Siria: chi rompe non paga e i cocci sono nostri

Non contano ONU, NATO, Europa. Non contano le conseguenze. USA, GB e Francia hanno deciso: bombe, ovvero 'Licenza di uccidere'

Ci risiamo.
E visto che ci risiamo guardiamo indietro visto che la storia è – dovrebbe  essere - maestra di vita.

Guerra del Golfo
Il 2 agosto del 1990 Saddam invade il Kuwait. Un'ombra non dissipata la posizione dell'ambasciatrice americana, non certo un'aquila, che avrebbe fatto pensare a Saddam che ci fosse una sorta di via libera americana.
La diplomazia si muove ma non basta. Il 17 gennaio parola alle armi. Il peso militare è sostanzialmente sostenuto dagli  usa alla guida di una coalizione di 35 stati, fra cui l'italia, SOTTO L'EGIDA DELL'ONU.
Il 28 febbraio successivo il Kuwait è liberato e la guerra è finita. Con raro esempio di intelligenza politica le forze migliori di Saddam, con tutto il loro armamento sulla strada da Bassora alla capitale, non vengono falcidiate ma lasciate intatte. I soliti Soloni criticano ma senza quelle forze pochi giorni dopo l'Irak non avrebbe potuto resistere all'attacco dell'Iran. Per l'Occidente sarebbe stato un passare dalla padella nella brace.
Polemiche accese in Occidente con l'accusa che si trattava di una guerra del petrolio. Non é vero come a suo tempo abbiamo dimostrato l'obiettivo di Saddam, in sintesi, era quello di sistemare la sua economia con l'unificazione di tutti i parametri economico-finanziari di Kuwait ed Irak, in grave difficoltà per debito estero e PIL in decrescita. Il petrolio è stato invece  alla base della seconda guerra irakena.

Nel 2002 cominciano, sempre più forti, i rumors di guerra
Il nostro Editoriale in data 8 marzo 2003 – dunque 'prima' e non 'dopo' – scrivevamo:
"La guerra non dipende da noi, ma dalla storia del papiro di cui parleremo avanti, ma un rapporto diverso con gli altri dipende invece proprio da ciascuno di noi. Non si prenda quanto diremo come divagazione perché in realtà é una cosa molto seria. Un tempo, quando la goliardia era di casa nelle Università, le matricole dovevano avere oltre al tesserino universitario, quello ufficiale, anche un documento "ufficiale" della goliardia: il papiro. Rigorosissime regole stabilivano cosa doveva contenere e regole non scritte prescrivevano modi e qualità. Ogni matricola, avvicinata dagli "anziani" doveva esibirlo e scontare le conseguenze se c'era qualcosa fuori posto. Si andava da qualche aspetto burlesco, all'offerta di sigarette, all'offerta da bere e fino a veri e propri "processi" nel caso di mancanze gravi. Di rado capitava che tutto fosse a posto. Quando, controllato come al microscopio questo papiro nulla c'era da obiettare, anche in termini di qualità, l'anziano apriva le dita che lo tenevano, lo lasciava andare e quello, per la newtoniana gravità, calva verso terra. Esclamazioni di disappunto e rimprovero degli anziani: "Ma come, questo papiro non vola!", e il malcapitato doveva comunque pagare pegno. Siamo tragicamente in una situazione simile. ::::: Niente da fare. Non sarebbe servito neppure quello. Il papiro non vola. La guerra s'ha da fare. Occorrerebbe un miracolo di San Francesco, il santo della pace per antonomasia, per evitare il conflitto". ORMAI NEGLI STATI UNITI É CHIARISSIMO CHE LE ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA NON SONO STATE ALTRO CHE L'INVENZIONE STRUMENTALE PER POTER PROCEDERE MILITARMENTE. Persino Bush si é attestato sulla linea "che comunque Saddam era da cacciare".

Il perchè del no alla guerra
Fin dal giorno dell'Immacolata dell'anno prima, 2002, ci eravamo infatti peritati di  esporre le ragioni contrarie all'intervento militare. Scrivevamo:
“Perché no alla guerra?
In primo luogo evidentemente per quello che una guerra  comporta: vite umane, distruzioni, spreco di risorse che  potrebbero ben diversamente essere impiegate.
Poi alcune motivazioni specifiche...” Le riassumiamo:
-  la guerra é destinata a rinfocolare l'astio e odio, contro USA e Occidente.
- il terrorismo riceverà da un conflitto linfa vitale - l'economia avrà notevoli  contraccolpi.
- in Irak (e non solo lì) Saddam Hussein, se deposto,  diventerà il martire dell'autonomia araba, un ruolo che  obiettivamente non gli si addice...;
- il dopo-Saddam, posto che ci si arrivi, pone sul piano  interno di quel Paese gravissimi problemi. Non c'é infatti  una classe dirigente di ricambio.
- fine dello "Stato laico"
- non dimentichiamo neanche Bin Laden.
- l'equilibrio nello scacchiere verrebbe profondamente  mutato.
- il rischio infine  di carattere militare.
- infine l'opinione pubblica internazionale
No quindi a questa inutile guerra, detto da amici degli  Stati Uniti. Così come, del resto, la pensa anche qualche  americano come Robert Bowman, ex-tenente  colonnello in Vietnam con  101 missioni di guerra ma ora Vescovo cattolico di  Melbourne Beach, Florida.

Come si vede ben prima che i generali avessero il via libera non era difficile individuare gli errori di valutazione se era in grado un modesto 'pellegrino di periferia' come chi scrive di fare previsioni che poi la realtà avrebbe confermato (tranne quella di Saddam martire all'esterno).
Ma c'era Rumsfeld, Segretario USA alla Difesa.
L'arrogante Rumsfeld che aveva sprezzantemente definito gli ammonimenti che giungevano dal vecchio continente "voci della vecchia Europa”, con una meritata risposta del Presidente della Commissione Europea “No sono le voci della saggia Europa”. Falco superconservatore voleva la guerra, a tutti i costi, persino non dando retta ai generali che dichiaravano, pubblicamente, di non avere forse sufficienti. Tanto, come Brown disse, era stato assicurato a Blair – che su questa vicenda finì la sua brillante carriera politica – che in due giorni sarebbe finito tutto.
Avemmo allora occasione di leggere il rapporto economico alla base della decisione di partire all'attacco. La previsione di costi era intorno agli 80 miliardi di dollari con una attenta dimostrazione di come riportarli a casa usando del petrolio irakeno (come fosse roba loro..!!!).
80 miliardi?
Il Premio Nobel per l'economia Joseph Stiglitz ha stimato il costo complessivo, da allora e nelle sue proiezioni, del secondo conflitto irakeno in 3000 miliardi di dollari, quasi 40 volte i conti della vigilia.

Questa volta, al contrario del precedente conflitto, la spinta veniva dal petrolio (l'Irak ne ha una riserva straordinaria), dai pozzi a suo tempo incendiati, dai 'clienti', fra i quali l'Italia e non gli USA, e anche la Russia che poi ne girava una parte agli americani dato che, si sa, pecunia non olet.

Bingo
Abbiamo fatto bingo. All'incontrario.
La guerra è partita il 20 marzo. Il 15 aprile la conquista poteva essere conclusa. Il 1 maggio Bush trionfante dichiarava che tutto era finito.
Tutto finito?
Credevano.
E' stato invece necessario attendere, più di otto anni, il 15 dicembre del 2011, per il passaggio dei poteri agli irakeni in una situazione che resta fragilissima fra le contese religiose, quelle tribali e le autobomba.
Risultato fallimentare e, per inciso, in più di nove anni ad oggi naturalmente non si è trovata neanche mezza 'arma di distruzione di massa'.

Ora il gas.
Non vogliamo dire che non sia vero niente. Osserviamo solo che la vicenda appare molto sospetta.
In primis Assad. Dittatore sì ma non certo imbecille. E' sotto gli occhi di tutto il mondo. Arrivano gli ispettori ONU e lui decide di usare i gas a due passi dal centro della capitale?
Se gas c'é stato occorrerebbe andare a fondo anche perchè non é affatto esclusa un'azione dei superfalchi siriani.
Questo a parte, e ovviamente stramaledetto l'uso di questi gas, c'è da chiedersi chi conferisce l'incarico di bombaroli a USA, Gran Bretagna e Francia. Licenza di uccidere visto e considerato che i missili si sa quando e da dove partono ma all'arrivo non fanno differenze fra attrezzature e edifici, fra soldati e civili, fra Assadiani e oppositori, fra anziani, donne, bambini.
- ONU? Ma scherziamo? Nel Consiglio di Sicurezza Russia e Cina sarebbero contrari ad un intervento.
- NATO? Ma scherziamo? Già basterebbe che non ci sta la Germania ma per fortuna non è la sola a non starci e per fortuna non ci sta neppure l'Italia e, sempre per fortuna, le basi italiane non sono a disposizione per dare concreta attuazione alla licenza di uccidere.
- E allora ci pensiamo noi, dicono i tre bombaroli fra i quali un Nobel per la pace e uno dei due Stati a governo di sinistra!
E che pensano di fare?
Due o tre giorni di incursioni. Per dare un avvertimento o per svuotare gli arsenali in modo di dare ossigeno alle loro tre industrie di armamenti? Un po' demagogica, certo, questa affermazione ma non è possibile accettare che qualcuno rompa e a qualcun altro tocchino i cocci.

Il precedente libico
Dopo Saddam e le armi di distruzione di massa ricordiamo la Libia e i presunti 10.000 morti di Bengasi. Appena diffusa questa notizia abbiamo dimostrato, dopo verifiche comprese quelle offerte da numerose webcam,  come si trattasse di una colossale fandonia.
Va da sè il parallelo con le 'armi di distruzione di massa' irakene, quelle evocate dagli USA. Serviva a qualche francese con le elezioni alle porte farlo credere, così come alle 'fosse comuni' che in realtà non erano altro che normali tumuli di un normale cimitero islamico. In calce (x)diamo il relativo indirizzo di questa macchinazione ed anche quello del dossier Libia con i 15 articoli in argomento.
Fandonia grossa come una casa ma fandonia che ha però mobilitato un po' tutti, che ha fatto parlare di 'Primavera araba' quando invece – Egitto docet - siamo all'autunno e alla Primavera manca parecchio.
Fandonia da cui ha preso le mosse Sarcozy, e i suoi aerei primi con licenza di uccidere, che, come Blair e Rumsfeld dopo l'Irak, ha finito la sua carriera politica.

La storia dovrebbe insegnare.
Questo trio (binomio anglosassone e quelli della grandeur) sta incoscientemente riuscendo a rompere il salvadanaio e non solo quello.
Qual'é il guaio?
Che i cocci sono i nostri.
L'Irak ci è costato parecchio vista la nostra dipendenza dal petrolio ma vista anche l'attività delle nostre aziende in quello scacchiere.
Egitto e Tunisia per non parlare della Libia: pure costi per noi.
L'opinione pubblica, certamente indignata per la questione gas, non ne vuole però sapere di episodi militarmente muscolari e di nessun risultato pratico. Anzi, col risultato di avere reazioni terroristiche e sperando che l'Iran non dia un seguito alle sue minacce.
Forse meriterebbe un po' di attenzione uno che i problemi li sta vivendo in prima persona, un certo Antoine Audo, Vescovo di Aleppo e Presidente della Caritas. "Se ci fosse un intervento militare si rischierebbe la guerra mondiale". Gli incoscienti non ci pensano.

E l'Italia?
Che può fare l'Italia oltre che rifiutare di associarsi e negare le basi? Raccogliere chi non ci sta.
Incalzare chi non ci sta a partire dalla Germania che è in campagna elettorale. Chiedere agli altri 25 che si pronuncino. Chiedendo anche alla Russia di sedersi al tavolo per trovare una soluzione definitiva evitando comunque di passare dalla padella nella brace.
Ormai siamo tanti, sette miliardi. Non è una ragione sufficiente, in qualsiasi modo e da qualsiasi parte, per ridurne il numero con ordigni di vario tipo. In Siria ma non soltanto in Siria.
Alberto Frizziero

(x) http://www.gazzettadisondrio.it/editoriali/28032011/dossier-libia-raccolta-dei-nostri-articoli-questo-mese-sino-al-26-marzo-11-3-3-0

 

Alberto Frizziero