Salvatore Borsellino, fratello del magistrato martire, a Sondrio: “Voi siete la speranza di Paolo. E la mia”
Salvatore Borsellino, fratello del magistratomartire, a Sondrio: “Voi siete la speranza di Paolo. E la mia”
Compostezza, attenzione e tante lacrime di commozione per i numerosi studenti che hanno affollato la sala del Policampus per una straordinaria lezione di vita di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo ucciso dalla mafia il 19 luglio del 1992. “E’ un onore avere con noi un ospite di riguardo per una lezione di legalità da seguire con giusta gratitudine”, ha detto Angelo Grassi, dirigente scolastico dell’Istituto “Piazzi-Perpenti” che con la professoressa Grazia Potenza ha organizzato l’incontro. “Non parlerò dietro a una cattedra perché non ho nulla da insegnare. Sono qui a ricordare che non basta essere figli degli stessi genitori per riconoscersi fratelli. Giovanni Falcone era sì fratello di Paolo, perché avevano tutto in comune. Hanno condiviso la stessa battaglia, gli stessi sogni, gli stessi ideali, la stessa vita. Erano nati in un quartiere povero di Palermo dove emarginazione e criminalità marciavano di pari passo, dove si sono poi ritrovati insieme a condividere anche la morte a distanza di 57 giorni uno dall’altro”, ha esordito l’ingegnere elettronico votato all’informatica che all’età di 27 anni scelse di abbandonare “una città di sangue e cemento” per trovare lavoro a Milano. “Paolo fece una scelta d’amore restando a Palermo, una scelta che gli è costata la vita. Io andando via ho creduto di fare la scelta giusta, ma mi sbagliavo perché quello da cui sono fuggito ora è giunto anche qui, dove l’allora sindaco Moratti e lo stesso Prefetto avevano negato l’esistenza mafiosa in terra lombarda, sconfessati poi dall’arresto di 300 affiliati alla “Ndrangheta” che avevano giurato fedeltà alle cosche a Paderno, a due passi da Milano, e proprio in un circolo dedicato a Falcone e Borsellino. A cosa mi è servito allora andare via? La mafia si è trasferita al Nord con i suoi ingenti e sporchi capitali che “drogano” l’economia con appalti al ribasso e lo smaltimento di rifiuti tossici chissà dove. Ora la mafia si è trasformata, è quella dei colletti bianchi che pilota l’economia mondiale, mentre a Palermo sono in tanti a dichiarare che la mafia non esiste. Anche la Chiesa ha confermato per lungo tempo, fino all’arrivo del Papa polacco. Anche la Chiesa ha le sue responsabilità. E non illudetevi, perché è giunta anche qui in Valtellina. A 25 anni della morte di mio fratello, dopo 10 anni di silenzio, dopo essermi ritrovato durante un lungo pellegrinaggio a Santiago de Campostela, sono qui a chiedere giustizia e verità, e ne parlo ai giovani sperando siano loro a continuare la mia battaglia, anche con una staffetta per portare simbolicamente l’”Agenda Rossa” da Milano a Palermo”, ha aggiunto Salvatore Borsellino che con grande commozione ha ricordato l’ultima lettera scritta dal fratello a giovani liceali che gli chiedevano se in un mondo così corrotto c’era ancora spazio per la speranza. E lui aveva detto di essere ottimista, pur sapendo che presto sarebbe caduto per mano mafiosa. Alla madre che gli faceva notare le coccole mancate ai propri figli rispondeva che lo faceva perché non soffrissero quando lui non ci sarebbe più stato. “L’indifferenza è la cosa peggiore. Quando quel tragico 19 luglio mi chiamò mia madre, mi disse che per non far morire il sogno di Paolo avrei dovuto portare il suo messaggio dappertutto. E l’ho fatto, dopo lunghi anni d’indifferenza, con il “Movimento dell’Agenda Rossa”, quell’agenda che qualcuno nel momento della strage fece opportunamente sparire perché avrebbe fatto luce su una “strage di Stato” che stigmatizzava la sua trattativa con la mafia, in cambio di voti di scambio. Magistrati abbandonati dallo Stato e lasciati soli a morire. Proprio com’era avvenuto anche per il Generale Dalla Chiesa, dopo avergli fatto ponti d’oro, invece, nella lotta contro il terrorismo. Con le lacrime agli occhi Salvatore Borsellino ha raccontato dell’ultima telefonata con Paolo a cui aveva chiesto di lasciare Palermo perché altrimenti ci avrebbe rimesso la vita, e lui gli aveva risposto che non avrebbe mai dovuto chiedergli di scappare come aveva fatto lui. Si è infine rivolto agli studenti, accorato, tutti con gli occhi lucidi, dicendo: “Voi siete la speranza di Paolo. E la mia. Combattete per i vostri sogni e non lasciate mai che qualcuno possa distruggerli”.