LA POSTA IN GIOCO DEL FEDERALISMO IN ITALIA

Il ddl attualmente in discussione assicura i servizi che garantiscono il godimento dei diritti sociali e civili. Il rischio però è che restino scoperte molte altre funzioni pubbliche

(Aggiornamenti Sociali n. 3 - marzo 2009)

Il 22 gennaio scorso il Senato ha approvato il disegno di legge in materia di federalismo fiscale: non è questo né «un momento di avvio di un processo, né, tantomeno, di un approdo», spiega Luca Perfetti, docente di diritto amministrativo all'università di Bari, in un articolo sul numero di marzo di Aggiornamenti Sociali.

Siamo di fronte, insomma, a una tappa di un lungo processo, comunque influenzato dalle condizioni economiche generali del sistema, che - se la proposta diverrà legge - modificherà profondamente la finanza pubblica italiana. Il federalismo fiscale, cioè la relazione diretta tra le imposte riscosse in un certo territorio e quelle che possono essere utilizzate dall'autorità politica locale, ha i suoi aspetti positivi nel principio «secondo il quale l'elettore deve poter valutare i suoi rappresentanti dal modo in cui si spendono i suoi soldi»; per gli oppositori, invece, «compromette la possibilità che i diritti sociali e civili possano essere effettivamente goduti in modo uguale» nelle aree ricche e povere della nazione.

Luca Perfetti dedica ampio spazio all'analisi del contenuto del disegno di legge che darà attuazione all'articolo 119 della Costituzione, così come previsto dopo la riforma del 2001. Ai governi locali, in sintesi, si assegneranno «risorse economiche adeguate ad assicurare le prestazioni riferite ai livelli essenziali di godimento dei diritti sociali e civili». La proposta governativa, secondo Perfetti, è «più che corretta nel salvaguardare questo tipo di prestazioni», attraverso il metodo di «fissare costi standard di queste prestazioni e assicurare un pari finanziamento alle Regioni». Questo pone un primo problema della determinazione dello standard e del suo successivo adeguamento nel tempo.

Altra questione è quella delle «altre funzioni pubbliche» che sono attribuite a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni: «quel che manca nel progetto, e che a dire il vero era molto debole anche nelle ipotesi della precedente maggioranza governativa, è la garanzia di un afflusso di risorse in grado di finanziare le funzioni pubbliche diverse da quelle corrispondenti ai livelli essenziali». Resta il timore che si finirà per avere funzioni pubbliche - «quali?», si interroga Perfetti - che non verranno esercitate in molte zone del Paese per mancanza di risorse.

Nel numero di marzo anche:

Bartolomeo Sorge S.I. - Editoriale - Più giustizia per uscire dalla crisi

Aggiornamenti Sociali - Forum sulla laicità: intervista a Massimo Cacciari

Gianni Vaggi - Europa e Africa: una partnership da ripensare

Andrea Giacomantonio - Il bullismo tra i banchi di scuola

Sergio Marelli - Alberta Guerra - FOCSIV: l'impegno per uno sviluppo equo

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