Roma 18.1 Legge elettorale. Anticipazione - scoop: si torna ai Collegi e vince il più votato. Per noi tre sicuri

Niente preferenze 'classiche', vincerebbe il soldo. Ai cittadini la scelta con metodo concorrenziale fra i candidati. Eletto il più votato

Manovre, 'porcellum', Corte Costituzionale

Grandi manovre per definire la/le proposta/e di legge elettorale ormai calendarizzata alla Camera, ossia messa in agenda per l'inizio della discussione in aula.
Sistema spagnolo, sistema tedesco, Mattarellum e chi più ne ha più ne metta. Il 'porcellum' in realtà, al di là dell'ipocrisia corrente, andava bene a tutte le segreterie, di grandi e piccoli partiti, dato che in questo modo era il segretario e la sua ristretta cerchia a scegliere chi mandare o non mandare a Roma. Andava bene anche ai parlamentari perchè, tranne quelli a fondo lista papabile, non dovevano correre di qua e di là a cercare i voti, non dovevano spendere una lira in campagna elettorale. La vittoria l'avevano avuta nel momento che erano stati messi in lista. A parole tutti contrari a codesto 'porcellum' ma la riprova di quanto dianzi affermato viene dal fatto che a grandi proclami, a esemplari condanne della legge, a esortazioni solenni a cambiare non si era fatto finora un solo passettino avanti. Andava bene così come andava e va bene, nonostante i proclami della riduzione del numero dei parlamentari e della soppressione  del Senato trasformandolo in un 'Senato delle Regioni', continuare ad avere i 630 deputati e i 315 senatori (più quelli a vita che sarebbe giusto continuare ad avere per chi ha onorato il Paese ma senza il voto).
La Corte Costituzionale ha emesso il suo, atteso, verdetto per cui al 'porcellum' sono state tagliate le ali. Se non si legifera si va al proporzionale, ossia nel pantano data l'attuale situazione, e numero, di forze politiche o sedicenti tali. Giorni quindi di fibrillazione con una ripetizione in TV e sulla stampa sempre degli stessi concetti, dichiarazioni, come si diceva un tempo, al ciclostile.

Situazione nostra
Tutti si agitano sui massimi sistemi, di fatto attendendo che i vari big trovino una quadra, quella sostanzialmente che vada bene al PD e a Forza Italia con qualche concessione ai minori altrimenti in rivolta vista la prospettiva di avere un Parlamento decimato e con solo tre, massimo quattro, partiti rappresentati.
Non ci interessa più di tanto. Ci interessa vedere la nostra situazione dato che alle spalle abbiamo decenni in cui una provincia di popolazione inferiore ad un isolato di Milano è riuscita ad avere una forte, e qualificata quale fosse il colore politico, rappresentanza a Roma. Perfino in un caso tre senatori e tre deputati, più del doppio di quello che un calcolo meramente aritmetico ci attribuirebbe. E così noi siamo andati al centro dell'altro tema di cui nessuno parla salvo ripetere sino alla noia il principio, quello che bisogna ridare ai cittadini la facoltà di scegliersi chi mandare a Roma (anche se poi questa é a sua volta ipocrisia bella e buona perchè comunque i candidati qualcuno c'è che li sceglie...).

Come far scegliere?
Ci sono due modi per evitare che gli elettori si trovino di fronte al “prendere o lasciare”:

a)  La preferenza. Scelto il Partito si scrive a fianco il prescelto (qui omettiamo la dissertazione sulle preferenze multiple perchè non spostano di una virgola l'essenza).
b)  I collegi uninominali, già sperimentati: dei candidati ne viene eletto uno, quello che ha preso almeno un voto in più degli altri.

Voci, attendibili, dall'alto, anzi dall'altissimo ci danno la scelta. Probabilmente uno scoop del nostro giornale.
E' vero che la fibrillazione in atto potrebbe mettere in forse anche quello che sembra acquisito con larghissimo consenso, ma è tale questione interesse comune che sarebbe una sorpresa se si cambiassero carte in tavola.

Preferenze e contraddizione in termini
La risposta più semplice sarebbe infatti quella del ritorno alle preferenze in modo che in cabina si possa scegliere fra i candidati. Semplice ma con una fortissima contraddizione in termini perchè non tutti scenderebbero in campo alla pari. Vincerebbe quasi sicuramente chi ha più soldi o, peggio ancora, chi ha più sponsor, leggasi lobby. Prendiamo il candidato Scarpasacchi in lizza nel Collegio X di Milano. Una volta c'erano i partiti e i soggetti fiancheggiatori la Coldiretti per la DC, la CGIL per il PCI eccetera, con una presenza articolata nella società e quindi con movimenti di popolo reali. Non ci sono più o quasi, salvo limitate eccezioni. Oggi la TV è essenziale. A Milano, a parte gli spot sulle grandi reti, è indispensabile girovagare da una emittente ad un'altra, di persona, con filmati, con spot professionali. Costi vertiginosi, e così via per il resto, web compreso. Quindi sperequazione fortissima con chi non ha gli stessi soldi da spendere o danarosi santi, laici, in paradiso, laico. Difficoltà anche per i leader la cui presenza in Parlamento è quantomai opportuna.

Limiti? Ma per piacere!
Non ne vogliono sapere insomma, e obiettivamente le ragioni ci sono. Qualcuno parla di limiti da porre. Ma per piacere! Fantasie. Il proprietario di una rete televisiva è liberissimo di presentare il Tal dei Tali candidato magari a parlare di arte, di cucina o di qualsivoglia cosa. E' libero nei suoi telegiornali, e così per il padrone di un giornale, di dare notizia che il Tal dei Tali oggi ha aiutato la vecchina ad attraversare la strada o ha regalato un quadro al Museo, o che ha trovato il modo di far aumentare il PIL del Paese. Nessuno può vietare a centinaia di supporter di invadere il web con fertili commendatizie in base alle quali spunta gigantesca la figura di questo novello esempio di sana politica. Nessuno può vietare ad un tipografo di stampare 527.354 “santini” in offerta 2x1. Nessuno può vietare ad un ristoratore di far pagare al candidato gustose cene per gli elettori chiedendo non i 40 €uro abituali serali ma i nove €uro del pasto a mezzogiorno degli impiegati. Nessuno può vietare all'imprenditore di autorizzare i suoi dipendenti per 40 50 giorni a dare una mano, gratuita, al candidato amico. Nessuno può vietare a comuni elettori di andare a manifestare contro Tizio, Caio e Sempronio, avversari del Tal dei Tali. Eccetera.
Limiti dunque non praticabili. Distorsioni dunque si. E quindi...

Si torna ai Collegi!
...e quindi no alle preferenze (a Milano costate a suo tempo quasi un miliardo di lire ad un candidato!). Resta una sola alternativa, e pare l'abbiano capita. A tal fine rivediamo il film delle precedenti elezioni 'post Prima Repubblica'. Sua maestà il Collegio. 475 per la Camera. In ognuno simbolo di partito o di lista e candidato. Nell'urna c'è da scegliere: Scarpasacchi, Caio, Tizio, Sempronio. Scrutinate le schede è deputato quello di loro che ha preso anche un solo voto in più. Ebbene allora per Montecitorio ci hanno diviso in due, Collegi di Sondrio, che arrivava sino a Livigno, e di Morbegno, che arrivava sino a Montespluga. Per il Senato valtellinesi e valchiavennaschi erano troppo pochi e così il Collegio aveva visto aggiungere ai 78 nostri 57 comuni comaschi e 31 lecchesi.
Per la cronaca nel 1994 rispettivamente per il Collegio Sondrio e quello Morbegno eletti alla Camera Ciapusci ed Oberti al Senato Paini; nel 1996 Ciapusci e Parolo, Senato Provera; nel 2001 Scherini e Parolo, Senato Provera.
E con i Collegi nostri tre eletti sicuri
In primavera (22/25 maggio) si vota per l'Europa. C'è anche un grosso turno amministrativo (in provincia 58 Comuni al voto per scadenza e due per commissariamento). Se fra Renzi e Letta non la rimediano c'è dunque il rischio che valga il detto 'non c'è due senza tre' con le politiche. In tal caso i due deputati certi per noi. Il senatore dipende dalle candidature visto che sono tre le province interessate, ma qui entrano in gioco gli equlibri politici regionali anche se il peso demografico nostro all'interno del Collegio senatoriale dovrebbe essere una garanzia.

Non andiamo oltre anche se risulta interessante, in caso di chiamata alle urne, il mosaico delle candidature, ma qui dovremmo entrare nella politica.
 

Luca da Roma, F. da Sondrio
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