E parliamone anche noi delle diaconesse
Al Teatrino di Palazzo Grassi (VE) Sandro Veronesi, scrittore e premio Strega 2006 presenta, a giorni, il monologo “Non dirlo. Il Vangelo di Marco”.
“Non dirlo” è il comando di Gesù che segue a ogni suo miracolo; il monito che esprime l’essenza della sua personalità e del suo percorso terreno.
Il Vangelo di Marco, infatti, presenta il Cristo come un uomo d’azione: un protagonista quasi più simile a quelli dei film di Quentin Tarantino e Sergio Leone che alla figura descritta dagli altri evangelisti.
“Non dirlo” bisognerebbe ripeterlo a tutti i giornali, media, ed altro a quanti si sono gettati a “pesce morto” sulla banalissima questione sul diaconato femminile riproposto da Papa Francesco durante l’udienza all’Unione internazionale Superiore generali (Uisg), ricevute in Vaticano, vista anche la carenza del ministero sacerdotale degli uomini cui appartiene (Mah..) il diritto di diventare preti e vescovi.
Il nostro carissimo Papa Francesco si è accorto, come lo fu S. Paolo durante il suo vagabondare da una parte all’altra da Gerusalemme a Roma, che non sempre gli uomini erano disponibili ad assumersi l’alto e prestigioso incarico di annunciare il Vangelo, senza troppi complimenti, si avvalse dell’aiuto di molte donne tra cui la famosa Febe, una donna cristiana del primo secolo della chiesa di Cencrea. Considerata come ministra (diaconessa), di lei si parla nella Lettera ai Romani (Ro 16,1-2). Menzionata e lodata da Paolo, fu la possibile messaggera della sua lettera ai cristiani di Roma.
Chi è il diacono o la diaconessa nel cristianesimo.
La parola è di origine greca: è il femminile di diacono (greco), che significa "servitore". Secondo una tradizione antichissima, il diacono in realtà veniva ordinato «non al sacerdozio, ma al ministero». Esistono alcune testimonianze della storia sulla presenza di diaconesse, sia nella Chiesa occidentale che orientale. Le testimonianze fanno riferimento anche a riti liturgici di ordinazione. Il punto da approfondire è che tipo di figure ministeriali fossero, quali erano i ruoli che svolgevano all’interno della comunità. La posizione del magistero, che considera il diaconato come il primo grado del ministero ordinato, lo riserva soltanto agli uomini esattamente come avviene per gli altri due gradi, il presbiterato e l’episcopato. Con l’annuncio di essere d’accordo a istituire una commissione di studio sul diaconato femminile nella Chiesa primitiva, Francesco vuole verificare se e come attualizzare quella forma di servizio, ritenendo che diaconesse permanenti possano rappresentare «una possibilità per oggi». Agli inizi del cristianesimo è esistita una diaconia femminile (della quale abbiamo letto che ne ha parlato anche san Paolo) ed è documentato che nel III secolo in Siria esistevano delle diaconesse che aiutavano il sacerdote nel battezzare le donne. Un ruolo attestato anche nelle Costituzioni apostoliche del IV secolo, che comunicano di un apposito rito di consacrazione, distinto però da quello dei diaconi maschi. Forme di servizio diaconale femminile sono state peraltro già da tempo istituzionalizzate, ad esempio negli anni scorsi nella diocesi di Padova, per iniziativa dell’allora vescovo Antonio Mattiazzo. Si tratta di donne che, pur senza vestire l’abito religioso, hanno emesso i voti di obbedienza, povertà e castità. E sono state così consacrate come «collaboratrici apostoliche diocesane». Ruolo e compiti di questa nuova forma di servizio erano state a suo tempo così spiegate dalla diocesi veneta: «È una forma di diaconia femminile ispirata al Vangelo. Le collaboratrici apostoliche assumono la diaconia apostolica come progetto di vita accolto, approvato e orientato dal vescovo». Tra i compiti a cui sono chiamate le «diaconesse» c’è l’annuncio della Parola, l’educazione alla fede, le opere di carità al servizio dei poveri, la distribuzione della comunione, l’animazione della liturgia, o la gestione di strutture come scuole e istituti.
Però nel settembre 2001, l’allora Prefetto della dottrina della fede Joseph Ratzinger, insieme ai «colleghi» porporati Medina Estevez (Prefetto del Culto divino) e Castrillón Hoyos (Prefetto Clero) aveva firmato una breve lettera, approvata da Papa Wojtyla, nella quale si affermava che «non è lecito porre in atto iniziative che in qualche modo mirino a preparare candidate all’ordine diaconale». Il testo si riferiva all’ordine diaconale come sacramento e primo grado del sacerdozio. Ciò significa che l’alta gerarchia è piuttosto contraria al diaconato femminile, però Papa Francesco ha chiaramente detto che «La Chiesa ha bisogno che le donne entrino nel processo decisionale. Anche che possano guidare un ufficio in Vaticano”
Cosa c’è nelle diverse Chiese cristiane
La diaconessa è una donna cui è affidata la cura dei malati e dei poveri, oltre che taluni uffici liturgici.
Nelle Chiese evangeliche
Diverse Chiese protestanti, soprattutto luterane e riformate, durante il Risveglio del XIX secolo hanno recuperato il ministero delle diaconesse, ricomprendendolo all'interno dei diversi ministeri istituiti all'interno delle Chiese (del resto, alcune chiese come quella anglicana o luterana ordinano donne non solo al diaconato, ma anche al presbiterato e all'episcopato).
Orientandosi al modello di Elizabeth Fry, impegnata nell'assistenza ai carcerati, il pastore Theodor Fliedner fondò nel 1833 a Kaiserswerth la prima "Casa madre delle Diaconesse", donne nubili che si consacravano stabilmente all'assistenza (non retribuita) ai poveri. Da allora, l'opera delle diaconesse si diffuse in molte Chiese evangeliche in Europa, America e Medio Oriente.
La Chiesa valdese
Anche la Chiesa Evangelica Valdese, la più antica esperienza protestante italiana, ha conosciuto l'istituzione di un'Opera delle Diaconesse. L'istituto nacque nell'ambito delle organizzazioni femminili evangeliche, nel 1901, quando venne creata, presso l'Ospedale Evangelico di Torino, una scuola di formazione diaconale femminile, la "Casa italiana delle Diaconesse", sul modello dell'istituto svizzero di Saint-Loup, da cui provenivano le prime diaconesse impegnate nelle opere di assistenza della Chiesa Valdese.
“ L'idea di un ministero femminile e la creazione degli istituti di diaconesse fu legato allo sviluppo dell'assistenza sociale ai poveri, per cure o istruzione, che sorse nel mondo germanico e svizzero all'inizio del XIX secolo, e rispose al desiderio di impegno totale manifestato da alcune donne protestanti, anche in risposta alle critiche provenienti da parte cattolica. La casa italiana fu fondata nonostante le riserve sul senso di un ministero femminile la cui forma era sostanzialmente distante dalla visione protestante classica della vita cristiana, in cui la devozione per amore non implica una forma di vita specifica. [...] Dopo gli anni della seconda guerra mondiale, periodo in cui le diaconesse si esposero in prima persona nella cura di partigiani ed ebrei rifugiati negli Ospedali valdesi, l'opera sembrò avere una netta ripresa, contando nel 1950 circa trenta diaconesse e novizie, ma negli anni successivi iniziò un rapido declino. [...] Le migliori condizioni economiche e il nuovo ruolo sociale delle donne indirizzavano la realizzazione professionale femminile verso altri campi, si aprivano possibilità di impegno all'interno della Chiesa quali l'accesso al pastorato, mentre il mantenimento delle regole (i cinque punti fondamentali che contraddistinguevano il ministero delle Diaconesse erano: consacrazione, servizio gratuito, vita comunitaria, uso del tipico costume valdese e nubilato) non poteva che scoraggiare nuove vocazioni. »
(Dizionario biografico dei protestanti in Italia)
Le diaconesse valdesi erano impegnate nella direzione delle varie opere evangeliche in Italia, nella cura a domicilio e nella visita ai poveri e alle famiglie in difficoltà, negli ospedali evangelici di Torre Pellice, Pomaretto, Torino, Milano, Genova, Napoli e Palermo, nelle case di riposo di Luserna San Giovanni, San Germano Chisone e Vittoria, e in altre opere assistenziali.
Nel 1992, con il ritiro dall'attività dell'ultima diaconessa (suor Ermellina Pons), si concluse l'esperienza dell'istituto delle Diaconesse Valdesi sul modello degli istituti religiosi femminili cattolici.
L'ultima diaconessa italiana della Chiesa valdese muore nel 2015
Oggi, invece, la Chiesa valdese riconosce il ministero diaconale femminile (come, d'altra parte, le donne possono essere elette al pastorato, al ruolo di anziano o a quello di moderatore della Tavola Valdese) Le diacone valdesi vengono ammesse a questo ministero dal Sinodo e vengono consacrate durante un culto pubblico, normalmente celebrato durante il Sinodo stesso. Le diacone si occupano soprattutto della visita agli ammalati e delle attività connesse alle opere assistenziali della Chiesa.
Nelle Chiese ortodosse orientali
Nei libri liturgici delle Chiese ortodosse è tuttora inserito un antico rito di ordinazione delle diaconesse, che però generalmente è conservato nei testi come testimonianza di una prassi in disuso.Conformemente a quanto prescritto dal Concilio di Nicea, durante l'ordinazione di una diaconessa non si compiva su di essa l'imposizione delle mani, a differenza di quanto avveniva per un diacono. Da questa differenza le Chiese orientali deducono che l'ordinazione del diacono fosse un vero e proprio sacramento (attuato per mezzo della imposizione delle mani), mentre l'ordinazione della diaconessa non fosse un sacramento. L'ordinazione della diaconessa si svolgeva all'interno del santuario, come per gli ordini maggiori: la diaconessa stava inginocchiata su un ginocchio con la testa appoggiata all'altare e poi riceveva la comunione come i diaconi. Va specificato che nella Chiesa ortodosse potevano essere ammesse al diaconato solo le monache di almeno quarant'anni di età
Oggi alcuni vescovi hanno ricominciato, seppur singolarmente, ad ordinare delle diaconesse, cosa possibile perché questo ordine nell'Ortodossia non è mai stato formalmente abolito. Celebre per questo fu san Nettario di Egina (XIX secolo), che ordinò diaconesse alcune monache del monastero da lui fondato e che lo assistevano diaconalmente nella liturgia pontificale.
Prospettive nella Chiesa cattolica
L'ipotesi di ripristinare il diaconato femminile nella Chiesa cattolica è stata proposta in seguito al ripristino del diaconato permanente anche per uomini sposati, deciso dal Concilio Vaticano II. Dopo il pronunciamento di san Giovanni Paolo II, che, in risposta alle aperture anglicane del tempo, con la lettera Ordinatio sacerdotalis negava la possibilità per le donne di accedere al sacerdozio, era stato il cardinale Carlo Maria Martini, a parlare della possibilità di studiare l’istituzione del diaconato per le donne. Egli disse: «Nella storia della Chiesa ci sono state le diaconesse, possiamo pensare a questa possibilità». Ma, nel settembre 2001, l’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Card. Joseph Ratzinger, insieme ai cardinali Jorge Medina Estévez (prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti) e Darío Castrillón Hoyos (prefetto della Congregazione per il clero) aveva firmato una breve lettera, approvata dal papa Giovanni Paolo II, nella quale si affermava che «non è lecito porre in atto iniziative che in qualche modo mirino a preparare candidate all’ordine diaconale». Si osserva che il testo si riferisce all’ordine diaconale come sacramento e primo grado del sacerdozio.
L'attuale papa Francesco nell'udienza del 12 maggio 2015 concessa in Vaticano all’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG), ha annunciato di voler istituire una commissione di studio sul diaconato femminile nella Chiesa primitiva per verificare se e come attualizzare quella forma di servizio, ritenendo che le diaconesse possano rappresentare «una possibilità per oggi». Si tratta della necessità per la Chiesa cattolica di valorizzare il ruolo della donna, per altro questa valorizzazione, di cui il Papa ha parlato più volte, non va intesa come una forma di «clericalizzazione» delle donne (Cfr. Wikipedia).
Le donne soggetto o oggetto per il clero cattolico?
Mi piace riportare un esperienza personale. Mi stavo specializzando “Esperta di pastorale catechetica” con l’Università salesiana e come tesi teologica scelsi “La donna soggetto o oggetto nella Chiesa?” Inviai una lettera al cardinale Luciani, allora(anni’70) Patriarca di Venezia ed egli mi rispose con garbo raccontandomi che conosceva suore che nelle terre di missione curavano gli ammalati, istruivano adulti e fanciulli, adempivano a tutti i compiti di un prete, tranne confessare e comunicare. Non mi poteva dire con certezza se le cose in avvenire sarebbero mutate, ma di una realtà era certo, cioè che nessun uomo mai avrebbe potuto affermare che era “madre” di Gesù, mentre una donna sì.
Oggi però il mondo si evolve giorno dopo giorno verso un futuro pazzesco e le donne rivestono gli stessi doveri di un uomo in ogni campo del sapere e del lavoro, perciò è prevedibile che come esistono le Pastore negli altri rami del cristianesimo, vi saranno anche le diaconesse cattoliche, pensando anche alla scarsità delle vocazioni sacerdotali.