L'Africa promessa - Costernati e affranti – Cenci alla deriva
L'Africa
Se qualcuno vuole andare questa settimana a Lampedusa senza spendere in aereo tra 232 e 297 € da Milano o Bergamo deve innanzitutto arrivare a Porto Empedocle (8 km da Agrigento) e lì prendere il traghetto che, sempre che le condizioni del mare non annullino la corsa, leva le ancore un minuto prima della mezzanotte per sbarcarvi nell'isola alle 9.30. In questo modo con 'soli' 53 € sul ponte, 58 in poltrona, 94 nella più economica delle cabine ve la cavate.
La', uno splendore anche per la gente che ci vive, che, se amministrativamente è il punto più a sud d'Europa nella sua 'Punta Sottile', in realtà è Africa e non solo perché quel continente si trova a più breve distanza rispetto a quella dall'Italia. La geologia e la botanica infatti lo dimostrano scientificamente anche se non ce ne sarebbe bisogno dato che chiunque arrivando se ne avvede.
Quel lembo di terra d'Africa è diventata una sorta di “Africa promessa”, di “Terra promessa”, di “Italia promessa”, di “Europa promessa” ma il Mediterraneo non è il Mar Rosso. Le acque non si aprono per lasciar passare i migranti d'oggi come invece fecero quasi tre millenni fa. Le acque si richiudono su molti, come fecero allora per chi inseguiva, aggiornando continuamente la tragica e inaccettabile contabilità dell'ecatombe.
I numeri ne danno la dimensione ma occorre quella umana per coglierne appieno la sua intensità. Cosa diremmo se all'improvviso venisse cancellata l'intera popolazione di Albaredo, o quella di Cino, o quasi tutta quella insieme di Bema, Gerola, Spriana?
E cosa possiamo pensare e dire di fronte all'eloquenza delle stime sulla quantità dell'orrore, su quanti mancano all'appello quando i fortunati riescono a porre il piede in terra italica?
Quanti i 'fortunati'? Nel 2013 sino a luglio più della popolazione di Chiavenna. Nel 2012 erano arrivati in numero pari a quello degli abitanti di Chiavenna, Gordona, Menarola, Mese, Piuro, San Giacomo Filippo, Villa di Chiavenna.
Si discute. Si polemizza. Si punta il dito contro l'Europa per la sua assenza. Rapidissima a decidere di far partire gli aerei carichi di bombe in nome di una mai esistita 'Primavera africana' (interessato alibi) provocando così quel disastro che è sotto gli occhi di tutti ma pilatesca di i fronte al problema dei migranti, anche se non solo in quello.
L'enormità dell'ecatombe fa passare in secondissimo piano tutto il resto ma noi vogliamo porre l'accento sulla condizione dei lampedusani, di una popolazione che paga lo scotto e che veramente meriterebbe quel Nobel per la pace (che non arriverà, come non è arrivato quello per Papa Wojtyla, chi sceglie essendo di ceppo, e di sussiego, nord-europeo) che è stato proposto. Ne scrivemmo al rientro da una vacanza che decidemmo di fare là proprio alla notizia che l'arrivo di clandestini aveva determinato disdette. I lampedusani si meritano una grande attenzione da parte della comunità nazionale che sarebbe ora desse loro il dovuto riconoscimento al valor civile oltre a quegli interventi concreti che è giusto siano loro dati dopo decenni di trascuratezza da parte dello Stato italiano, come in due articoli a suo tempo abbiamo documentato.
Pare che l'Europa si stia sommessamente svegliando. Noi, visti i precedenti, dobbiamo purtroppo ricorrere alla saggezza popolare che da secoli tramanda la norma comportamentale: “non dire quattro se non ce l'hai nel sacco”.
GdS
Costernati e affranti
“Siamo costernati e affranti dinnanzi all’ennesima, ingiustificabile carneficina avvenuta nel Mediterraneo, sulle nostre coste – ha detto il senatore valtellinese Jonny Crosio intervenuto a Palazzo Madama –. Un mare chiuso, dunque facilmente controllabile, viene lasciato nelle mani di persone spietate che lucrano sulla vita di innocenti che partono guidati dalla speranza di una vita dignitosa per sé e le proprie famiglie. Proprio ieri abbiamo dovuto ascoltare l’ammonimento del Consiglio d’Europa che, in una fredda nota, punta il dito contro le nostre politiche sull’immigrazione, giudicandole insoddisfacenti. Questo atteggiamento burocratico si scontra con i sentimenti di noi italiani, colpiti nel profondo da queste tragedie: per ora il bilancio è di ottantadue morti, molti dei quali donne e bambini, che saranno sepolti e dimenticati lontani dalla loro terra. L’Europa si vergogni: ha le mani sporche di sangue e non è degna del premio Nobel per la pace. Ora è necessario agire, servono un intervento immediato del nostro governo per fermare le partenze e un altro forte e autorevole dell’Europa che non ha capito, o non vuole capire, la portata di queste tragedie”.
Jonny Crosio
Cenci alla deriva
Migranti arrivano sopra barconi che stanno a galla per un qualche miracolo idrodinamico, questa volta, come altre volte, con un grave e drammatico tributo di vite umane, nella rincorsa di una libertà che comunque non ci sarà.
Cecità del cuore e ottusità della mente, in troppi sanno tutto, hanno capito tutto, riescono a risolvere tutto in una sola parola, indifferenza.
Migranti, profughi, stranieri d’accatto, una parte di umanità che non merita attenzione, nè possibilità di cambiamento, di trasformazione, unicamente la “necessità” di inseguirne le orme imprigionate alle onde, ai venti, alle stive, che allontanano ogni pietà.
Migranti e letteratura ridotta a poco più di un fumetto, vite usate impropriamente da parolai in bella mostra, ma una cattiva accoglienza costringe a indossare abiti sdruciti, scarpe rotte, ferite insanabili che non consentono incontro né fratellanza, addirittura impongono di non dare alcuna scelta, fosse anche l’ultima, agli ultimi del pianeta: la scelta di morire con dignità, anche la morte è diventata non vedente, non udente, non sempre credibile.
Migranti e mare che ingrossa la fossa comune di superficie, ma non parla di quella al fondo, come a voler fare vergognare quella parte di umanità che non intende guardare per non dovere comprendere e condividere cosa sta accadendo, una mattanza continua, persistente, inarrestabile.
Migranti e informazione che non racconta chiaramente l’indicibile, senza cura e rispetto della verità, quella che non sopporta manipolazioni, giustificazioni, che creano disincanto che deresponsabilizza.
Migranti galleggiano senza più occhi, carne alle ossa, cenci alla deriva, “cose” che non avevano valore prima, ora anche meno, e pure la fatica della raccolta è un lusso, una spesa, per cui la compassione è modellata a contenitore di numeri, di quantità, di materiali avariati da smaltire in fretta, perché altre “cose” stanno per sopraggiungere tra le onde uniche compagne commosse.
Uomini, donne e bambini sono avanzo da non più considerare, tenere a mente nelle carte processuali, anche quelle sono finite a mare, i colpevoli cambiano di posto, s’afferrano agli abiti degli altri, persino le parole non sanno più chiamare con il suo significato quanto sta accadendo: una carneficina.
Dove i barconi arrancano, alle dita strette ai legni è sfuggita la speranza, il miracolo ha chiuso i battenti, non può dare di più, è rimasto senza più fiato né forza per salvare chi soffre e annega.
Il presagio corre di generazione in generazione dove la storia si ripete nelle catene di schiavitù, nei mari inebetiti di violenza, nell’indifferenza che travolge le povertà più feroci e dimenticate.
Stranieri, rifugiati, uomini e donne in fuga, la meta è la vita, il prologo è una continua emergenza, usata furbescamente per saltare un passo avanti, non dare conto di quanto accaduto ieri e accadrà domani, quando altri esseri umani saranno concessi come ostaggi a un problema tutto ancora da risolvere.
Migranti costretti alla diaspora dai tiranni, dalle guerre, dalle intolleranze religiose, dalla paura che non è custode di alcun rispetto, anziani e bambini privati della possibilità di vivere.
Finchè ogni uomo non saprà fare tesoro degli affanni degli innocenti che non hanno scelto le assenze, le scomparse, le morti sopraggiunte, a poco servirà voltarsi da un’altra parte per non farci i conti con questa terribile ingiustizia.
Vincenzo Andraous