9 20 3 ECONOMIA USA: L'INSUFFICIENZA DEL MINI STIMOLO

Quando l'amministrazione del presidente Barack Obama approvò il pacchetto di stimolo nel gennaio del 2009 i repubblicani si opposero per l'aumento al deficit. Paul Krugman, invece, il vincitore del Premio Nobel per l'economia, disse che gli ottocento miliardi del pacchetto erano insufficienti. Krugman aveva ragione considerando lo stato attuale dell'economia e la disoccupazione.

Il presidente Obama in un certo senso ha riconosciuto il suo sbaglio ed ha proposto un altro "mini stimolo" di cinquanta miliardi da investire nelle infrastrutture e duecento miliardi di sgravi fiscali per le aziende onde stimolare la creazione di nuovi posti di lavoro.

Le accuse di giochi politici sono piovute subito dato che le elezioni di midterm avverranno in poco più di due mesi. I sondaggi suggeriscono che il Partito Democratico perderà seggi sia alla Camera che al Senato. La nuova spesa dunque sarebbe indirizzata ad arginare le perdite alle urne.

Qualunque cosa che un presidente faccia è soggetto ad essere politicizzato dall'opposizione. In questo caso l'attacco colpisce il bersaglio ma solo in parte.

La nuova proposta di Obama non avrebbe il tempo necessario per ribaltare l'economia dato che non è stata ancora approvata dalla Camera né tantomeno dal più ostico Senato dove la minoranza repubblicana può facilmente bloccarla mediante il filibuster, l'ostruzionismo ad oltranza.

Gli effetti della proposta avverrebbero dopo l'elezione di midterm quindi Obama sa bene che non influirebbero a mantenere la maggioranza democratica nelle due camere.

C'è però l'altro lato della medaglia che vedrebbe un Obama "calcolatore" poiché i repubblicani potrebbero bloccare la sua proposta e lui in tal caso additerebbe l'opposizione come responsabile per la mancata ripresa economica. Per rendere il compito più difficile ai repubblicani Obama gli ha offerto una carota. Gli sgravi fiscali alle aziende sarebbero molto difficili da rifiutare dato che entrano nella filosofia repubblicana che le tasse vanno sempre diminuite.

L'influenza del governo sull'economia ha ovviamente i suoi limiti. Non esiste una bacchetta magica. Ciononostante si sa che per creare posti di lavoro bisogna investire. Lo stimolo approvato l'anno scorso ha senza dubbio avuto effetti positivi anche se non completamente soddisfacenti.

Secondo uno studio degli economisti Mark Zandi (Moody's Analytics) e Alan Blinder (ex vice chairman della Federal Reserve) lo stimolo ha creato 2,7 milioni di posti di lavoro. Senza lo stimolo la disoccupazione sarebbe aumentata all' 11% invece del 9, 6% attuale.

Ciò sembra logico perché i soldi spesi dal governo sono andati quasi direttamente a creare o salvare posti di lavoro.

Meno efficiente sembra però il concetto di sgravi fiscali alle aziende dato che queste non sono obbligate a creare posti di lavoro. Alcune infatti potranno scegliere di spendere in altri Paesi specialmente quelle che hanno contatti e legami con il mercato internazionale.

Gli sgravi fiscali approvati da George Bush ai benestanti che i repubblicani vorrebbero continuare e che Obama vuole fare scadere avrebbero lo stesso effetto. Questi individui potrebbero benissimo investirli in altri Paesi aiutando l'economia mondiale ma non necessariamente quella americana. Come ha detto Carly Fiorina, candidata californiana repubblicana al Senato, nel ventunesimo secolo i posti di lavoro possono "andare ovunque". La Fiorina ne sa qualcosa. Quando era delegato amministratore di Hewlett-Packard esportò 30.000 posti di lavoro fuori degli Stati Uniti. Quindi se il governo americano vuole diminuire la disoccupazione deve investire dentro il territorio statunitense.

Ecco perché i cinquanta miliardi per il miglioramento dell'infrastruttura centrerebbero il bersaglio della disoccupazione. Inoltre come si sa l'infrastruttura americana ha veramente bisogno di investimenti che solo possono essere fatti dal governo.

Krugman ha però ragione che cinquanta miliardi per l'infrastruttura sono pochi. Lo conferma anche John Quiggin, un economista australiano, comparando la cifra alla situazione del suo Paese. Con una popolazione di 20 milioni, una spesa di cinquanta miliardi equivarrebbe al 5% del Prodotto Interno Lordo (Pil) dell'Australia. La stessa cifra negli Stati Uniti, popolazione 300 milioni, equivale a 0,3 percento del Pil. Troppo poco.

Obama in effetti continua ad essere timido nelle sue azioni. la sua timidezza a non investire di più l'anno scorso potrebbe avere serie conseguenze per il Paese ma anche per il suo partito. I repubblicani sono stati molto efficienti ad ostacolare la sua agenda nonostante il loro status di minoranza. Se riusciranno invece ad ottenere la maggioranza in almeno una delle due camere spingeranno per ritornare alla politica di Bush che Obama ha detto di dovere abbandonare.

Domenico Maceri (x)

(x) dmaceri@gmail.com), PhD della Università della California a Santa Barbara, è docente di lingue a Allan Hancock College, Santa Maria, California, USA. I suoi contributi sono stati pubblicati da molti giornali (International Herald Tribune, Los Angeles Times, Washington Times, San Francisco Chronicle, Montreal Gazette, Japan Times, La Opinión, Korea Times, ecc.) ed alcuni hanno vinto premi dalla National Association of Hispanic Publications.

Domenico Maceri (x)
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