LE PAROLE…PER DIRLO (Se non ora, quando? Roma, 13 2 2011) 11 2 10 26
di Maria De Falco Marotta
Le donne, anche quelle "eccellenti" capitanate da Francesca Comencini per la manifestazione del 13 febbraio a Roma, per respingere "lo stupro nazionale" di cui sono vittime anche bambine (TV e media odierni) e cercare di riportare un po' di ordine morale nel casino generale di cui sta soffrendo il nostro genere, nel "creare" uno slogan valido per tutte, non hanno saputo trovare di meglio che un titolo - seppure emozionante- di uno scrittore maschio: Primo Levi. Invece sarebbe stato molto più "appropriato" il bellissimo titolo di una scrittrice, Marie Cardinal, che nel suo romanzo " Le parole, per dirlo "presenta una situazione drammatica, molto simile a quella di cui nel nostro tempo penano tante, tantissime che difendono la loro dignità lavorando e comportandosi onestamente da mogli, compagne, figlie, bambine.
E- per evitare inutili malintesi - sulla spocchia di certa cultura che pure ritorna utile, per svegliare le "Belle addormentate" dal lusso, dai soldi, dal "Così fan tutte" (già, Mozart), riporto sinteticamente il fil rouge che attraversa 'Le parole per dirlo'. Eccolo:
È la storia tutta al femminile di un'analisi, quella di Marie, che iniziò negli anni Sessanta,quando lei aveva trent'anni. E' attraverso l'analisi che Marie riscopre la vita e ritrova la felicità che aveva soltanto immaginata. E proprio con questa scopre il talento del quale era stata dotata sin dalla nascita: la scrittura. La sua è una famiglia dell'alta borghesia, dalla quale riceve un'educazione autoritaria e repressiva: un padre assente e malato ed una madre carica di ossessioni e pregiudizi. Marie è fortemente condizionata dall'ambiente cattolico che svolge su di lei un'influenza determinante, in particolare per quanto attiene il rapporto col corpo ed il sesso, aspetti che rimangono, sino ad un certo punto della sua vita, non solo innominati ma anche rimossi. Ed è nel corpo che la sofferenza della sua anima si trasferisce. Fino a trent'anni infatti, rimane prigioniera di una "inspiegabile" e devastante malattia che la costringe a vivere isolata dal mondo.. nel bagno di casa sua, ossessionata nel controllare le continue emorragie che la lasciano scossa da tremiti,terrorizzata e incapace di vivere. Marie chiama tragicamente la "Cosa" questo male che la divora facendola sprofondare in un'angoscia senza fondo che la lascia sfinita, senza la possibilità di vedere e sentire altro.
Oggi quante donne sono depresse e spaventate dalla società che le circonda? Quante come Marie vorrebbero essere felici senza pensare ai condizionamenti che si subiscono e che inducono molte a prostituirsi per arrivare a quel successo mediatico che sembra l'unico a dare l'illusione dell'appagamento spirituale di cui si sente estremamente la necessità e che pacificherebbe i rapporti con il genere maschile? E se poi aggiungiamo che anche il cinema pesca nel torbido, in questi giorni sta uscendo nelle sale italiane "Maschi contro Femmine", per dire che ci vogliamo bene…o no?
Maria De Falco Marotta