CERTEZZA DELL’ESPIAZIONE

Alternative, parziali, al carcere per i reati minori: il lavoro a Pianosa e in altri posti simili ma niente facili permessi, comunità protette, affidamento ai servizi sociali eccetera!

Pubblichiamo una presa di posizione della Comunità di Sant’Egidio contraria alla pena di morte invocata da più parti dopo la sconvolgente, feroce uccisione di Tommy.

Il problema non è la punizione dei criminali.

Il problema non è la punizione dei criminali ma l’espiazione.

Quella è infatti scontata come scontato è che la pena di morte non ci sia né i debba essere.

Il NO alla pena di morte non solo per ragione etica ma anche come punizione

Per due ragioni però, e non solo per quella etica, senza dubbio la principale. La seconda ragione,subordinata ma interessante, è che la pena di morte è inadeguata. Chi si macchia di reati feroci è sacrosantamente giusto che abbia modo a lungo, il più a lungo possibile, di pensare a quello che ha fatto. Come? Nell’isolamento (oltre a tutto se non isolato e messo con altri carcerati finirebbe assai male visto quella sorta di “codice d’onore” della malavita dato che certe cose ripugnano persino ad essa). I familiari, se lo volessero, e per loro non per i condannati, potrebbero vederlo sì, un’ora. All’anno, s’intende, la vigilia di Natale. E’ già tanto. I genitori di Tommy, come i familiari di tanti casi analoghi, il loro congiunto non hanno più la possibilità di verderlo.

Il problema dunque é la certezza dell’espiazione.

In casi come questi non si venga a parlare di redenzione. E’ fuori luogo parlarne. Essendo civili possiamo considerare che magari in un caso su 100 questo problema si ponga. Se si pone entri nella logica della grazia Presidenziale. Oggi il Presidente della Repubblica su proposta del Ministro di Grazia e Giustizia può graziare un detenuto e quindi liberarlo. In quel caso su 100 in cui il comportamento del reo negli anni fosse eccezionalmente positivo, la grazia dovrebbe servire non a liberarlo perché la ferocia del reato non lo consente ma ad ammetterlo alle agevolazioni di legge (permessi, lavoro esterno e simili). Negli altri 99 casi i soliti noti la cui preoccupazione principale è quella rivolta a chi è in galera, dimenticandosi di quelli che sono fuori, le agevolazioni se le scordino, vita natural durante.

Oggi non sono le pene in discussione. Quelle ci sono, anche se qualche inasprimento ci vorrebbe anche. Casi e casi alla ribalta dimostrano una realtà profondamente sbagliata. Il recente caso di un omicida, che poi ha approfittato dell’uscita dal carcere per un altro assassinio, ha evidenziato una cosa pazzescamente folle. Era il nono permesso di cui usufruiva, e con poco carcere alle spalle.

Tagliare radicalmente le agevolazioni ai carcerati

Non è possibile andare avanti in questo modo.

Le agevolazioni ai carcerati vanno radicalmente tagliate.

Gli assassini non debbono avere sconti di pena o agevolazioni, al massimo l’uscita, con scorta, nel caso di morte di un familiare stretto.

Non ne debbono avere i violentatori.

Non ne debbono avere gli autori di reati particolarmente gravi per ragioni diverse.

Le agevolazioni solo agli autori di reati minori e, in questo caso, con una procedura diversa dall’attuale. Oggi si ha l’impressione – ci si dimostri il contrario se così non fosse – che la procedura sia di fatto un vaglio burocratico e non sostanziale. Qualcuno ha chiesto come si possa chiedere all’assistente sociale a contatto con i detenuti, allo psicologo a contatto con i detenuti, al medico a contatto con i detenuti, al personale di custodia a contatto con i detenuti, al direttore del carcere a contatto con i detenuti, di esprimere parere negativo alla concessione delle agevolazioni.

Il ragionamento ha un suo fondamento. Quindi innovare anche la procedura.

E poi nuovo modo di scontare il fio per i reati minori. Niente ragionamenti già sentiti ciclicamente: troppi detenuti nelle carceri, occorre l’amnistia. Se amnistia ha da esserci ci sia ma non per questa ragione perché il modo di sfoltire le carceri c’è.

Sfoltire le carceri. La possibilità c’é.

Per i carcerati per reati non gravi, non infamanti, non feroci e che però qualche anno di carcere se lo devono fare si introducano pene diverse. Chi è stato a Pianosa, quinta delle sette isole dell'Arcipelago Toscano con 10,3 Km quadrati e18 km.di coste a 13 km dall'isola d'Elba, ha presente la realtà di un ex-penitenziario costruito nel 1858 come "colonia penale agricola della Pianosa" per i condannati destinati ad occuparsi dei lavori nei campi. Ce ne furono anche 960 (per un certo periodo anche il Presidente Pertini come prigioniero politico), parte dei quali affetti da TBC (c’erano anche un preventorio, un sanatorio, un ospedale,un convalescenziario.

Negli anni ’90 viene usato come carcere di massima sicurezza per mafiosi, sino al 1998.

Non ci abita quasi nessuno. Non ci si può andare se non con un permesso speciale. Non ci si fa nulla.

Anche se eventualmente su base volontaria, i carcerati per reati minori vadano a Pianosa, e in altre isole, dove c’è da lavorare e produrre. Lo Stato riconosca, in questi casi, anche agevolazioni come sconti di pena e facilitazioni di viaggio per i familiari. Lavoro come redenzione, ma sempre facendo pesare la componente di espiazione, essenziale.

Stiamo strumentalizzando Tommy?

Stiamo forse strumentalizzando Tommy cogliendo l’occasione per ribadire teso già esposte in precedenti occasioni? No. Stiamo solo cercando di far riflettere. La pena deve avere anche una funzione dissuasiva, fattore finito sotto le suole delle scarpe per via del clima che si è determinato per cui si sa che il condannato a dieci anni di carcere dieci anni non li passerà in galera e che magari dopo poco tempo comincerà a uscire, vuoi per un permesso, vuoi per andare a lavorare furoi e via dicendo. Il lassismo imperante in nome di principi teorici è se non un incentivo alla delinquenza comunque un ostacolo alla dissuasione che dovrebbe essere connessa alla pena.

Quanta gente, forse anche Tommy, sarebbe ancora viva se si fosse usato più rigore e meno condiscendenza! Magari la stessa Suor Laura di Chiavenna, la cui feroce assassina, una delle tre, essendo, ci hanno detto, sulla via della redenzione – pensate: faceva ceramica! – è fuori. In una comunità protetta ma intanto fuori dalle sbarre quando chiunque avrebbe voluto, per un castigo pari alla ferocia di elaborazione e poi di esecuzione, che di galera ella con le altre due uscisse una volta diventati bianchi i capelli.

Il caso, terribile, odierno contribuisca così a evitarne altri in futuro.

GdS

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Giustizia