LA RINCORSA ALL'AUTONOMIA DELLA PROVINCIA DI SONDRIO. 1) LE OCCASIONI SPRECATE, D'ORO, D'ARGENTO E DI BRONZO (1-segue) 11 9 20 50
La caccia alle streghe sviluppata nel Paese, obiettivo le Province, è stata un raro esempio di demagogia eretta a sistema e, contestualmente, di ignoranza assunta come nume ispiratore. Di queste affermazioni il nostro giornale ha fornito prova documentale con queste conclusioni:
1) Ci sono Province da abolire. Sono quelle previste da anni e sinora mai realizzate, per quali motivi i demagoghi vadano a indagare non essendo per nulla difficile scoprirne l'arcano. Basta, per fare un solo esempio vicino a noi andare a vedere il caso Milano. O Roma. O Napoli. Eccetera.. Ci riferiamo alla quindicina già indicate nella legislazione che dovrebbero lasciare il posto alle già previste, e ora riconfermate, 'Città metropolitane".
2) Ci sarebbero Province da accorpare. Quelle sarde. Quelle contermini e via dicendo.
3) Ci sarebbero Province da non toccare. Sondrio una di queste e ne abbiamo fornito in gran copia le motivazioni. Reali. Concrete. Indiscutibili.
4) Non si risparmia un €uro, anzi si corre il rischio di aumentare i costi inseguendo le varie proposte degli abolizionisti. Visto che le funzioni oggi esercitate da qualcuno dovranno essere esercitate anche domani, struttura e organizzazione non possono essere smontate quali che siano le nuove prospettive.
5) Alla domanda relativa a chi avrebbe svolto le funzioni oggi esercitate dalle Province la risposta degli abolizionisti Era sempre stata la più semplice, quella che non richiedeva alcun impegno di studio e di approfondimento: 'ma da Regioni e Comuni naturalmente'. Abbiamo dimostrato che si trattava e si tratta di una posizione da dilettanti allo sbaraglio. Per ricordare un solo aspetto abbiamo evidenziato quali delle funzioni un Comune come Sondrio, il capoluogo, avrebbe potuto ereditare dalla Provincia: scuole, sistema bibliotecario, sistema mussale. Stop. Tutto il resto, comprese cose importantissime come la pianificazione (territorio, paesaggio, acque, cave, aree sciabili ecc. ecc.) secondo quei tali avrebbe dovuto essere svolto dalle Regioni. Impensabile sotto ogni profilo per ragioni di una evidenza palmare.
6) A Roma si sono accorti della fesseria. Hanno lasciato perdere Regioni e Comuni ed hanno inventato 'gli enti regionali'. Si sta cioè facendo il bis del Ministero dell'Agricoltura che abbiamo seppellito col nostro voto referendario e che abbiamo visto, novella Araba Fenice, riemergere dalle proprie ceneri semplicemente cambiando nome. Unica novità, queste rilevante, l'eliminazione di tutti i soggetti che svolgono funzioni di governo di area vasta (e qui l'interrogativo se potranno sopravvivere o meno le Comunità Montane, mente il BIM, rebus sic stantibus, è protetto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale).
Dibattito
E' comunque partito il dibattito. L'ha innescato proprio il Presidente della Provincia di Sondrio, Masssimo Sertori, provocatoriamente dicendo in sostanza 'ah sì, e allora noi faremo un referendum per andare con la Svizzera' col risultato di sollevare un bel vespaio dalle Alpi alle Piramidi. Vorremmo dire che la trovata è stata anche più efficace di mille ragionamenti per il semplice motivo che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire (il riferimento agli abolizionisti è puramente CAUsale, e non casuale). L'idea secessionista ha aperto la strada a qualche approfondimento e se si approfondisce non ci sono alternative: le posizioni da noi sostenute sono tali da convincere anche i più riottosi. Non c'entrano affatto le 'poltrone', fra l'altro, checché se ne di ca o si pensi, tutt'altro che costose: I costi sono in ben altre sedi!
L'autonomia sprecata
Una brutta pagina nella storia delle nostre Comunità. Avevamo a nostra disposizione l'occasione d'oro di una avanzata autonomia, il massimo possibile realizzabile, e l'abbiamo sprecata. Inutilmente in pochi tentammo di far capire cosa si perdeva a rompere la Comunità Montana unica di Valtellina in quattro piccole Comunità. Non ci fu verso. Chi per un motivo, chi per l'altro la coalizione di microinteressi, di varia natura, corta di visione, superficiale nell'analisi, colpevole nei confronti della Valle, prevalse. Intellettualmente onesto l'allora consigliere regionale, del PCI, Contini pochi mesi dopo il fattaccio fu il primo ad ammettere il clamoroso errore. Errore reso più grave dal fatto che a una forte riduzione del ruolo si accompagnava la forte contrazione di poteri determinata dalla nuova legge regionale, quella che istituiva le mini-Comunità al posto di quella grande. Un solo esempio, fra i tanti. La CM unica si era fatta carico, prima volta che qualcuno lo facesse, degli oltre 100 km della Statale 38. In un anno e mezzo - record storico in Italia! - dall'incarico al prof. Darios si arrivava all'appalto dei lotti del Tartano e della Sernio-Mazzo, grazie soltanto all'innovativo lavoro in profondità svolto dalla CM unica. Chiusa questa i valtellinesi aspetteranno anni per avere la Mazzo-Grosio e tanti altri ancora per la tangenziale di Sondrio. E tanti ancora per le tangenziali di Morbegno e Tirano (a parte la Grosio-Bormio ma solo perché legata alla calamità sennò sarebbero passati lustri e non soltanto anni per averla).
L'occasione d'oro
La Legge 3 dicembre 1971, n. 1102 (G.U. 23.12, n. 324) "Nuove norme per lo sviluppo della montagna" era stata l'occasione d'oro fornitaci su un vassoio di pietra ollare e argento con fronde fi quercia e diamanti. Merita passare in rassegna, per ultra-sommi capi il regalo che ci era stato fatto dal Parlamento.
L'inizio: "Le disposizioni della presente legge sono rivolte a promuovere in attuazione degli articoli 44, ultimo
comma, e 129 della Costituzione, la valorizzazione delle zone montane favorendo la partecipazione delle
popolazioni, attraverso le Comunità montane, alla predisposizione e all'attuazione dei programmi di
sviluppo e dei piani territoriali dei rispettivi comprensori montani ai fini di una politica generale di
riequilibrio economico e sociale nel quadro delle indicazioni del programma economico nazionale e dei
programmi regionali".
All'art. 2 erano indicate le finalità: eliminazione squilibri tra le zone montane e il resto del territorio nazionale, difesa del suolo e protezione della natura. Questo con interventi intesi a: a) dotare i territori montani, di
infrastrutture e servizi civili per migliori condizioni di abitabilità per lo sviluppo economico; b) opportuni incentivi, nel quadro di una nuova economia montana integrata, le iniziative di natura economica
c) fornire alle popolazioni residenti nelle zone montane, riconoscendo alle stesse la funzione di servizio che svolgono a presidio del territorio, strumenti di riequilibrio.
Come realixxare queste cose? Con piani zonali di sviluppo delle Comunità Montane.
L'art. 5 riguarda i Piani di sviluppo economico-sociale, definisce competenze e modalità operative. Ma dice anche "AL PIANO DI SVILUPPO ECONOMICO-SOCIALE DELLA ZONA, COSÌ FORMULATO, DEBBONO
ADEGUARSI I PIANI DEGLI ALTRI ENTI OPERANTI NEL TERRITORIO DELLA COMUNITÀ, DELLE CUI INDICAZIONI, TUTTAVIA, SI TERRÀ CONTO NELLA PREPARAZIONE DEL PIANO DI ZONA STABILENDO GLI OPPORTUNI COORDINAMENTI". ALL'ART. 7 VENGONO AGGIUNTI I PIANI URBANISTICI.
Risultato straordinario per una provincia come la nostra. La CM organo di governo, l'assemblea una sorta di Parlamento. In Valchiavenna non capiranno questa prospettiva e preferiranno la soluzione locale, modestissima nel contesto (23.000 abitanti rispetto agli oltre 150.000 della Valtellina) ma soprattutto non in grado di realizzare quella "nuova economia montana integrata" di cui all'articolo due che porterà la CM unica
ad assumere la leadership delle CCMM in Lombardia, ma anche a livello nazionale, e a dialogare da pari a pari in Regione, con l'ANAS, con il Magistrato del Po, con l'AEM, con Il Credito Svizzero a Zurigo.
Malinconia nel ricordo dell'occasione d'oro persa. Con una coda gravissima.
La CM unica aveva realizzato un Piano Territoriale di avanguardia, quanto di meglio fatto sin allora in Italia. Era stato un lavoro corale (come si deve fare in questi casi e come, in genere, non si è fatto dopo, ib cui eravamo impegnati quasi in un centinaio di persona, con la cultura di Valle larghissimamante rappresentata. Comunità spaccata in quattro, Piano splendido alle ortiche e invasione del fondovalle da parte di capannoni che sennò non ci sarebbero stati se non nelle tre aree previste (Morbegno-Talamona, Sondrio, Tirano. Il Patrocino dell'Unesco non ci sarebbe stato negato e il versante terrazzato sarebbe stato associato al 'trenino rosso'.
L'occasione d'argento
Ci fu un'altra occasione. C'era stata la calamità (18 e 28 luglio 1987). Era stata varata la cosiddetta 'Legge Valtellina' Il 5 maggio 1990 infatti la Gazzetta Ufficiale pubblicava l'attesa legge 2 maggio 1990, n. 102 "Disposizioni per la ricostruzione e la rinascita della Valtellina e delle adiacenti zone delle province di Bergamo, Brescia e Como, nonché della provincia di Novara, colpite dalle eccezionali avversità atmosferiche dei mesi di luglio ed agosto 1987.
All' art. 5 veniva dato mandato alla Regione di predisporre il Piano di ricostruzione e sviluppo indicando una serie di finalità, di obiettivi, di indicazioni operative. La Regione provvedeva con sua legge regionale. E' la LR 1 agosto 1992, n. 23 "Norme per l'esecuzione degli interventi straordinari per la ricostruzione e la rinascita della Valtellina e delle adiacenti zone delle province di Bergamo, Brescia e Como colpite dagli eventi calamitosi dell'estate 1987", pubblicata sul BURL n. 32, 1º suppl. ordinario del 05 Agosto 1992.
Inaspettatamente - sorpresa positiva - la Regione ci delega. Dall'art. 2 'Compiti attuativi', sesto comma:
"6. La provincia di Sondrio procederà, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, all'adozione del piano territoriale di coordinamento, avente anche valenza paesistica ai sensi della legge 431/85, sulla base di indirizzi forniti dalla regione anche al fine di assicurare il coordinamento con quanto previsto dai piani di cui alla legge 102/90 . In pendenza dell'istituzione dei parchi regionali, ai sensi della l.r. 30 novembre 1983, n. 86 "Piano regionale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale ed ambientale", il piano territoriale di coordinamento definisce specifiche norme di tutela ambientale aventi funzione di salvaguardia sino all'entrata in vigore dei piani territoriali di coordinamento dei parchi stessi. I piani di difesa del suolo e di ricostruzione e sviluppo prevedono contributi alla provincia di Sondrio per la redazione del piano territoriale di coordinamento. "
Questa è autonomia perché si opera ancorati al territorio ma l'occasione (Giunta Dioli) d'argento è persa.
L'occasione di bronzo
Sul terzo gradino del podio in fatto di occasioni perse il Piano Territoriale Provinciale. Persa l'occasione d'argento, non cogliendo la specificità che era stata accordata alla nostra provincia, si rientra nella legislazione ordinaria. La Giunta Tarabini affida l'incarico e dà il via ma l'occasione è persa ancora una volta, questa volta con un deficit culturale. Elemento portante del Piano è la visione strategica, per sua natura (Il Comune di Sondrio, Sindaco Venosta e capogruppo l'on. Tarabini aveva 41 anni fa indicato la strategia di sviluppo della città con l'impostazione data addirittura dal prof. Frey!). Nel piano che viene presentato quasi a fine mandato gli indirizzi (si fa per dire) strategici sono confinati in 161 righe sole solette predisposte dai progettisti, svolgendo un'opera di supplenza perché si tratta di materia che non spetta ai tecnici. Il Presidente della Provincia si avvede della debolezza e, adducendo un fatto tecnico, revoca la sua approvazione. La palla passa alla Giunta successiva, Presidente l'on. Provera. Ci sarebbe da definire gli indirizzi strategici alla luce di due grandi poli di interesse ma questo vorrebbe dire ripartire da capo. Con aiuti anche esterni il Piano dopo una serie di modifiche e integrazioni viene portato all'approvazione. Ma ormai i buoi sono usciti dalla stalla compresa la restrizione dei poteri della Provincia che cambia le carte in tavola nei rapporti con il territorio.
Peccato. Meno incidente sul territorio il Piano avrebbe potuto esserci da un decennio, periodo nel quale avrebbe esplicato i suoi effetti positivi.
La rivendicazione odierna
Oggi si rivendica l'autonomia. Lo si faccia almeno a ragion veduta e non a spanne.
Ne vedremo ragioni e perché nel prossimo articolo.
Alberto Frizziero