GLI UOMINI E LE ACQUE - La nascita del sistema idroelettrico in Valle
di Nello Colombo
“Et fiat lux”. L’incarnazione del “Verbum” che avrebbe illuminato questa terra. La Luce. L’essenza stessa della vita in eterna lotta col regno delle ombre e della notte, una notte irreale rischiarata soltanto dal pallore luminescente lunare o al guizzar delle fiamme del focolare o di fiaccole al vento. Nel tempo, poi, nel fioco chiarore di una candela su una rozza bugia si consuma l’illusione malferma di una protesi di un dì disteso tra le tenebre, come un ardito promontorio sul mare. Fino all’epoca “buia”, quando al tocco dell’“Ave” l’umile lampionaio, scala in spalla, accendeva le stelle dei primi fievoli lumi cittadini, per spegnerle al primo mattino. Venne infine il miracolo della prima scintilla divina. Anche nella nostra città. Sondrio una magica sera del 1983 dovette apparire sontuosa e irreale nel suo alone misterioso che dipingeva le case di un umore baluginante, suscitando un’emozione indicibile, una meraviglia a dir poco incredibile, lasciando quasi fuori di senno chi vedeva le ombre serotine dissiparsi di colpo, illuminate – si fa per dire - “a giorno”. E da quella prima scintilla elettrica al led ne è passata di acqua sotto ai ponti. Ma è certamente la prima società idroelettrica in Valle pioniera assoluta nell’aprire il cammino dai fumosi lucignoli a petrolio e poi le lampade ad incandescenza verso lo sviluppo della nuova energia. Una lunga storia che ha mutato il suo corso con lo sviluppo in Valle del sistema idroelettrico. Ecco quindi l’associazione Volontari di Protezione Civile del Gruppo A2A pronta a narrare nel ponderoso volume “Gli uomini e le acque” la nascita del sistema idroelettrico in Valtellina attraverso le testimonianze di uomini e donne che hanno contribuito a realizzarlo, figure rilevanti di una Comunità, quella dei lavoratori valtellinesi che hanno con spirito di sacrificio e abnegazione dato il loro cogente contributo alla costruzione di un sistema di produzione di energia rinnovabile fra i più importanti del nostro Paese. “Dopo 21 anni dalla presentazione della prima edizione patrocinata dalla Fondazione AEM, ecco quella rinnovata con numerose testimonianze di intrepidi lavoratori che hanno intrecciato il loro percorso di vita con gli impianti idroelettrici dell’Azienda Milanese. – spiega Roberto Corona, illuminato e lungimirante presidente AVPC del Gruppo A2A - Questa riedizione che integra nuove testimonianze vuole essere un momento di riflessione dopo oltre 100 anni di presenza dell’Azienda con i suoi impianti che guardano al futuro”. La presenza dell’Associazione volontari di Protezione Civile A2A che ha compiuto i suoi 45 anni di vita testimonia inoltre l’attenzione e il rispetto per il territorio. Mai come oggi, infatti, le transizioni ecologiche tra terra cielo se la giocano le acque, energia pura, con gli uomini protagonisti del loro dialogo con l’ambiente circostante. Un impegno generoso come quello manifestato alle popolazioni terremotate del Friuli nel ‘76. “Riteniamo che i primi interventi di Protezione Civile in Valtellina ebbero il loro battesimo nella regimazione delle acque per scopi idroelettrici e nella realizzazione degli stessi impianti che hanno reso più sicuro e controllato il territorio permettendo di gestire con attenzione le onde di piena evitando disastri critici storici e le alluvioni che periodicamente causavano aspre criticità alla popolazione.- continua Corona - Siamo ben memori di quel tragico luglio del 1987 quando l’apocalisse si abbattè ferocemente su Sant'Antonio Morignone e Aquilone seppellendo tutto”. E alla fine non restò che “la tracimazione”. Un piano che metteva i brividi: bisognava usare le ruspe sulla cima della diga e poi scavare un canale che dalla cima si ricongiungesse con l’alveo del fiume più a valle, zigzagando per frenare la corsa dell’Adda. Troppo rischioso per gli esperti: avrebbe potuto creare infiltrazioni e indebolire la diga, e la pressione di diciassette milioni di metri cubi d’acqua l’avrebbe fatta crollare. Troppe divergenze. Con il ministro Gaspari nell’occhio del ciclone. Una parte dei tecnici avrebbe preferito che fossero le piogge a fare il lavoro. Ma la tracimazione tutto sarebbe stata, meno che controllata. La Commissione Grandi Rischi aveva elaborato un piano che prevedeva che l’Aem, l’azienda elettrica milanese che gestiva gli impianti idroelettrici di Premadio, aprisse le condutture e riversasse nell’Adda dai dieci ai sedici metri cubi d’acqua al secondo. Ma non c’erano garanzie: troppi i margini di errori, variabili, rischi. Per fortuna andò tutto bene e gli impianti a monte furono decisivi nel contenere danni che potevano essere ben più gravi. Nel centenario della presenza di A2A nelle valli di Fraele, torna la memoria dei lavori di costruzione della prima diga di Cancano, uno dei più grandi serbatoi di energia idroelettrica d’Europa. E’ così che nasce la “Valle delle dighe” dove occorre coniugare la “Cultura della Sicurezza”. Ma sono sempre gli uomini a fare la differenza, novelli Prometei che hanno rubato il fuoco degli Dei per farne dono ai loro simili (geologi, ingegneri, politici e industriali) e soprattutto le maestranze che con tenacia e dedizione assoluta hanno irregimentato bacini fluviali, eretto cattedrali di ferro e cemento, costruito dighe mastodontiche e preziose. Ecco, dunque, è proprio questo il senso di questo volume prezioso che restituisce la memoria di chi ha fatto la storia dell’energia in Valle sulla propria pelle. Un’impresa ardua e titanica che ha rappresentato il punto di sutura tra la pianura e la montagna che incarna ancora una volta le radici di una identità che si misura nella cura della “Casa Comune”.
Nello Colombo