IL 27 GENNAIO SARÀ CELEBRATO PER L'OTTAVA VOLTA IL "GIORNO DELLA MEMORIA"
Il "Giorno della Memoria" è stato istituito con la legge 211 del 20 luglio 2000, al fine di ricordare, da una parte, la data (27 gennaio 1945) dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz e commemorare la Shoah (in ebraico: "catastrofe", "distruzione", "desolazione"), le leggi razziali, la persecuzione, la deportazione, la prigionia e lo sterminio dei cittadini ebrei, dall'altra, tutti coloro che pur in campi e schieramenti diversi si opposero a quel folle progetto di genocidio, non esitando a salvare altre vite e a proteggere in condizioni difficili i perseguitati, anche mettendo a rischio la propria vita. In ogni città, in ogni scuola, in occasione del "Giorno della Memoria" sono organizzati incontri, cerimonie e momenti comuni di riflessione e di rievocazione dei fatti, in modo particolare nelle scuole di ogni ordine e grado, su quanto accadde allora al popolo ebraico e ai deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, in modo da conservare viva la memoria di un tragico ed oscuro periodo della storia dell'Europa e del nostro Paese, affinché sia scongiurato per sempre il ripetersi di simili eventi. Conoscere e ricordare la Shoah può essere di valido aiuto per meglio comprendere le ramificazioni del pregiudizio e del razzismo; per realizzare una pacifica convivenza tra etnie, culture e religioni differenti; per creare, infine, attraverso la valorizzazione delle diversità, una società realmente interculturale. Facendo emergere le pericolose insidie del silenzio di fronte all'oppressione, il ricordo della Shoah permette anche la maturazione nei giovani di un'etica della responsabilità individuale e collettiva, cooperando con la promozione dell'esercizio di una cittadinanza attiva e consapevole. Per mantenere viva la memoria collettiva della Shoah, è stata costituita a Stoccolma, nel 1998, una Task Force internazionale. Ne fanno parte attualmente 24 paesi: Argentina, Austria, Belgio, Croazia, Repubblica Ceca, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Ungheria, Israele, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Polonia, Regno Unito, Romania, Stati Uniti d'America, Svezia, Svizzera e Ungheria, però il cerchio tende ad allargarsi. A Ciascuno di loro a turno, per la durata di un anno, viene data la presidenza, per indire, poi, a livello internazionale(certamente nell'Occidente), iniziative varie affinché la "memoria" orribile di quella immane tragedia non sia oscurata da eventi drammatici e passeggeri come purtroppo, giorno dopo giorno siamo costretti a subire . Speriamo che la "memoria" della tragicità di quegli eventi funesti che- purtroppo- tendono a rinnovarsi nel nostro tempo, sebbene con un impatto diverso e- sottovalutato- non oscuri del tutto la nostra memoria.
Quest'anno proporremo certe cose che sfuggono perlopiù e che ci diranno, ancora una volta, quale ricchezza di sentimenti e di azione sono stati i nostri fratelli uccisi nei campi di concentramento nazisti. E non si tratta solamente di ebrei.
Se volessimo classificare le vittime del nazismo in grandi macrocategorie potremmo dire che
vi furono vittime "per ciò che erano", vittime "per quel che facevano" e infine vittime "per ciò
che rifiutavano di fare".
Nella prima categoria possiamo far rientrare gli Ebrei, i Rom e i Sinti e - in misura variabile -
gli Slavi e i "non ariani".
La categoria di coloro che venivano vittimizzati "per quel che facevano" era composta da tutti
coloro che mostravano attitudini e comportamenti divergenti dall'ideologia o dalla morale
nazista. Gli omosessuali quindi, gli oppositori politici, i massoni, i cosiddetti "asociali", coloro
che trasgredivano agli ordini.
La terza categoria - quella di coloro che erano vittime "per ciò che rifiutavano di fare" appare la meno studiata. Vi rientravano ad esempio coloro che rifiutavano di prestare servizio militare
(come ad esempio i Testimoni di Geova), i militari che rifiutavano di obbedire ad ordini
considerati immorali.
Un gruppo di appartenenti a questa categoria è stata quasi del tutto ignorata dagli storici:
i pacifisti.
Cosa significava essere pacifisti o anche obiettori di coscienza nel Terzo Reich?
Prima che i nazisti nel 1933 giungessero al potere sappiamo che in Germania esisteva un forte movimento pacifista suddiviso in numerose associazioni e gruppi di militanza politica.
Una di queste era la Friedensbund deutscher Katholiken (Fratellanza dei tedeschi cattolici) guidata dal sacerdote Max Metzger che sarà uno dei protagonisti del pacifismo tedesco durante la dittatura nazista. Un'altra che aveva un seguito importante era la Bruderhof, comunità pacifista di orientamento protestante, fondata da Eberhard Arnold.
Il destino di queste organizzazioni fu comune. Tutte ricadevano nelle previsioni della legge militare contro la sovversione delle forze armate (Zersetzung der Wehrkraft) e - in base ad essa - vennero sciolte con la forza.
Coloro che non si assoggettarono alla proibizione di manifestare il loro pacifismo e rimasero attivi ebbero come destino la prigionia o il campo di concentramento.
Vi furono poi pacifisti che, pur non essendo all'interno di organizzazioni, manifestarono le proprie idee contro il militarismo e la guerra con grande forza. Si tratta dei casi meno documentati e più difficili da rintracciare.
Un primo caso noto è quello di Michael Lerpscher, cattolico, che rifiutò di giurare incondizionata fiducia ad Adolf Hitler così come si usava fare nelle forze armate tedesche e che per questo pagò con la decapitazione.
Un altro esempio è quello di un contadino austriaco, Franz Jägerstätter. Egli non rifiutò soltanto il giuramento a Hitler ma l'intera ipotesi di servire in armi manifestando così un pacifismo completo.
Franz Jägerstätter nasce il 20 maggio 1907 in un paesino St.Radegung, nell'Alta Austria a pochi chilometri dal confine con la Baviera.
Può essere definito come un "obiettore" al nazismo, un semplice contadino che rappresenta uno dei pochissimi testimoni che in terra tedesca, abbia osato opporsi al regime hitleriano. Rifiutò ogni collaborazione con il nazionalsocialismo dopo l'annessione del suo Paese alla Germania (1938).
Chiamato alle armi nel 1943, in pieno conflitto mondiale, dichiarò che come cristiano non poteva servire l'ideologia hitleriana e combattere una guerra ingiusta.
La scelta e la vita di Franz, sono riferibili ad una radicalità evangelica che non ammette repliche, anzi provoca ed interroga. Non è senza significato che il suo parroco Josef Karobath, dopo la discussione decisiva nel 1943, pochi giorni prima della chiamata all'arruolamento, abbia scritto:"Mi ha lasciato ammutolito, perché aveva le argomentazioni migliori. Lo volevamo far desistere ma ci ha sempre sconfitti citando le Scritture". In Franz c'è una serenità, anche se mediata e sofferta, di adesione al pieno significato del messaggio evangelico: in lui la coerenza diventa fattore distintivo, non per preconcetti ideologici o per un astratto pacifismo, ma perché si lascia condurre dalla concreta e vissuta adesione ai valori, ai significati, alle esigenze di ciò in cui crede.
Nella vicenda umana e religiosa di F.Jägerstätter emerge con forza il primato della coscienza, vero faro per il comportamento di un semplice laico cristiano. Senza eccedere a posizioni eterodosse, Franz si pone in fermo ascolto di ciò che "gli sembra giusto". Lo fa con enorme sofferenza, perché deve andare contro ciò che ha di più caro, la famiglia (la moglie e le tre figlie in tenera età) contro i pastori della Chiesa (ma non tutti), contro i suoi concittadini, di cui "sente" la disapprovazione, lui a cui era stato chiesto di diventare sindaco.
Il suo ascolto non è improvvisato, Franz studia la Bibbia, legge i documenti della Chiesa, si confronta con persone di cui ha fiducia, prega molto, medita, digiuna. Si sottopone ad un percorso di formazione della coscienza, pur nelle condizioni proibitive di quegli anni.
L'atteggiamento etico di Franz fa leva sulle "cose ultime", le cerca e le desidera. Non le pone sullo sfondo del proprio agire, ma le fa diventare determinanti per decisioni e comportamenti. Anche davanti alla moglie, nei 20 minuti di colloquio concesso in carcere, a Berlino, poche settimane prima dell'epilogo, ricorda che ciò che li attende è il Cielo e "chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me " (Mt. 8,37).
Franz viene ghigliottinato a Brandeburgo (Berlino, nello stesso carcere si trovava anche Bonhoffer) il 9 agosto 1943.
La sua testimonianza si fonda su un altissimo senso della dignità della persona, sul valore della coscienza, sull'importanza della responsabilità individuale anche di fronte alle scelte collettive.
Essa ricorda inoltre il sacrificio di coloro che hanno lottato contro le barbarie dei regimi totalitari. Il 26 ottobre 2007 presso la cattedrale di Linz (Austria) viene proclamato Beato.
Cosa vuol dire oggi essere aggiornati sulla Shoah?
Tra i diversi media utilizzabili per narrare, per informare, il web è probabilmente quello che si avvicina di più al linguaggio dei giovani. I ragazzi e anche i bambini sembrano davvero essere una generazione nata con una tastiera come «naturale» prosecuzione della mano. Il linguaggio verbale dei giovani pare spesso sincopato come quello delle chat in rete. Apprendere dal web è per loro naturale. Il web viene usato con la stessa disinvoltura per scambiare informazioni o per prendere un appuntamento.
Veicolare attraverso il web i contenuti che vogliamo proporre può senz'altro costituire una agevolazione nella trasmissione e quasi una garanzia che il messaggio arrivi. Il web può essere uno straordinario strumento di autoconsultazione e autoformazione. Studiare, nella pratica ebraica e nel web, non significa conoscere in anticipo il risultato di una ricerca, e nemmeno conoscere quali strade si percorreranno, ma piuttosto cercare di comprendere gli spazi bianchi tra le lettere, spaziare nello spazio e nel ciberspazio. In ebraico la lettera Lamed sintetizza ed è alla base della radice della parola «studio». Essa è l'unica delle ventidue lettere che compongono l'alfabeto ebraico che si stagli «sopra le righe». Segno che per studiare si deve andare anche oltre i margini superiori. La Lamed è l'ultima lettera della Torah, e insieme alla prima, la Beth (la cui forma invece costringe a non spaziare, anzi ad andare avanti solo in una direzione), forma la parola lev, «cuore». Un cuore pulsante, che si modella sulla sua concentrazione ma anche sulla sua elevazione. Con il Talmud il popolo ebraico cessa di essere soltanto il popolo del libro [Libro], per farsi il popolo dell'interpretazione del libro.
In una pagina di Talmud convivono e si confrontano diverse opinioni, nessuna delle quali può a priori prevalere sulle altre. I Maestri chiamano il Talmud Yam, «mare». Chi utilizza internet naviga in rete.
Entrambi sono enormi «continenti fatti di mare», di materia fluida come l'acqua, al cui interno vivono miliardi di informazioni che spesso, però, tocca alla nostra intelligenza filtrare e interpretare. Il Talmud è composto in trattati, in ebraico il termine è massechet (al plurale massachtot), che letteralmente significa «trama», «tela», [anche «rete»?] e anche il web è una tela [rete].
Così come il web, anche il Talmud può esser considerato come un enorme ipertesto.
Una informazione messa in rete, un qualsiasi documento può essere paragonato al «viaggio di una scintilla». Mantenerla in vita, continuare a trasmetterla è nostra responsabilità.
Utilizzare il web significa adeguare il messaggio al linguaggio dei loro utilizzatori: in gran parte i giovani. Si leggono, e spero si continuino sempre a leggere, libri e giornali, ma molto si legge anche sullo schermo del pc. C'è da tenere in considerazione l'attitudine di molti ragazzi, che preferiscono essere produttori piuttosto che consumatori di parole. Valga come esempio il dilagare dei blog. Da quando è stato istituito per legge di Stato il Giorno della Memoria, intorno a questa data si sono moltiplicate, in particolare nelle scuole, le celebrazioni, tanto da far diventare questa data un vero appuntamento con la storia. Tra le molteplici e diversificate attività che gli insegnanti organizzano in questa occasione, grande rilievo hanno gli incontri con i testimoni, incontri che spesso divengono per i testimoni stessi autentici tour de force.
È così che Auschwitz da luogo assolutamente compreso in una spazialità e in una temporalità precisa produce una paralisi nel tempo e nello spazio non solo in coloro che erano lì, ma anche in coloro che hanno appreso e che si sono fatti essi stessi «candele della memoria», accogliendo sulle loro spalle l'eredità di Auschwitz: sono i ragazzi che assistendo alle testimonianze dei sopravvissuti tornano a casa con un segno sull'anima.
La nostra è una «società della conoscenza»: all'interno di essa i processi, le tecniche e le modalità di comunicazione e di acquisizione di informazioni e di conoscenze sono ormai determinanti nel processo di crescita culturale, sia individuale che del gruppo nel suo insieme. In questo senso il web è una fonte davvero preziosa.
Chi mette il proprio lavoro in rete, sa che tutti possono trarne beneficio.
Gli educatori sanno bene che le nuove tecnologie condizionano i giovani nei loro modi e nel loro pensiero: proprio per questo debbono farsi garanti delle proposte, in particolare quando debbono guidare lo studente nel mare magnum del web. E comunque è indispensabile sottolineare che lo studio fatto attraverso il web va incasellato all'interno del percorso di studio.
Per usare in modo proficuo il web si dovrebbe essere in grado di guidare la ricerca, indirizzandola in particolare verso la storiografia, la memorialistica e i documenti (fotografie, disegni, documenti d'archivio ecc.)
Inoltre, al di là della intenzionalità dei curatori del sito, troppo spesso i siti di Shoah propongono l'orrore dei racconti e soprattutto delle immagini come chiave per catturare il navigatore.
Se digitiamo la parola Shoah su Google, il motore di ricerca attualmente più usato, si aprono come in un abisso 736 000 pagine in italiano e 4 160 000 totali. Quali può scegliere l'insegnante?
Qui ne raccomandiamo solo alcuni: in italiano
http://www.ucei.it/giornodellamemoria. È il sito dedicato al Giorno della Memoria dall'Unione delle comunità ebraiche italiane; nato subito dopo l'istituzione del Giorno della Memoria e cresciuto nel corso degli anni, il sito è - tra quelli specifici sulla Shoah - tra i più visitati in Italia. La sezione «Calendario delle iniziative» permette di seguire le manifestazioni che si tengono in ciascuna città. Contiene una sezione di didattica con alcuni spunti che possono essere utili all'insegnante per preparare una lezione. Segue da vicino il concorso per le scuole che ogni anno è bandito dal ministero dell'Istruzione in collaborazione con l'Unione delle comunità ebraiche italiane. Il sito presenta una sezione contenente alcuni approfondimenti su temi specifici (Anna Frank, Varsavia, Terezin ecc.), documenti e fonti storiche, riflessioni, testimonianze, una bibliografia, una filmografia divisa per fasce di età, un glossario e molto altro ancora.
http://www.cdec.it. Sito della fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano; si possono trovare diversi materiali di carattere didattico, schede bibliografiche, una cronologia di Auschwitz (scaricabile in formato pdf), le statistiche degli ebrei italiani vittime della Shoah, informazioni e notizie sulle attività del centro. http://www.istruzione.it/shoah. Pagine dedicate alla Shoah nel sito del ministero della Pubblica istruzione. Contiene informazioni su quanto succede nel mondo della scuola sull'argomento. È possibile scaricare dal sito materiale didattico. All'interno sono ospitati anche diversi lavori realizzati dai ragazzi nelle scuole.
http://www.deportati.it. È il sito dell'Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti (Aned). Nel sito sono ospitati diversi testi scaricabili, un interessante dizionario, approfondimenti sui campi di concentramento e di sterminio, oltre che filmografia e bibliografia.
In una sezione dedicata alla didattica si tenta di dare una risposta al problema di come trasmettere l'insegnamento della Shoah a ragazzi bombardati ogni giorno da notizie di guerre, di ingiustizie, di orrendi attentati, con un confronto aperto con gli insegnanti di ogni ordine di scuola.
http://www.olokaustos.org. Diviso in livelli, contiene anche cinque indici: quello biografico, quello geografico, i grandi argomenti, la resistenza ebraica e la documentazione. Contiene anche diversi saggi. In questo sito per scelta dei curatori gli effetti grafici sono ridotti al minimo, per rendere più facile la navigazione e più fruibili i contenuti. in inglese
http://www.yadvashem.org/. È il sito ufficiale del centro di Yad Vashem a Gerusalemme. Ricchissimo di informazioni e contenuti, è una vera miniera per chi si occupa di Shoah. All'interno un data base delle vittime della Shoah, una sezione dedicata alla didattica (con una piccola sottosezione anche in italiano
http://www1.yadvashem.org/education/italian/homepage.htm.
Conferenze in modalità podcast, documenti, saggi, diari, mappe, informazioni sulle attività del centro e molto altro.
http://www.ushmm.org. È il sito ufficiale del prestigioso Museo spunti, è possibile trovare diverse sezioni: storica, didattica, di ricerca, di approfondimenti sull'antisemitismo, videoclip ecc. in francese e inglese
http://www.memorialdelashoah.org/. Sito del Museo e centro di documentazione contemporanea francese. Molto ricco di materiali; contiene, tra l'altro, una enciclopedia multimediale della Shoah, sezioni dedicate alla didattica, testimonianze.
Sull'importanza della narrazione e del mantenimento della memoria, citiamo una storia tratta dalla tradizione chassidica:
Quando il Baal Shem Tov doveva assolvere a qualche compito difficile, qualcosa di segreto per il bene delle creature, andava allora in un posto nei boschi, accendeva un fuoco e diceva preghiere, assorto nella meditazione: e tutto si realizzava secondo il suo proposito. Quando, una generazione dopo, il Maghid di Meseritz si trovava di fronte allo stesso compito, andava nello stesso posto nel bosco e diceva: «Non possiamo più accendere il fuoco, ma possiamo dire le preghiere» e tutto andava secondo il suo desiderio. Ancora una generazione dopo Rabbì Moshè Leib di Sassow doveva assolvere lo stesso compito.
Anche egli andava nel bosco e diceva: «Non possiamo più accendere il fuoco e non conosciamo più le segrete meditazioni che vivificano la preghiera, ma conosciamo il posto nel bosco dove tutto ciò accadeva e questo ci deve bastare». E infatti ciò era sufficiente. Ma quando di nuovo un'altra generazione dopo Rabbì Israel di Rischin doveva anch'egli affrontare lo stesso compito, se ne stava seduto sulla sua sedia e diceva: «Non possiamo accendere il fuoco, non possiamo dire le preghiere e non conosciamo più il luogo nel bosco: ma di tutto questo possiamo raccontare la storia». E il suo racconto da solo aveva la stessa efficacia delle azioni degli altri tre.
Il nostro auspicio più sincero è che il nostro narrare possa essere almeno paragonabile a quello di Rabbi Israel di Lischin, l'ultimo rabbino del racconto.
Maria de Falco Marotta & Team