PRETI E MATRIMONIO – L’ALTRA CAMPANA

No alla moglie del parroco. Si alla moglie del prete

(La presente nota è stata pubblicata dal quotidiano “La Provincia di Sondrio” il 19 aprile u.s.

Il quotidiano La Provincia di Sondrio del 15 aprile, a pagina 31, pubblica un articolo dal titolo “PRETI E NOZZE UN VETO A METÀ Sul tema la Chiesa «potrebbe» cambiare idea: lo dicono in un libro la comasca Broli e Beretta”.

L’inizio: “Per gentile concessione dell'editore, pubblichiamo un estratto da «Una, santa, cattolica e... voltagabbana» (Piemme), della scrittrice comasca Elisabetta Broli e di Roberto Beretta, giornalista di «Avvenire». Un giorno anche i preti potranno sposarsi. Se è vero che le Sacre Scritture sono supportate dalla Tradizione, non è impossibile pronosticare che, domani, i preti potranno sposarsi; magari «soltanto a una certa età», come sostiene una nota canzone. Per secoli infatti la Chiesa accettò senza problemi che vescovi e addirittura Papi fossero sposati….”

E la conclusione: “Ora anche da noi si parla insistentemente dell'ordinazione dei cosiddetti viri probati: bravi cristiani, padri di famiglia, che diventano preti nelle loro comunità. Ha scritto tempo fa Gianni Gennari, ex prete sposato che però collabora tuttora con varie pubblicazioni cattoliche assolutamente ortodosse: «Tante cose stanno cambiando. Il matrimonio non è più, come per tanti secoli, cosa di seconda classe "permessa" ai laici, "genere" inferiore di cristiani, quello dei "non chierici". Già; ma «permetterlo» anche ai preti è comunque una decisione pesante; chissà se siamo davvero pronti ad accettare in parrocchia la moglie del prete. Elisabetta Broli Roberto Beretta”.

La moglie del prete in parrocchia?

La moglie del prete in parrocchia? Molto, molto difficile accettarla. Opportuno, assai opportuno, che in parrocchia non ci sia la moglie del prete, che non ci sia un sacerdote sposato. Ma anche se la Chiesa non ci sente, e senza dimenticare il magistero della Chiesa – accettarlo e rispettarlo non significa porre il lucchetto alla porta e bandire l’espressione di opinioni – è giusto confrontarsi sul tema. In fin dei conti è stato esplicito “il capo” dei preti, cardinale Hummes, anche se la sua posizione non è piaciuta ai tradizionalisti e, ovviamente, alla Curia, quella Curia con la quale a suo tempo ebbero a che fare Papa Roncalli e Papa Wojtyla perché l’innovazione è dura da digerire.

Aperture importanti

In uno studio recente che analizza genesi e sviluppo del celibato dei preti, è stata infatti puntualizzata la posizione espressa alcune settimane fa dall’ex arcivescovo di San Paolo, cardinale Claudio Hummes, ora titolare di uno dei più importanti Dicasteri di Curia, la Congregazione per il Clero. Appena nominato aveva rilasciato un’intervista al quotidiano “ O Estado de Sao Paulo “ che riempì le pagine dei giornali di tutto il mondo. In sintesi:

1° - il celibato dei preti “non è un dogma ma una norma disciplinare“, su questo aspetto si può dare inizio ad una riflessione;

2° - alcuni degli Apostoli erano sposati, la proibizione del matrimonio è stata promulgata solo alcuni secoli dopo l’istituzione del sacerdozio, dunque occorre rileggere la storia con occhi nuovi;

3° - “La Chiesa non è una istituzione immobile, ma sa cambiare quando è necessario. Non si tratta di una decisione facile che possa essere presa in modo repentino.

Nei secoli

Per secoli nella Chiesa, in particolare fra Oriente e Occidente si è discettato in materia. Contrari, ad esempio, i Concili di Ancira (314), Nicea (325), Gangra (350 circa). Favorevole il 33° canone del Concilio di Elvira (inizio del IV sec.).ma in buona sostanza occorre attendere il Concilio Lateranense di Callisto II (1123), che fece l'ultimo passo (canone 21), confermato dal Lateranense II (1139), canone 7, e più tardi da Alessandro III nel 1180, per la norma che vige ancor oggi nella Chiesa latina. Estensione cioè della legge dell'invalidità del matrimonio anche per i suddiaconi.

No alla moglie del parroco, si alla moglie del prete

Torno ab initio. No alla moglie del parroco. No dunque al matrimonio per chi va in cura d’anime. Si alla moglie del prete che non va in cura d’anime ma che è indispensabile, nella società di oggi, per azioni da un lato di apostolato e dall’altro di solidarietà. Si liberino i parroci da una serie di incombenze per far dedicare loro tutto il tempo a quella che oggi potrebbe essere diventata una vera e propria missione. Abbiamo infatti l’impressione che sia più terra di missione la nostra società che non le comunità africane, asiatiche e via dicendo… In un quadro organizzativo delle parrocchie, inoltre, che tenga conto delle profonde mutazioni intervenute nella società.

E il sacerdozio femminile?

Le donne ordinate sacerdote c’erano. Avversario durissimo fu il Papa Gelasio Primo (492-496) che evidentemente la spuntò. I contrari sostenevano, e sostengono, che Cristo non ha chiamato nessuna donna a far parte del collegio dei 12 apostoli e tutta la tradizione della Chiesa è rimasta fedele a questo fatto e l'ha interpretata come la volontà esplicita del Salvatore di non conferire se non agli uomini il potere sacerdotale. Si vuole dimenticare che Cristo, fatto Uomo, doveva esprimersi in atti e comportamenti comprensibili dalla gente di quel tempo? Si vuole dimenticare che perfino la Madonna era tenuta discosta. Come sarebbe stato compreso dai contemporanei un “Conclave” di apostoli e apostole?

La chiusura comunque resta quasi totale. Basti citare, atti recenti, la dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede (Inter insigniores, 1977) e le due lettere apostoliche (Mulieris Dignitatem, 1988; Ordinatio sacerdotalis, 1994). Se il Magistero della Chiesa va rispettato lecita però una domanda: ma suor Maria Teresa di Calcutta non sarebbe stata degna del sacerdozio?

Conclusione

Concludevo un articolo il 20 settembre 2004 sull’argomento: “Con il cambiare dei tempi dovrebbe cambiare anche il modo di ragionare; solo i valori debbono restare tal quali al loro posto.” Lo ha detto il cardinale Claudio Hummes, che il celibato dei preti non è un dogma ma una norma disciplinare. Fermo il discorso dei valori – in questi tempi abbiamo quello della famiglia da preservare -, le regole che non cambiano da supporto indispensabile diventano impaccio e, alla lunga, persino feticci. Non è il caso nostro in quanto sia il celibato dei preti che il sacerdozio femminile hanno nobile genesi, ma non innovare significa per la Chiesa fare un cattivo servizio. Con la crisi delle vocazioni, con il calo dei sacerdoti, con il crollo del numero di suore, la presenza nella società decresce, l’azione di apostolato e di conversione è più debole. Per mantenere una vecchia regola si viene in parte meno al proprio dovere.

Ci sarebbero tante famiglie cristiane disponibili ad impegnarsi in una nuova forma, non il prete o la suora, ma la coppia famigliare…

Alberto Frizziero

Alberto Frizziero
Fatti dello Spirito