RIFLESSIONI SUL “BENE COMUNE”
Pubblichiamo il documento contenente la riflessione sul “bene comune” che l’Azione cattolica ambrosiana ha firmato, insieme a Acli Milano, Cisl Milano e Confcooperative Milano, alla vigilia della 45a Settimana sociale dei cattolici italiani, a Pisa e Pistoia dal 18 al 21 ottobre.
Cooperativa Oltre
“Il bene comune, questo sconosciuto!”
Se dovessimo cercare di affrontare oggi questo tema con un confronto ampio ed aperto, la difficoltà maggiore, probabilmente, sarebbe quella di trovare una condivisione sulla necessità e sull’esistenza di un bene che possa essere considerato comune. Alla base di questo atteggiamento c’è la convinzione, ampiamente teorizzata, che nell’odierna società, globale e multicurale, non si possono individuare valori che costituiscano un tessuto sociale condiviso , e che quindi è possibile, al massimo, definire alcune regole minime per garantire reciproca tolleranza. Allo stesso tempo però, è anche sbagliata l’idea che, parlando di bene comune, si deve fare riferimento ad un bene che è dato nelle sue forme concrete, una volta per tutte, senza comprendere il senso storico e il cammino che accomuna in un percorso comune l’uomo e il bene.
E’ quindi indispensabile, prima di tutto, recuperarne il vero senso, come è stato definito dal Concilio Vaticano II: “l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono, sia alle collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più celermente.” .
Se partiamo da qui, risultano subito evidenti alcune conseguenze:
• Il bene comune è un concetto, ma anche un agire, positivo, attivo, che coinvolge la responsabilità di tutti, da cui nessuno si può sentire escluso o chiamare fuori. Le ricorrenti tentazioni, soprattutto in questo periodo, dell’antipolitica non sono giustificate, pur in presenza di un crescente disagio sociale a cui troppo spesso non viene data risposta.
• Il bene comune riguarda l’intera vita della persona e tutte le dimensioni della comunità, non solo locale e circoscritta, ma sempre più universale e internazionale: coinvolge tutta l’esperienza dell’uomo, di ogni uomo, dal suo concepimento al termine della sua dimensione terrena. Quando si parla di bene comune bisogna far riferimento al dovere di contribuirli, ma anche ai diritti da riconoscere, soprattutto ai soggetti più deboli.
• Ogni scelta in direzione del bene comune è importante non solo per la sua efficacia concreta, ma soprattutto per la sua valenza e il suo ruolo educativo.
Il contributo alla costruzione della città dell’uomo
Affermare che il bene comune è responsabilità di ciascuno, significa considerarlo non solo un dovere ma anche un diritto. Sarebbe illusorio, e anche pericoloso, pensare che ogni persona che è chiamata a dare il proprio contributo per il bene della società, non porti con sé, e non metta a disposizione di tutti, il frutto della propria riflessione, dei valori, degli ideali.
La democrazia è fatta di partecipazione e responsabilità, e si realizza nel confronto, attraverso le regole che insieme sono state definite, per l’oggi della nostra storia: le regole sono però solo lo strumento, non il contenuto del bene comune.
Il confronto democratico mette nel conto la non comprensione e non condivisione di alcuni valori: questo però non significa la rinuncia a continuare a sostenerli da parte di chi li ritiene importanti, e nemmeno la pretesa al loro accantonamento da parte di chi non li condivide. La fatica della democrazia non si supera e non si aggira attraverso lo scontro tra gruppi rinchiusi nella cittadella delle proprie idee, e non aperti al confronto con le ragioni dell’altro.
Per il cattolico questo non significa né rinuncia o accomodamento, né scelta prioritaria dello scontro o della contrapposizione comunque. Il cristiano è consapevole che la città dell’uomo non è la città di Dio, ma quella che oggi è comprensibile e politicamente realizzabile. Nel fare questo non si sente limitato, perché vive fino in fondo il dono della libertà che gli è stata affidata, nella ricerca della Verità come si rivela oggi e nella attuazione di una giustizia, che proprio perché si nutre della misericordia, è in perenne cammino.
E’ necessario per questo rinnovare lo sforzo formativo per garantire la presenza di laici cristiani consapevoli del loro ruolo e capaci di offrire un contributo qualificato e competente.
Il dialogo e la prudenza
Il confronto e il dialogo sono quindi elementi fondamentali per la realizzazione del bene comune. A questo proposito è importante comprendere il senso del dialogo che, oggi, rischia spesso di essere o un parlarsi senza ascoltarsi o un accettare qualunque cosa in nome di una tolleranza indifferente.
Proporre il dialogo come dono, come metodo per la ricerca del bene comune è un impegno che dovrebbe essere assunto da tutti, e sicuramente deve essere un contributo importante dei cattolici.
Direttamente collegato alla scelta del dialogo è un atteggiamento, oggi decisamente sottovalutato nei comportamenti concreti, che è anche una virtù, la prudenza. E’ una virtù che mette in stretta relazione la libertà e la responsabilità , e che è considerata una caratteristica necessaria dell’agire dei laici, in particolare del fedele laico, nella costruzione della città dell’uomo.
Nel cammino verso il bene comune bisogna esercitare anche il discernimento e il sacrificio, che ci permettono di considerare e vivere la prudenza nella ricerca del bene comune non come atteggiamento rinunciatario ma come fatica che, avendo a cuore l’amore per ogni uomo, sa comprendere e scegliere oggi le vie più adatte, rispettando i tempi di ognuno e mettendo nel conto le incomprensioni e le critiche ingenerose, dettate spesso dalla fretta e dalla mancanza di attenzione universale.
Un welfare tra carità e solidarietà
Il welfare, lo stato sociale, è stato ed è tuttora uno strumento importante per la realizzazione del bene comune, anche se attraversa in questi ultimi anni una crisi di crescita e di senso. E’ una crisi che però corre il rischio anche di alcune letture un po’ sbrigative, che tendono più a liquidarlo che a interrogarsi sul suo possibile significato per l’oggi e per il futuro.
Lo stato sociale pensato all’inizio del secolo scorso aveva soprattutto l’obiettivo di includere persone che erano ai margini del contesto sociale, per offrire loro quelle possibilità di crescita che sono proprie della idea stessa di bene comune. Riletto con una terminologia più comune oggi, potremmo considerarlo come l’assunzione di alcuni bisogni della persona tanto da farli riconoscere come diritti propri della dignità della persona, e quindi come compito proprio, per la loro promozione e tutela, dell’Autorità politica. La degenerazione dello stato sociale è legata alla loro trasformazione prevalente in servizi, più o meno garantiti solo ad alcuni, scollegati da ogni rapporto con la promozione della cittadinanza, e quindi con il bene comune.
Elementi del dibattito sono e devono essere le modalità della gestione dello stato sociale, il ruolo del pubblico e del privato, soprattutto del privato sociale, evitando però un confronto solo nominalistico, che corre il rischio di rappresentare più la liquidazione che la riforma del welfare. E’ assodato, a partire dalla riflessione della Dottrina sociale della Chiesa, il profondo limite, e l’insufficienza, del mercato nella gestione dei cosiddetti beni pubblici: le “prestazioni” sociali, per rispondere alla logica del bene comune, partono dal riconoscimento dei diritti e non dalla concessione di un favore paternalistico, che ha caratterizzato il sorgere del welfare.
In questa direzione i cattolici, proprio in ragione della loro esperienza, personale o di gruppo, che ormai si declina attraverso forme molto diverse, dal volontariato all’impresa sociale, dal ruolo educativo a quello politico, possono dare un contributo decisivo. Possono, ad esempio offrire la riflessione sul rapporto tra carità e solidarietà : la solidarietà non esprime mai compiutamente tutta la potenzialità della carità, e quindi la carità non si esaurisce nella solidarietà; allo stesso tempo la carità non può fare a meno, non può prescindere dalla solidarietà, ma è anzi in grado di ampliarne gli orizzonti e di stimolarne in modo incessante il cammino.
Vivere la speranza del bene comune
E’ importante richiamare un altro “atteggiamento” indispensabile per la realizzazione del bene comune, che è una condizione per rendere positivo il cammino e superare ogni difficoltà: la speranza. Si tratta di un atteggiamento che riguarda tutti: “le motivazioni religiose di tale impegno possono non essere condivise, ma le convinzioni morali che ne discendono costituiscono un punto di incontro tra i cristiani e tutti gli uomini di buona volontà.”
La speranza è quindi, se così si può definire, metodo, condivisione e fatica comune in vista del bene comune; senso dell’impegno per la costruzione della città dell’uomo. I cattolici possono, e hanno il dovere, di diffondere questa virtù per la quale la realizzazione di ogni possibile rete non deve trasformarsi in possibile divisione e separazione, ma solo in “valore aggiunto “ per il bene di tutti.
Un invito significativo che può valere per tutti, al di là della “motivazione religiosa”, è quello di Dom Helder Camara, vescovo di Recife in Brasile, che negli anni ’60 e ’70 ha richiamato in modo pressante l’Occidente progredito a interrogarsi sulla qualità e sul significato dello sviluppo, sociale e economico, perché fosse “giusto”per l’uomo, per ogni uomo:
“Benedetto sia tu, Padre per la sete che ci fai sentire; per i piani coraggiosi che ci ispiri; per la fiamma – e sei tu stesso - che arde in noi…
Cosa importa che la sete rimanga in gran parte bruciante? (guai a quelli che non hanno più sete!)
Cosa importa che i progetti rimangano di più sulla carta di quanto passino nella realtà?
Chi meglio di te sa che il risultato non dipende da noi e che tu ci chiedi soltanto un massimo di abbandono e di buona volontà?”
AZIONE CATTOLICA AMBROSIANA, ACLI, CISL, CONCOOPERATIVE