Al Teatro Sociale “ARSENICO E VECCHI MERLETTI”

(Nello Colombo)   La casa degli orrori, quella delle due attempate signore Abby e Martha che hanno nel loro DNA il seme orrifico del facile trapasso dei loro amati coinquilini soli a cui somministrare l’elisir di rapida morte a base di un venefico cocktail di stricnina, cianuro ed arsenico nella melassa sdolcinata di un buon rosolio. Esilaranti Anna Maria Guarneri e Giulia Lazzarini nei panni delle due simpatiche vecchiette assassine per diletto con lo svanito Teddy invasato prima dal generale Lee, poi da Theodor Roosevelt e infine da un giovane esploratore in partenza per l’Africa Nera, che prosegue i suoi farneticanti scavi nel “Canale di Panama”, la vecchia cantina di casa che custodisce segreti inenarrabili. L’unico che sembra sfuggire al folle costume di famiglia sembra Mortimer pseudo critico teatrale che ha finalmente deciso di ammogliarsi con la bella e ingenua Elaine Harper, una dolce “educanda” cresciuta in una canonica, quando scopre il vaso di Pandora custodito in una vecchia cassapanca liberty. Il dodicesimo uomo di una squadra di cadaveri avviati a miglior vita dalle due arzille ziette. Merlettata la scenografia della casa gentilizia demodè in perfetto stile inglese tra specchi preziosi smaltati d’oro zecchino, il fine ricamo delle ampie vetrate a sesto acuto, gli avi in cornice, le vecchie robuste sedie attorno a un buon Chippendale. Lo scapolo impenitente cede infine alle lusinghe della bella Elaine amoreggiando spudoratamente tra le mura delle due traghettatrici della dolce morte, quando irrompe il cinico e perverso Jonathan, fratello disamorato di Mortimer, evaso da un ospedale psichiatrico e super ricercato per aver spedito all’altro mondo un bel po’ di gente. E fa il bello e il brutto tempo cercando di disfarsi dell’ultimo cadavere che prende il posto dell’altro opinatamente traslato dall’alienato Teddy in cantina. Una commedia surreale, quella messa in scena dall’estro registico di Geppy Gleijeses, che morde ridendo e a tratti mostra tutta l’argenteria dei candelabri di casa che reggono moccoli di cera che fanno atmosfera lugubre al macabro rito delle “funzioni” dell’inumazione, mentre due guardie da avanspettacolo si contendono il ruolo di primedonne nel racconto patetico di una commediola a cui il povero Mortimer è costretto a soccombere legato come un salame, pronto ad essere spedito in un mondo migliore. La follia aleggia sempre più nell’aria mortifera di casa Brewster quando il mero rincitrullito Sherlock Holmes di turno crede di aver condotto a termine il suo compito arrestando il pluriomicida Jonathan senza curarsi minimamente degli indizi provati di ormai 13 cadaveri stipati nel nauseabondo scantinato. Non resta infine che il povero Mortimer a manifestare ancora qualche barlume di ragione cercando di allontanare da sé la dolce Elaine nel timore di farle del male, ma, proprio quando zio Teddy parte come esploratore in terra d’Africa per essere internato, la folgorazione della verità sembra mettere le cose al posto giusto: lui non fa parte della disgraziata famiglia di maniaci assassini in quanto figlio illegittimo di una domestica che aveva lavorato per qualche tempo nella “casa dalle finestre che ridono”.  Caustico connubio di arsenico e vecchi merletti che prepotentemente incarnano talvolta deliri d’onnipotenza di squilibrati messi di morte che “accompagnano” in una brusca accelerazione i resti di una umanità alla deriva.
Nello Colombo   

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