LA CRISI IN MEDIO ORIENTE VISTA DA SONDRIO. HAMAS CE L'HA FATTA MA FORSE HA SBAGLIATO I CONTI

Tragedia umana. Protagoniste le armi, diplomazia disarmata. Un'analisi diversa. Rischi. E l'Italia

Tragedia umana

La bambina in TV che non piange ma con due lacrimosi grossi così sul bordo degli occhi racconta la fine dei suoi cinque fratellini è di una eloquenza unica sulla tragedia umana della vicenda di Gaza. Lo è ancor più per chi scrive che, bambino, nel settembre del 1944 si è trovato nella stessa situazione: una bomba della stanza al di là del muro che, salvo una fenditura da cui entrava la luce, ha retto , tre sorelle disintegrate con altre persone. E qualche casa più in là un'altra bomba, e per terra una mamma con una bimba in fasce, e poi un'altra, e altre ancora tutte con vittime civili, inermi. La guerra è una tragedia, è un orrore ma ancor più lo è quando si manifesta selvaggiamente e in modo indiscriminato. Quando poi vittime sono i bambini. E questo vale ovunque. A Londra bersagliata dalle V2 dei nazisti ma anche a Hiroshima e Nagasaki (bombe atomiche), a Dresda (bombe al fosforo), e poi bombe 'normali' nelle nostre città e nei paesi, persino a Ponte quella sera dell'aprile del 1945. ordigno 'intelligente', anzi intelligentissimo perché finito lontano, a fianco del cimitero nei pressi della chiesa della Madonna di Campagna senza fare alcun danno salvo un buco in un prato.

Bambina simbolo. Non importa se palestinese o israeliana, se irakena o somala. Simbolo di una sorta di dannazione che accompagna l'uomo nel suo faticoso percorso verso, diciamo, "la civiltà". E' vero che non bisogna disperare perché ci sono segni incoraggianti. Basta pensare all'Europa da sempre percorsa da venti di guerra. I Romani che costruivano il loro impero. I barbari che arrivavano a mettere a ferro e fuoco città, paesi, campagne. Le contese per secoli fra un castello e l'altro, fra un micro-Stato e l'altro. La chiamata degli stranieri. Le lotte per la supremazia dalla penisola iberica alla Polonia, al Mar Nero. I Turchi fino a Vienna e Varsavia. Napoleone. I conflitti mondiali. Hitler. Per la prima volta nella storia millenaria 63 anni senza conflitti, l'adozione di un vaccino (l'unità europea), il tentativo di esportare questo antivirus che sarebbe bene contagiasse anche la Russia.

Protagoniste le armi, diplomazia disarmata

Nella striscia di Gaza era apparsa una prospettiva che alimentava le speranze di tutti, e del mondo quando, nel 2005, vigilia di ferragosto, Israele decise che tutti gli israeliani dovevano andarsene dalla Striscia di Gaza. Non era e non fu impresa facile perché i coloni, comprensibilmente, non volevano lasciare casa, lavoro, campi dissodati sottraendoli al deserto. In una settimana con belle o brutte maniere dell'esercito l'operazione era conclusa. Positivamente commentato in tutto il mondo proprio in una data che era divenuta tristemente famosa per quanto avvenuto quattro anni prima, l'11 settembre, l'evento: Al Fatah, la formazione politica di Yasser Arafat, subentrava alla Stella di David. Un segno non incoraggiante venne dal comportamento di una parte dei Palestinesi. Se poteva essere compresa la distruzione delle colonie e delle strutture israeliane non così fu per le serre. I coloni le avevano realizzate producendo verdure, frutta e benessere dato che in esse lavorava un gran numero di palestinesi. I fanatici ne distrussero una buona parte…

Premio Nobel per la pace, Arafat non resse alla prova. Lui, la moglie, i suoi collaboratori, il suo Partito. Il risultato fu che incredibilmente alle elezioni del 2007 gli elettori di Gaza scelsero Hamas che dovette ricorrere alle armi in una sorta di vera guerra civile per assumere il potere che il voto gli aveva dato.

Peggio di così non potevano andare le cose, con il risultato, oltre a tutto, che furono sospesi gli aiuti umanitari. Situazione dura che portò alla proclamazione unilaterale da parte di Hamas, lo scorso giugno, di una tregua, in cambio della possibilità di rifornirsi di medicine, carburante, generi alimentari. Difficilissimo proseguimento delle trattative con l'Autorità Nazionale Palestinese per il semplice motivo che l'ANP non poteva garantire neppur il minimo impegno per Gaza data la posizione di Hamas.

Diplomazia con le armi quasi spuntate, diventate spuntate del tutto nei giorni scorsi quando hanno avuto il sopravvento le armi vere. Prima i razzi di Hamas e poi i missili israeliani.

Un'analisi diversa

I commenti sono in parte notevole, di fatto, filo-israeliani attribuendo la responsabilità ad Hamas di avere rotto la tregua con i lanci di razzi verso gli insediamenti ebraici. In genere sono accompagnati dalle esortazioni a riprendere il cammino delle trattative con l'auspicio che queste si facciano e diano risultati. Schiettamente non crediamo siano in molti a considerare realistica questa strada.

In parte minore sono filo-palestinesi in una gamma che va dall'appoggio integrale alla più moderata tesi secondo cui Hamas ha il torto di avere iniziato ma Israele ha quello di una risposta sproporzionata.

La realtà è diversa.

1) Hamas. Hamas ha cercato l'unica via per lui percorribile, quella dello scontro, e ce l'ha fatta.

Da sei mesi durava una tregua che rappresentava per lui un logoramento continuo. Sui poco più di 350 kmq della Striscia di Gaza vivono ammassati più di un milione e duecentomila palestinesi, come se in Lombardia vivessero circa 80 milioni di persone. L'isolamento internazionale ha sola eccezione importante l'Iran, ma neppure i vari Stati arabi se la scaldano molto, in ogni caso molto meno rispetto a quando c'era Arafat. L'Occidente ha chiuso ogni rapporto, perfino quasi tutti quelli umanitari. Molti palestinesi vivevano lavorando al di là del confine in aziende israeliane. La tregua alla lunga era un boomerang per Hamas per una crescente insostenibilità della situazione.

Hamas sapeva benissimo che i suoi razzi fanno il solletico ad Israele anche se ci va di mezzo qualche civile e con scarsi danni in quanto molti di quelli finiscono, a caso, nel territorio circostante il bersaglio.

Sapeva però che non facevano il solletico sul piano psicologico e su quello mediatico con i riflessi, anche politici, conseguenti.

Sapeva quindi che Israele avrebbe dovuto reagire e, in questo caso, avrebbe potuto galvanizzare i palestinesi di Gaza contro l'odiato nemico, facendo passare in secondo piano tutti i problemi quotidiani della gente.

Ce l'ha dunque fatta ma forse ha sbagliato i conti.

2) Israele. Israele - e questo Hamas probabilmente non l'ha previsto - ha fatto tesoro di quel che è successo in Libano quando per la prima volta nella sua storia ha subito una sconfitta. Mimetizzata, minimizzata nelle cronache, ma sconfitta perché la possente macchina bellica della Stella di David ad agosto del 2006 dopo 34 giorni ha dovuto fermarsi di fronte agli Hezbollah filo-iraniani. Alti vertici militari hanno poi ammesso gli errori che però hanno coinvolto anche la direzione politica. Non va dimenticato che per la prima volta nella sua storia il Paese aveva Presidente del Consiglio e Ministro della Difesa che, entrambi, non venivano dall'esercito o comunque da esperienze militari. Israele ha usato la tregua per pianificare il suo intervento. Ha definito con accuratezza gli obiettivi. Si è procurato, oltre quelle sofisticatissime di cui dispone, le armi 'giuste', persino alcune mai sperimentate sul terreno come missili-grissino che riescono a penetrare nel suolo distruggendo sicurissimi bunker e tunnel sotterranei attraverso i quali, via Egitto, arrivavano in particolare armi e munizioni. Vuole andare fino in fondo. Il Governo ha detto che vuole farla finita con Hamas. Non sarà così, per la stessa ragione in base alla quale è stata risparmiata la centrale elettrica, distruzione che sarebbe sommamente controproducente nell'opinione pubblica mondiale perché non colpirebbe Hamas, che qualche gruppi elettrogeno lo avrà pure, ma la generalità della gente. Hamas è lì da una vita. Nessun attentato, nessun tentativo di toglierlo di mezzo. Per alcuni di Israele, i falchi, va bene così specularmene come per Hamas. Per altri un ragionamento opportunistico in quanto si sa quale sia l'ascendente dei martiri, e una sua uccisione lo eleverebbe sull'altare anche per i più moderati. Ma poi resta un altro problema. Dovesse cadere Hamas chi prenderebbe il pallino in mano a Gaza? L'Autorità Palestinese? Con quale legittimazione e, soprattutto, con quale consenso?

3) Ora. Ora è Israele che ha il coltello dalla parte del manico. Ha detto che le distruzioni aeree sono solo l'aperitivo, che il grosso, - tante iniziative - dovrà ancora venire. In questo modo è in una posizione privilegiata. Se si tratta ha grosse chanches in mano per cui per starci ha prezzi alti da chiedere. Se non si tratta le operazioni blitz si moltiplicheranno, anche via terra e in modo difficilmente contrastabile vista la geografia dei luoghi. La Striscia di Gaza è sostanzialmente un rettangolo con le due basi minori, entrambe di pochi km, confinanti a sud con l'Egitto e a nord con Israele. Delle due basi maggiori una è sul mare, da cui pure possono venire improvvisi blitz, e l'altra totalmente confinante con Israele.

La diplomazia ha spazi molto ristretti e poi si sa che in questi casi i tempi delle trattative non sono brevi perché chi ha operazioni militari in corso tende a concluderle. Vedremo.

I rischi. E l'Italia

Quali i rischi? Il rischio principale è quello delle divisioni nel e del mondo arabo che potrebbe ridare fiato, pronubo l'Iran, ai fondamentalisti ovunque sparsi, con tutte le conseguenze del caso, petrolio incluso. Dipende anche dalla durata dell'operazione, tenuto conto che la scelta di tempo israeliana rappresenta un gran vantaggio, sia per le motivazioni che per il momento, interregno in USA fra Bush e Obama compreso.

C'è spazio per l'Italia visto e considerato che da dopodomani siamo noi alla Presidenza del G8 anche perché fortunatamente la nostra doverosa solidarietà ad Israele si è sempre accompagnata ad una intelligente ed aperta politica nei confronti dei Paesi arabi.

Alberto Frizziero

Alberto Frizziero
Editoriali