VIA DALL'ETICA

Le regole del Vangelo devono essere legge per tutti

E' incredibile la continua omissione dell'etica da parte dell'alta gerarchia cattolica, mentre le regole del Vangelo devono essere legge per tutti (compreso il papa che secondo dicerie veste Prada e dice tante cose ridicole come "la comunione deve essere data ai puri di cuore").

Forse che il Cardinale P. Poupard quando ha celebrato il matrimonio della multicchiacchierata starlette Elisabetta Gregoraci, con l'altrettanto suo compagno con cui tornava da una "crociera riposante", il multimilionario Flavio Briatore (chissà come è arrivato a farseli tanti soldi, se in partenza era un piccolo - mi pare- ragioniere di un paesetto di Cuneo), li ha sposati in una cornice che era più da ballo che da cerimonia religiosa (la sposina con un velo -!!!!- lungo sette metri aveva però le spalle ed il seno esposti non certo da rito cattolico prescritto per un matrimonio, ha agito secondo le regole piuttosto rigide stabilite dalla morale cattolica?

E forse che i prelati che hanno dato sepoltura ad un bandito-killer spietato nella chiesa di s. Apollinare di Roma, solo per la questione che sganciava soldi in abbondanza, sono più moralmente apprezzabili? E forse - ma non continuerò all'infinito. seppure ce ne sarebbero le ragioni - il vescovo di Salerno implicato per affari loschi economici e tutti i molti monsignori imputati di pedofilia ed altro, sono da assolvere?

Allora la Gerarchia a cominciare dal Papa che dice che quelli che devono ricevere la comunione devono essere "puri", (figuriamoci una Gregoraci, un Briatore, un De Pedis, un Marcinkus) perché usa due pesi e due misure? Il Vangelo di Gesù (non desidero richiamare né l' Antico Testamento, né altri testi sacri) non è la regola etica d'oro per tutti (dal Papa in poi)?

La conseguenza qual é? Che oggi ciascuno agisce secondo la propria coscienza, compresa la gerarchia ecclesiastica.

Cosa dice la scienza

Secondo il Prof. Piergiorgio Strata, Presidente dell'Istituto Nazionale di Neuroscienze ( Tuttoscienze, giugno 2008), su base praticamente quotidiana termini come diffidenza, egoismo, profitto, altruismo, ironia trovano oggi sede in ambiti sempre più reconditi del nostro cervello. Ed è proprio su questo fronte che sono emersi nuovi concetti sull'etica, sulla libertà personale e sulla responsabilità.Tra le acquisizioni più interessanti, c'è la scoperta che l'etica non coinvolge solo quella parte della corteccia razionale tipica dell'essere umano, ma coinvolge inevitabilmente strutture arcaiche, come il sistema limbico, che sono alla base delle nostre emozioni. Le conoscenze molecolari e ora l'« imaging» fanno capire che il cervello ha una struttura meccanicistica sulla quale, tuttavia, agisce una forza causale superiore che limita la nostra libertà d'azione. Si tratta della nostra mente, che racchiude schemi di comportamento consolidatisi nel corso dell'evoluzione della nostra specie e che ne favoriscono la sopravvivenza.

In altre parole ci illudiamo di riuscire a fare scelte razionali e, invece, interviene sempre una componente emotiva che ci consente di determinare le nostre azioni nel rispetto delle nostre aspettative, dei nostri giudizi, dei desideri emotivi e di altre inclinazioni mentali.

Una morale a misura d'uomo.

La scoperta della straordinaria varietà, nello spazio e nel tempo, delle convinzioni morali, la creazione di un quadro economico-sociale più libero e dinamico, la diffusione della teoria evoluzionistica e l'esperienza della capacità umana di dominare i processi naturali hanno prodotto dunque la consapevolezza ormai irreversibile che i confini tra natura e cultura sono molto meno netti di quanto non si credesse un tempo. Infatti non ci si trova mai di fronte alla natura nella sua immediatezza ma sempre di fronte ad una natura già interpretata - e interpretazioni e relative valutazioni sono mutevoli - dall'uomo: viene, cioè, di volta in volta dichiarato 'naturale' ciò che in una determinata cultura appare tale. La linea di confine tra natura e cultura si rivela perciò come un prodotto della cultura stessa.Se si riconoscono la storicità della natura dell'uomo, la plasticità delle sue inclinazioni fondamentali e la reinterpretazione culturale di esse, le conseguenze in campo morale sono inevitabili. Rinunciando alla pretesa di fornire precetti morali immutabili, si affiderà alla ragione il compito di trovare di volta in volta soluzioni efficaci per i problemi posti dall'esperienza, tenendo conto dei valori di cui si ha consapevolezza in un determinato momento storico, e che proprio scelte inizialmente scandalose ed esperienze inedite possono far emergere. L'istanza morale può esprimersi allora in maniera necessaria e immutabile non con precetti che stabiliscono in modo definitivo la liceità o meno di determinati comportamenti ma solo con formule che sottolineano il dovere di agire da uomini, individuando ciò che va fatto qui e ora. Tesi, questa, oggi comune tra gli studiosi cristiani ma già presente sei decenni fa nell'opera di un grande moralista cattolico che, pur tra tanti condizionamenti, scriveva anticipando i tempi: "non è obbligatorio per la natura umana, e dunque per ogni uomo, che quell'atto non compiendo il quale egli decade necessariamente dalla sua dignità umana"(J. Leclercq, Les grandes lignes de la philosophie morale, Louvain-Paris 1946, p 407). I moralisti che aprono simili prospettive, quindi, non ritengono affatto che tutto sia lecito: al contrario, sono certi che sia assolutamente necessario individuare criteri che consentano di discernere ciò che è eticamente legittimo da ciò che non lo è. Ma tale criterio ha come fondamento non la natura - delle cui leggi fisiche e biologiche bisogna certo tener conto - ma appunto la dignità dell'uomo: il nocciolo duro dell'etica è il riconoscimento del valore di ciò che la tradizione cristiana indica col termine 'persona', un soggetto cioè capace di pensare e di agire liberamente, entrando in relazione con altre persone. Morale è allora tutto ciò che ha effetti umanizzanti per sé e per gli altri, immorale ciò che attenta alla dignità propria come degli altri esseri umani. Posizione, questa, che forse è non solo la più ragionevole ma anche la più coerente con lo spirito evangelico. Chissà se gli alti prelati che così irridono al Vangelo, qualche volta leggono certi libri!

Vangelo o potere

È lecito, allora, concludere che l'idea di legge naturale non appartiene alla Chiesa Cattolica intesa come popolo di credenti ma solo a una gerarchia ecclesiastica che, anche se gode, almeno in Italia, di grande visibilità mediatica, è ben poco ascoltata dai fedeli. Una gerarchia che, per mostrare la granitica compattezza necessaria per intervenire da protagonista sulla scena pubblica, non esita a zittire i suoi teologi e a separarsi dal popolo che pure vorrebbe guidare.

La situazione, in effetti, è davvero paradossale: mentre il messaggio evangelico appare sempre più estraneo alla maggior parte dei cittadini italiani, il Vaticano esercita una crescente influenza sulle istituzioni col suo tentativo di condizionare, in nome di arcaici principi morali spacciati per precetti naturali, l'attività parlamentare, la vita comune, al punto da mettere in pericolo la stessa laicità dello stato.

Non pare quindi peregrina l'ipotesi che la riaffermazione vaticana dell'etica tradizionale, sino allo scontro col sentire morale di un'umanità che attribuisce ormai alla coscienza la responsabilità delle proprie scelte, serva, al di là delle intenzioni soggettive, più che a testimoniare il vangelo a mantenere il prestigio di un'autorità che chiaramente non potrebbe più pretendere assoluta obbedienza se, mutando i suoi insegnamenti, riconoscesse la propria fallibilità (ma quando mai!). Non è facile, infatti, sostenere che il cuore del messaggio evangelico sia costituito dalla preoccupazione per la famiglia e dalla conseguente regolamentazione della vita e della sessualità. Pare, piuttosto, che il Vangelo insista su un amore universale che ha come oggetto anche gli estranei e addirittura i nemici: "amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori [...]. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete?"(Matteo 5, 44.46). E ciò che soprattutto ostacola quest'amore non pare che sia il piacere sessuale ma l'attaccamento alla ricchezza (mammona, in ebraico): "nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona" (Luca 16,13). Invece gli episodi che ho citato fanno rabbrividire per quanto attaccamento alla ricchezza ha la gerarchia ecclesiastica. Nel nostro mondo le classi dirigenti che si dicono cristiane professano in realtà la religione del denaro, e per accumulare ricchezza provocano ogni anno milioni di morti per fame, distruggono l'ambiente, legittimano la guerra, fanno ricorso alla pena di morte e praticano ormai senza pudore la tortura, non è dato ascoltare dal Vaticano una chiara parola di condanna: "guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione"(Luca 6,24).

Due pesi e due misure

Nel giugno del 2004, per esempio, nel corso della campagna per l'elezione del presidente degli Stati Uniti, l'attuale pontefice, allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, in un memorandum riservato in lingua inglese indirizzato alla conferenza episcopale americana scriveva: "Non tutte le questioni morali hanno lo stesso peso morale dell'aborto e dell'eutanasia. Per esempio, se un cattolico fosse in disaccordo col Santo Padre sull'applicazione della pena capitale o sulla decisione di fare una guerra, egli non sarebbe da considerarsi per questa ragione indegno di presentarsi a ricevere la santa comunione. [...] Ci può essere una legittima diversità di opinione anche tra i cattolici sul fare la guerra e sull'applicare la pena di morte, non però in alcun modo riguardo all'aborto e all'eutanasia". E infatti Benedetto XVI mantiene ottimi rapporti con l'amministrazione Bush, favorevole alla guerra e alla pena di morte ma contraria all'aborto e all'eutanasia, tanto che, ricevendo il 12 novembre 2005 il nuovo ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, gli ha rivolto parole di apprezzamento per la politica americana: ''Confido che il vostro Paese continui a dimostrare una leadership basata su un deciso impegno in favore dei valori di libertà, integrità, autodeterminazione, mentre cooperate con varie istanze internazionali che lavorano per costruire un consenso autentico e sviluppano un'azione unitaria nei confronti delle situazioni critiche per il futuro dell'intera famiglia umana''. Per la verità la leadership morale americana appare oggi a milioni di uomini in tutto il mondo sempre più compromessa proprio dalle scelte dell'attuale presidente! (tra l'altro, Bush è stato ricevuto con onori "particolari" da Benedetto XVI nel giugno 2008- forse, si mormora, Bush vuole farsi cattolico).

Parimenti, in Italia il Vaticano intrattiene relazioni cordiali con influenti personaggi che, pur dichiarandosi non credenti, possono orientare l'opinione pubblica e le scelte politiche nella direzione gradita ai difensori dell'etica tradizionale: saranno magari assolutamente estranei allo spirito evangelico, ma hanno il merito di elogiare quello vaticano come alto magistero morale. Con tali atei devoti le gerarchie ecclesiastiche dialogano sempre amabilmente mentre mostrano scarsa disponibilità nei confronti dei credenti, come quelli che si riconoscono nel movimento 'Noi siamo chiesa', che esprimono delle riserve sul loro operato.

Nell'Esortazione Apostolica Postsinodale Sacramentum caritatis, del febbraio 2007, Benedetto XVI indica come valori non negoziabili "il rispetto e la difesa della vita umana, dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna, la libertà di educazione dei figli e la promozione del bene comune in tutte le sue forme"(n 83). Mentre la richiesta di promuovere il bene comune è abbastanza generica, e quindi lascia ampi margini di manovra, si dichiara esplicitamente che non sono possibili compromessi su questioni come l'eutanasia o l'omosessualità.

I cittadini che, a giudizio del Vaticano, hanno comportamenti devianti non debbono aspettarsi dallo stato il riconoscimento del loro diritto a vivere seguendo la propria coscienza e, se cattolici, debbono subire sanzioni ecclesiastiche come, per esempio, l'esclusione dai sacramenti: "Il Sinodo dei Vescovi - ricorda il papa nello stesso documento - ha confermato la prassi della Chiesa, fondata sulla Sacra Scrittura (cfr Mc 10,2-12), di non ammettere ai Sacramenti i divorziati risposati"(n 29). Però, se non si può annullare il matrimonio e la nuova convivenza appare irreversibile, "la Chiesa incoraggia questi fedeli a impegnarsi a vivere la loro relazione secondo le esigenze della legge di Dio, come amici, come fratello e sorella; così potranno riaccostarsi alla mensa eucaristica, con le attenzioni previste dalla provata prassi ecclesiale"(ivi).

È possibile proporre a due persone innamorate di amarsi come fratello e sorella? La gerarchia ecclesiastica, con sovrano sprezzo del ridicolo, risponde affermativamente: perchè il nuovo matrimonio si trasformi in una relazione lecita in fondo si chiede 'soltanto' che i due rinuncino ai rapporti sessuali! Un atteggiamento flessibile nei confronti dei poteri pubblici e inflessibile nel campo della sfera privata, da regolamentare per legge secondo i principi della morale naturale proposta dal magistero: finché persevererà su questa via, il Vaticano manterrà certo il gradimento dei rappresentanti delle istituzioni, desiderosi a loro volta della benedizione pontificia, ma apparirà sempre più lontano dal sentire comune degli stessi credenti, nonostante l'offensiva che Benedetto XVI intende scatenare sul tema della legge naturale grazie ai tanto attesi contributi della Commissione teologica internazionale.

Ma tanto, per ricordare, nel nuovo testo delle preghiere più comuni, è stata cancellata la parola "mammona" che faceva una certa impressione, ed è stata posta "ricchezza". Questa, in realtà, non impressiona più nessuno. Fa solamente rabbia a chi non sa come arrivare alla fine del mese. E proprio la gerarchia non aiuta.

Maria De Falco Marotta

Maria De Falco Marotta
Fatti dello Spirito