OBAMA OVVERO COME UNA MUSICA VICINA

Chi è stato il suo ispiratore? Non si crederebbe ma è un antico monaco calabrese, quel Gioacchino da Fiore che fu perseguitato dal potere religioso nel medioevo. ''Maestro della civiltà contemporanea'' e ''ispiratore di un mondo più giusto'', così

Siamo ormai prossimi a sentirla vicina la nuova musica degli USA, per la governance del giovane, acclamato Barak Obama, ritenuto globalmente la speranza di un nuovo mondo più giusto, amichevole, fraterno al pari di quel Gesù di millenni fa che riscattò donne, diversi, poveri ed oppressi da un potere ottuso e nemico di una qualsiasi liberazione per l'umanità.

Dal Nord al Sud del pianeta c'è tutto un inseguire il sogno di Martin Luther King di vedere finalmente gli uomini e le donne uniti dai valori positivi della vita per mezzo di un timoniere capace e fraterno qual è il senatore dell'Illinois che racchiude nelle sue mani i prossimi e migliori destini del mondo intero.

La sua elezione a Presidente degli Stati Uniti d'America, non è solamente una speranza, ma un qualcosa di così forte e sospirato che apre nuovi e più luminosi orizzonti al cammino ancora troppo impervio dell'umanità verso il domani già abbozzato ma così aggrovigliato col male da incutere ancora molta paura nella gente comune.

E' proprio la "gente comune", come quella donna nera che 50 anni fa fu buttata giù dal bus dai bianchi per il colore della sua pelle, oppure quel gruppo di giovani del villaggio keniota da cui proveniva suo padre, a desiderare con tutto il cuore che Obama venga eletto. Ma lo aspirano anche gente religiosa che magari sognano che dopo di lui, non essendoci più l'handicap del "nero o bianco", salga sul seggio di Pietro un papa nero.

Non scrive Isaia che …"Il Signore dell'universo preparerà per tutte le nazioni del mondo un banchetto imbandito di ricche vivande e di vini pregiati….che asciugherà le lacrime dal volto di ognuno…(Cfr.: Is 25, 6-8)?

E chissà che ciò non avvenga nei prossimi anni, quando si potrà percorrere la stessa strada fianco a fianco con tutte le creature della terra.

Ma vediamo più da vicino i motivi del successo planetario di Barak Obama.

Egli rifugge dai cliché e dai luoghi comuni del linguaggio politico, trasmette convinzione, freschezza, sentimenti a quanti sono convinti che il «sogno americano» che vive nelle origini stesse degli Stati Uniti come terra di libertà, di lavoro, di sovranità individuale e non di caste, in cui legge e morale si confondono al fine di garantire il bene comune all'interno della convivenza nella diversità e il continuo stimolo all'iniziativa e alla fantasia del cittadino, è ancora possibile. Questo sogno ha avuto stagioni di recessione e traumi, ma è sempre tornato.

E' quello che sta dietro i grandi episodi della storia americana, il prodigioso sviluppo industriale e scientifico, l'accettazione e l'integrazione di decine di milioni di immigrati d'ogni tradizione e cultura, il riformismo liberale che ha profonde radici nella società, la campagna in favore dei diritti civili, la lotta contro il fascismo e il nazismo nelle due guerre mondiali e la difesa del mondo occidentale dal totalitarismo negli anni della guerra fredda. Quest'insieme di fattori esiste nella figura di questo figlio d'un africano e d'una bianca del Kansas d'origine nordica che, grazie al proprio talento, ha studiato nella migliore università degli Stati Uniti, Harvard, (come Michelle, sua moglie) e, dopo aver conseguito un'eccellente formazione, invece di pensare a diventare ricco in un famoso studio di avvocati a New York o tra gli executive d'una multinazionale, ha preferito seppellirsi per dieci anni nei quartieri più miserabili di Chicago, lavorando per gli emarginati e i disoccupati con l'intento d'offrire loro le risorse politiche e culturali per sconfiggere la povertà.

Il senatore Obama è il primo dirigente di colore degli Usa che ha toccato, contemporaneamente, il cuore dei bianchi, dei neri e degli ispanici con un linguaggio che non si è richiamato mai alla propria condizione razziale. Nelle sue interviste brillano per la loro assenza sia il vittimismo, sia il razzismo ed è costante il richiamo a superare le barriere artificiali alzate dalle ideologie, appoggiandosi ai valori superiori di libertà, giustizia, legalità , opportunità, educazione e sicurezza per tutti, senza eccezioni. Si tratta, indubbiamente, di idee semplici, generali, ma che hanno fatto vibrare milioni di nordamericani(e cittadini globali), ricordando loro, di colpo, che la politica può essere qualcosa di più generoso e di più sincero rispetto alla versione che di essa danno i politici di professione.

Egli incarna nella politica americana una forza nuova che va oltre il semplice spirito di partito e che ingiunge agli americani di voltare le spalle al sistema politico a porte chiuse di Washington.

Chi è stato il suo ispiratore?

Non si crederebbe ma è un antico monaco calabrese, quel Gioacchino da Fiore che fu perseguitato dal potere religioso nel medioevo. ''Maestro della civiltà contemporanea'' e ''ispiratore di un mondo più giusto'', così Barack Obama ha chiamato Gioacchino da Fiore, citandolo per ben tre volte durante la sua campagna elettorale. Ma dove viene questa sua attenzione per l'abate teologo vissuto nel XII secolo? ''Conosco questi riferimenti e richiami - risponde all'Adnkronos l'antropologo Aldo Civico, esperto di Relazioni Internazionali e docente alla Columbia University, che lavora nello staff del senatore afroamericano - ma non sono io ad avergli fatto conoscere Gioacchino da Fiore o ad avergli ispirato queste citazioni. È stata un'autonoma scoperta culturale da parte di Obama''( Roma 29 ott. , Adnkronos/Ign).

Sì, noi possiamo sperare ancora che la sua guida morale siano gli scritti numerosi del santo monaco che predicava ed operava per la giustizia, che l'essere del partito democratico da sempre contro i privilegi dei potenti che sin dalla fine dell'Ottocento alla metà del Novecento, si è definito in base alla sua opposizione alla concentrazione del potere e del denaro nella società americana, che agisca lealmente per il «popolo» e contro i «gruppi di interesse», che ricordi sempre che i democratici si scagliavano contro la concentrazione del potere da parte dei capitalisti, designati come «trust» o «grandi imprese»; contrari ai privilegi delle élite, si consideravano i paladini dell'uomo della strada, che difenda le riforme sociali utili all'oggi, che il suo continuo appello all'unione universale dell'insieme delle razze, delle credenze e delle classi, divenga una bellissima realtà. Durante i suoi comizi elettorali - che alcuni osservatori hanno paragonato a delle funzioni religiose - Obama ha indicato sistematicamente ai suoi sostenitori che tutti gli americani, indipendentemente dalla razza, dal colore della pelle o dal genere, possono conoscere la ricchezza.

Il suo nome, ha spiegato, sintetizza bene gli aspetti positivi degli Stati uniti. I suoi genitori gli hanno dato un nome africano, Barack, che vuol dire "benedetto" pensando che in un'America tollerante il nome che si porta non sia un ostacolo al successo. Hanno immaginato che sarebbe andato nelle migliori scuole del paese anche se non erano ricchi, perché in un'America generosa non si ha bisogno di essere ricchi per realizzare le proprie potenzialità.

Nei suoi messaggio la convergenza fra la forma e il contenuto è estremamente evidente nello slogan «Sì, noi possiamo» (Yes, we can), che incarna i temi universalistici dell'integrazione e della tolleranza in uno stile domanda-risposta che rievoca la tradizione partecipativa della chiesa afroamericana . E che non oblii i temi ecologici così ben citati dai versi di questa poesia:

Voi dovete insegnare ai vostri figli

che il terreno sotto i loro piedi

è la cenere dei nostri antenati.

Affinché rispettino la terra,

dite ai vostri figli che la terra

è ricca delle vite del nostro popolo.

Insegnate ai vostri figli

Quello che noi abbiamo insegnato ai nostri,

che la terra è nostra madre.

Qualunque cosa capiti alla terra

capita anche ai figli della terra.

Se gli uomini sputano sulla terra,

sputano su se stessi.

(Capriolo Zoppo, nazione indiana dei Duwamish, 1854).

Chi è Gioacchino da Fiore

Gioacchino nacque (intorno al 1130, nell'avvicendarsi della dominazione sveva e quella normanna) e studiò in Calabria a Cosenza. Viaggiò per qualche tempo in Oriente e ritornò in Calabria dove fu predicatore ed eremita. Divenne abate del monastero di Santa Maria di Corazzo che diresse abilmente sviluppandolo e ingrandendolo poi chiese di essere esonerato da tale potere e si dedicò ai suoi studi che lo portarono a riflettere sulla storia e sul tempo, sui rapporti tra l'umano e il divino, sulla organizzazione della chiesa e della specie umana, fino a prefigurare un ordine nuovo, una nuova Utopia. Gioacchino da Fiore ebbe una vita molto movimentata. Fondò l'Ordine Florense, incontrò papi (Clemente III, Urbano II Lucio III e Celestino III) e imperatori (Guglielmo II ed Enrico VI), re (Filippo II e Tancredi)e regine, con tutti interagì a tal punto da influenzare la storia. A Riccardo Cuor di Leone predisse l'insuccesso della crociata. Convinse Enrico VI ad abbandonare l'assedio di Napoli, rifiutò di confessare l'imperatrice Costanza fino a quando non si fosse inginocchiata ai suoi piedi. Profetizzò sulla vita e la morte di Federico II (stupor mundi) allora ancora bambino. Di lui un testimone raccontò che dettava nello stesso tempo a due suoi collaboratori due libri diversi, di lui si disse che era un santo, ma nessun papa osò nominarlo tale. Morì nel 1202 ma la sua concezione della storia e del mondo, la sua Utopia (il monasterium), i suoi libri continuarono ad influenzare la storia e la cultura nei secoli successivi fino ad oggi. Ispirò il movimento francescano, venne citato da Dante che nella Divina Commedia si fa influenzare dalle sue idee innovatrici, ne utilizza simboli e linguaggio profetico. Cristoforo Colombo collega nei suoi scritti le sue esplorazioni alle profezie di Gioacchino. Infatti i frati spagnoli dell'Osservanza portarono nel nuovo mondo la speranza e l'utopia del frate calabrese che ancora oggi in America latina viene studiato. Schemi e simboli gioachimiti vengono riconosciuti in Michelangelo nella Cappella Sistina come nel Duomo di Assisi. Oggi luoghi di studi gioachimiti continuano ad essere, oltre che il Centro Internazionale di Studi Gioachimiti di san Giovanni in Fiore, l'Università di Oxford in Inghilterra, le Università di Berlino e di Costanza e, negli USA, la Northwestern University, l'Università di Chicago, l'Università del Kansas e quella dell'Arizona. All'UniversiTà di Harvard ha insegnato per lungo tempo Morton Bloomfield, studioso di Gioacchino e del Gioachimismo. Nessuna meraviglia quindi che Barack Obama conosca e citi il profeta senza avere bisogno che qualcuno glielo suggerisca. Gioacchino lasciò molti opere (scritti profetici, di teologia, di storia, sermoni, riflessioni ed analisi sulla Bibbia, scritti sull'Apocalisse)e Il Liber Figurarum che è in qualche modo una sintesi simbolica del pensiero gioachimita, una complessa opera (storia teologia profezia) che è anche uno stupefacente lavoro di grafica. Il pensiero del filosofo calabrese scaturisce dall'analisi della storia più antica (l'antico testamento - l'età del padre) e dall'analisi del passato più recente (il nuovo testamento - l'età del figlio). Da queste analisi lui ricava la "necessità" dell'avvento di un tempo futuro (l'età dello spirito) che "deve" giungere ed in cui la specie umana riesce ad esprimere il meglio liberandosi da afflizioni, ignoranza e sottomissione. Sta probabilmente tutta qui la "modernità" di Gioacchino da Fiore. Egli pone, in una maniera per qualche verso "scientifica", il tema del futuro dell'umanità. Del suo destino "progressista". Vede infatti anche la necessità di una organizzazione sociale dell'umanità che superi i rapporti tipici delle due età precedenti (l'età del padre e l'età del figlio) tra gli uomini e degli uomini col potere e con la divinità. A questa necessità lui non si sottrae ed erige la sua Utopia anzi il suo Monasterium. Una struttura sociale, ovviamente a carattere teologico, ma dove gli umani trovano la loro collocazione non in base al potere o al denaro o alla discendenza, ma in base alle loro tendenze, al loro carattere e al loro stato (persone contemplative, persone attive, persone dedite alla famiglia, anziani e deboli di salute, studiosi …) e sotto la pacifica guida di un abate. Il Monasterium ipotizza una riforma radicale e una ristrutturazione che mette in crisi l'organizzazione della chiesa che condanna pubblicamente le sue idee e le sue opere nel concilio Lateranense del 1215.

Maria de Falco Marotta

Maria de Falco Marotta
Editoriali