NIENTE SESSO: SIETE UMANI! 11 2 28 26
Nemmeno il bel nudo integrale d'autore della bella Julia e del suo inquieto partner in amore, e neppure un evidente principio d'incendio tra i tendaggi del palco sono riusciti a scuotere il numeroso pubblico del Don Bosco dal torpore letargico di una narrazione del grande George Orwell che ha stentato a decollare.
In scena "Il Grande Fratello" del celebre drammaturgo britannico, l'occhio indiscreto su una società fagocitata dagli interessi di partito, ma ancor più dal culto deistico dell'immagine, nell'adattamento del regista Simone Toni con la compagnia de "Gli Incauti", che ha fatto il verso alle asfittiche quotidianità del G. F. televisivo che continua a mietere vittime vellicando gli istinti pruriginosi e voyeuristici in un transfert posticcio con personaggi squallidi e ambigui con l'unica ambizione di far parte di una comèdie humaine senza più speranze.
Ma è veramente questo il desolante quadro di una microsocietà che accetta di barricarsi tra quattro mura per espugnare ogni umana resistenza in cambio di un soldo di notorietà fasulla?
La compagnia ha preso posto tra i ranghi mentre Simone Toni è entrato in scena puntando curioso di una telecamera sul pubblico, che non si è scomposto, attendendo a lungo la scossa emozionale di una recitazione risultata talvolta accademica, pur fedele al testo originario di Orwell.
Una sgangherata televisione anni '80 scandiva le deiezioni mentali di un totalitarismo infarcito di biechi proclami che bandivano ogni sentimento umano, mentre in scena si consumava il dramma di una sessualità riscoperta a dispetto di tutto, ma infine negata, vituperata, angariata, martirizzata, ostracizzata , estirpata con ogni mezzo da un sistema che non ammetteva voli pindarici né amplessi carnali.
Sublime il "198Quartet" (chiara allusione al titolo della pièce, "1984") con musicisti di prim'ordine che hanno creato quell'atmosfera surreale in cui messaggi subliminali incidevano nella mente e nel cuore scalfendo più delle parole.
Una drammaturgia cruda ed essenziale sul potere occulto (mica tanto!) di una Tv da "Truman Show" che avverte il rischio di un futuro orwelliano spaventosamente vicino, troppo prossimo a noi, incarnato da interpreti di provata esperienza che hanno saggiato tutta la temeraria consistenza in una privazione, spoglia di ogni sentimento, come delle proprie vesti. Affannosa ricerca di una libertà scomoda che costa fatica e dolore, come quella che infiamma in questi giorni i popoli del Nord Africa, per sfuggire al peso di una volontà soggiogata dal filo spinato di tentacoli magnetici che si annidano nel cervello cancellando ogni emozione. Legittima la domanda finale: "Ma c'è veramente il Grande Fratello?".
Resta allora solo il libero arbitrio per il riscatto da una schiavitù mentale che dispensa surrogati endorfinici di paradisi artificiali che svaniscono al sorgere del primo sole.
Per "Gli Incauti" questa non è stata certo, però, un'occasione mancata, essi meritano infatti un grande plauso per il coraggio di aver messo tutto in conto, esplorando ogni possibile via espressiva, anche esponendosi ai bagliori selvaggi dei riflettori in tutta la nudità espressiva di corpi frementi che si amano, defraudati da un regime che assopisce le anime collocandole in un imperturbabile iperuranio senza slanci e senza amore.
Nello Colombo