle regole etiche. In prima fila il vicepresidente dell'Ordine Damiano Nigro, Gianni De Felice, Giuseppe Alberti, Ottorino Ascani, Alberto Arrigoni, Antonello Capone, Alessandr o Casarin, Fabrizio Cassinelli, Luisa Ciuni,Giuseppe Ciulla, Assunta Currà, Sergio D'Asnasch, Enrico Fedocci, Gianni Fossati, Franz Foti, don Emilio Pastormerlo, Teresa Palese, Ruben Razzante, Giacinto Sarubbi, Bruno Talamonti, Nicola Vaglia e Massimo Villa. Domenico Tedeschi, a nome di un gruppo di pubblicisti, ha annunciato l'uscita dal "Movimento liberi giornalisti" e l'adesione al nuovo Movimento. Di grande rilevanza la vecchia guardia del giornalismo lombardo presente con Pilade Del Buono, Giorgio Cajati, Gianluigi Da Rold, David Messina, Novarro Montanari, Gino Morrone, Mario Oriani, Renato Ranghieri, Donata Righetti e Livio Sposito,

La "pizzata" voleva essere un momento di aggregazione e di conoscenza per battere l'isolamento nel quale viviamo, isolamento creato e favorito da internet e dai cellulari.

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DIBATTITO - Contributo di Franco Abruzzo:

"Giornalisti-guida Mario Borsa e Walter Tobagi".

Il documento programmatico del Movimento focalizzerà i punti cruciali delle sfide che attendono i giornalisti (riforma della professione, deontologia, lavoro autonomo e lavoro dipendente, assistenza legale, formazione, uffici stampa, precariato ecc..). Il non collateralismo partitico e sindacale dovrà costituire il patrimonio comune di tutti gli aderenti al movimento. Non collateralismo vuol dire presa di distanza da ogni centro di potere esterno o interno al giornalismo professionale: valore questo da praticare concretamente. Ci batteremo per introdurre una norma antitrust del tipo "chi ha interessi privati in altri settori non può possedere giornali". Occorre, per legge, s eparare gli interessi non editoriali degli azionisti da quelli dell'informazione. L'anomalia italiana (a livello internazionale per quanto riguarda il mondo occidentale) è data dal Parlamento, che possiede tre reti tv e tre reti radiofoniche, e dagli editori di giornali e tv, che hanno interessi in altri campi (banche, auto, cemento, assicurazioni, costruzioni, cinema e politica, etc). Anche i grandi investitori pubblicitari condizionano i giornali: gli Stati Uniti insegnano qualcosa al riguardo. Devono essere sciolti i nodi dei conflitti di interesse, che non riguardano soltanto Silvio Berlusconi.

La presenza delle banche nel capitale delle imprese editoriali è una minaccia reale all'autonomia dei mass media. Se si passerà a un sostanziale regime liberalizzato, il ruolo delle banche nell'editoria rischia di diventare ancor più invasivo soprattutto in caso di crisi delle imprese, quando le banche prendono in mano le redini delle imprese in difficoltà. Un primo passo potrebbe esser quello di recepire nella legge in cantiere di riforma dell'editoria alcuni princìpi elaborati dalla dottrina e in sede sindacale La nuova legge dovrebbe affermare l'indipendenza delle pubblicazioni e dei giorna listi dal potere politico; l'indipendenza delle pubblicazioni e dei giornalisti da ogni gruppo di pressione; la separazione dell'informazione - larga e indipendente - dal commento. Una delle regole più importanti deve riguardare il direttore. L'editore non può legittimamente nominare un direttore se non sono stati prima consultati i giornalisti. Si tratta di un parere, quindi, preventivo e obbligatorio ancorché non vincolante. Contenere le anomalie editoriali italiane e l'influenza delle proprietà sui giornali deve figurare negli impegni del Parlamento, stante il valore fondamentale del giornalismo, che non sopporta censure o autorizzazioni, e il diritto dei cittadini a una informazione onesta e completa. La scommessa è il giornalismo indipendente: può r itrovare cittadinanza in Italia? L'alternativa pessima è il giornalismo schierato con i poteri della politica e dell'economia. In sostanza la libertà di informazione non è una variabile dipendente del mercato, ma è un principio e un diritto fondamentale della Costituzione repubblicana, che va sopraordinata alla proprietà dei giornali.

Il Movimento si stringe attorno ai valori fondamentali della Costituzione, i valori di libertà, di dignità della persona, di giustizia, di solidarietà, di uguaglianza, di libertà di manifestazione del pensiero (che si sostanzia nell'esercizio libero e senza censure del diritto "insopprimibile" di cronaca, di informazione e di critica "limitato dall'osservanza delle norme di legge dettate a tutela della personalità altrui"); valori, che, con Walter Tobagi, abbiamo condiviso, quando, il 14 settembre 1978 Walter ha assunto la presidenza dell'Associazione lombarda dei Giornalisti preludio della nascita successiva (al congresso Fnsi di Pescara, o ttobre 1978) del movimento culturale e sindacale di "Stampa democratica": quei valori sono stati e sono al centro della mia azione al servizio dei colleghi.

La legalità deontologica è un valore da difendere contro chi pensa di ridurre i giornali a meri veicoli di pubblicità spacciata per notizia, di gossip, di foto raccapriccianti e/o impressionanti, di articoli elaborati incollando le agenzie di stampa. I giornalisti devono affermare e far valere il loro ruolo di mediatori intellettuali tra i fatti e i cittadini, non disposti a far battaglie per conto terzi (gli editori, gli azionisti e gli investitori pubblicitari). Le inchieste sui problemi sociali ed economici devono tornare nei giornali. Non è possibile che i giornali "buchino" sistematicamente i grandi scandali economico/finanziari e che gli stessi emergano soltanto dai Palazzi di Giustizia: all'informazione, invece, spetta anticipare i fatti. Oggi prevale la prudenza soprattutto per non scontentare gli azionisti? E ' più opportuno giocare di rimessa, aspettando che le notizie escano dai Palazzi di Giustizia? Il conformismo spesso è una realtà amara.

La Costituzione rimane l'unico baluardo a difesa della libera stampa contro l'arroganza degli editori, che da due anni negano il rinnovo del contratto di lavoro e trattano da paria i freelance e i collaboratori. La libertà di impresa non significa: a) concepire il mercato come un pollaio dove le volpi (=gli editori) possono fare quel che vogliono; b) stravolgere il lavoro intellettuale del giornalista con la sua utilizzazione contemporanea nelle redazioni (anche web) di quotidiani e periodici nonché nei telegiornali e nei radiogiornali. Va salvaguardata la specificità culturale e la professionalità di ogni giornalista. Deve vincere l'Europa in tema di accesso alla professione, collegata strettamente all'Università e svincolata dal potere degli editori di "fare" i giorna listi. L'accesso deve essere esclusivamente affidato alle scuole e ai master universitari biennali riconosciuti dall'Ordine. Per quanto riguarda i pubblicisti, invece, deve diventare norma vincolante il principio "lombardo" in base al quale chi lavora a tempo pieno da giornalista deve diventare di diritto giornalista professionista seguendo sempre un percorso universitario. Il possesso del titolo minimo della laurea triennale deve condizionare, comunque, l'accesso. L'iscrizione all'elenco dei pubblicisti va vincolato anch'esso a un percorso minimo formativo, mentre non dovrebbe essere sufficiente, come avviene oggi, la mera esibizione di 40/60 articoli scritti in 2 anni e retribuiti per acquisire il titolo di pubblicista. Il lavoro autonomo oggi presenta un forte deficit di tutele, che non possono prescindere, a fronte del decor o e della dignità del lavoro giornalistico, da una tabella vincolante di compensi relativi agli articoli e ai servizi giornalistici. L'anarchia di oggi indebolisce anche la qualità della stampa.

Le regole deontologiche sono fissate nella legge professionale 69/1963. Questi i principi che si ricavano dagli articoli 2 e 48 della legge n. 69/1963: 1) la libertà di informazione e di critica (valori che fanno definire il giornalismo informazione critica) come diritto insopprimibile dei giornalisti; 2) la tutela della persona umana e il rispetto della verità sostanziale dei fatti principi da intendere come limiti alle libertà di informazione e di critica; 3) l'esercizio delle libertà di informazione e di critica ancorato ai doveri imposti dalla buona fede e dalla lealtà; 4) il dovere di rettificare le notizie inesatte; 5) il dovere di riparare gli eve ntuali errori; 6) il rispetto del segreto professionale sulla fonte delle notizie, quando ciò sia richiesto dal carattere fiduciario di esse; 7) il dovere di promuovere la fiducia tra la stampa e i lettori; 8) il mantenimento del decoro e della dignità professionali; 9) il rispetto della propria reputazione; 10) il rispetto della dignità dell'Ordine professionale; 11) il dovere di promozione dello spirito di collaborazione tra i colleghi; 12) il dovere di promozione della cooperazione tra giornalisti ed editori. Premesso che l'esame di Stato per i professionisti è un obbligo costituzionale (art. 33, V comma), le "regole" fissate dal legislatore (artt. 2 e 48 l. 69/1963) sono il perno, come afferma il Contratto di lavoro, dell'autonomia dei giornalist i: l'editore non può impartire al direttore disposizioni in contrasto con la deontologia professionale, mentre il direttore deve garantire l'autonomia del suo collettivo redazionale. Le considerazioni sopra esposte consentono di risalire alle ragioni che hanno spinto il Parlamento nel 1963 a tutelare la professione giornalistica. Senza legge professionale, direttori e redattori sarebbero degli impiegati di redazione vincolati soltanto da un articolo (2105) del Codice civile che riguarda gli obblighi di fedeltà verso l'azienda. Il direttore non sarebbe giuridicamente nelle condizioni di garantire l'autonomia della sua redazione. E' quello che vogliono gli editori. Le norme deontologiche fissate negli articoli 2 e 48 della legge professionale 69/1963 inglobano le regole fissate nelle Carte approvate a partire dal 1990 dalla Fnsi e dall'Ordine n azionale dei giornalisti. "Le prescrizioni contenute nelle carte di autoregolamentazione (Carta di Treviso e Carta dei doveri del giornalista) devono essere ritenute idonee a costituire un'esemplificazione del contenuto "in bianco" delle norme regolamentari di cui agli articoli 2 e 48 della legge n.. 69/1963". (Trib. Milano 12-07-2001; FONTI Giur. milanese, 2002, 33). La Cassazione ha riconosciuto che le regole deontologiche hanno "natura giuridica" (Cass., sez. un., 6 giugno 2002, n. 8225), allargando successivamente la sua visione sulla materia: "Secondo un indirizzo che si va delineando nella giurisprudenza di questa Corte, nell'ambito della violazione di legge va compresa anche la violazione delle norme dei Codici deontologici degli Ordini professionali, trattandosi di norme giuridiche obbligatorie valevoli per gli iscrit ti all'Albo ma che integrano il diritto oggettivo ai fini della configurazione dell'illecito disciplinare" (cass., sez.un., 23 marzo 2004 n. 5776). In precedenza la sentenza n. 7543 del 9 luglio 1991 (Mass. 1991) della Cassazione civile aveva riconosciuto che "la fissazione di norme interne, individuatrici di comportamenti contrari al decoro professionale, ancorché non integranti abusi o mancanze, configura legittimo esercizio dei poteri affidati agli Ordini professionali, con la consequenziale irrogabilità, in caso di inosservanza, di sanzione disciplinare". Un ruolo forte hanno il Codice sulla privacy collegato alla nuova Carta di Treviso nonché la Carta dell'informazione economica. Le sanzioni sono comuni e sono quelle fissate dalla legge professionale (avvertimento, censura, sospensione da 2 a 12 mesi e radiazione). L'intera materia del procedimento disciplinare va rivista, riducendo il numero dei giudizi (da 5 a 3) e allargando il Consiglio dell'Ordine a soggetti della società civile, quando opera come giudice disciplinare.

In questo momento difficile il pensiero va a Mario Borsa, il grande giornalista del Secolo, del Times e del Corriere della Sera, e a Walter Tobagi, inviato del Corriere della Sera e presidente dell'Associazione lombarda dei Giornalisti, martire della nostra professione, che, nel 1976, ha rilanciato la lezione morale di Borsa con un saggio pubblicato in "Problemi dell'informazione" (il saggio è in www.odg.mi.it/docview.asp?DID=300): «La libertà - per essere qualche cosa di reale - deve passare - ha scritto Borsa - dalle istituzioni al costume politico: deve essere qualche cosa che non bisogna aspettarsi dagli altri ma che bisogna guadagna rsi, da noi stessi, giorno per giorno come la vita, e nella quale non basta credere. Bisogna soprattutto sentirla. Chi non sente la libertà come un dovere non può invocarla come un diritto».

Borsa, nel 1921/24, e Tobagi, nel 1976/1980, hanno difeso l'autonomia e la libertà della nostra professione contro i fascismi neri e rossi dilaganti, pagando il primo il suo coraggio con l'esilio in Patria ("italiano straniero") e il carcere; il secondo, con la vita.

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Franco Abruzzo: "Nel maggio 2007 sarò alla testa

di una lista fuori dai giochi politici e sindacali"

Franco Abruzzo ha dichiarato: "Nelle elezioni per l'Ordine del 20-27 maggio 2007 sarò alla testa di una lista fuori dai giochi e giochini politici e sindacali. Non ho nulla da promettere se non il mio impegno sul terreno delle battaglie, degli studi e delle proposte operative in difesa della professione giornalistica. Questo Movimento, di cui sono soltanto un copromotore, non avrà strutture elitarie di vertice, ma sarà guidato da una "tavola rotonda" formata da colleghi volenterosi ed eguali, che condividono i valori fondamentali della nostra Costituzione e della deontologia giornalistica. Il potere del Movimento è soltanto nell'assemblea, luogo democratico di confronto, che verrà convocata a cadenza regolare (possibilmente ogni mese). La nostra forza è pari alle adesioni e al sostegno che raccoglieremo. L'obiettivo è quello di difendere la continuità di una linea operativa, nella vita dell'Ordine di Milano, imparziale e trasparente, garantendo, con ragionevolezza e determinazione, i diritti di tutti e l'immagine della professione nella società italiana; una professione al servizio dei cittadini".

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Le adesioni al Movimento potranno essere indirizzata a: fabruzzo39@yahoo.it oppure fabruzzo39@hotmail.com

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