ARGOMENTI PROPOSTI DA Mario PULIMANTI: 1) PENSIERINI DI NATALE 2) BUON NATALE, PAPA'

1) PENSIERINI DI NATALE

Natale. Penso a miei genitori.

In tasca ho una piccola foto del loro matrimonio. Davanti alla Chiesa del Testaccio. Mio padre elegantissimo nel suo completo nero, mia madre una giovane e sorridente principessa in bianco. Ricordo mio padre: "Ho un problema, Mario". "Un problema?" "Di salute. Niente di serio. Devo farmi curare." E' morto due mesi dopo, il 20 aprile 1992. Ne è passato di tempo, ormai, ma il ricordo è ancora vivo. Bruciante. Proprio come allora. Che tristezza.

Natale. Penso a Blade Runner.

Un film mitico. Rivedo la scena finale sotto la pioggia, in cui il replicante dice a Deckard: "Ho visto cose che non potresti immaginare. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orion. E ho visto i raggi beta balenare al buio vicino alle porte di Tanhauser. E tutti questi momenti andranno perduti, come lacrime nella pioggia". Straziante.

Natale. Penso a Simonetta.

Non so come avesse fatto Simonetta a innamorarsi di me…da giovanissima era così bella che quando le top-model la vedevano si mettevano a piangere. Sono patetico? E' proprio così tremendo vedere qualcosa con gli occhi contenti? Parenti e amici mi invidiano per la mia vista-mare. Io invidio loro per i soldi. Mia moglie mi rimprovera che a causa mia è una fila d'anni che non fa più niente di niente, a parte le cose che fa ogni giorno della sua vita.

Natale. Penso all'ufficio.

Entro dall'ingresso principale e mi dedico al mio allenamento giornaliero: salire una rampa di scale anziché prendere l'ascensore. La mia stanza è al primo piano. Per arrivarci percorro un corridoio lungo e largo. Il mio capo vi entra di rado e posso lavorare in pace e senza interruzioni. Accendo il computer. Sullo schermo si apre la finestra "Proprietà, data e ora". E' la funzione del sistema operativo Windows XP che si usa per attivare il PC. A destra del desktop appare un calendario con indicata la data del giorno e, sulla sinistra, le barre di icone dei siti web e il menù a tendina con i comandi equivalenti. Occhieggio la foto di mio figlio Gabriele, sentendomi rassicurato dal suo sorriso. Metto la mia borsa sopra la poltrona, accanto alla scrivania. Apro i documenti che mi interessano e inizio a lavorare, poi interrompo per andare a una riunione. Ho iniziato a lavorare con un dirigente pignolo, che imponeva uno standard molto alto: c'era sempre qualcos'altro da fare, qualche nuova pratica da istruire, un'ora in più da trascorrere in ufficio. Poteva farti impazzire. Poteva anche insegnarti a diventare un gran bravo funzionario.

Natale. Penso a me stesso.

Sono uno scrittore? No, anche se scrivo. Cavolo, avete da guardarmi a quel modo? Scrivere mi distende. I nervi. Certo, certo. Ma le ingiustizie rimangono. A volte mi piace credere che prima o poi otterrò qualcosa anch'io. Chimere. Scrivo perché questa per me è la sola opportunità di essere guardato e non soltanto visto, di essere ascoltato e non soltanto udito.

Natale. Penso a quando ero ragazzo.

A volte giocavo a calcio. Ma in campo mi comportavo in modo patetico, facevo un errore dopo l'altro, rovinavo le azioni dei compagni e stavo sempre tra i piedi a bloccare un buon passaggio. Scorrazzavo in modo inconcludente urlando che mi passassero il pallone, ma più gridavo, gesticolando come un matto, meno mi consideravano. Quando fu chiaro che non avevo neanche un briciolo di talento calcistico, decisi di trasformarmi in un tifoso appassionato. Era più facile gridare di gioia quando la mia squadra segnava e urlare insulti all'arbitro quando infliggeva un calcio di rigore contro il mio club.

Natale. Penso alla scuola.

Quando frequentavo il ginnasio al Sacro Cuore, avevo un salesiano che ci insegnava filosofia. Era anche il preside dell'istituto, ma non mi ricordo come si chiamasse. Il problema era che vedeva il mondo in bianco e nero. Era lui a decidere cos'era bianco e cos'era nero. Non si può amare una persona così senza temerla Forse nemmeno senza odiarla un po'. E fui rimandato in filosofia.

Natale. Penso a nonno Angelino.

Lui amava spesso dirmi che a Collevecchio, prima della Grande Guerra, esistevano salotti dove si giocava forte, frequentati dagli uomini più facoltosi del paese. In una notte si potevano vincere o perdere interi patrimoni!

Nonno Angelino. Ricordo in che mese e anno sia successo. E il ricordo vive in me, un frammento di passato perfettamente conservato. Difatti sono diventato la persona che sono oggi all'età di ventitre anni, in una calda giornata estiva del 1979. Ricordo il momento preciso: ero seduto su una panchina del parco Sant'Angelo a Collevecchio. E' stato tanto tempo fa. Ma non è vero, come dicono molti, che si può seppellire il passato. Il passato si aggrappa con i suoi artigli al presente. Sono ventotto anni che sbircio di nascosto in quel parco. Oggi me ne rendo conto. Seduto sulla panchina all'ombra di un salice mi torna in mente la frase che mio fratello Stefano mi aveva detto: "Nonno Angelino è morto". Mi ricordo che alzai gli occhi verso il cielo e piansi. Penso alla mia vita fino a quell'estate del 1979. Quando tutto è cambiato.

Natale. Penso a Collevecchio.

L'aria odora come il reparto profumeria di Panorama e le vicine colline di Calvi e Casperia sono quiete come sempre, coperte di erba e trifogli, verdeggianti di vigneti, pini e cipressi nodosi.

Natale. Penso a zio Mario.

Sottile l'umorismo dei suoi discorsi. Sorrisi al momento giusto. Tanto lavoro. Tanta fantasia e altruismo. Ascoltava tutti con pazienza, senza salire mai sul piedistallo. L'ultima volta insieme è stata a Collevecchio. Ristorante Reginus. Pranzo dei cugini Pulimanti, pronipoti di Gigiotto. Peccato non aver spinto l'accellatore per ritornare con lui all'Olimpico. Quello zio giusto, forte, umano è rimasto dentro di me. Ora me ne sono accorto.

Natale. Penso a Hitler: un pazzo, che ha fatto uccidere milioni di innocenti. Come Stalin.

Natale. Penso alla pittura.

Sono fortemente attratto dalla pittura di rottura, che rifiuta il neoclassicismo ottocentesco vetusto e arrogante. Ammiro l'opera

coraggiosa dei primi espressionisti e dei secessionisti viennesi. Mi illumino davanti alle scomposizioni cubiste di Cezanne e Picasso, mi esalto con le pennellate di Van Goch, piango con Munch e le sue angosce dilatate.

Natale. Penso a un vecchio amico.

Ricordo che fosse un buon diavolo e che non avesse mai preso per il collo nessuno, a parte la bottiglia.

Natale. Pensieri vari. Passi stanchi di casalinghe affannate. Impronte di scarpe da tennis di finti poveri. Tracce di suole che hanno ballato poco e male in tutti i locali di Ostia. Sotto la pioggia siamo tutti uguali, puzziamo alla stessa maniera.

Natale. Penso a Dante.

Nel mezzo del cammin di nostra vita…

…mi ritrovai per una selva oscura…

…che la diritta via era smarrita.

Per me si va ne la città dolente,

per me si va ne l'etterno dolore,

per me si va tra la perduta gente.

Giustizia mosse il mio alto fattore:

facevi la divina podestate,

la somma sapienza e 'l primo amore.

Dinanzi a me non fuor cose create

Se non etterne, e io etterno duro.

Lasciate ogni speranza, voi ch'intrate.

Natale. Rientro a casa, mi lavo le mani e la faccia. In attesa che Simonetta torni, chiamo Gabriele e parlo con lui e Alessandro.

Quindi telefono a mio fratello. Intanto mangio un sandwich e stappo il vino. Scoraggiato, bevo. Ora in pancia ho quasi un'intera bottiglia di Donna Fugata. Molti mi ritengono pazzo: un prete mancato, ex fumatore incallito, ossessionato dal fare esattamente ciò che la Bibbia mi dice, terrorizzato da Dio, impossibilitato a prendere decisioni da solo nel timore di offenderlo. Ipnotizzato dalle infallibili certezze religiose, dove i cattivi sono cattivi e i buoni sono buoni. Sbagliato: non sono un integralista. Non sono mai stato razzista, e non mi ritengo nemmeno stupido. Basta così. Sono esausto. E' stata una giornata molto lunga.

Natale. Come faccio a essere sicuro di non sognare in questo momento?

2) BUON NATALE, PAPA' (ANCHE PER IL NOSTRO)

Il 20 aprile 1992 è morto mio padre, Antonio Valeriano.

Ed io, da quando Papà non c'è più, mi sento ancor più legato a lui. Perché mi manca. Probabilmente è il segno di una volontà che ci vuole legati per sempre. Mi manca il suo umorismo, la sua acuta osservazione degli altri. Mi manca la sua educazione, la sua cultura che non esibiva mai. Mi mancano i giorni di Natale passati insieme a lui. Mi mancano le sue parole, i suoi messaggi, le sue battute con i tempi comici perfetti.

Questo é il sedicesimo Natale Natale che Antonio Valeriano non c'è più. E oggi vorrei tanto telefonargli per dirgli, sottovoce, che gli voglio sempre bene. Che lo ricordo com'era veramente: un Papà speciale. Un

Papà intelligente. Soprattutto un Papà buono.

Buon Natale, papà!

(Lo dice al suo. Ciascuno di noi lo dice al nostro. Fortunato chi l'ha ancora…

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