DIBATTITO: QUELLA DEMOCRAZIA 11 10 20 23
"Quella democrazia nella quale credevi" è il titolo della lettera che il sig. Giacomo Baumgarten, dirigente scolastico di Bormio, ha indirizzato al figlio deceduto nel 1995, pubblicata su "La Provincia" dello scorso 18 ottobre 2011.
Ho letto e riletto quella lettera, perché è troppo bella, vera, umana e piena d'amore.
Un padre, un uomo, un cittadino, un educatore che si rammarica di aver insegnato? e condiviso col proprio figlio un ideale, un "modus vivendi et operandi" democratico per una società civile che, alla luce dei fatti correnti, si rivela fasullo, degradato, manipolato da uomini senza scrupoli e assetati di potere. Ma, a contribuire al degrado della democrazia (e qui sta l'onestà intellettuale del sig. Giacomo) siamo stati un pò tutti noi assieme, coi nostri "silenzi", col nostro "voltare la faccia" per non vedere, col nostro "condividere" per la pigrizia di non opporsi. Così abbiamo contribuito ad avvelenare l'ambiente (la terra) dove viviamo e a consumarne i frutti avvelenati. Così abbiamo permesso che la democrazia non sia più una vera democrazia, ma un simulacro di quella che ci venne insegnata dai padri precursori oltre duemila anni orsono.
Troppo facile, osserva il sig. Giacomo, mettere sul banco degli imputati coloro che comandano, coloro che detengono ed esercitano il potere; dobbiamo invece chiederci cosa siamo disposti a fare noi per riportare la democrazia ad essere veramente partecipativa e degna di presiedere al nostro "modus vivendi".
Continua l'autore della lettera, col sostenere che la democrazia per essere veramente partecipata ha bisogno di creare momenti in cui i contendenti si guardano negli occhi, ovvero si incontrano a discutere in piccole realtà, nel nostro caso a livello di comunità locali e, a seconda della dimensione dei problemi, a livello provinciale. Perché è solo così che si cresce assieme e si costruisce il bene comune.
La riflessione sulla lettera citata mi porta inevitabilmente a valutare il livello di democrazia che viene esercitata in questi ultimi giorni all'interno delle istituzioni della nostra provincia.
Non è un bel esempio di democrazia quello che ha visto la approvazione, da parte della Amministrazione Provinciale, della delibera sulla prefigurazione dell'assetto istituzionale della nostra provincia.
Da quello che si legge dalla stampa (vedi La Provincia del 20 ottobre) la riunione del Consiglio Provinciale ultimo scorso, ha dato un cattivo spettacolo di democrazia. Piuttosto ha offerto all'opinione pubblica un ulteriore episodio di come, nel nome della democrazia, viene prevaricata la volontà popolare da chi si trova a gestire temporaneamente il potere.
Quello che appare è uno spettacolo alquanto triste di liti e lotte intestine tra membri della maggioranza al potere che a tutto pensano tranne che al bene futuro della nostra comunità valligiana.
Nel merito del problema mi chiedo, e si chiedono in molti cittadini attenti all'evolversi della situazione, se il futuro assetto istituzionale del nostro territorio debba essere frutto di blitz o dictat da parte di poche persone (le segreterie di partito), oppure debba essere il frutto di un'ampia discussione portata all'attenzione dei cittadini attraverso assemblee pubbliche, dove chi di dovere illustra le proposte e i progetti (se ne ha) e dove si ascoltano anche le obiezioni e i pareri della gente.
Qualcuno potrà obiettare che questo percorso si presenta lungo e faticoso. Ciò è vero, ma siccome in questa vicenda non siamo prigionieri del tempo, vale la pena misurarsi a fondo con l'opinione pubblica piuttosto che assumersi la responsabilità di imporre scelte discutibili e raffazzonate che comunque, nel bene e nel male, peseranno essenzialmente sulle generazioni future.
Concludo richiamandomi ancora alla lettera del sig. Giacomo Baumgarten che conclude così il suo rammarico: "in questo momento difficile, dobbiamo pretendere che le persone che occupano posti di governo, siano all'altezza di questo valore che è la democrazia."
La questione riguarda noi tutti, i nostri figli, nipoti e pronipoti.
Valerio Dalle Grave