ECONOMIA ITALIANA: L'APOLOGO DEL MIO AMICO GINO 12.2.29.47

Tempo fa il mio amico Gino ha scelto una data simbolica e ha fatto la voce grossa.

Ricevuti due soldi di eredità dalla zia del piano di sotto, ha sanato i debiti di famiglia, ha messo in pari il conto corrente, ha impostato la faccia dei giorni peggiori e il 1 gennaio 2010, pranzo di Capodanno, ha detto "Basta!".

"Basta! Sono stufo di correre dietro ai conti non pagati e al conto corrente in rosso! Da adesso si spende solo quello che c'è! Farò il punto della situazione giorno per giorno, e se c'è rischio di andare in rosso, a voi taglio la paga settimanale e a te tolgo il bancomat per alcuni giorni!"

Voce che non ammetteva repliche. Mara, la moglie, e i figli stavano a testa bassa aspettando che finisse la tempesta. Nessuno di loro si sentiva uno spendaccione, ma evidentemente lo erano globalmente. Accettarono senza fiatare (anche perché quegli occhi spiritati non consentivano altra scelta).

Teste basse, pranzi e cene silenziosi, zuppe di latte frequenti, un grado in meno in casa, telefonate al minimo. Tutto girava come un (triste) orologio. E il computer sempre acceso con quel foglio Excel dal titolo pomposo "Controllo continuativo del bilancio famigliare".

Un giorno Gino è fuori casa, ma il computer è sempre lì acceso. Pietro, il figlio più giovane, si incuriosisce e studia il foglio Excel. E alla sera chiede la parola.

"Papà, ma se tu non spendessi il 15% delle entrate in scommesse sportive, noi non avremmo problemi di bilancio." Urla a non finire per la violazione della privacy, ma urla prive di autorità. Moglie e figli lo guardano con occhi diversi e un po' disgustati.

Alla fino Gino fece ammenda, smise di scommettere, e tutto tornò alla normalità.

Togliete Gino e metteteci Mario. O SuperMario, come preferite. Mario Monti e compagnia governativa fanno parte di quella casta che vuole regalarci il "Fiscal Compact", dove tra varie regole, spicca quella del pareggio di bilancio obbligatorio per legge (1).

Suona bene, ha un buon impatto mediatico il "pareggio di bilancio obbligatorio". Porta quella ventata di "rigore economico" che si adattava bene agli antichi nomi di Ugo La Malfa o di Giovanni Spadolini.

Ma nell'Italia di oggi è il rigore dei folli. Come se volessimo suturare una ferita lasciando il marcio dentro, e senza antibiotici.

Che senso ha blindare il pareggio di bilancio quando il 15% delle entrate è sacrificato ai capricci del cosiddetto mercato? Equivale alle urla di Gino "Attenti che vi taglio!", ma non toccatemi il mio 15% di spese al gioco.

Naturalmente SuperMario, come Gino, si guarda bene dal ricordare ogni giorno agli italiani che il 15% delle nostre entrate finiscono in mano alla finanza speculativa, con la quale si nutrono anche tanti fondi d'investimento.

Non può dirlo. Perché, se lo dicesse, potrebbe alzarsi in piedi il piccolo Pietro e dirgli: "Ma Professore, perché invece di fare il pareggio di bilancio, non facciamo l'utile di bilancio attaccando gli interessi passivi?".

Già, perché non li attacchiamo? Sono forse inattaccabili?

Ma no, basta volerlo. Gli interessi passivi si nutrono di due cose: "tasso d'interesse" e "tempo", ed è possibile attaccare l'uno e l'altro.

Il tasso d'interesse è in mano ai cosiddetti mercati, per cui bisogna togliere il debito italiano dai mercati e riportarlo in Italia (come fanno tranquillamente in Giappone).

Il tempo è in mano al sistema bancario, e quindi bisogna togliere i pagamenti dello Stato dal circuito bancario e creare un circuito apposito.

Noi un po' di proposte le abbiamo pronte e scritte.

Chissà che dopo il Presidente Napolitano non ne arrivi uno dalle idee più fresche che scelga un Presidente del Consiglio che detesta gli interessi passivi. Se accadrà, il pacchetto di proposte glielo passiamo gratis.

Giovanni Lazzaretti

(1) Più precisamente il divieto per il deficit strutturale di superare lo 0,5 per cento del Pil nel corso di un ciclo economico.

Giovanni Lazzaretti
Economia