ARGOMENTI PROPOSTI DA Mario PULIMANTI: 1) AMICI, AMICI 2) SADICO WEEK END
E' una serata piacevole, con una brezza delicata che odora di mare e foglie fresche.
Passeggio sul lungomare di Ostia. L'itinerario? Dal Pontile al Porto.
E intanto penso.
Ho pochi amici. Ma veri.
Valter. Amico. Da sempre. Ha un viso espressivo, dalla bellezza classica, i capelli neri e la carnagione rosata; le braccia e le spalle piuttosto ben fatte gli conferiscono un'aria atletica. Sicuro di sé, non ha difficoltà a sostenere lo sguardo di nessuno.
Liliana è l'attraente donna dai capelli biondi che ha sposato Valter. Sempre in forma e atletica. Insieme al marito è stata la mia testimone di nozze. Il suo sorriso va dall'esuberante al seducente. Ragiona sulle cose, le analizza, le osserva, cerca di comprenderle, cerca di dotarle di un senso, di una spiegazione logica. E ci riesce. Spesso.
Giorgio. Amico. Storico. Un bell'uomo dal volto importante. Alto un metro e ottantatotto per settantacinque chili di peso e con i capelli tagliati cortissimi. Non fuma, non beve e non dice mai parolacce. Non indulge in lussi di alcun genere.
Di indole estremamente buona e gentile, Carmela, la moglie di Giorgio, ha un bell'aspetto.
Silvia. Una psicologa. E' una dottoressa con gli occhi attenti e penetranti e il sorriso rassicurante di chi non ha pregiudizi. E' sensibile, molto allegra e solare.
Ferruccio, il marito. Sempre in eccellente forma fisica. Come al solito è perfettamente padrone di se stesso, come se sa già che le sue parole alla fine convincono tutti. Ama indossare camicie button-down senza cravatta, jeans e scarpe sportive.
Ho due figli.
Come i cattivi dei film dell'orrore -alla Scream o Venerdì 13- le ex fidanzate spesso riescono a tornare dall'aldilà.
L'amore ci rende strani. Dalla risata di Gabriele, che suona sorprendentemente adulta, è evidente che ha ora altre nidiate di amori da nutrire.
La vita è una lotta.
Anche per Alessandro, neo quattordicenne. Sa sempre come cavarsela. Anche al liceo. I suoi occhi sono calmi, quasi divertiti, mentre si destreggia tra il greco e il latino.
Il latino. Una lingua dall'ammirevole precisione. Dove altro si possono trovare cinque declinazioni per i sostantivi e quelle stupefacenti coniugazioni dei verbi?
Mi volto e alla luce del sole vedo Simonetta.
E' in gamba.
I rapporti con mia moglie sono sinceri. E' diversa da tutte le altre. Dal settantacinque mi ha acceso qualcosa dentro. E' bella, ovviamente. Ma soprattutto è…non convenzionale. Lirica, poetica, a modo suo.
Ho visto in tivvù Montalbano tradire Livia con una ragazza, che ha usato una tattica per avvicinarsi a lui e usarlo, uccidendo l'assassino della sua gemella.
Il lavoro.
Bé, a volte servirebbe un po' di spina dorsale, dopotutto.
Al Porto incontro un'amica.
Frequentava un artista. Un tipo alla Sean Connery. L'aveva fatta innamorare scrivendole versi, ma dalle sue parole colgo quelle che sembrano le ultime palate di terra sulla tomba dell'attore-poeta, troppo sposato per essere l'uomo ideale.
Buona fortuna!
2) WEEK END
Stavo sognando prati fioriti.
Alle sette meno un quarto, nonostante sia sabato e l'oscurità avvolga Ostia come un manto umidiccio profumato di mare e di muschio, sono in piedi.
Mi ficco sotto la doccia per sciacquare gli incubi, e mi abbandona alla prolungata carezza dell'acqua.
Mi rado con cura, poi mi bagno la faccia, mi asciugo e mi rinfresco guance e mento col nuovo dopobarba.
Completo la toilette, infilandomi le pinzette nel naso per estirpare un paio di peli lunghi e bianchicci. Vado in cucina mezz'ora dopo. Simonetta è già alzata e sta leggendo. Quando mi vede, accende il fornello e mette la caffettiera sul fuoco.
Novembre.
Questi giorni di questo maledetto mese dei morti flagellato dalla tramontana.
Guardo fuori dalla finestra.
Il cielo indossa il cappotto nero, scuro come il mio umore.
Bevo il caffè.
Sto già meglio.
Mangio un dolce.
Diverso.
Dolce al punto giusto, un misto di sapori che richiamano la terra e il mare, sa d'aria e di vento.
E' poesia.
Mastico a occhi chiusi, lentamente, e ogni boccone è un ricordo, è una carezza gentile.
Gabriele irrompe nella cucina con gli occhi di fuori.
A giudicare dalla barba lunga e gli occhi gonfi e inviperiti, ha dormito poco e male.
La camicia a quadri, d'un azzurro violento, penzola fuori dai jeans.
Balla, tanto è nervoso.
Fa una smorfia, contraendo le labbra secche, le mani si muovono nervose.
Mi guarda, lampi d'ira si affacciano su abissi di sconforto, rivelando un ragazzo, un pezzo di legno sballottato dalla furia del mare, travolto dalle onde gigantesche e approdato infine sulla rena, di fronte a me.
Fa pena.
"Papà, la Lazio non meritava di perdere la partita" dice d'un fiato, liberando insieme vergogna e rancore che bruciano in petto.
Per poco non ruzzolo dalla sedia.
Poi si rilassa e mi parla di una ragazza.
"Che fortuna avere alla scuola di teatro una così splendida discendente di Venere", mi dice.
Poi esce.
Il groviglio dei miei pensieri è sempre lì, e ristagna come la fuliggine nei comignoli.
Penso al lavoro.
Per quale motivo non reagisco mai?
Difficile darsi delle risposte quando stanno sepolte negli abissi del cuore.
Ho voglia di piangere.
Dentro mi urla la rabbia antica dell'uomo impotente di fronte alle ingiustizie della vita.
Penso a un collega.
La mente umana è un abisso infinito di miserie umane nere come il diavolo.
Penso a una collega.
Racchia.
Tutta casa, avemaria e padrenostro.
Esco.
Passeggio sul lungomare.
Alzo gli occhi.
Ora il cielo non è più nuvoloso.
L'indaco lambisce il turchino e il violetto carezza il turchese fino a sfumare nel grande respiro dell'infinito.
Dio che spettacolo!
Perché gli uomini hanno smesso di guardare il cielo?
Davanti a me, una barca.
Dietro, una coppia.
Lui, anziano.
Avvinghiato a una giovane donna, tradisce sua moglie.
Un amplesso violento, animalesco, antico.
Sto sudando freddo.
Mi allontano.
Giorno di mercato, oggi.
Manca ancora a Natale, ma l'aria sa di festa.
I banchi del mercato straripano di festoni, ghirlande e alberelli di plastica perfino raffinati e con le palline incorporate, di golfini tempestati di piume e di paillette, di scarpe dai colori sgargianti, dalla forma azzardata e il tacco a spillo.
Domani sarà domenica.
Andremo a Collevecchio.
Allora, penso a Collevecchio.
Una scorciatoia attraverso la campagna di mia suocera.
Novembre ha aperto le pance agli sterminati apprezzamenti bruni, le zolle rivoltate si aprono nei colori della terra, pronte ad accogliere semi da gonfiare e far esplodere alla vita.
Un ciclo antico in questi luoghi immoti si ripete anno dopo anno, perpetuando nella natura e negli uomini gesti che profumano di farina impastata e pane ancora caldo, cotto nel forno a legna.
Lunedì mi prenderò ventiquattrore di vacanza.
Niente impicci e rotture.
La pace dello spirito e la salute del corpo vengono prima di ogni cosa.