AEM - ASM, I NODI DEL CONCAMBIO E DELLA GOVERNANCE
Nel progetto di fusione tra Aem Milano e Asm Brescia si è arrivati al nodo del concambio e della governance. Già a partire dalla presentazione del piano industriale della superutility da 9 miliardi di euro - definito dai bresciani «condizione necessaria ma certamente non sufficiente per la conclusione dell’eventuale progetto d’integrazione» - si era capito che la trattativa si stava sfilacciando. Le riserve di Asm, considerata un’azienda modello nel panorama delle utility italiane, sono soprattutto di tipo gestionale. Pionieri nella termovalorizzazione e nel teleriscaldamento, i bresciani hanno appena conquistato a New York il titolo di «migliore sistema del mondo» nel loro settore, trattando 760 mila tonnellate di rifiuti l’anno e producendo energia per il fabbisogno di 170 mila famiglie, oltre al riscaldamento per 130 mila abitazioni.
«Andando a nozze con l’Aem, Asm corre un rischio gravissimo di mettere a repentaglio queste eccellenze», commenta Giulio Sapelli, ex presidente di Meta Modena. «Ci vogliono grandi sinergie industriali e compatibilità gestionali per giustificare una fusione del genere, ma soprattutto maggiore chiarezza negli incastri societari». Sapelli si riferisce al problema delle relazioni fra Aem e Edf, che oggi condividono il controllo di Edison: «Per unirsi con Asm Aem dovrebbe prima liberarsi dalla subalternità a Edf».
«È vero che sull’operazione Aem-Asm incombe il nodo della governance di Edison - ribatte Andrea Gilardoni, docente Bocconi ed esperto di gestione delle utility - ma si tratta di un nodo destinato a sciogliersi nel giro di due anni, quando scadranno i patti parasociali alla base dell’alleanza tra Edf e Aem. Proprio per questo le nozze fra Aem e Asm vanno celebrate prima: per gli italiani sarà tanto di guadagnato presentarsi a quella scadenza con le spalle più larghe». Secondo Gilardoni, anzi, l’operazione Aem-Asm è ancora troppo timida: «Queste nozze dovrebbero essere solo il primo passo per arrivare a un’alleanza ancora più vasta, che potrebbe includere anche Hera». Per competere su un mercato dell’energia diventato ormai globalizzato, in pratica, bisogna puntare a costruire una Rwe italiana: «Solo con un peso specifico di quelle dimensioni si raggiungerebbe la massa critica adatta per tener testa alle altre utility europee». E chi mette i bastoni fra le ruote anche a questo primo passo, sostiene Gilardoni, «si assume una gravissima responsabilità nei confronti dei consumatori e del Paese».
Sulla questione della governance pesano inoltre le diverse partecipazioni azionarie dei due Comuni: la quota di Aem controllata da Milano è pari al 43,2% ed è ben inferiore a quella di Brescia in Asm pari al 69,2%. Anche se Asm vale complessivamente meno di Aem, l’obiettivo di un concambio alla pari resta lontano da raggiungere: nelle condizioni attuali, Brescia verrebbe a detenere nel nuovo gruppo una quota del 28%, mentre Milano avrebbe il 25%.
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