2 22 (Aggiornamento del 22.2) UN COSTUME VALTELLINESE È EMIGRATO A BUENOS AIRES
Paese che vai, usanze che trovi.
Lo sbilenco adagio che accompagna inveterato gli emigranti nel loro andare, trova conferma quotidiana anche a pochi passi da casa.
I nostri con valligiani che fin dai primi tempi del dopoguerra avevano ragioni più che sufficienti per doversi trovar lavoro là dove c'era e consentiva loro di vivere decorosamente, fecero fagotto (nel vero senso della parola) e si trasferirono all'estero.
Sia l'Alberto che io stesso ce ne siamo andati immediatamente oltre confine nel Cantone elvetico dei Grigioni. Nel nostro girovagare abbiamo avuto l'opportunità di incontrare in numeri con valligiani e constatare che la presenza di tanta gente nostra risaliva, non raramente, a diverse generazioni. Ma questa è una storia della quale si è esaurientemente occupato il Sig. Silvano Gallon autore della pubblicazione intitolata "L'emigrazione italiana nel Cantone dei Grigioni" edita dalla nostra Associazione.
Oltr'Alpe si coltivano le tradizioni più di quanto non lo si faccia presso di noi. Là è stato possibile trarre spunto dalla ricca scelta messa a disposizione dal fenomeno migratorio delle genti (così lo chiamano loro, per noi sono ancora conosciute come invasioni barbariche).
Gli svizzeri, gli austriaci con gli altoatesini, i bavaresi (tanto per nominarne qualcuno) hanno tradizioni secolari pressoché intramontabili che garantiscono, a chi indossa un costume popolare, sia l'ammirazione dei concittadini che il loro sostegno morale e materiale.
Ivi i costumi sono quasi d'uso quotidiano, per eesempio per i contadini, i pastori, i casari, i carpentieri ecc. Ad ogni manifestazione che si rispetti c'è un gruppo di persone che si preoccupa di segnare la presenza della tradizione locale sfoggiando gli abiti tradizionali caratteristici dei vari mestieri o, semplicemente, quelli d'uso quotidiano. Nei ristoranti, siain città che nelle zone turistiche, è quasi d'obbligo, per il personale di sala quasi esclusivamente femminile, il costume caratteristico del posto.
Ricchi del proprio e dell'altrui potevano e possono tuttora vantarsi delle proprie tradizioni, mentre i vicini, un tempo loro sottomessi, non erano né sono, salvo le debite eccezioni, in grado di competere. Il timore di fare la figura del poveraccio di famiglia ha fatto perdere ai nostri con valligiani l'amore per le vecchie tradizioni tant'è vero che anche noi, nei nostri anni verdi, guardavamo con ammirazione le sfilate folkloristiche con i costumi della nostra valle portati da graziose ragazze indirizzando però la nostra attenzione più al contenuto che al contenente.
L'esperto Sig. Pietro Pradé già nel lontano 1911 a Roma ebbe a dire:
"I costumi paesani scompaiono. Soggiacciono anch'essi a questa terribile legge di livellamento sociale. Non esiste più una fanciulla vestita da montanara fuorché nei raduni sul palcoscenico dei teatrini. I costumi si cavano dai cassettoni o dai cofani soltanto per le cerimonie".
Non così a Coira dove l'albergo Stern che è a pochi passi dal Palazzo del Governo Cantonale Grigione le cose vanno altrimenti. Il suo proprietario Sig. Emil Pfister aveva, quando ne era ancora il gestore, i suoi buoni motivi per dirigere il suo locale nel modo a lui più opportuno essendo la maggior parte dei suoi clienti costituita da parlamentari, politici locali, forestieri stranieri che gradivano e gradiscono quel certo tipo di ambiente. I rapporti tra Sig. Pfister e i valtellinesi che frequentavano e frequentano tuttora il locale sono stati sempre improntati alla massima cordialità fors'anche per il fatto, non del tutto trascurabile, che il signore in questione è anche proprietario e curatore del locale 'Museo del vino' il che la dice tutta sulla comunione d'intenti.
È evidente che il personale dello 'Stern' veste, al completo, il costume.
Tempo fa venimmo a conoscenza che l'Associazione Lombarda a Buenos Aires , presieduta dalla signora Maria Grazia Suardi Boffi, avrebbe volentieri esposto nel costituendo museo dell'emigrante della grande città argentina un costume della Lombardia. Saputo della simpatica iniziativa non ci è parso vero di approfittare dell'occasione per poter segnalare la presenza della Valtellina, terra d'emigrazione da sempre, così iniziammo le ricerche.
Sulle prime il reperimento di un costume della nostra valle non ci parve una impresa di eccessivo impegno, tenuto conto dell'ambiente al nord delle Alpi con il quale siamo in quotidiano contatto.
Abbiam frugato per ogni dove, ma abbiamo dovuto constatare che anche un solo straccetto non lo mollava nessuno essendoseli già accaparrati o i musei o i collezionisti che li tengono come reliquie, anche perché raramente se ne fa uso e che di capi nuovi quasi non se ne parla.
Abbiamo dovuto prendere atto che in Valtellina non è più costume portare il costume. Eravamo arrivati, nonostante tutti i nostri sforzi, a dover ammettere che avevamo sopravvalutate le nostre forze finché non ci ricordammo… dell'Angelina.
Originaria di Montagna in Valtellina partì giovanissima per la Svizzera dove trovò lavoro nel Cantone dei Grigioni dove visse tranquillamente la sua vita familiare fino a quando venne assunta, come capo servizio, guarda un po', presso l'albergo ristorante 'Stern' di Coira.
L'Angelina (al secolo Angela Vittoria Sceresini), manco a dirlo, volle indossare il costume del suo paese, ovvero di Montagna in Valtellina, cosa che il gerente e oltretutto magnate, trovò coerente dato il personaggio (!).
Come accennato ecome dappertutto non c'è niente di meglio, sia per Autorità che per i funzionari, che scendere al locale preferito, lì a due passi o soli o con ospiti connazionali o stranieri che si avvicendano quotidianamente nel locale, per un caffè e per fare le ben note chiacchere di corridoio, sotto l'occhio vigile della nostra convalligiana.
L'Angelina è tornata a Montagna, a casa sua a trascorrere tranquilla i suoi giorni di pensione (che le auguriamo siano tanti e felici). La pensione ch'ella si è guadagnata con il lavoro e conseguita, come di legge, a 65 anni suonati !!!!!
L'abbiamo interpellata esponendole i nostri propositi e messa al corrente dei nostri insuccessi così che, fortuna sfacciata!, acconsentì a mettere il suo costume 'montagnone', che ha indossato per tanti anni con dignità e competenza, a nostra disposizione.
Finalmente potemmo cantar Vittoria!!!
È quasi un cimelio ma noi l'abbiamo inviato oltremare sicuri che la 'divisa' dell'Angelina avrà nel museo dell'emigrazione di Buenos Aires il posto che veramente si merita.
Pelizzatti Alberto - Pasini Marcello
Redatto a Sondrio nel settembre 2009