LA GUERRA E L'IGNAVIA
 
 L'ORIGINE DELLA GUERRA
 Quando si pensa alla guerra si pensa a una colpa. Ogni guerra ha 
 avuto la sua origine, e l’origine, si pensa, dovrà pur avere una 
 responsabilità, un fatto che ha destabilizzato un equilibrio ed 
 ha inserito una ciclo di eventi che sono sfociati nel conflitto.
 Gli storici sono molto parchi nel ricercare e nel descriverci le 
 cause ambientali di un conflitto: le condizioni economiche, gli 
 appetiti e gli interessi economici, gli attriti ideologici, 
 religiosi. In ogni guerra, fino alla seconda guerra mondiale, 
 gli storici si soffermano anche sul carattere dei diversi 
 personaggi che potevano, col loro potere, influenzare 
 l’andamento degli eventi (Churcill, Hitler, Stalin, Mussolini...), 
 sulle vicende politiche, sociali, culturali.
 QUELLO CHE NON QUADRA
 Quello che non mi quadra, specie nelle ultime guerre mondiali e 
 nelle guerre del ‘900, è una constatazione molto semplice: come 
 mai si sono combattute così tante guerre se nessuno le ha 
 volute? La religione non le vuole, le ideologie (a parte quella 
 nazista e fascista) sono tutte contrarie alla guerra, l’arte in 
 ogni sua espressione (a parte forse il futurismo e qualche 
 movimento marginale) è sempre stata contro la guerra, specie nel 
 secondo novecento, è contro la guerra, e così i Mass Media, 
 “l’uomo della strada”, “l’opinione pubblica” di quasi tutti i 
 Paesi del mondo. Perché allora “accadono” le guerre?
 Si deve però subito soggiungere che questo fronte, così 
 imponente ad una considerazione superficiale, poi pian piano si 
 sfilaccia quando si comincia a “ragionare”. Se prendiamo ad 
 esempio i fatti dell’11 settembre e quello che ne è seguito, 
 all’inizio nessuno parlava di “guerra” e anche il Presidente USA 
 stessa stava ben attento a non profferirne il nome - tant’è che 
 quando gli è scappata in un lapsus questa parola, si è subito 
 premurato di chiarire che per noi europei e per loro americani, 
 la portata semantica della parola era diversa (Presidente 
 linguista... mica male). 
 Ora nessuno più si preoccupa se su un 
 giornale si trova scritto “guerra dell’Agfanistan” o “guerra 
 contro l’Iraq”. Che gli europei abbiano di punto in bianco 
 cambiato la loro accezione semantica del termine “guerra”? Non 
 credo proprio. Credo invece che si sono abituati all’idea, e non 
 reagiscono più. Religione, arte, cultura, ideologie liberiste e 
 progressiste, tutti insomma, stanno a guardare un uomo solo, 
 votato dalla metà degli elettori USA (tolti coloro che non hanno 
 votato, quanti saranno? 50 milioni?). E questo uomo, e questa 
 esigua minoranza che decide le sorti del pianeta (perché tutti 
 gli altri stanno a guardare) ha già dichiarato, senza mezzi 
 termini, che il secondo sporco affare su cui mettere le mani è 
 l’affare Saddam - che non è Bin Laden, neppure per paragone. E 
 con Saddam ci sono milioni di donne, bambini, contadini, 
 pastori, gente inerme e che già ha vissuto un decennio tremendo 
 a causa delle sanzioni, che ne condivideranno le sorti - con la 
 differenza che Saddam starà al comodo nei suoi bunker e gli 
 altri fuori a ricevere bombe in testa.
NON E' ANCORA GUERRA MA E' COME SE CI FOSSE
 Non c’è ancora la guerra, ma è come se già ci fosse. 
 Si ripeterà 
 in scala maggiore ciò che già è accaduto in Palestina: anche un 
 bambino lo capisce.
 L’Europa, la grande Europa delle Nazioni e dell’Euro, se ne sta 
 a guardare. E che dovrebbe fare? Sembra banale dirlo: dovrebbe 
 iniziare a porsi il problema. I conflitti infatti non hanno mai 
 una causa, ma sono il frutto di un sistema di relazioni - 
 sistema nel quale l’Europa non esiste. Le relazioni possono 
 essere simmetriche, come le concepisce l’America, ma possono 
 essere anche complementari, come le concepisce la cultura 
 umanistica. 
 Lo stabilire relazioni complementari significa, 
 certo, magari rinunciare a un beneficio immediato o a un 
 vantaggio che si potrebbe ottenere per via breviore, ma 
 calcolando un vantaggio futuro che è immensamente superiore alla 
 rinuncia (in fin dei conti, la storia dell’unione monetaria 
 europea è passata per questa idea).
 LA CALMA PRIMA DELLA TEMPESTA
 Paradossalmente ci troviamo in un’Europa incapace di decidere 
 perché Inghilterra, Spagna e Italia vanno da una parte - quella 
 americana - e perciò si ha paura di affrontare un argomento 
 potenzialmente conflittuale e destabilizzante della fragile, 
 ancora, unione europea. E nessuno Stato europeo ha il coraggio o 
 l’autorità, da solo, di muovere un passo in una direzione 
 emancipata rispetto agli USA, perché le sproporzioni e il peso 
 politico sono evidenti. Da qui il piattume, la calma prima della 
 tempesta, quella stessa calma di cui tutti coloro che hanno 
 vissuto, direttamente o indirettamente, dei conflitti, poi si 
 sono pentiti.
 Dunque, ha una sua ragione la politica per starsene zitta, una 
 ragione importante: la credibilità e il potere. Chi si azzarda 
 in un’impresa di pace e fallisce, poi paga, anche solo
Gianmario Lucini
 GdS 8 IV 02
OC-GdS5: Attenzione alle persone anziane. C'è anche qualcuno che attraversa all'improvviso, magari dopo aver guardato verso di noi e visto che l'auto arrivava.
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