DOSSIER BIM, IL TERZO CAPITOLO: " BIM, ESSENZIALE STRUMENTO DI TUTELA (prima parte)"

Terza puntata. Autore Alberto Frizziero, Editore il CCCVa

3.1 Il Testo Unico del 1933 - 3.2 Diritti delle Comunità locali - 3.3 Novità: "B.I.M." e nuovi sovracanoni" - 3.4 La legge 959. Sul prossimo numero la seconda parte di questo capitolo: 3.5 Obblighi dei produttori - 3.6 Delimitazione dipendente dalla quota a valle - 3.7 La nazionalizzazione - 3.8 In dettaglio la questione soldi

Dalla legge 959/1953 parte una tutela reale e concreta delle popolazioni montane residenti in zone soggette all'utilizzazione idroelettrica. Alcune basi erano state tuttavia predisposte in precedenza ed in particolare dal Testo Unico sulle acque del 1933.

3.1 Il Testo Unico del 1933

Il Testo Unico del 1933 costituisce una vera pietra miliare sotto molteplici profili avendo dato in quel tempo razionalità e completezza all'ordinamento, costituendo riferimento privilegiato per altri Paesi.

3.1.1 I prodromi

Le indicazioni dalla Commissione "post-Gleno" furono pienamente recepite nel regolamento R.D.

2540/1925. in nove Capi e 69 articoli. Si fissavano i paletti per la progettazione, per le procedure, per la costruzione, per l'esercizio; le tipologie delle dighe; un maggiore controllo pubblico e la sua nuova organizzazione. Per fare un solo esempio dell'accuratezza e del dettaglio si sottolinea come il Regolamento preveda, fra le altre cose, continue prove sui materiali per evitare cadute di qualità persino con la possibilità di avere un laboratorio nel cantiere per tali prove. Ci sono poi, sempre in dettaglio, gli obblighi durante l'esercizio, molto severi. Ulteriori specificazioni vengono introdotte sei anni dopo con il Regolamento R.D. 1 ottobre 1931 n. 1370. Fra queste il campo di applicazione del regolamento viene limitato alle dighe di altezza superiore ai 10 m o che determinano invaso superiore a 100.000 m3, norme tecniche, norme amministrative, l'intervento di un ingegnere del settore geologico (prima era del settore delle miniere) e il grande rilievo che viene dato al Servizio Dighe. Abbiamo detto vera e propria pietra miliare questo Regio Decreto n. 1775 del 11 dicembre 1933, Testo Unico sulle Acque. Monumentale, con 234 articoli, ma tutti necessari per un inquadramento giuridico d'avanguardia nel mondo.

3.1.2 I contenuti

Per un'idea complessiva Titoli e Capi.

TITOLO I - Norme sulle derivazioni e sulle utilizzazioni delle acque pubbliche

Articoli 1-91

CAPO I - Concessioni e riconoscimenti di utenze:

CAPO II - Consorzi per l'utilizzazione delle acque pubbliche:

CAPO III - Provvedimenti speciali per la costruzione di serbatoi e laghi artificiali

TITOLO II - Disposizioni speciali sulle acque sotterranee

Articoli 92/106

TITOLO III - Trasmissione e distribuzione dell'energia elettrica

CAPO I - Autorizzazione all'impianto di linee elettriche:

Articoli 107(137

CAPO II - Servitù di elettrodotto:

CAPO III - Esercizio di impianti elettrici:

CAPO IV - Importazione ed esportazione di energia elettrica:

TITOLO IV - Contenzioso

Articoli 138/210

CAPO I - Giurisdizione:

CAPO II - Norme di procedura:

TITOLO V - Disposizioni generali e transitorie

Articoli 211/234

3.2 Diritti delle Comunità locali

In precedenza esistevano norme in qualche misura tali da tener conto delle popolazioni locali che rischiavano di non avere alcun beneficio dall'utilizzo delle acque per la produzione di energia elettrica e per contro di avere limitazioni all'uso, in certi casi storico, delle acque per la diversione che subivano. Ora si delinea il risarcimento per i Comuni

3.2.1 Riconoscimento concreto

Pietra miliare il Testo Unico sotto moltissimi profili. Interessa quello relativo alle comunità locali, diretto e indiretto. Possiamo classificare indiretto il complesso di norme che attengono, in buona sostanza, alla sicurezza e all'ordinato esercizio degli impianti. Detto quanto previsto agli articoli 52 e 53, anche se sul terreno dell'applicazione concreta nasceranno problemi e sarà necessario, molto dopo, intervenire per legge. Sta comunque il fatto che nel contesto di una trattazione generale viene sancito il diritto all'indennizzo per l'uso dell'acqua per la produzione idroelettrica che avviene quindi a discapito di altri usi, consolidati nel tempo, da parte delle comunità locali.

Non era una novità assoluta visto che compariva già nel primo Testo Unico sulle acque del 1896 e poi, vent'anni dopo, nel Decreto Luogotenenziale 20.11.1916 n. 1664. l'art. 28 stabiliva il dovere del concessionario di versare "un ulteriore canone annuo, oltre che quello allo Stato uno agli enti locali. Testuale: "Quando l'energia sia trasportata oltre i 15 km dal territorio dei predetti Comuni rivieraschi - si parlerà avanti del significato di "rivieraschi", il Ministro delle Finanze, sentito il Consiglio Superiore delle Acque, stabilità con proprio decreto, a favore degli enti locali, un ulteriore canone annuo, a carico del concessionario, fino a lire due per ogni cavallo dinamico nominale". Conferma nel Decreto 9 ottobre 1919, art. 40 e infine nel T.U. del 1933 di cui vale la pena passare in rassegna gli artt. 52 e (commento) 53.

3.2.2 Comuni rivieraschi

"Nelle concessioni di grandi derivazioni per produzione di energia può essere riservata, ad uso esclusivo dei servizi pubblici, a favore dei Comuni rivieraschi nel tratto compreso tra il punto ove ha termine praticamente il rigurgito a monte della presa ed il punto di restituzione, una quantità di energia non superiore ad un decimo di quella ricavata dalla portata minima continua, anche se regolata, da consegnarsi alla officina di produzione.

I Comuni, a favore dei quali è fatta la riserva, devono chiedere la energia nel termine di non oltre quattro anni dalla data del decreto di concessione, e utilizzare effettivamente tale energia entro tre anni dalla comunicazione delle determinazioni del Ministro dei lavori pubblici di cui al comma quarto del presente articolo. Decorso l'uno o l'altro termine, il concessionario resta esonerato da ogni obbligo in proposito. Nel caso di accordo tra le parti, il suddetto termine di tre anni decorre dalla data dell'accordo, di cui deve essere data comunicazione al Ministro dei lavori pubblici.

In mancanza di accordo, il riparto dell'energia fra i comuni ed il prezzo di essa sulla base del costo, tenuto conto delle caratteristiche dell'energia richiesta, comprese le quote per interessi e per ammortamenti, sono determinati dal Ministero dei lavori pubblici, sentito il Consiglio superiore. Quanto alla misura del tasso d'interesse, si applica il disposto dell'ultimo comma dell'articolo precedente.

3.2.3 Ai comuni

L'art. 53 non definiva il quantum di competenza degli enti locali ma solo il massimo, due lire al CV, per l'energia portata oltre i 15 km dalla centrale, che era nella libera scelta del Ministro delle Finanze sia pure dopo aver sentito il Consiglio Superiore dei LL.PP. Un quarto del totale toccava comunque alle Province mentre per i Comuni c'era un ulteriore tetto. Il totale dei sovracanoni non doveva superare il totale delle spese obbligatorie, media del quinquennio ultimo. Passano gli anni e c'è una rivalutazione del quantum. Dal 1.1.1947 le due lire diventano 109 che passano a 436 £/kW con la L. 21.1.1949, n. 8. Il problema però è l'indeterminazione. Sarà la legge 4.12.1956 n.1377 a definire meglio. Pur lasciando le 436 £/kW come tetto viene stabilito che il sovracanone venga applicato a tutta la potenza nominale media concessa e viene cancellato il riferimento alle spese obbligatorie, penalizzante per i Comuni piccoli. Riparto, come da norma, da farsi sulla base dei danni e delle condizioni economiche dei singoli Comuni

3.3 Novità: "B.I.M." e nuovi sovracanoni"

La legge obbligava dunque i produttori di riservare ai Comuni "rivieraschi" energia, a prezzo di costo per i servizi pubblici, ma restavano alcuni problemi: valutazione discrezionale del Ministero nel fissare il costo - provvederà in merito la legge 925/'80); indennizzo solo per i Comuni rivieraschi; utilizzo energia solo per servizi pubblici,

obbligo per i Comuni di allacciarsi alle centrali e degli apparati di trasformazione, di fatto impossibili per la maggior parte dei Comuni.

3.3.1 Precedenti

Un passo indietro. Finita la guerra, grazie anche al Piano Marshall c'è una forte ripresa dell'industria, trainante quella siderurgica che ha bisogno di tanta energia. Nella logica del "carbon bianco" si aprono cantieri idroelettrici un po' dappertutto e non solo nelle Alpi. A questo punto non è più sufficiente il discorso dei sovracanoni "rivieraschi" che pure, come abbiamo visto, viene ugualmente portato avanti fra un ricorso e l'altro dei produttori idroelettrici. Lo sfruttamento intensivo, sia pure non dappertutto, delle acque suscita una serie di reazioni perché vien meno l'acqua per una serie di altre attività. Non è più soltanto un problema della sola agricoltura come un tempo. Il problema approda in Parlamento nel 1952 senza esito perché in scadenza di mandato.

3.3.2 La svolta

L'anno dopo quattordici senatori democristiani presentano un disegno di legge. É il 4 dicembre 1953. 23 giorni dopo, e con il Natale di mezzo, il disegno diventa legge e due giorni dopo, San Silvestro, la Gazzetta Ufficiale lo pubblica. Efficienza da Imperial Governo Austriaco!

Legge 27 dicembre 1953, n. 959 "Norme modificative al testo unico delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, riguardanti l'economia montana".

3.4 La legge 959

In apertura del secondo capitolo "Genesi" si è già detto della serie di difficoltà incontrate nell'avvio dell'attuazione della nuova legge, fondamentale per le comunità interessate dall'utilizzazione delle acque per la produzione di energia.

3.4.1 Bacini

La legge nel suo primo articolo incarica il Ministro dei LL.PP., sentito il collega dell'Agricoltura, di stabilire quali sono i bacini imbriferi con relativo perimetro. Per i bacini ove vi siano concessioni di grande derivazione ha un anno di tempo, tre per gli altri. Il nostro, quello dell'Adda, sarà di 79 Comuni, i 78 di Valtellina (65) e Valchiavenna (13) più Sorico. L'altro della provincia, quello dello Spol, sarà di due Comuni, Livigno e Valdidentro.

3.4.2 Consorzi

Se almeno tre quinti dei Comuni di un bacino imbrifero sono d'accordo viene costituito un Consorzio obbligatorio. É quello che è successo in provincia dopo una sorta di campagna elettorale conclusasi a stragrande maggioranza per la costituzione del Consorzio, linea portata avanti dalla DC che aveva allora un'ampia maggioranza assoluta, ma con alcune posizioni singolari. In Italia lo stesso, Consorzi quasi ovunque. Il problema grave, nel caso di contrarietà alla soluzione consortile, era il riparto fra i Comuni, sostanzialmente "in base ai danni e ai bisogni". Difficile procedere da parte del Ministro dei LL.PP. con il rischio di contenzioso permanente o quasi. Nel frattempo deposito, da parte dei concessionari, dei soldi in banca d'Italia.

3.4.3 Sovracanoni

L'ottavo comma dell'art. 1 taglia, come si suol dire, la testa al toro per quanto concerne il corrispettivo, a titolo di indennizzo, dovuto ai Comuni fissando le 1300 lire per kW di potenza media nominale concessa.

3.4.4 Energia

L'art. 3 della legge prevedeva anche la facoltà per i Comuni, e quindi per i Consorzi, in luogo del sovracanoni di ritirare annualmente energia in ragione di 400 kWora per ogni kW di potenza nominale concessa nel caso di ritiro in centrale in alta tensione e di 300 nel caso di ritiro a bassa tensione in cabina di trasformazione. Non fu una via scelta.

3.5 Obblighi dei produttori

Con la legge 959 il quadro degli obblighi amministrativi dei produttori veniva definitivamente delineato, salvo gli aggiustamenti che si vedranno. Canoni idrici - tre tipi: il Canone di concessione dovuto allo Stato, i sovracanoni per gli Enti rivieraschi (Comuni e Provincia), i sovracanoni B.I.M.

3.5.1 Canone di concessione

Definito dal Testo Unico sulle Acque (Regio Decreto 11 dicembre 1933 n.1775) è dovuto allo Stato secondo quanto stabilito per legge.

3.5.2 Sovracanone per gli Enti rivieraschi

Riprendiamo la definizione di Ente rivierasco: il Comune in cui "il territorio si affaccia sul tratto di corso d'acqua sotteso dalla derivazione a partire dal punto ove ha termine il rigurgito dell'opera di presa fino al punto di restituzione", ovvero tutti i comuni in cui si trova un opera idraulica come opera di presa, diga, condotta forzata, centrale idroelettrica. Il gestore dell'impianto deve corrispondere ai Comuni e alle Province interessate una quota stabilita dalla legge. La suddivisione tra i Comuni non fu semplice. Per quanto ci riguarda, stabilito che alla Provincia andasse il 25%, si trattava di stabilire i millesimi di ciascun Comune in una situazione complessa per via della grande estensione e del grande numero di impianti di ogni tipo, canali di gronda compresi. Ci fu il caso di un Comune che intraprese un robusto braccio di ferro per avere un paio di millesimi in più. Con la legge 4 dicembre 1956 n. 1377 il sovracanone viene stabilito - massimo - in 436 lire ma su tutta la potenza media nominale concessa.

3.5.3 Sovracanone per i Bacini Imbriferi Montani (B.I.M.)

S'intende il sovracanone così come definito dalla citata legge 27 dicembre 1953 n. 959

Alberto Frizziero

Capitoli pubblicati:

1) Premessa www.gazzettadisondrio.it/17686-dossier_bim__il_primo_capitolo___premessa...

2) Genesi www.gazzettadisondrio.it/17844-dossier_bim__il_secondo_capitolo___genesi...

3) I parte BIM essenziale strumento di tutela

Capitoli da pubblicare:

3) II parte BIM essenziale strumento di tutela

4) La situazione in Italia e in Lombardia

5) I parte Canoni, sovracanoni, rivieraschi, rivieraschi BIM. Natura, titolarità, risorse

5) II parte Canoni, sovracanoni, rivieraschi, rivieraschi BIM. Natura, titolarità, risorse

6) Riparto Fondi BIM

7) La Corte Costituzionale

8) Parcellizzazione negativa. Monito per il futuro

9) Unità provinciale

10) I parte Tentativi di futuro

10) II parte Tentativi di futuro

11) Le ipotesi di cambiamento

12) Chiosa

APPENDICE: Titoli I II III IV V VI

INDICE (sintesi)

Alberto Frizziero
Editoriali