ALTO É IL GRIDO DELLA GIUSTIZIA SOCIALE NEL 2012 12.2.20.72
Leggo con amarezza e senso di inutile protesta, le molte lettere sui quotidiani italiani di ieri , oggi e..del 24 febbraio 2012, circa la dichiarazione dei redditi del Governo e dei capoccia dei vari Ministeri.
La gente semplice che vive con poco e si contenta, non può sopportare che chi ci governa guadagna milioni di euro ed è straricca, con tantissime fabbricati, barche, moto e così via.
Non è che si voglia togliere loro la ricchezza acquisita (come, dove e quando?), ma vista la miserabilità delle condizioni generali della gente, non vogliamo per caso tornare al medioevo buio dove i re erano i re e gli altri la gleba frustata e abbandonata finché non arrivava un Piccolo Lord a riportare un po' di dignità umana?
Il caro Prof. Monti e la sua degna cornice, tra cui spiccano persone con milioni di reddito, mentre la società media si arranca di qua e di là per sopravvivere, perché non dichiarano anche come quei milioni di euro sono stati guadagnati?
Per esempio, come mai la ex prefetto Cancellieri, attualmente ministro dell'Interno (ahi!) dichiara che ha 24 immobili (e non parliamo degli €uro in contanti), mentre - so con precisione visto che ha fatto tale carriera -, mio marito ha appena una pensione da "fame"? Chi glieli ha dati tanti soldi per comprarsi le cose che possiede? E poi chi le permette nella sua grassa condizione sociale di "bacchettare" i giovani che ancora non trovano alcuno sbocco nel lavoro, magari con fior di laurea?.
Cattiva Cancellieri, piccola donna dell'antico potere "democristiano" che premiava solo chi ad esso si sottometteva.!
Nella Bibbia, cui mi appello, alto è il richiamo alla giustizia sociale, perché Dio è padre di tutti e vuole la dignità rispettata per ciascuna persona. Ora, a dir il vero, dopo le dichiarazioni dei vari ministri e capi della nostra squanquassata repubblica - dove chi ha potuto, senza alcuno scrupolo si è appropriato del bene comune - non c'é molta speranza che le cose possano cambiare, non c'è che sperare che la gente, come uno tsunami - avanzi, avanzi e travolga il malaffare e la prepotenza dei ricchi sui poveri, visto che - sempre secondo la Bibbia e anche le Dichiarazioni Universali dei Diritti dell'uomo (anche qui un errore : e della donna), la vita deve essere dignitosa per tutti.
1) . I DIRITTI DELL'UOMO.
I diritti dell'Uomo (DU) sono il riconoscimento ufficiale e universale di ciò che è già iscritto nel codice genetico di una persona che viene al mondo. Affermano due condizioni fondamentali e irrinunciabili:
• il diritto alla vita e alla piena libertà che si traduce, poi, in tanti altri gesti e condizioni concrete.
• I DU non dipendono dalle autorità politiche; le Istituzioni, al massimo, devono garantirli e difenderli. È il caso della Costituzione Italiana che, nella prima parte, proclama tali diritti fondamentali, gli stessi che a loro volta ispirano e orientano le leggi e la vita dei cittadini.
I PRINCIPALI DIRITTI
• diritti civili: riguardano il rispetto della vita, la tutela del proprio corpo, la proprietà personale, la libertà di coscienza, il pensiero, di religione, di stampa, di associazione…;
• diritti politici: garantiscono la partecipazione alle decisioni collettive;
• diritti sociali: tutelano dignitose condizioni di vita economica. sociale e culturale (lavoro, casa, salute, assistenza, istruzione…)
IN QUESTI ULTIMI DECENNI È MATURATA LA COSCIENZA DEI:
• nuovi diritti o diritti della quarta generazione: si riferiscono alla "salute" dell'ambiente e allo sfruttamento selvaggio delle risorse (cf.: il "protocollo di Kyoto" e seguiti…), alla privacy sulle informazioni, al trattamento degli animali…
UN PO' DI STORIA
La fioritura dei DU è piuttosto recente ed è spuntata sulle macerie delle guerre mondiali del secolo XX. Le loro radici, affondano nel passato e si rivelano in alcune dichiarazioni e affermazioni solenni. Ecco le principali:
A. NELLA BIBBIA:
anche se non esiste un concetto equivalente alla nostra idea dei DU, vi si allude quando si parla nell'Antico Testamento:
• di Dio come Signore e Creatore e delle creature, sono fatte "a sua immagine e somiglianza";
• della vita di tutti che è sacra e di cui nessuno può disporre;
• della difesa dei poveri, forestieri, orfani, vedove:
Anche il Nuovo Testamento, pur parlando più di doveri che di diritti, nella persona di Gesù si schiera sempre dalla parte degli ultimi.
B. NELLE LEGISLAZIONI:
• 1215: Magna Charta liberatum, in cui Giovanni Senza Terra (Inghilterra) limita il potere del re e introduce importanti diritti individuali che formeranno la base del diritto inglese;
• 1625: l'olandese Ugo Grozio nel De iure bello ac pacis mette le basi del diritto internazionale, partendo dalla semplice ragione umana;
• 1689: con Bill of rights (Legge dei diritti) i Lords inglesi e rappresentanti dei Comuni affermano che il re non può impedire la libertà di stampa, di parola e di discussione in Parlamento;
• 1776: la dichiarazione di indipendenza (USA) stabilisce il diritto delle colonie americane di affrancarsi dal Regno Britannico;
• 1789: la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, voluta dall'Assemblea Costituente francese (26 agosto) è il frutto delle battaglie contro lo Stato Assoluto. In essa vengono riconosciuti i diritti di pensiero, coscienza, religione e stampa e di uguaglianza (liberté, fraternité, egalité);
• 1948: Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, approvata da 48 Stati (8 le astensioni) il 10 dicembre 1948, nella sede ONU di New York. In 30 articoli afferma:
• il diritto alla vita,all'uguaglianza, alla libertà, all'integrità personale, alla residenza e circolazione, alle associazioni, alla cittadinanza, all'asilo politico, alla vita pubblica, alla tutela della famiglia, alla maternità e difesa dell'infanzia, alla proprietà, al lavoro, al riposo e svago, alla sicurezza sociale, a un dignitoso tenore di vita, all'ordine internazionale, alla responsabilità della comunità, alla libertà di pensiero e di religione…
• 1950: concezione europea dei diritti dell'Uomo;
• 1953: abolizione della schiavitù;
• 1959: dichiarazione dei i diritti del bambino;
• 1979: convenzione contro discriminazione dei diritti della donna (New York, 18 dicembre);
• 1989: convenzione sui diritti dell'infanzia (Ginevra, 8 marzo: 54 articoli che tutelano "il miglior interesse del bambino");
• 2000: Carta dei diritti promulgata dalla Unione Europea.
• 2001: Carta ecumenica per il dialogo tra le religioni in Europa:
• LA CHIESA CATTOLICA ha riaffermato i diritti fondamentali di ogni persona, a partire da papa Giovanni XXIII (1959-1962) fino a Giovanni Paolo II. Nella sua prima enciclica "Redemptor hominis" (1979) scrive: "I diritti dell'uomo diventino, in tutto il mondo, principio fondamentale dell'azione per il bene dell'uomo"
I DIRITTI …CALPESTATI
Nonostante le solenni dichiarazioni, in quasi tutti i continenti i diritti vengono violati:
• vittime "designate" sono soprattutto le donne e i bambini;
+in diversi Stati sono ancora in funzione la pena di morte, la tortura e la schiavitù;
• in molti Paesi non è permesso esprimere liberamente le proprie idee politiche e religiose: chi osa farlo, finisce in carcere (es. Cuba, Cina) o viene giustiziato (es: Iran, Golfo Persico, Arabia Saudita, Cina…).
• Anche l'Occidente, patria dei diritti dell'uomo, non è immune da forme di discriminazione contro stranieri, immigrati, donne, bambini…
PER CAPIRE MEGLIO
• "Il destino dei diritti umani è nelle mani dei nostri cittadini in tutte le nostre comunità" (Eleonora Roosvelt).
• "Come tutte le vittime di crimini violenti dei diritti umani e abusi, le sofferenze delle vittime, dei sopravvissuti e dei parenti dei defunti pretendono compassione e giustizia. Vi esortiamo a guidare il vostro governo in modo che prenda tutte le precauzioni necessarie al rispetto dei diritti umani nella sua ricerca di giustizia, piuttosto che di vendetta, per le vittime di questo orribile crimine". (Irene Khan, Segretaria generale di Amnesty International, al presidente George W. Bush, settembre 2001).
• Rapporto 2012 di Amnesty International.
I SITI
www.amnesty.it, versione italiana del sito ufficiale di Amnesty international.
www.dirittiuomo.it, ampia raccolta di indirizzi e informazioni sul tema.
www..boes.org/un/itahr-b..html, analizza e spiega i diritti dell'uomo( Cfr. © Mondo Erre - Valerio Bocci)
Che cos'è la Giustizia legale o giuridica
Secondo il diritto , una'azione è giusta se conforme ad una regola valida. Chiarisce il profilo della correttezza, ma non della giustizia del fine (ovvero la giustizia della regola). La giustizia in generale vuol dire rendere a ciascuno il suo. Si compone di tre elementi: • l'alterità (unica virtù che cooperazione • Debitum, il dovuto, l'oggetto-comunicazione-pretende l'altro) dovere • Criterio del giusto:o della giustizia, ciò che devo dare all'altro uguaglianza, principio formale del "trattare in modo eguale tutti".siamo di trattati egualmente. L'uguaglianza o valore eguale anche se di fatto diseguali sostanziale sembra tutelata solo in alcune politiche di solidarietà, ma nasce proprio dall'eguaglianza formale, attraverso il principio di ragionevolezza. La giustizia ha una funzione di misura, criterio di valutazione dell'azione. Commisurazione dei rapporti intersoggettivi. Nella giustizia si realizza il riconoscimento dell'altro come equivalente ma diverso, attraverso il pensiero della ragionevolezza. La giustizia è in sentimento. Kelsen"giustizia ideale irrazionale", si è perciò scritto poco sulla giustizia. Ma il sentimento può rivelarci ragioni nelle nostre azione che l'intelletto non vede. Quindi bisogna coniugare ragione e sentimento. Il concetto di giustizia legale è imperfetto (anzi può portare ad una moltiplicazione di atti ingiusti) ma è alla base del principio di legalità. Diritto come tecnica per la giustizia legale (ma è anche fine!). La giustizia correttiva riguarda rapporti volontari non rispettati, o involontari in cui bisogna riparare il danno. Questa giustizia presuppone le spettanze, o poteri (in sintesi il diritto). Si riteneva propria del diritto( La giustizia distributiva riguarda un bene comune che deve essere distribuito prima del diritto, ex ante. Solo dopo acquisto dei diritti sul bene. I criteri di ripartizione sono diversi a seconda del bene (diritti e doveri): un criterio egualista sarebbe ingiusto riguardo le tasse. È una giustizia politica perché prende decisioni. Questa distinzione fra diritto e politica non è corretta perche le due giustizie sono collegate fra di loro (e spesso ci sono situazioni in cui si rincorrono). Oggi anche nelle società occidentali ai procedimenti di giustizia si sostituiscono elementi di mediazioni, tipici del mondo orientale, dove obiettivo del diritto è la pacificazione. Nel diritto penale e minorile le forme di mediazione giuridica si allontanano dai poli di giusto e sbagliato e mirano alla pace sociale. Società del rischio, in cui abbiamo bisogno di assicurazioni : noi vogliamo tutelarci dai rischi, creati soprattutto da noi in situazioni non essenziali. Vogliamo trasferire ad altri le responsabilità dei rischi assunti ma anche miei diritti. Il diritto guarda alla giustizia dell'azione, senza guardare all'animo. La giustizia è dare a ciascuno ciò che gli spetta di diritto. Il diritto soggettivo è un legame di spettanza fra il soggetto e il bene. I romani non avevano il concetto pieno di diritto soggettivo, perche usavano il termine "iura" per indicare un insieme di situazioni personali (anche sfavorevoli). Per noi i diritti sono momenti di affermazione del soggetto, per questo sono in generale umani. Quindi soltanto il concetto di uomo ci può dire cosa è favorevole. Negli stoici, Socrate, Aristotele, Platone vi era l'idea che i beni della terra appartenessero a tutti, indipendentemente dal proprio credo. Originaria proprietà comune delle cose. Come si passa da una spettanza comune dei beni al regime attuale di divisione, in maniera giuridica, ragionevole? Ugo Grozio (giurista olandese del '500, fondatore del diritto internazionale col "de iure belli ac pacis") sostiene che all'origine c'è qualcosa che possediamo: il corpo e beni spirituali che costituiscono un piccolo patrimonio personale sul quale abbiamo un diritto. Il rapporto che si instaura fra l'io e il mio è di disponibilità: il soggetto ha facultas moralis o potere morale di disposizione della res, e suscita obblighi negli altri. Il diritto soggettivo quindi è un potere morale sugli altri in relazione alle cose. Se io ho diritto al mio corpo ho anche diritto a tutto ciò che è collegato al mio suum. Tutto ciò è fondamentale a mantenere il mio patrimonio personale e oggetto di mio diritto. Fa sorgere dei titoli validi per poter rivendicare una cosa come mia (Che prima avevano tutti), che si ottengono partendo dal titolo valido del "suum". Bisogna ribadire che il riconoscimento del titolo valido per la spettanza è la questione centrale in questo dibattito. Come faccio a dire che un'azione è mia? Se compio un'azione utile nei confronti tuoi, è anche tua. Quindi l'idea del diritto di proprietà è originari e tra proprietà e liberta per Grozio c'era uno stesso rapporto Allora posso vendere le mie azioni, il mio potere morale sulla cosa: alienatio particulae nostrae libertatis. Quindi la liberta è alienabile. Quindi questa concezione non si applica ai diritti umani, oggi (prima si inseriva nel dibattito sulla schiavitù). Far corrispondere forzatamente il diritto mio al dovere tuo è compito dello Stato, fondato su un patto sociale tra individualismo possessivo. Il diritto di proprietà è un diritto perche fa corrispondere al diritto un dovere. Quindi non solo Dio crea obblighi morali, ma anche la società, che crea obblighi immanenti.
Teorie dell'origine del diritto soggettivo
La garanzia del mio diritto e quindi lo stato grazie al diritto perfetto (titolo valido accompagnata da pena in caso di sanzione). Secondo Grozio, i proprietari fanno un patto sociale creando lo Stato fondato sul diritto soggettivo. I giusnaturalismi seguono quest'interpretazione. Ma col tempo il ruolo dello stato è diventato sempre più importante: è la volontà dei governanti a determinare i titoli validi! Un romanista tedesco, fornisce una definizione dogmatica:" il diritto soggettivo è potestà della volontà conferita dall'ordinamento giuridico. " quindi non esistono diritti per natura e si sfocia nello statalismo. Locke si pone il problema del passaggio da una comunanza dei beni ad un regime di proprietà per titoli validi. Sostiene che all'origine ognuno aveva diritto su tutto, ma col lavoro aggiungo qualcosa alla natura, acquisendo un diritto maggiore rispetto agli altri. Il surplus, il valore aggiunto, viene ripreso dall'economia classica e da Marx. Non ho il diritto di sprecare il frutto del mio lavoro: divieto di accumulare cose imperiture . Pero si passa ad un regime di mercato grazia all'uso del denaro come merce di scambio. Il pericolo di questa teoria è che si inneschi una disuguaglianza eccessiva, tipica del regime liberale.
Teorie del diritto soggettivo
I diritti come scelte giuridicamente protette (Hart). La scelta è protetta sia nell'esercizio sia nel risultato. "l'individuo è come un piccolo sovrano delle sue cose" del resto il codice napoleonico definisce il diritto di proprietà come "ius utendi ac abutendi". Pero questa teoria riduce la capacità della persona alla scelta: e i bambini non hanno diritti soggettivi anche se non sono in grado di scegliere? Diritto come interessi giuridicamente protetti (Jhering). L'interesse, che non è un potere ma un'utilità, può essere il fondamento del diritto soggettivo. Pero è una visione paternalistica, perche è lo Stato che decide cosa è nell'interesse di chi. Queste concezioni sono tutte di carattere patrimonialistico perche i diritti soggettivi sono rapportati a beni materiali e immateriali collegati all'Io. Lo stesso corpo è visto come bene posseduto, da cui deriva un'idea materialistica della libertà come proprietà del proprio corpo. Ma questa scissione cartesiana dell'io dal corpo è rispettosa? Esistono dei diritti che abbiamo per il solo fatto di essere uomini? La categoria del diritto soggettivo non può essere usata per i diritti della personalità perche troppo segnata da una visione paternalistica che conduce ad una materializzazione dell'io. Alcuni sostengono che i diritti siano solo degli individui perche temono che la sopravvivenza di un diritto collettivo subordini l'esigenza di diritti individuali. D'altra parte non si può negare l'esistenza del diritto all'autodeterminazione dei popoli, importante per la fine del colonialismo e sancito nei primi atti dell'ONU.
I caratteri dei diritti umani
I caratteri dei diritti umani sono: universalità: appartengono a tutti gli uomini indisponibilità :sottratti al potere del titolare inviolabilità : non sono sopprimibili ma solo limitabili a certe condizioni e non tutti (la tortura è inammissibile) imprescrittibilità: non ci sono prescrizioni contro la violazione di diritti umani i diritti fondamentali sono quei diritti umani costituzionalizzati, fondamentali per un dato ordinamento. È una nozione tecnica. I diritti configgono perche sono applicazione di valori contrastanti. Sorge il problema del bilanciamento di diritti paritari. Il diritto che effettivamente si ha è sempre una limitazione di quello astrattamente proclamato. I diritti sono insieme particolari e universali. Devono valere per tutti ma per essere rispettati hanno bisogno di sanzioni erogate dai regimi politici, dagli stati in concreto. La particolarizzazione è necessaria perche esista il diritto; la sfida delle carte regionali è concretizzare e declinare i diritti umani nelle varie culture interessate. Quale antropologia c'è dietro i d. umani?per quelli soggettivi è l'homo oeconomicus. Ve n'è una pluralità, alla quale si collegano valori basilari?
• L'antropologia individualistica concepisce l'individuo in quanto tale, completo prima di entrare in società (atomista). Per primo difende il valore dell'autenticità: avere la libertà di esprimere la propria identità, essere riconosciuto per quello che si è, senza discriminazioni, anche se non lo si è scelto. È la liberta di esprimere il proprio pensiero. È collegato alla liberta religiosa concepita dai puritani:" lo stato non deve impedire di espletare la missione che Dio mi ha affidato". L'art 1 della Cost. degli USA è il divieto di una chiesa di stato, che sancisce la liberta di compiere il proprio dovere. Oggi si va riscoprendo, con i diritti culturali, delle donne, delle persone omosessuali … son tutti diritti identitari. Poi sorge l'autonomia che è il diritto di essere legge a e di se stessi, di poter scegliere ed essere rispettato nelle proprie scelte.
• L'antropologia relazionale sostiene che scopriamo noi stessi solo nel rapporto con gli altri. Homo socialis che spinge alla solidarietà, al valore della cooperazione.
• L'antropologia situazionale sostiene che l'uomo non è un essere neutro, non esistono diritti legati ad un uomo astratto: l'uomo è sempre in situazione e i diritti sono di modelli qualitativi: diritti del bambino, del malato, dell'anziano … pur condividendo tutti la stessa dignità. Questa è la sfida dell'uguaglianza nella differenza: trattati come uguali anche se diversi. Tradizione dei diritti naturali. I d. naturali devono avere una positività come tutti gli altri, ma esiste un diritto naturale non prodotto dalla volontà umana? Non parliamo di valori come la dignità e i moral rights, ma di diritto, norme giuridiche non create né da diritto legislativo né dalla consuetudine. Nel processo di Norimberga ai gerarchi nazisti, essi si difendevano dicendo d'aver ubbidito alla legge dello stato, ma sono stati puniti perche non hanno disobbedito a leggi ingiuste, in nome di un diritto naturale. L'immagine storica dei d. naturali si fa risalire all'Antigone di Sofocle. Creonte pone la legge che vieta la sepoltura dei nemici di Tebe, ma la nipote Antigone seppellisce il fratello nemico dello zio. Viene condannata, ma lei si difende in nome della legge naturale della pietà religiosa. Creonte deve punirla in nome della legge naturale che impone il rispetto dello Stato. La legge di Antigone riguarda i fini dell'umanità, quella di Creonte dei mezzi di mantenimento della convivenza sociale. Il giusnaturalista sostiene l'esistenza di una legge naturale all'interno del diritto positivo o addirittura in posizione superiore. I giuspositivisti sostengono che i valori morali sono estranei al diritto, non sono giuridici. Diritto e morale sono connessi o no? La comprensione dei d. naturali è storica: ogni epoca giuridica, ogni concezione del diritto positivo è accompagnata, come un'ombra, da una del diritto naturale. Nel corpus giustinianeo è presente il d. naturale in tutta la compilazione, ma soprattutto nella parte fra ius gentium e ius civilis: nello ius naturalae (anche se non ben descritto). Tutta la stratificazione sociale per i romani era un ordine naturale. ancora oggi la famiglia è chiamata società naturale. Normalità dei rapporti sociali, non normatività, non artificialità, ma naturalità. Perciò la scienza del diritto è lo ius iusti e iniusti. Il diritto positivo è contingente, quello naturale rispetta la normalità. Per i romani quindi è una legge immanente, non divina: è la natura delle cose. A questa visione oggettiva riguardante l'ordine sociale, si oppone una visione soggettiva condotta dal giurista e filosofo stoico Ulpiano che definisce la legge naturale come "cioè che la natura ha insegnato a tutti gli animali": è legge istintiva, psicologica, biologica che preserva l'esistenza . Ma prima ancora lo stoico Cicerone parla di una legge della ragione che ci guida nel comportamento; nel De legibus (prima trattazione di filosofia del diritto) l'inclinazione naturale (diversa dall'istinto animale) è iscritta nella nostra vita biologica e sociale. Per primo Cicerone individua tre sfere di inclinazione naturale che individueranno 3 libelli di istituzionalizzazione: • inclinazione alla vita e alla sopravvivenza (come Ulpiano) che da luogo a istituti giuridici volti alla protezione della vita (divieto di omicidio …); • desiderio della continuazione della specie che ci distingue dagli altri animali poiché il piccolo umano ha bisogno di cure: nasce cosi il diritto di famiglia; • esigenza della socialità e di ordine sociale attraverso la cooperazione, opera della ragione dalla quale scaturisce il diritto pubblico.
Questo è il pensiero della legge naturale fino al medioevo, influenzato dal cristianesimo. Nel 1140 il monaco Graziano raccolse le decretali dei papi, alla base del diritto canonico. I commentatori della raccolta erano i giuristi che si confrontavano con i glossatori, commentatori del Corpus giustinianeo nell'università di Bologna. Graziano dice che la legge naturale è ciò che è contenuto nella Bibbia; anche se legato alla rivelazione cristiana, ma non voleva sottolineare il profilo della fede: in un passo delle lettere di S. Paolo ci si chiedeva se i pagani si possono salvare se non conoscono la legge mosaica. Risponde di sì, perche con la loro ragione possono capire i precetti della legge mosaica. La legge è scritta nei loro cuori: fare il bene ed evitare il male. La novità di Graziano non è l'aspetto della ragione (ripreso dallo stoicismo), ma che la legge viene da Dio. La legge naturale è divina, per questo ci obbliga. Nel medioevo dio era il legislatore dell'universo, secondo un piano: sia legge naturale sia legge della natura, entrambe leggi eterne. Avendo gli uomini la ragione, possono capire una parte di questo piano: a loro attraverso la ragione Dio ha messo la coscienza del bene e del male. Tommaso:"la legge naturale è la partecipazione della legge eterna alla creatura razionale". Poiché questa coscienza è diffusa in tutti gli uomini, si può parlare di etica naturale, che non richiede fede. Esiste anche l'etica rivelata, esigenze di amore e di dedizione che trascendono la coscienza naturale. Il volontarismo di Occam si secolarizza nell'imperativismo giuridico. altri teologi si avvicinarono al razionalismo: dio poteva creare come voleva il mondo, ma il quel tipo di mondo i rapporti dovevano essere definiti. Dio intelletto e non volontà. Con la modernità viene meno l'unita del cristianesimo il che implica che i vari cristiani hanno un punto di vista comune solo nella legge naturale, e non sul piano teologico, proprio perche, come paradossalmente afferma Grozio, "la legge naturale esisterebbe anche senza Dio". I valori fondamentali sono indipendenti da dio, quindi sono obbligatori in misura minore. La legge naturale è la legge della ragione, non più divina! È visto più come mezzo che come fine. Più alla maniera di Creonte che quella di Antigone. Posto un fine (salvare la città) devi obbedire al mezzo(legge statale). Hobbes: nello stato di natura (prima delle istituzioni), vige il bellum omnium contra omnes, dove neanche il più forte può farsi valere a lungo. Io ho per natura diritto a tutto ciò che è necessario alla mia autoconservazione. Si stipula un patto sociale che segue i teoremi della ragione (legge naturale): cercare la pace attraverso la cessione dei diritti. Dimensione della pura utilità, homo oeconomicus. È una legge naturale (che va oltre la scelta di coscienza) ma dei mezzi (utilità) e non dei fini. Come punto di riferimento nella modernità abbiamo il Codice Napoleonico, che è il coronamento di 300 anni di riflessione. Esso segna anche la fine per tutto l'800 del giusnaturalismo. È all'origine dell'epoca della codificazione. Il diritto codificato è diritto positivo che non riguarda alcuni rapporti sociali, ma una concezione, un paradigma sociale che si riflette in un piano regolatore di tutti gli ambiti del vivere sociale. Napoleone aveva una convezione giusnaturalista che ha spazzato via lacune e antinomia del diritto stratificato, ora sostituito da un testo chiaro di riferimento. Napoleone, mentendo, disse che il codice non imponeva la sua volontà, ,ma esplicava leggi della ragione naturale. È proprio nel 500-600 che nascono le facoltà di giurisprudenza moderna:iuris naturalis scientia, che si divideva in varie branche che studiavano il diritto naturale e il modo più razionale di organizzare la società. Caratteristiche del giusnaturalismo moderno: condizioni empiriche della natura umana, come insieme di fatti che si verificano empiricamente (emerge il carattere utilitaristico) e non metafisica dell'umano. Il problema principale sono le scarse risorse, l'incertezza del futuro e l'imperfezione umana. Teologia: fini della natura umana; nascono sociologia e antropologia che individuano come carattere comune primario la self-preservation (fine conservatore). Grazie a questi elementi si opera una costruzione razionale della società, contraria al concetto romano di normalità. Per Pudendorf, nel "De iure naturale et gentium" del 1672, l'uomo è afflitto da imbecillitas, è debole e ha bisogno della società. L'uomo non è animale sociale,non affermazione metafisica. Dall'osservazione empirica si evincono i principi generali del diritto civile, penale e internazionale tuttora seguiti. Ci sono valori, principi, istanze, elementi fattuali che non sono alla merce della volontà del legislatore: c'è una legge naturale che pone limiti al diritto positivo. Prima la legge naturale è divina, emanazione della volontà di dio. Nel pensiero moderno abbiamo una deriva utilitaristica = la ragione è un mezzo per sopravvivere, quindi la legge della ragione è un mezzo. Il giusnaturalismo moderno ha una sua autonomia e condiziona anche la concezione di diritto positivo come diritto politico (epoca della codificazione)= il legislatore è uomo politico e si coltiva l'idea che tutto il diritto sia politico (ma non valeva prima e neanche tanto oggi). Questa produzione di diritto avviene attraverso un progetto politico, non estemporaneo e non parziale. Il codice doveva coprire tutto. Ora è un'epoca costituzionalizzazione e di internazionalizzazione del diritto. conoscere la storia della legge naturale e positiva aiuta a comprendere il diritto attuale. Il problema della scarsezza di risorse è stato analizzato da Hart, che, pur giuspositivista, ritiene che esista un contenuto minimo di diritto naturale proprio perche non abbiamo risorse infinite. Volontà incostante, non siamo decisi nella società e nell'egoismo … considerazioni empiriche che assomigliano a Pudendorf. Oggi c'è un elemento nuovo: una legge formalmente valida ha bisogno di essere conforme ai principi costituzionale, quindi deve corrispondere a certi valori. È una deriva storica dovuta al non rispetto della dignità umana. C'è giusnaturalismo perché il legislatore non può violare la dignità umana, quindi la nostra epoca è favorevole al giusnaturalismo. I giuspositivisti formulano la teoria dei giuspositivismo inclusivo:; nel concetto di diritto positivo devo includere un elemento morale positivo, ovvero ciò che l'umanità ritiene essere in questo momento morale. Non è morale eterna, ma positiva e mutevole. Secondo Viola pero gli elementi morali una volta acquisiti sono irretrattabili. Una critica al concetto moderno di d. naturale (mezzo e non fine) è quello di scambiare il d. naturali con lo stato di natura, esperimento mentale atto a vedere i vantaggi o gli svantaggi della società. Rousseau vede solo vincoli nella società e la rivoluzione è fatta un nume dello stato di natura. Vi sono elementi di d. naturale all'interno del diritto positivo, figli del processo di secolarizzazione delle istanze cristiane di d. naturale. Oggi noi crediamo al messaggio cristiano senza i presupposti religiosi. I caratteri presenti nel diritto positivo presi dal diritto naturale: • leggi come mezzo necessario (e non fine) per stabilire l'ordine e mantenere la pace (sempre per un senso riduttivo) • la forma di legge alla base dell'uguaglianza, che si oppone alle leggi ad hominem. Uguaglianza sfocia nella ragionevolezza. • Legge positiva come sistema di regole: le regole giuridiche devono riguardare tutti gli aspetti della società (idea politica) e devono essere coerenti. È sfociata nell'avversione ad ogni discrezionalità e intervento interpretativo: ma il diritto non può essere matematico, perche è ragion pratica in cui dobbiamo scegliere tra una pluralità di soluzioni corrette. Il 900 è un'epoca di decodificazione, di costituzionalizzazione e d'internazionalizzazione del diritto; si vede il ritorno del diritto naturale, diverso da tutti gli altri poiché cambiano i presupposti del diritto positivo. Che cosa deve rispettare il sovrano d'oggi è indicato nella Dichiarazione universale dei diritti umani del '48 che non è frutto di un'emanazione di un sovrano né è un trattato internazionale, ma un esempio di soft law. Nuovo concetto giuridico: diritti umani. Per alcuni sono i vecchi d. naturali,ma per essere tali devono essere positivizzati.D'altro canto il legislatore non può scegliere quali diritti riconoscere. Il territorio dei diritti umani è intermedio al giuspositivismo e al giusnaturalismo. Alcuni ritengono sia la morale dell'umanità in cui il pluralismo dovrebbe convergere. È la lingua comune di un'umanità cosi pluralista. Per Dworkin esistono: morale del bene (Kant), fine(Aristotele), diritti (contemporanea). La ricerca di una legge naturale riprendere proprio dal riconoscimento dei diritti umani, perche bisogna definire il quantum, i limiti dell'esercizio di diritti e la definizione concreta della violazione degli stessi. Quando applichiamo i diritti umani, abbiamo bisogno di criteri per la giustificazione e l'esercizio dei diritti, che sono i luoghi in cui risorge la problematica della legge naturale. Giustificazione dei diritti umani: nella Dichiarazione non era possibile scrivere nessuna giustificazione perche, abbracciando una concezione, non si sarebbero nessi tutti d'accordo. Si scrisse di non porre il problema della giustificazione "siamo tutti d'accordo a patto che non ci si chieda perche". Bobbio, "l'età dei diritti":"il problema non è giustificarli ma proteggerli". Viola: possiamo mettere tra parentesi la giustificazione, ma non possiamo più farlo nel momento in cui li applichiamo. Dobbiamo esibire una concezione del genocidio, della tortura, della violazione di diritti che sia legata alla giustificazione stesa dei diritti. Nell'esercizio si rivelano i diritti che ho (sempre più compressi di quelli proclamati). Diritti umani: "trattare in modo umano gli esseri umani". Umanizzazione della società. Dobbiamo riconoscere valori fondamentali della specie umana, sono comuni nonostante la varietà delle interpretazioni.
Concezione forte di Finnis (giusnaturalista):la legge naturale oggi si esprime in un quadro di valori fondamentali affinché la nostra vita sia umana; bisogna rispettare i valori come orizzonti del pensiero umano. Noi differiamo nella loro organizzazione, nella posizione di preferenza che in cui li mettiamo. Ma è possibile racchiudere in sette i valori fondamentali? I valori sono puramente strumentali,e l'uomo non si realizza in essi. Si richiede un minimo di libertà, risorse per realizzare la propria esistenza e una società di self-respect.
La giustizia secondo gli uomini e la giustizia secondo Gesù
La lezione di Gesù sulla Giustizia nel discorso della montagna. Quale giustizia ci rende realmente santi? Quale giustizia redimerà il mondo?
Nel corso dei secoli i filosofi si sono impegnati nella ricerca di un concetto universale di giustizia, proponendo soluzioni differenti, non di rado antitetiche. Anche la sapienza biblica, che nei Vangeli trova il suo culmine, prima ancora che una nozione, è infatti un'esigenza radicata nel cuore dell'uomo, al punto che si può sostenere che le perversioni del concetto di giustizia sono perversioni del cuore umano: un cuore arido, egoista, spento o collerico è alla base di una giustizia altrettanto arida, egocentrica e implacabile. Forte di questa consapevolezza, il Cristianesimo ha riportato correttamente il discorso sulla giustizia nella sede sua propria, che non è quella razionale-filosofica, bensì quella spirituale, morale ed esistenziale. La giustizia non a caso per la teologia cattolica è una delle quattro virtù cardinali, nominata nel discorso di Gesù sulle beatitudini, tramandatoci dall'evangelista Matteo: la giustizia, quale fondamentale condizione per vivere "beati", ci è indicata da Gesù come via che conduce alla santità. L'uomo santo, con la sua esistenza luminosa, genera giustizia e la giustizia, a sua volta, se rettamente intesa e praticata sull'esempio del Cristo, produce frutti di santità. Senza santità di vita la giustizia non è autentica e, al contrario, senza giustizia la santità diventa una pia illusione.
"Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati" (Mt 5, 6). Chi non desidera un mondo più giusto? Tutti quanti possiamo illuderci di rientrare all'interno di questa beatitudine. Ma chi comprende davvero le parole di Gesù? Una cosa è infatti la giustizia come la intendiamo noi e un'altra cosa è la giustizia come la intende Gesù: superfluo perfino dire che la giustizia come noi la intuiamo non sarebbe foriera di beatitudine se non corrispondesse alla giustizia come la intende Gesù. Troppo spesso, infatti, noi rimaniamo fermi ad un concetto di giustizia ancora infantile, proprio degli albori della civiltà, ossia ad un concetto di giustizia puramente retributiva. Giustizia è dare a ciascuno quello che si merita in rapporto alle proprie azioni: giustizia, in quest'ottica, è pertanto punire chi si comporta male e premiare chi agisce bene. Una nozione di giustizia, questa, ancora legata al principio del taglione e ben lontana dal comandamento dell'amore come da Cristo ci viene insegnato. "Avete inteso che fu detto: amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti" (Mt 5, 43-45). La giustizia di Dio si manifesta dunque nel far del bene al peccatore: essa si fonda non sul principio di retribuzione, ma su quello dell'amore e l'amore, per sua natura, è "sovrabbondante". La giustizia vera non è diretta a punire il peccatore, ma a salvarlo e, anche se talvolta per correggere bisogna punire, la punizione non è mai fine a sé stessa né può essere diretta a umiliare o addirittura a distruggere chi ha errato.
La giustizia, inoltre, in senso biblico, ha carattere totale: non è solo correttezza nei rapporti interpersonali od osservanza delle regole del vivere comune, bensì anche equità nei rapporti sociali. Giustizia è anche giustizia sociale. Più volte nella Bibbia troviamo eco di questa nozione di giustizia, sia nell'antico che nel nuovo testamento: si pensi al Magnificat (" ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote") e al suo antecedente vetero-testamentario rappresentato dal Cantico di Anna ("i sazi sono andati a giornata per un pane, mentre gli affamati han cessato di faticare… Il Signore solleva dalla polvere il misero, innalza il povero dalle immondizie"). Avere fame e sete di giustizia significa quindi non sopportare le disuguaglianze e le ingiustizie sociali, operare concretamente perché sia rispettata la dignità del povero, perché a ciascuno sia realmente assicurato il suo pane quotidiano.
Ed è proprio questo. Oggi il cristiano o chiunque moralmente sociale, non può sopportare le troppe ingiustizie sociali in corso, perciò necessita che alto si gridi contro l'ingiustizia, perpetrata con sì "buone maniere" nella nostra società.
Maria de Falco Marotta