Il mito del corpo perfetto
' stata
inaugurata, a Roma, presso l'Ateneo Pontificio Regina
Apostolorum, la seconda edizione del Master "Donna, cultura e
società", organizzato dall'Istituto di Studi Superiori sulla
Donna.
L'incontro è stato aperto dal saluto introduttivo della
direttrice del Master, Cristina Zucconi Galli Fonseca,
Presidente dell'Istituto di Studi Superiori sulla Donna, che ha
sottolineato l'importanza dell'iniziativa, per riscoprire
l'attualità dei valori femminili nel mondo di oggi.
Nella prima giornata sono intervenute Vincenza Mele,
Ricercatrice dell'Istituto di Bioetica dell'Università Cattolica
del Sacro Cuore, sul tema "La cura di sé: valutazioni etiche", e
Carolina Carriero, Docente Invitata presso la Pontificia
Università Lateranense, che ha parlato dell'identità femminile
dal punto di vista antropologico.
"La nostra cultura – ha spiegato Vincenza Mele – è permeata da
miti che sostanziano il culto del corpo: il mito di una perfetta
forma fisica, attraverso le immagini medianiche di corpi
patinati e di uomini e donne 'eternamente' giovani e prestanti,
e il mito dell'onnipotenza della medicina, secondo il quale ogni
desiderio di benessere estetico-sociale deve essere accolto e
realizzato.
La cura maniacale del corpo nasconde un vuoto di significato: il
corpo si ritiene sostanzialmente 'indegno' di considerazione se
non 'a condizione' di presentarsi in un 'certo modo' dal punto
di vista dell’aspetto fisico.
Questo vuoto di senso, che paradossalmente si rende evidente nel
tessuto culturale e sociale con una sorta di fissazione
edonistica sul corpo, colpisce più il soggetto femminile di
quello maschile, perché la donna ha un rapporto privilegiato con
il ‘corpo’ ed è in qualche modo tenuta a rivolgere un'attenzione
privilegiata ad esso. Spetta, quindi, in modo del tutto speciale
alla donna recuperare il significato del corpo, come espressione
della cura di sé".
Secondo Vincenza Mele "prendersi cura del proprio corpo, per
ogni donna, non deve significare omologarsi a modelli che spesso
appaiono surreali, quanto piuttosto cercare una forma di
bellezza e salute che sia unicamente sua, speciale, irripetibile
e non omologabile. Prendersi cura di sé non vuol dire rimuovere
la consapevolezza della fragilità o dell’inevitabile
deterioramento fisico del corpo, ricorrendo ad esempio al
lifiting per cancellare i segni dell’età, ma, come dice Hillman,
avere il coraggio di rimanere fedeli alla faccia dell’età, dove
la psiche coerente diventa un'immagine".
Carolina Carriero, Docente Invitata presso la Pontificia
Università Lateranense, ha spiegato nel suo intervento al Master
"Donna, cultura e società" dell’Ateneo Pontificio Regina
Apostolorum che "l'identità femminile, in prospettiva
antropologica, è stata studiata a partire dal paradigma
euristico della corporeità nella duplice valenza di
apprezzamento del limite e di prospettiva escatologica. La
riflessione femminile sull'esperienza della maternità, nel mondo
greco come in quello cristiano, ha infatti ribaltato il
disprezzo orfico del corpo in un ri-conoscimento del suo valore
entro la gratitudine per la nascita. La corporeità del logos
inaugura pertanto 'un pensiero che si dà pensiero' per la vita,
contro la crisi della filosofia contemporanea".
Le iscrizioni al Master sono aperte fino al 30 novembre.
Per informazioni: issdonna@upra.org, www.upra.org, www.unier.it
Carlo Climati
GdS - 30 XI 2005 -
www.gazzettadisondrio.it