Incontro a Caspoggio con Don Rossano Sala, docente di Pastorale Giovanile
Nei mesi estivi le nostre valli ospitano personaggi che provengono dal mondo culturale, accademico, artistico, scientifico che trovano nel nostro ambiente naturale e nel contatto con la montagna e le sue genti motivi per ritemprare la mente e lo spirito. A volte può essere anche un’occasione per fare incontri e intessere relazioni che durano nel tempo. È un arricchimento reciproco.
È il caso di Don Rossano Sala, docente di Pastorale Giovanile presso l'Università Pontificia Salesiana di Roma, autore di testi di pastorale giovanile e direttore della rivista “Note di Pastorale giovanile” (NPG), la principale rivista italiana con una board scientifico di notevole spessore, che si occupa di educazione ed evangelizzazione dei giovani. Inoltre fa parte del “gruppo degli esperti” in vista del prossimo Sinodo sui giovani.
L'abbiamo incontrato a S. Antonio di Caspoggio dove, da alcuni anni, viene a passare qualche giorno.
Don Rossano impegnare la propria vita per la felicità e la riuscita dei giovani ne vale la pena?
Sì, vale assolutamente la pena, soprattutto oggi, in un mondo pieno di incertezza e superficialità dove i giovani cercano degli adulti significativi, capaci di testimoniare uno stile di vita conforme al Vangelo.
Aiutare un ragazzo, un adolescente e un giovane a camminare nella vita con integrità, sapienza e coraggio è una delle cose più belle che possa capitare a noi salesiani: e quando questo avviene, si percepisce che la vita è ben spesa, che ha creato presente e futuro per la società e per la Chiesa.
La rivista «Note di Pastorale Giovanile», unica nel suo genere, si rivolge a coloro che vogliono impegnarsi nell’unica scelta che può cambiare il mondo: la formazione intellettuale e spirituale della nuova generazione. Cosa si propone?
La rivista ha effettivamente uno scopo più che ardito, quello di riflettere sulla pastorale giovanile, che di solito è una serie di tante attività fatte con passione ed entusiasmo, ma poco pensate e poco approfondite dal punto di vista teorico. Molti chiedono sussidi, ma non hanno tempo per pensare, e questo è un guaio, perché senza pensiero non si va in profondità, ma si resta in superficie.
Come è nata e come funziona la rivista?
La Rivista è nata cinquant’anni fa, esattamente tra la fine del 1966 e l’inizio del 1967, sulle ali dell’entusiasmo post-conciliare. Si voleva aiutare la Chiesa a farsi prossima delle giovani generazioni, generando simpatia, vicinanza, coinvolgimento.
Oggi la Rivista punta sul lavoro condiviso, lavorando a cerchi concentrici, attraverso due équipe: il “gruppo di direzione”, che è più di indole pratica e operativa, formato da quattro persone; e il “gruppo di redazione”, che è un gruppo di pensiero e di condivisione, formato da una quindicina di persone. Poi ci sono tanti collaboratori che a vario titolo offrono il loro contributo per la crescita della rivista.
La Pastorale Giovanile è una grande scommessa?
Si tratta dell'impegno che la Chiesa mette in campo per la cura educativa e pastorale delle giovani generazioni. È fatta di passione e competenza, e chiede di mettersi in gioco come gruppo di adulti che desiderano camminare con i ragazzi, gli adolescenti e i giovani, per aiutarli a scoprire i loro talenti e a metterli a servizio con generosità. La pastorale giovanile afferma un'idea di Chiesa in uscita, che si rende presente nei luoghi di vita dei giovani, soprattutto in quelli di maggiore povertà, per manifestare loro la prossimità del Signore e il suo desiderio di vederli felici nel tempo e nell'eternità.
Papa Francesco continua a stupirci e ha annunciato che il prossimo sinodo sarà sui giovani.
“I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Questo è esattamente il tema del prossimo Sinodo. Questa è la grande novità e il bel regalo di un Papa che è stato battezzato da un salesiano! L'attenzione al mondo dei giovani è nel suo DNA ecclesiale e il gesto dell'annuncio di un Sinodo lo dimostra senza ombra di dubbio.
La questione giovanile è oggi è in cima all’agenda della Chiesa: se nel sud del mondo i giovani fuggono dalla povertà e dalla guerra, nel nord del mondo molti giovani non mancano di nulla, ma non riescono a dare senso alla loro vita.
Per questo la sensibilità pastorale di papa Francesco va a toccare questo punto nevralgico, che d’altra parte deve mettere in moto la Chiesa universale e non solo qualche addetto ai lavori.
Anche le tante belle valli che prendono corpo sulla spina dorsale della Valtellina vivono la fatica dell’educazione e dell’evangelizzazione delle giovani generazioni.
Qual è l’iter sinodale?
Il Sinodo vero e proprio si svolgerà nell'ottobre del 2018, ma ciò che importa è tutto il cammino che lo precederà e che lo seguirà.
Il primo passo è stato il “Documento preparatorio”, uscito nel gennaio di quest'anno, un documento che ha lo scopo di interpellare tutte le Chiese del mondo in merito al tema: esso si conclude con un “Questionario”, le cui risposte faranno da base allo “Strumento di lavoro”, che è il testo base che i padri sinodali avranno tra le mani.
Dopo il Sinodo, le proposizioni raccolte e votate dai Padri faranno da base all'Esortazione Post-Sinodale del Santo Padre, che uscirà presumibilmente nella primavera del 2019.
Dalle montagne della Valmalenco ci puoi dire qual è la tua speranza?
Don Bosco non smetteva di dire ai suoi ragazzi che li voleva vedere “felici nel tempo e nell'eternità”. Questo è il sogno che la Chiesa coltiva per ogni giovane.
Ma ogni sogno, per diventare realtà, ha sempre bisogno di impegno concreto e di generosa dedizione. Per questo egli sempre diceva: “Io per voi studio, per voi lavoro, per voi vivo, per voi sono disposto anche a dare la vita”. Questo è ciò che la Chiesa è chiamata a mettere in campo per tutti i giovani che incontra sul suo cammino.
(Intervista di Gianfranco Cucchi)