Mondiali-SCIOPERO: Il punto di vista sindacale e la nostra chiosa
GENTILE DIRETTORE, LE MANDIAMO, COME LAVORATORI RAI DI MILANO,
UNA CRONISTORIA CHE SPIEGA MEGLIO LE RAGIONI DELLO SCIOPERO E
ANCHE LA NOSTRA NATURA, SEMBRERA' STRANO, PARTICOLARMENTE
AZIENDALISTA. ABBIA LA PAZIENZA DI LEGGERLO E, SE LO RITERRA'
UTILE, LA GENTILEZZA DI PUBBLICARLO.
GRAZIE COMUNQUE
LAVORATORI RAI MILANO “SCIOPERATI?”
QUELLO CHE SI DEVE SAPERE PRIMA DI EMETTERE UN GIUDIZIO
Di Silvio Palombella
La storia del declino e ora della timida risalita della Rai di
Milano è ventennale. Qualcuno dice, a ragione credo, che Rai
Milano ha dovuto pagare lo scotto della presenza di Mediaset e
in pochi anni la produzione si è riversata quasi tutta a Roma.
1990-ACCORDO a RAI MILANO che ne riduce le POTENZIALITA’
All`inizio degli anni 90, prima della crisi della prima
repubblica e del decreto salva Rai, viene firmato a Milano il
primo accordo tra le parti che vede la perdita di uno studio TV
e la sua trasformazione in un set senza regia.
Eravamo 1560 dipendenti a T.I.
1993-DECRETO SALVA RAI e INCENTIVAZIONI (prepensionamenti)
Dal 1993 in poi col decreto salva Rai e le cosiddette
incentivazioni all`esodo (prepensionamenti), nel giro di 7 anni
Rai Milano perde più del 55% di personale, contro una media
nazionale del 30%. Cala anche il cosiddetto indotto, mentre a
Roma cresce moltissimo, impegnato nelle nuove attività (Rai sat,
Rai net, Rai news 24 ecc.), che si sviluppano esclusivamente
negli insediamenti Rai romani.
I milanesi della Rai, o meglio i più giovani, entrati all`inizio
degli anni 80, decidono di non assistere inerti a quest`agonia
programmata e, purtroppo contro tutte le istituzioni ed i
sindacati di allora, avviano una protesta di base fondando
dapprima delle Associazioni professionali, poi il Coordinamento
di Produzione composto dai cosiddetti “non sindacalizzati” che
si oppongono con atti concreti (lettere, sviluppo di contatti
con le istituzioni, scioperi) al declino.
1995/1998-COMITATO DI CRISI a RAI MILANO
Nel 1995, due dei sindacati istituzionali, CGIL e SNATER di
Milano, si uniscono coraggiosamente al Coordinamento di
Produzione e fondano il Comitato di Crisi, destinato negli anni
a portare alla ribalta la “Vertenza Milano” con atti sempre più
concreti: tra il 1996 e il 1999 si ricercano strumenti di
visibilità anche attraverso la fondazione di giornali
autofinanziati, che coniugano articoli tecnologici, con altri di
stampo sindacale. Grande sforzo da parte di molti nel cercare di
far funzionare tutto il settore di produzione, soprattutto TV,
di mantenere la capacità tecnologica e professionale di
realizzare grandi eventi nonostante la perdita di personale e la
mancanza, a Milano, di formazione professionale e di
investimenti.
1998-LA PRIMA RSU
Il 1998 vede l’elezione della prima RSU RAI, che a Milano conta
la presenza del primo gruppo “non sindacalizzato”, la LISTA
INDIPENDENTE, nuova denominazione del Coordinamento di
Produzione, all’interno di questo nuovo organismo. A Milano la
nuova RSU è il séguito naturale della collaborazione tra le
varie forze preesistenti. Solo a Roma vi è la presenza di un
organismo misto analogo, ma le RSU, forse troppo “vicine” alle
segreterie nazionali dei sindacati firmatari di contratto, ne
subiscono lo strapotere e si disgregano ben presto.
1999-CONVEGNO SUL RUOLO DELLA RAI DI MILANO
Nel 1999 primo convegno sul ruolo della Rai di Milano, alla
presenza delle entita` culturali ed economico-politiche milanesi
e lombarde.
La questione del ruolo della Rai di Milano sul territorio, se
afferma la missione di servizio pubblico locale come patrimonio
per l`intera Rai, fa a pugni con il ruolo di mera fabbrica
assegnato dal nuovo assetto Rai divisionalizzato.
Resistiamo. Rai è sempre più romanocentrica, autoreferenziale.
Ma Milano non può starci, e le voci si alzano dalle maestranze,
quelle che non sono pagate per pensare, ma che amano troppo,
alla “milanese”, il proprio lavoro ed un ruolo forte della Rai
servizio pubblico. Timide voci e poi quasi più nulla, dal
comparto giornalistico Rai Milano.
2001
Dal 2001 in poi si crea una forte unità sindacale composta da
tutte le entità, Sindacati interni e Territoriali e Associazioni
professionali di base, mentre a Roma e più o meno nel resto del
paese ci si dilania tra campanilistiche appartenenze politiche
che fanno perdere terreno a tutti tranne che a Roma, dove
comunque la Rai continua ad investire.
2002-LA LEGA NORD a RAI MILANO
Con il governo Berlusconi la Lega Nord chiede Rai Milano “in
pegno” e Roma taglia i palinsesti su Milano. Siamo alla metà del
2002.
Non abbiamo nemmeno il tempo di domandarci che fare, dobbiamo di
nuovo difendere Rai Milano.
Alcuni di noi hanno problemi di coscienza politica, data la
presenza della Lega con un nuovo Direttore, ma anche in questo
caso il “pragmatismo” di stampo tipicamente milanese unito ad un
senso di appartenenza molto forte e di identificazione con il
nostro lavoro, ci porta a superare le questioni puramente
ideologiche e ad affrontare da lavoratori il rapporto con la
nuova controparte aziendale. E la controparte leghista che ha
tutto l`interesse ad avere una Rai forte a Milano, si spende.
2002-2004-VERTENZA MILANO
Vertenza Milano, ultimo atto: la produzione calata del 40% dal
2001 al 2002 per decisioni del vertice Rai Nazionale, torna a
saturare Milano. Si firma un accordo sul cosiddetto “ripristino
del turnover” che porta ad una quindicina di assunzioni a T.I. e
alla crescita dell`indotto dei T.D. del 500%.
Nel frattempo si parla di ricostruire il Centro di produzione e
proprio al termine del 2004 una delibera del CDA lancia questa
operazione su Roma e Milano.
La coscienza sindacale/lavorativa dei milanesi Rai è cresciuta
moltissimo in questi anni di battaglie e soprattutto ha saputo
coniugare le questioni politico-ideologiche con quelle della
difesa della propria professione. Questa difesa è stata
realizzata cercando di far fronte con un controllato
allargamento delle mansioni alla contrazione complessiva degli
organici. In taluni casi per mantenere in vita un`attività
pregiata (ad esempio il virtualset) si sono accorpate più
mansioni, in via sperimentale. Solo che nel caso del virtualset
“la sperimentazione” dura ancora adesso, dopo 9 anni, perché la
Rai di Milano non ha sufficienti risorse in termini di personale
e di formazione. Nel frattempo lo studio produce 6 giorni la
settimana, con personale strappato per qualche ora ad altri
studi.
Questa sensibilità così come si è spesa con autentici salti
mortali e puro volontariato, per mantenere viva e funzionante
“La fabbrica”, allo stesso tempo è estremamente attenta a
cogliere gli indicatori negativi.
La firma del contratto rai di fine dicembre 2004 è uno di
questi.
Il secondo indicatore è il taglio degli investimenti per i
rinnovamenti tecnologici. Si calcola che l’ammortamento medio
annuo delle apparecchiature sia intorno al 10% del loro valore
complessivo.
In Rai si investe solo il 4% annuo, e questo fatto a Milano sta
creando già molti problemi.
Dunque, la questione del rinnovo del contratto scaduto a fine
2003 è all'origine, insieme ad altri indicatori, della
situazione di progressivo degrado in cui si vuol far cadere la
Rai, alla vigilia della privatizzazione, ed è naturalmente
l'elemento dirompente che porta alla reazione delle maestranze
RAI di Milano. Si deve considerare che il percorso fatto fin qui
da sindacati e associazioni professionali di Milano ha alla base
quel discorso di rilancio della RAI a partire dal territorio su
cui è insediata, come unica vera possibilità di valorizzazione
della sua missione di servizio pubblico. Questa, secondo la
compagine sindacale e associativa unitaria di Milano è
un'opportunità che RAI deve cogliere per creare un legame forte
col territorio che rappresenta, e controllare l'ingresso di
capitali privati dando gli investitori un indirizzo che non sia
il mero perseguire uno scopo puramente privatistico
imprenditoriale, ma che sia comunque redditizio e centri
contemporaneamente la missione di servizio pubblico.
APRILE 2004-progetto “RAI MILANO SPA”
In aprile 2004 i sindacati CGIL,CISL,UIL Generali Milanesi,
SLC-CGIL,FISTEL-CISL,UILSIC-UIL territoriali, la RSU RAI di
Milano, presentano alla stampa il progetto “Rai Milano SpA, le
ragioni di una proposta” che sposa gli obiettivi di cui sopra.
Cita testualmente la premessa: “Noi pensiamo che il futuro della
RAl a Milano passi per un nuovo modello societario. Ci rendiamo
conto che tocchiamo così un tema che rappresenta una sorta di
tabù nella discussione: la sua struttura centralizzata”…”La
nostra non è una proposta per spaccare la RAI. Al contrario è
una proposta che flessibilizzando la struttura, ne garantisca il
futuro di grande realtà editoriale e culturale.”
Naturalmente questo documento viene vissuto come una
provocazione da parte di una RAI che fino ad ora ha
centralizzato in modo massiccio tutti i suoi poteri decisionali
ed editoriali, già con la divisionalizzazione durante il governo
di centro sinistra, attualmente con le ultime operazioni di
ricompattamento aziendale volute dalla maggioranza quasi
assoluta di centro destra del CdA attuale. Le rimostranze
rispetto al progetto milanese vengono anche dai sindacati
nazionali, che finora, o hanno subito le trasformazioni della
RAI, o le hanno in qualche modo favorite, spegnendo anch’essi le
istanze delle cosiddette periferie e trasformandole in mere
fabbriche senza poteri ideativi. Vi è dunque una sorta di
ipocrisia, che confina nel senso di colpa per aver in qualche
modo minato l’unitarietà aziendale, chiunque cerchi soluzioni
per sopravvivere e rilanciare. E questo atteggiamento è
trasversale, colorandosi talvolta di aspetti degni del peggior
campanilismo (Milanesi tutti leghisti, secessionisti, ecc.). La
realtà triste è che il sindacato di base si è spento un po’
dappertutto e la maggior parte dei colleghi RAI sono
completamente isolati e disillusi, incapaci di opporre la benché
minima resistenza al “nuovo che avanza”, imboniti con qualche
regalia in termini di straordinari a Roma, e in tutto il resto
del mondo RAI divisi tra chi ha qualche privilegio e chi
appartiene a “caste inferiori”. Ma a RAI Milano questo avviene
in una forma estremamente limitata, forse per le dimensioni
contenute dell’insediamento, forse per quell’amore e
identificazione con la propria professione che divengono uno
scopo di sopravvivenza lavorativa. Forse, per averle già viste
in altre realtà, le questioni come la privatizzazione sono
considerate rischiose e si sente di volerle gestire in modo da
non doverle per forza contrapporre alla cosiddetta Res Publica.
NOVEMBRE 2004-COMUNICATO SINDACATI TERRITORIALI sul CONTRATTO
È in questo quadro e con gli scopi finora indicati che il
sindacato di Milano si posiziona nei confronti del rinnovo
contrattuale con alcuni precisi caposaldi, vale a dire:
1 il potenziamento dei poteri di relazione sindacale delle RSU e
dei sindacati territoriali (che molti risultati hanno già dato
con la Vertenza Milano citata in precedenza)
2 il controllo più capillare degli appalti limitando l'ingresso
di altre aziende editoriali, che in realtà vendono
esclusivamente format, non sempre sono necessarie per la
confezione di un programma, ma il cui personale con trattamenti
contrattuali inferiori rispetto al personale RAI, potrebbe
essere senza dubbio contrattualizzato da RAI, inserito in un
meccanismo produttivo aziendale consolidato. Si vuole così
ridare centralità alla RAI che controlla meglio le tempistiche
della produzione e garantisce maggiore qualità del prodotto.
16 DICEMBRE 2004-ASSEMBLEA GENERALE e MOZIONE sul CONTRATTO
È chiaro che questa è una pesante inversione di tendenza
rispetto alla situazione attuale. Il documento che contiene
queste linee guida viene sottoscritto dalle forze sindacali
milanesi Rai e territoriali, alla fine di novembre 2004 e
ratificato da una mozione di assemblea generale approvata
all'unanimità il 16 dicembre.
23 DICEMBRE 2004-RINNOVO CONTRATTUALE a ROMA
Il rinnovo contrattuale del 23 dicembre ribalta completamente
queste indicazioni. A questo punto è chiaro che vi è il sospetto
che ci sia una sorta di idea condivisa tra azienda centralizzata
e sindacati nazionali firmatari.
Una delle questioni che fanno veramente allarmare il gruppo
sindacale milanese, è la clausola che stabilisce certezze per
gli organici attuali solamente fino al 2005, mentre il contratto
ha valenza quadriennale, cioè fino a fine 2007. Guarda caso
l’ingresso di capitali privati in RAI è previsto da gennaio
2006, e puntualmente subito dopo la firma del contratto sui
giornali si parla già di 3000 esuberi. Molti di noi si domandano
che senso abbia avuto partecipare allo sciopero generale
nazionale del 30 novembre 2004 contro la privatizzazione
“selvaggia”, quando gli stessi sindacati, in RAI, di fatto non
pongono alcun limite alla stessa.
Inoltre il rinnovo del 23 dicembre, con la motivazione di
rendere più uniforme l’azione sindacale, svuota di potere
l'azione sindacale territoriale, rimandando ogni questione
locale ad una commissione paritetica nazionale.
In molte occasioni, nei momenti più caldi della Vertenza Milano,
avevamo assistito a tentativi di spostamento della sede di
contrattazione da Milano a Roma e naturalmente, per i poteri che
ci erano conferiti localmente dalle relazioni azienda-sindacato,
avevamo impedito quello che sarebbe risultato un vero e proprio
svuotamento di significato della Vertenza stessa, diluendola in
problematiche che riguardano l'intera RAI. In nostro progetto,
nato da uno spirito di sopravvivenza, voluto da un gruppo
sindacalmente unitario e allargato alle associazioni
professionali, fatto unico in RAI, maturato come una valida
alternativa alla situazione di lenta agonia precedente, causata
essenzialmente dalla centralizzazione della Rai, il 23 dicembre
scorso era vanificato.
10 GENNAIO 2005-COMUNICATO SLC-CGIL RAI MILANO
SLC-Cgil RAI di Milano si distanzia energicamente dai suoi
vertici nazionali, fatto mai accaduto a memoria d'uomo e i
gruppi professionali stilano documenti analoghi, anche se più
incentrati sui riflessi che il contratto avrebbe sulle singole
professionalità, di cui già l’impianto contrattuale precedente
non ha rinnovato i contenuti, rendendole formalmente obsolete
nei confronti delle nuove tecnologie. Purtroppo, però, dopo il
documento estremamente lucido di SLC-Cgil RAI di Milano, che
motiva il no al rinnovo contrattuale sulle basi descritte, non
segue un analogo documento unitario di RSU e delle segreterie
territoriali sindacali. Il timore di creare una spaccatura con
le segreterie nazionali ha ormai originato un empasse che
impedisce, soprattutto a Fistel-CISL e UIL, di sottoscrivere
documenti chiari e precisi, sèguito coerente di quelli
propositivi di novembre e dicembre 2004. Non si riesce nemmeno a
convocare un’assemblea al termine della quale far partire una
consultazione tra i lavoratori sul contratto. Qualunque mossa
viene vista come uno strappo con la centralità e una rottura
dell’unità sindacale.
FINE GENNAIO 2005-DICHIARAZIONE di SCIOPERO di LIBERSIND MILANO
In questa situazione di attesa, mal sopportata dai lavoratori,
si inserisce l'iniziativa di Libersind Milano, che parte in
sordina, non viene convocato dalla RAI nei termini previsti
dalla legge per la regolamentazione degli scioperi nei servizi
pubblici, e qui la responsabilità è della RAI, che intende
minimizzare la sua iniziativa. Libersind Milano si vede
costretto a dichiarare una giornata di sciopero per il 9
febbraio. Nel frattempo le associazioni professionali premono
per ottenere perlomeno la famosa consultazione referendaria
sull'ipotesi contrattuale, che potrebbe dar voce in modo chiaro
al dissenso milanese, senza dover giungere ad azioni di forza
come quella programmata per il 9.
1 FEBBRAIO 2005-TENTATIVI DI CONCILIAZIONE LOCALI con RSU
Nulla o quasi sta accadendo e siamo al primo febbraio. RSU tenta
di affrontare con la RAI le istanze delle maestranze,
soprattutto dei colleghi impegnati in a Bormio che non hanno
ottenuto un vestiario adeguato, nè un particolare trattamento di
trasferta legato all'importanza e all'impegno che richiede
l'evento (venti giorni senza riposo e svariate ore oltre il
limite ordinario). La Rai in Milano si dichiara indisponibile,
allargando le braccia in segno di impotenza, un vecchio gioco
che sposta le responsabilità aziendali lontano da Milano e ha lo
scopo di sgonfiare la pressione sindacale. Forse da parte della
dirigenza milanese vi è anche un’applicazione letterale del
proprio ruolo, ulteriormente ridimensionato dai vertici
nazionali RAI.
3 FEBBRAIO 2005-ADESIONE ALLO SCIOPERO delle ASSOCIAZIONI
La situazione di doppio stallo, aziendale e sindacale,
inasprisce gli animi e le associazioni professionali decidono di
aderire all'iniziativa di sciopero del 9 integrando le
motivazioni del Libersind Milano con le questioni più generali,
la preoccupazione per la missione di servizio pubblico, la
tenuta occupazionale (sostanzialmente ribadendo documenti
prodotti dall'unità sindacale di Milano).
7 FEBBRAIO 2005-ULTIMO TENTATIVO
Siamo all'epilogo: lunedì 7 febbraio è presente a Milano il
dottor Meloni in rappresentanza dei rapporti sindacali
nazionali. Attraverso le relazioni con l'azienda milanese Meloni
aveva ricevuto un messaggio preciso, che riguardava il tentativo
di calmierare la situazione delle squadre esterne TV di Bormio.
All'incontro sono presenti anche esponenti dei lavoratori di
Bormio, che assistono ad una scena sostanzialmente muta da parte
di Meloni. Se ne deduce che l'azienda non ha nessuna intenzione
di risolvere almeno temporaneamente la situazione più urgente.
Probabilmente l’idea aziendale rimane quella che non vi saranno
particolari problemi per la ripresa del mondiale di sci.
9 FEBBRAIO 2005-SCIOPERO a RAI MILANO
In realtà la risposta vuota di Meloni genera una controreazione
di adesione massiccia allo sciopero del 9 di tutto il personale
di Bormio, oltre che di quello di Milano. L'azienda milanese non
convoca il Libersind nemmeno per concordare la messa in onda dei
servizi pubblici essenziali (un TG regionale). Il resto è
cronaca.
PRECISAZIONI
per quanto riguarda il termine “scioperati” che abbiamo letto in
alcuni articoli di giornali, voglio precisare che in RAI a
Milano non si sciopera dal 1999 fatte salve le iniziative a
carattere generale, extra RAI. In RAI a Milano la compagine
sindacale unitaria è nota per aver firmato e reso pubblici
all'interno della RAI molti accordi che attengono alla Vertenza
Milano e che sono stati particolarmente sofferti poiché in
alcuni casi comportavano l'accorpamento di mansioni e
l’orizzontalità di alcuni compiti che altrove sono gerarchici
che prevedono l'utilizzo di maggior personale. In questo modo
nel tempo abbiamo saputo ovviare alla contrazione degli organici
mantenendo con la Vertenza Milano molte attività all'interno
dell'azienda. IN ultimo le squadre esterne TV, oggetto
principale della qualifica di “scioperati” non hanno mai aderito
ad alcuna iniziativa dimostrativa e sinceramente nessuno di noi
ricorda una qualsivoglia partecipazione di questi lavoratori ad
iniziative del passato remoto. Quello che è cambiato stavolta è
l'assunzione di una responsabilità dovuta alla presa di
coscienza anche da parte di chi “non c'è mai stato”, che un
segnale forte, di fronte a questa lenta agonia e all'omertà
sulle sorti del servizio pubblico, debba essere dato. A seguito
dell'assemblea generale dell’8 febbraio si sono avviate e
concluse le consultazioni sul contratto; l’80% dei votanti
Milano ha detto no a questa ipotesi contrattuale. Altri
insediamenti RAI hanno fornito analoghi risultati spinti anche
dalla nostra iniziativa e dai nostri documenti. A tutto venerdì
avevano votato circa 1750 lavoratori con 1350 NO che equivalgono
al 77%.
Silvio Palombella
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LA NOSTRA NOTA
Innanzitutto la comunicazione che pubblicheremo, nonostante la
lunghezza ma per correttezza professionale, sul n. 6 del 28
febbraio, in rete un paio di giorni dopo.
In secondo luogo se avete avuto modo di leggere i diversi
articoli in argomento avrete notato la posizione del giornale o
del Comitato Cittadini Consumatori Valtellina che non hanno
fatto da giudici andando a vedere di chi fosse il torto.
Certamente non nostro, visto che i Valtellinesi sono state le
prime vittime in una con il nostro Paese (vedansi le vignette
dei giornali esteri…). Abbiamo però anche scritto, di fatto, che
talvolta chi è dalla parte della ragione passa dalla parte del
torto se sbaglia comportamenti. La scelta del 9 febbraio non ci
si venga a dire che è stata casuale. E’ stata invece “causale”,
mirata su quello slalom gigante che era molto appetibile. E non,
ad esempio su una partita del Milan o dell’Inter…
Il risultato comunque è che “cornuti e razziati” siamo stati
noi..
Consentirete che sia umano attenderci che qualche responsabile
della RAI finisca a S.Siro (non allo stadio, ma nelle scuderie
dell’ippodromo) visto che lasciarlo continuare a fare quel
mestiere che ha dimostrato di non saper fare porterebbe a
richiedere analogo trasferimento a S. Siro per l’omissivo
superiore. E che, per quanto riguarda il Libersind sia difficile
togliere quello che ci siamo legati al dito (vedremo ad esempio
quella dissociazione del Segretario Generale Sugamele… Con le
sottigliezze di cui sono maestri i giuristi del nostro Paese
potrebbe venirne qualche sorpresa).
Resta comunque riprovevole il fatto, documentato dalla Vs.
puntuale ricostruzione, che nonostante lo svolgersi della
vicenda compreso il mutismo Meloniano, nessuno abbia avuto un
soprassalto di buon senso avvisando quei poveracci che ci hanno
messo l’anima con un impegno di anni per organizzare l’evento di
cosa stava avvenendo, o meglio non avvenendo, e che vi sia stata
comunicazione solo all’ultimo momento, quando ormai non c’era
più nulla da fare.
C’è solo da pensare che si volesse arrivare a questo risultato.
E poi, ciliegina finale, non una parola di scusa con quei
poveracci, noi e gli altri, cornuti e razziati…
Cordialità
Frizziero, direttore
GdS 28 II 2005 - www.gazzettadisondrio.it