NON SPARATE SUL PIANISTA (CONTINUAZIONE DE L'UOMO DEI SALDI
Ho trascorso le mie estati di bimbo e di ragazzo in un luogo magico, pieno di stimoli, la casa dei miei nonni. Una casa lunga dal balcone del corso, postazione privilegiata per osservare il lento passeggio serale, fino al ballatoio della cucina, sospeso sul canale, quattro o cinque metri al di sopra delle barche dei pescatori dirette al vicino mercato del pesce. Tra i due balconi, a metà del lungo corridoio, la scala per il piano superiore e di qui un'altra scala in legno, stretta e abbastanza ripida, verso la soffitta. Una soffitta piena di cose che ora non ricordo più mentre ricordo benissimo le sensazioni nel salirla, una forte curiosità mista ad un senso di colpa per la consapevolezza di recarmi a frugare tra frammenti di vite d'altri.
Oggi, quando giro tra i banchi di un mercato delle pulci, provo sensazioni simili, non riesco a leggere il messaggio di una vecchia cartolina o impugnare un bastone da passeggio senza pensare di stare invadendo uno spazio non mio. La curiosità prevale, rimuovo tutto il resto e inizio la mia ricerca. Nessun obiettivo prefissato, niente di particolare da trovare a tutti i costi, solo la speranza di trovare un oggetto che metta in moto ricordi e che generi riflessioni.
Trovato! Una bella targhetta in alluminio, lunga e stretta riporta una richiesta, incisa in caratteri maiuscoli, alla maggior parte di noi molto familiare: NON PARLARE AL CONDUCENTE. A prima vista potrebbe sembrare un imposizione diretta a chi legge ma, all'epoca, non c'era la confidenza dei giorni d'oggi e quindi valutiamolo esattamente per quello che è, un imperativo informale negativo che, per sua natura, caratterizza un messaggio rivolto ad un destinatario indifferenziato.
Possibile comunque che una frase così diretta non contenga dell'altro?
Se l'arte è nell'anima di chi guarda un quadro non può anche essere che un obbligo, al di là delle intenzioni dell'autore, possa venire letto, coscientemente o meno, in chiave educativa? Il pensiero corre alle altre targhe che ci dicevano, sempre con la forma dell'imperativo negativo, di non gettare oggetti dal finestrino o di LASCIARE IL POSTO ALLE DONNE E AGLI ANZIANI. Erano messaggi di un periodo caratterizzato dallo spostamento di consistenti quote di popolazione dalle zone rurali a quelle urbane con la conseguente necessità di adeguarsi a nuove forme di convivenza, erano istruzioni per vivere in un mondo diverso da quello in cui erano cresciuti. Non c'era nessuna sanzione per chi non le rispettava ma seguirle facilitava l'integrazione nel nuovo modello sociale. Fu così che una intera generazione seppe/imparò che non era opportuno parlare con l'autista di una corriera e che i posti a sedere andavano lasciati a chi più di altri ne aveva bisogno. Quella che chiamiamo educazione aveva messo radici, le madri trasmisero ai figli le nuove regole e i figli le impararono e per parecchio tempo non ci fu bisogno di imperativi negativi, la gente sapeva cosa fare.
Ma i tempi cambiano! Oggi sugli autobus ci sono nuove scritte utili solo a fini funzionali - ARIA CONDIZIONATA NON APRIRE I FINESTRINI - anche se nel frattempo le vecchie regole sono state dimenticate, non sono state trasmesse e vecchi e donne vedono i loro posti occupati da piccoli tossici di sms e di mp3. Nessuno ha ucciso i pianisti dei saloon ma oggi troppi sparano!
Maurizio Frizziero