LA SOTTILE LINEA ROSSA ognuno combatte la sua guerra, anche Hollywood
 Riceviamo e 
 pubblichiamo: 
 
 Analisi del contenuto ideologico-propagandistico del film The 
 Thin Red Line ( La sottile linea rossa. Ogni uomo combatte la 
 sua guerra, 1999 ), regia di Terence Malick. Il film, ricavato 
 dall’omonimo romanzo di James Jones, è stato dichiarato come 
 prodotto dai signori Michael Geisler, John Roberdeau e Grant 
 Hill ed è stato distribuito dalla 20th Century Fox. Nei 
 cartelloni sono presentati con pari rilievo gli attori seguenti, 
 nell’ordine : Sean Penn, Adrien Brody, Jim Caviezel, Ben Chaplin, 
 George Clooney, John Cusak, Woody Harrelson, Elias Koteas, Nick 
 Nolte, John C. Reilly. Sembrerebbe un ordine alfabetico cui si 
 sarebbe sottratto il solo Penn. La visione del film in Italia 
 mostra che i maggiori protagonisti sono Jim Caviezel e Nick 
 Nolte. George Clooney fa una unica comparsata finale di 6 
 secondi e poco di più fanno gli altri sopra nominati ad 
 eccezione di Sean Penn e Elias Koteas. Non è invece citato nei 
 cartelloni John Travolta, che tiene lo schermo in tre minuti 
 iniziali impersonando un ufficiale americano. 
 Riduco all’estremo la mia solita premessa : nei film di 
 Hollywood io cerco la propaganda intenzionale che vi inserisce 
 l’USIA, United States Information Agency, l’ente federale 
 istituito nel 1953 al fine di creare all’estero una ben precisa 
 e falsa immagine degli Stati Uniti, per agevolare le politiche 
 estere della Nazione. Hollywood infatti è controllata 
 completamente dall’USIA. La cosa assume immediata 
 verosimiglianza se si pensa che gli Stati Uniti non sono e non 
 sono mai stati una democrazia : sono da sempre ciò che può 
 essere chiamato una dittatura dell’imprenditoriato. Confido che 
 il lettore sia al corrente delle mie rivelazioni su Hollywood, 
 ed eventualmente lo rimando al mio libro “ I Divi di Stato “, Il 
 Settimo Sigillo, Roma 1999.
 Lo strano regista
 Mi ha dato molto da pensare la figura del regista Terence Malick. 
 Nato a Waco, Texas, nel 1945, è un laureato in filosofia, 
 materia che ha insegnato al MIT ; ha tradotto negli USA opere di 
 Heidegger ed è autore di saggi sull’arte. Prima di questo film 
 aveva realizzato un lungometraggio ( Lanton Mills ) nell’ambito 
 della sua frequentazione universitaria dell’American Film 
 Institute, e poi diretto solo due film, Badlands ( La rabbia 
 giovane ) nel 1973 con Martin Sheen e Sissy Spacek, da lui 
 stesso prodotto con scarsi mezzi per la Columbia, e Days of 
 Heaven ( I giorni del cielo ) nel 1978 con Richard Gere, 
 prodotto dalla Paramount con basso budget ( allora M. Sheen e 
 Gere costavano poco ). Due film abbastanza buoni ma non dei 
 successi. In sostanza Malick come regista è stato fermo per 
 vent’anni e poi di punto in bianco ha diretto un kolossal come 
 questo, con tante star e tanti mezzi del Pentagono. Come è 
 possibile ? Avanzo una ipotesi. Nell’ultimo decennio l’USIA ha 
 mostrato la tendenza a “ commissionare “ direttamente certi film 
 a Hollywood : ha dei temi propagandistici precisi che le preme 
 proporre e obbliga Hollywood a fornirne il film-contenitore. Si 
 ottengono così dei prodotti filmici che coniugano perfettamente 
 le esigenze di spettacolo con quelle di propaganda, altamente 
 complessi eppure coerenti, con evocazioni subliminali multiple, 
 riferite a più eventi, epoche e personaggi, e con richiami 
 politici, storici e sociali che si incrociano da un capo 
 all’altro della pellicola. Un buon esempio di film del genere è 
 Forrest Gump, specificatamente dedicato ad una riabilitazione 
 subliminale di tutti gli anni Sessanta e Settanta americani e 
 contenente una rievocazione criptica della vicenda di Jean 
 Seberg che ha solo uno scopo propagandistico e che spazia per 
 tutta l’opera senza alterarne minimamente l’equilibrio. Orbene 
 per tali operazioni occorrono registi adatti ; devono essere non 
 solo abili appunto come registi, per garantire successo di 
 pubblico all’opera, ma anche esperti di propaganda con tutto ciò 
 che ne consegue : possedere cognizioni di psicologia, 
 sociologia, antropologia e così via. Devono essere cioè anche 
 degli intellettuali veri e propri, e di un tipo abbastanza 
 preciso, che chiamerei umanistico-pratico. Ecco, mi pare che 
 Malick sia stato ripescato dall’USIA in questa ottica. Non che 
 elementi del genere siano introvabili a Hollywood, e basti 
 citare Zemeckis e Zwick, per non parlare del grande Spielberg. 
 Ma non sono poi così tanti e il lavoro urge. Sempre che sia 
 stato “ ripescato “. Rimane infatti da spiegare “ ... l’assenza, 
 un po’ misteriosa, del regista dai set per vent’anni “, come 
 dice il critico Pino Farinotti ( “ Dizionario di tutti i film. 
 L’unico completo “, Mondadori 1999, pag. 1436 ). Dove, su che 
 cosa e per chi ha lavorato Malick in quegli anni ? Io so solo 
 che l’USIA impiega schiere di funzionari di alto livello 
 intellettuale come addetti allo studio e alla “ correzione “ dei 
 copioni sottoposti da Hollywood. 
 Con Hollywood non abbiamo film, ma versioni di film
 Prima di proseguire è bene - specie per questo film - fare una 
 osservazione. Non tutti i film di Hollywood sono realizzati 
 avendo in mente una sceneggiatura univoca e girando così le sole 
 scene necessarie. Spesso sono girate scene e interi episodi con 
 una sovrabbondanza mirata, in modo che il montaggio possa far 
 sortire due, tre e anche quattro o più versioni del film, 
 diverse o per qualche episodio o per l’inizio o per il finale. 
 Ci sono molti casi documentati del genere e ricorderò solo 
 Apocalypse Now di Francis Ford Coppola, del quale sono stati 
 girati sul momento tre finali diversi ( di questo film è stata 
 presentata all’ultimo Festival di Cannes una versione 50 minuti 
 più lunga di quelle uscite nel 1979 : contiene tre episodi 
 girati allora e mai mostrati ; non so quale finale gli sia stato 
 attaccato ). Ciò capita soprattutto per i film ad alto contenuto 
 propagandistico ed il motivo è di far pervenire ad ogni Paese o 
 area estera la versione più adatta. Ad esempio, sempre con 
 Apocalypse Now, in Europa esso finisce con il cap. Willard ( 
 M.Sheen ) che ordina il bombardamento del folle col. Kurtz ( 
 M.Brando ), ma in America Latina lo lascia indisturbato e nel 
 Sud Est asiatico prende il suo posto. 
 Ora, tornando a noi, siamo informati qui in Italia che non pochi 
 attori - Mickey Rourke, Martin Sheen, Lucas Haas, Bill Pullman, 
 Jason Patric, Viggo Mortensen e altri - hanno girato delle scene 
 per La sottile linea rossa, che però non sono state utilizzate. 
 Ma, così per tutti o solo per l’Italia, o l’Europa ? Non lo 
 sappiamo. Così come non sappiamo se nella versione del film 
 distribuita diciamo in Brasile è ancora presente la scena con 
 Clooney, o con Travolta. Occorre quindi tenere in mente che con 
 ogni probabilità stiamo analizzando non il vero film The Thin 
 Red Line, che con ogni probabilità non esiste neanche, così come 
 non esiste il vero Apocalypse Now e tantissimi altri, ma solo la 
 sua VERSIONE PER L’ITALIA, o se va bene solo la sua VERSIONE PER 
 L’EUROPA. Ciò per le immagini, mentre vale sempre la questione 
 del DOPPIAGGIO : per i film di Hollywood la versione nelle varie 
 lingue locali in genere contiene delle differenze rispetto 
 all’originale, in genere a scopo di propaganda politica o 
 culturale. L’ultimo esempio viene dal “ Pearl Harbor “ della 
 Disney ( un tipico film di propaganda ), uscito recentemente : 
 nella versione distribuita in Giappone sono state tolte alcune 
 scene ed è stata modificata la traduzione di almeno una battuta 
 ( anziché “ dirty jap “, solo “ jap “ ; “ dirty “ vuol dire “ 
 sporco “ mentre lo slang spregiativo “ jap “ normalmente in 
 Italia è doppiato con “ muso giallo “. Il Resto del Carlino 
 26/5/2001 ). Poco male comunque, perché i giapponesi si fanno un 
 punto d’onore di non andare a vedere film americani, anche se 
 quelli in alcuni casi ( non in tutti infatti ) si ostinano a 
 doppiarli e a proporli. 
 In ogni caso, nel film vorrebbe essere trattato un episodio 
 della battaglia di Guadalcanal, della Seconda Guerra Mondiale. 
 Si combatte sull’isola contro i giapponesi e nel novembre del 
 1942 un battaglione dell’Army ( l’Esercito ) dà il cambio ai 
 Marines ( che sono un Corpo a parte ) nel tentativo di prendere 
 un campo di aviazione nemico, operazione per cui occorre 
 guadagnare prima una collina difesa. Il film tratta appunto 
 della tribolata conquista di questa collina. Come dice il 
 sottotitolo sono seguiti i comportamenti di vari soldati sotto 
 il profilo psicologico, i loro pensieri e le loro reazioni alla 
 terribile situazione. E’ un’opera corale, senza un protagonista 
 preciso. Una voce fuori campo rivela i sentimenti del soldato 
 Witt ( Jim Caviezel ), che riflettono il suo stupore per 
 l’insensatezza della guerra e si interrogano sui motivi del 
 sempiterno Male nel mondo. Voce efficace, sullo sfondo di una 
 natura di struggente bellezza. Alla fine Witt muore.
 La propaganda
 Non ci sono dubbi che si tratti di un film con contenuti 
 propagandistici statali americani. La dimostrazione oggettiva - 
 oltre all’analisi del contenuto ideologico che segue - è data 
 dalla presenza nel film di numerosi e importanti mezzi militari 
 originali americani della Seconda Guerra Mondiale : zatteroni da 
 sbarco Higgins, alcune navi da guerra ed una bella nave da 
 sbarco LST ( Landing Ship Tank ) evidentemente rimessa a nuovo 
 nella sua parte frontale apribile per l’occasione. Ciò oltre 
 alla dovizia di armi individuali autentiche, come i fucili 
 Garand M1 americani e Arisaka mod.1905 giapponesi. Mezzi del 
 genere sono disponibili solo nei depositi del Pentagono e questi 
 ne concede l’uso non in base a tariffe, ma solo in base 
 all’autorizzazione dell’USIA. 
 Il primo elemento di propaganda in un film di propaganda è 
 costituito dal soggetto. Qui il soggetto è un’azione bellica 
 americana nel corso della Seconda Guerra Mondiale. L’azione è 
 conclusa vittoriosamente. Hollywood-USIA insiste sull’argomento, 
 come fatto solo un paio di anni fa con Salvate il soldato Ryan. 
 Se ci pensiamo solo la filmografia americana va a rivangare il 
 soggetto anche adesso, a più di mezzo secolo. Perché ? Perché il 
 soggetto si presta a convogliare dei MESSAGGI SUBLIMINALI DI 
 SINTESI ritenuti utili per i nostri anni. Li vedremo alla fine.
 Inoltre questi film di Hollywood che trattano di azioni 
 americane nella Seconda Guerra Mondiale hanno di per sé un 
 effetto-massa distorcente, e comodo per gli Stati Uniti. Su 
 questa guerra, al cinema e quindi in televisione, vediamo come 
 protagonisti solo i soldati americani e pare che in proposito 
 abbiano fatto tutto loro, compreso naturalmente vincere in modo 
 schiacciante. Non è così e le cifre parlano : gli USA ebbero 
 270.000 caduti in battaglia, numero insignificante per l’evento. 
 Il motivo è appunto che in quella guerra gli USA furono ben 
 lontani dal fare tutto loro. Il grande scontro era contro la 
 Germania ed essi vi si sottrassero, perché giudicarono di non 
 essere in grado, e lasciarono l’onere alla Russia. La quale ebbe 
 in effetti alcuni milioni di caduti in battaglia, come del resto 
 i tedeschi. Ma la quale anche vinse la guerra in Europa. Il 
 decantato sbarco in Normandia ( quello del soldato Ryan ) 
 avvenne a cose fatte e servì per rattoppare la situazione, per 
 raccogliere le briciole. Per quanto riguarda il fronte del 
 Pacifico si vedrà appresso di cosa si trattò, più o meno, e 
 anche qui nonostante i peana di Hollywood non ci fu una vittoria 
 completa : fu battuto il Giappone ma non fu presa la Cina, che 
 era il vero obiettivo. Quindi, all’ultimo, gli USA la Seconda 
 Guerra Mondiale neanche la vinsero. Solo Hollywood l’ha 
 stracombattuta e stravinta. 
 Hollywood dirà che un soggetto di azioni belliche è molto adatto 
 per descrivere gli stati d’animo umani in situazioni estreme, 
 proprio come nel film all’oggetto. Sì, e mi dispiace che 
 Hollywood si appropri di qualcosa che non le appartiene. 
 Lasciatemi riportare il brano di una lettera scritta da un 
 ufficiale della XXIV divisione corazzata tedesca a proposito 
 della battaglia di Stalingrado. E’ bene ricordarselo nel mentre 
 che si assiste a un film di Hollywood che vuole proporre le 
 tribolazioni dei suoi soldati americani : 
 “Abbiamo combattuto per quindici giorni per un solo edificio, 
 con mortai, bombe a mano, mitragliatrici e baionette... Il 
 fronte è un corridoio fra due stanze bruciate, oppure un 
 soffitto sottile fra due piani. I rifornimenti arrivano dalle 
 case vicine per le uscite antincendio e i comignoli. Si combatte 
 ininterrottamente, dal mattino alla sera. Da un piano all’altro, 
 con le facce nere di sudore impastato a polvere, ci si batte a 
 bombe a mano in mezzo a esplosioni, nuvole di polvere e di 
 fumo...Chiedete a qualsiasi soldato cosa significhi in una 
 battaglia del genere il combattimento corpo a corpo. E 
 immaginatevi Stalingrado ; ottanta giorni e ottanta notti di 
 corpo a corpo... Stalingrado di giorno è un’enorme nuvola di 
 fumo acre, accecante, è un’immensa fornace illuminata dai 
 riflessi delle fiamme. E quando cala la notte, una di quelle 
 notti brucianti, di urla, di sangue, i cani si gettano nel Volga 
 e nuotano alla disperata sull’altra sponda. La notte di 
 Stalingrado è un incubo per questi animali. Scappano da questo 
 inferno, e nemmeno una tempesta riesce a spegnerlo ; solo gli 
 uomini resistono. “
 Se a Stalingrado avessero combattuto gli americani anziché i 
 russi, o i tedeschi, cosa avrebbe mai fatto Hollywood ?
 In ogni caso l’argomento del nostro film è la guerra insulare 
 nel Pacifico. Il film non ci dà davvero l’idea di come gli 
 americani condussero al tempo la presa delle varie isole. L’idea 
 ce la dà la battaglia di Okinawa, dal nome dell’isola fra le più 
 meridionali dell’arcipelago giapponese. 
 L’isola, lunga 130 chilometri, aveva una popolazione di circa 
 500.000 abitanti ed era difesa da una guarnigione composta da 
 120.000 uomini ; c’erano solo due divisioni organiche, la XXIV e 
 la LXII, ed il resto erano Compagnie di fucilieri e personale 
 non combattente. Scelto il punto di sbarco, ad una latitudine 
 intermedia per tagliare l’isola in due, alla fine del marzo 1945 
 gli americani cominciarono le operazioni. Sul punto si concentrò 
 una flotta di 1.300 navi, comprendente 18 portaerei, 40 
 corazzate e 200 incrociatori, che bombardò la zona dal 24 al 31 
 del mese ; fra gli ordigni di tutti i tipi furono gettati 30.000 
 proiettili da 400 mm. Il 1° aprile un numero incalcolabile di 
 mezzi da sbarco, fra gli anfibi cingolati Christie, gli 
 zatteroni Higgins e le navi LST, riversò sulla spiaggia 4 
 divisioni intere di Marines per un totale di 50.000 uomini, cui 
 nel giro di qualche giorno se ne aggiunsero altre 16, con 
 200.000 effettivi. Non trovarono alcuna resistenza perché i 
 giapponesi nel punto non c’erano mai stati, avendo deciso di 
 affrontarli all’interno. Cominciò comunque, nell’isola, la 
 battaglia. Che dopo tre mesi fu vinta, naturalmente dagli 
 americani vista la spropositata potenza di fuoco, ma sono più 
 illuminanti le conclusioni. Gli americani persero 7.000 uomini. 
 Dei 120.000 soldati giapponesi furono accettati come prigionieri 
 solo 7.400 elementi trovati nelle infermerie gravemente feriti, 
 più i 4.000 dell’ultimo nucleo di resistenza che patteggiò la 
 resa ; gli altri furono tutti uccisi o in combattimento o in 
 numeri maggiori dopo la resa ( nei tre mesi di scontri gli 
 americani non fecero mai prigionieri ). La maggioranza dei 7.400 
 morì in breve tempo, non essendo curati. 
 Nella popolazione civile fu eseguita una carneficina. Durante i 
 combattimenti morirono 200.000 civili sotto i bombardamenti 
 costieri o nelle stragi di villaggi eseguiti sistematicamente 
 dalla fanteria. Nei giorni seguenti la resa, terrorizzati dai 
 soldati americani, decine di migliaia di civili si nascosero 
 nelle numerose grotte dell’isola, dove gli americani li 
 ricacciarono più dentro coi lanciafiamme sigillando poi gli 
 ingressi con cariche esplosive. Un FAMOSO FILMATO, girato al 
 momento dagli americani, riprese civili che si gettavano dalle 
 alture sul mare andando a sfracellarsi sulle rocce. Molti di voi 
 sicuramente lo hanno visto, perché è inserito in tutti i 
 documentari americani sulla guerra del Pacifico trasmessi dalla 
 televisione italiana. Il commento lo presenta come la 
 testimonianza del fanatismo dei giapponesi, che preferivano la 
 morte alla resa. NON PREFERIVANO LA MORTE : erano inseguiti 
 nelle grotte dai lanciafiamme e non avevano alternative. MA 
 QUELLO E’ IL COMMENTO AMERICANO DEL FILMATO. Al confronto di una 
 falsificazione del genere, di un travisamento così totale, così 
 perfido, direi così diabolico, la famosa foto dei Marines che 
 piantano la bandiera americana sul monte Suribachi di Iwo Jima è 
 un piccolo scherzo di carnevale : sapete infatti che è un falso, 
 che si trattò di uomini messi in posa dall’operatore, con una 
 bandiera più grande, da parata. In ogni caso Okinawa compendia 
 la sostanza della guerra del Pacifico americana in ogni dove : 
 sbarchi di Marines appoggiati da una potenza di fuoco 
 mirabolante ; superiorità anche numerica ; niente prigionieri ; 
 stragi di civili. 
 Non è questa la sensazione convogliata dal film di Malick. 
 Malick ci dirà di non aver trattato la battaglia di Okinawa, ma 
 quella di Guadalcanal, che ha comportato scontri di terra quasi 
 trascurabili al confronto, e dove non c’erano civili giapponesi. 
 Ci dirà di avere il diritto, lui o la produzione, di scegliere 
 nell’ambito di una vasta guerra l’episodio in cui inserire i 
 suoi personaggi da approfondire. Sì, ma sceglie Guadalcanal. Il 
 fatto era che scegliere Okinawa, o Iwo Jima, avrebbe reso le 
 mistificazioni d’obbligo troppo sfrontate, le omissioni 
 tassative troppo palesi. 
 Ma anche Guadalcanal richiedeva mistificazioni e omissioni : si 
 è appena detto che Okinawa è il paradigma di tutte le azioni del 
 Pacifico, quindi anche di questa. E sono state fatte. Con il 
 termine di “ battaglia di Guadalcanal “ si intende in realtà una 
 serie di quattro grandi battaglie navali combattute nei pressi 
 di questa isoletta delle Salomone lontanissima dal Giappone, 
 1.000 chilometri a est della Nuova Guinea ; gli scontri di terra 
 furono modesti, ancorché cattivi. Nell’isola c’erano alcune 
 migliaia di indigeni melanesiani e una guarnigione di 2.200 
 soldati giapponesi, la metà dei quali costantemente in 
 infermeria per via del clima tropicale malsano e della presenza 
 endemica di sanguisughe e insetti, comprese zanzare malariche. 
 Il 7 agosto 1942, preceduti dai bombardamenti di “ 
 ammorbidimento “ di una imponente flotta, sbarcarono due 
 divisioni intere di Marines ( 24.000 uomini ), che rapidamente 
 eliminarono tutti i giapponesi, senza fare prigionieri. Presero 
 possesso di una pista di atterraggio che ribattezzarono Campo 
 Henderson ; la pista era nei pressi di una collina, che sarebbe 
 poco dopo stata chiamata Bloody Ridge ( Cippo della Morte, o 
 Maledetto ). Gli scontri di terra successivi, che durarono sino 
 al 7 febbraio 1943, furono per respingere assalti di soldati 
 giapponesi portati sull’isola dalla loro Marina, la quale 
 appunto per tale scopo ingaggiò le quattro grandi battaglie con 
 le flotte americane. Alla fine i Marines ebbero circa 1.000 
 morti, mentre i giapponesi ne ebbero 22.000 ; non furono fatti 
 prigionieri tranne qualche ferito grave che fu lasciato morire 
 per conto suo. La popolazione locale fu più che dimezzata dai 
 bombardamenti e da stragi gratuite. L’inquinamento 
 propagandistico è il seguente.
 1) Il campo d’aviazione e la collina furono presi subito senza 
 problemi dai Marines il 7 agosto, essendo dopo solo difesi, sia 
 pure con combattimenti attorno alla collina. A parte la 
 difficoltà dell’operazione, esagerata per normali motivi di 
 spettacolo, notiamo che i soldati protagonisti sono presentati 
 nel film come appartenenti all’Esercito, all’Army. Una 
 falsificazione incontrovertibile : solo i Marines operavano 
 sbarchi in territorio ostile nella Seconda Guerra Mondiale ; 
 reparti dell’Esercito potevano essere immessi dopo il 
 consolidamento delle posizioni, dopo settimane o mesi. Il 
 regista se ne rende conto perché addirittura posticipa l’azione 
 al novembre, quando poteva essere ammissibile la presenza di 
 soldati dell’Army a rincalzo ( che comunque a Guadalcanal non 
 furono inviati ). La falsificazione è importante perché i 
 Marines erano tutti dei volontari, e cioè dei mercenari, infatti 
 pagatissimi ; soldati di leva furono impiegati in questo Corpo 
 solo negli ultimi due mesi di guerra, in un numero massimo di 20 
 per Compagnia. Presentando dunque i suoi personaggi come Marines, 
 come mercenari, il regista avrebbe trovato difficile esporne 
 stati d’animo delicati come quelli di Witt, o momenti di paura e 
 stress come quelli degli altri. Ciò per quanto riguarda 
 l’aspetto filmico del lavoro, potentemente correlato comunque 
 con quello della propaganda. Il regista, presentandoci questi 
 coscritti nella loro umanità, con squarci della loro vita 
 civile, convoglia la nostra simpatia e comprensione umana : non 
 sono certamente dei mostri, ma uomini anche benintenzionati in 
 una situazione difficile. Si giustifica così anche l’uccisione 
 degli arresi, una cognizione negativa per l’immagine 
 statunitense ( ma vedremo solo per certi aspetti ) che 
 soprattutto negli ultimi anni si sta facendo largo nel mondo. La 
 stessa operazione, che evidentemente preme all’USIA, è stata 
 compiuta da Steven Spielberg in Salvate il soldato Ryan. 
 2) In ogni caso l’uccisione di uomini che si arrendevano è 
 presentata come sporadica, avvenuta nella furia del 
 combattimento e per iniziative dei singoli. Invece i prigionieri 
 venivano fucilati a gruppi di decine, nella maggioranza a 
 combattimenti terminati e in base agli ordini degli ufficiali.
 3) Nel film non si vedono le stragi nei melanesiani. Si mostra 
 il loro timore verso gli americani, ma sembra solo il timore di 
 pacifici selvaggi alla vista di uomini che uccidono altri uomini 
 ; alla vista della guerra. E non era timore ; era terrore. Dal 
 film potremmo immaginare che avessero lo stesso atteggiamento 
 verso i giapponesi. Invece non era così, perché non c’erano 
 motivi.
 4) Il film pone gli americani in inferiorità numerica, il 
 contrario di come fu sia a Guadalcanal che da tutte le altre 
 parti nel Pacifico ( i giapponesi tenevano solo 1 milione di 
 uomini nel Pacifico, i restanti 5 milioni essendo in Cina ; gli 
 americani ne tenevano nel teatro 1.250.000, che concentravano 
 nei punti di attacco ). Tuttavia vincono, e con un aiuto 
 piuttosto relativo dalla Marina sottocosta ; anzi compiono 
 l’assalto decisivo di baionetta. La scena finale in cui il 
 soldato Witt muore è costruita con intenti subliminali. Rimane 
 solo nella foresta e viene circondato da un cerchio di fanti 
 giapponesi che gomito a gomito gli si stringono attorno col 
 fucile puntato, mentre la voce fuori campo fa alcune 
 considerazioni sulla vita e sulla morte, per suo conto ; accenna 
 un gesto di ribellione e viene ucciso. I giapponesi sono gli 
 indiani dei western ( il cerchio ). Sono molti e sono selvaggi. 
 C’è un altro significato aggiunto. Gli indiani, cioè i 
 giapponesi, non fanno considerazioni filosofiche. L’americano è 
 solo e incompreso nel loro territorio. Lui è l’autocoscienza 
 dell’umanità ed è il Progresso che avanza, implacabile ma 
 incolpevole, portandosi dietro tanti dubbi e dovendo interferire 
 per forza nella Natura e nei popoli inferiori. Non ci sono colpe 
 nella presenza americana nelle isole del Pacifico, in luoghi che 
 non sono i suoi. 
 Tornando all’inferiorità numerica notiamo che continua la 
 consueta bugia di USIA-Hollywood sul valore delle forze di terra 
 americane. Queste invece, Marines o Army che siano, sono e sono 
 sempre state debolissime ; la Marina e l’Aviazione americane 
 sono molto forti, ma le forze di terra sono così. Ci sono 
 precisi motivi per questo esito e rimando al mio Sacrifici Umani 
 ( Edizioni Il Cerchio, Rimini 1993 ) per la spiegazione a mio 
 avviso scientifica del fatto. Il governo americano non vuole 
 assolutamente che il mondo si accorga di tale debolezza : nelle 
 guerre evita con varie scuse gli scontri di terra ( a meno che 
 non si trovi di fronte un avversario debolissimo) e fa 
 polverone con l’Aviazione, e per il resto ci pensa l’USIA. 
 Altre inserzioni di propaganda
 Ciò per quanto riguarda la distorsione della specifica battaglia 
 di Guadalcanal. Nello svolgimento della trama ci sono poi delle 
 inserzioni di propaganda di tipo vario.
 1) In una scena dello sbarco iniziale compare la prua di una 
 nave LST e di sfuggita si vede sulla fiancata la scritta “ 
 Victory “, forse parte del nome della nave anche se in caratteri 
 piuttosto piccoli. E’ un flash subliminale. Ci dice che arrivano 
 coloro fatalmente destinati a vincere.
 2) Durante l’assalto a Bloody Ridge un soldato ha una crisi di 
 panico e non riesce ad avanzare ; il suo capitano ( l’umano cap. 
 Staros - Elias Koteas ) dopo qualche rude esortazione lo fa 
 portare dagli “ ufficiali medici “. Impariamo qui con Malick che 
 il plotone di esecuzione nell’esercito americano si chiama “ 
 ufficiali medici “. Un’altra cosa che l’USIA tiene tenacemente a 
 nascondere circa l’esercito americano è la sua prassi di 
 fucilare o sentenziare immediatamente sul posto gli elementi che 
 si rifiutano di avanzare sotto il fuoco nemico. Lo fanno tutti 
 gli eserciti del mondo ma l’USIA non lo vuole ammettere per il 
 suo: è l’esercito di un paese democratico, le cui guerre sono 
 per forza volute dal popolo, e che quindi sono sempre giuste : 
 non occorrono duri sistemi disciplinari per fare combattere i 
 soldati, ansiosi o convinti che sia doveroso di farlo. Possono 
 capitare crisi di panico, che non sono però mai delle crisi di 
 morale, solo attacchi di una malattia : ergo dagli “ ufficiali 
 medici “. 
 In linea con ciò l’episodio di insubordinazione del medesimo 
 cap. Staros, che rifiuta l’ordine impartitogli dal col. Tall ( 
 Nick Nolte ) di proseguire nell’attacco frontale alla collina ( 
 preferirebbe aggirarla ). La prassi dell’esercito statunitense è 
 di destinare alla corte marziale gli ufficiali colpevoli di 
 insubordinazione sotto azione, con un esito che può andare per 
 casi gravissimi come questo dal carcere militare alla più 
 probabile fucilazione ( che poi viene come al solito comunicata 
 ai familiari e alla stampa quando il caso come “ morte per fuoco 
 amico “ : non è una menzogna, in effetti ). Invece nel film il 
 col. Tall semplicemente rimuove Staros dal comando e siccome 
 nella vita civile era un avvocato lo destina... all’ufficio 
 legale dell’Army, in patria. Perché punirlo infatti ? Per dare 
 l’esempio agli altri titubanti ? Ma l’esercito americano è 
 sovrabbondante di elementi volenterosi di combattere ; si fosse 
 saputo che Staros era un sissy boy del genere ( “ mammoletta “ ) 
 lo si sarebbe destinato subito alle scartoffie, o anche 
 esonerato perché no. Completa il concetto il triste addio di 
 Staros ai suoi soldati : lui deve terminare la ferma in uno 
 squallido ufficio mentre loro beati possono rischiare la vita 
 per la Patria. Il pubblico intuisce che quei soldati mai 
 vorrebbero essere nei suoi panni, mentre lui certamente mai 
 potrà perdonarsi. Il perfido Tall gli ha forse comminato la 
 punizione più crudele. 
 2) Riferendosi al campo d’aviazione giapponese da prendere il 
 colonnello Tall si chiede “ Chissà cosa dovranno farci [ i 
 giapponesi ] con quello “. Insinua che servisse per far partire 
 bombardieri contro gli Stati Uniti, giustificando l’avanzata 
 americana nel Pacifico. Subito dopo ammette che il possesso di 
 quel campo permetterebbe l’avanzamento dei bombardieri 
 americani, che hanno un “ raggio d’azione di 1.600 chilometri “. 
 Suggerisce che i bombardamenti americani sul Giappone furono una 
 ritorsione per quello che avrebbero voluto fare i giapponesi, o 
 che comunque avrebbero certamente fatto se avessero potuto. Per 
 apprezzare tali insinuazioni, che sono delle valutazioni 
 surrettizie di fatti storici, occorre conoscere la storia. 
 Quella vera. Non posso dilungarmi ma in sintesi : Gli USA - il 
 cui obiettivo finale è sempre stato sin dall’inizio la 
 dominazione del mondo al fine di sfruttarlo - vollero entrare a 
 tutti i costi nell’ultima guerra, che solo così divenne la 
 Seconda Guerra Mondiale, per due sub-obiettivi fondamentali : la 
 Balance of Power in Europa e il Mercato dell’Oriente. 
 L’Equilibrio di Potenza in Europa è sempre servito per bloccare 
 gli europei reciprocamente permettendo a qualche altro mano 
 libera negli sfruttamenti coloniali, ed era in quel momento 
 minacciato dalla Germania, mentre il Giappone stava rivendicando 
 per sé il Mercato dell’Oriente e nel 1937 aveva addirittura 
 occupato la Cina. Il Giappone non voleva a nessun costo una 
 guerra contro gli Stati Uniti ma le provocazioni continue di 
 Roosevelt lo convinsero che gli stessi prima o poi lo avrebbero 
 aggredito e decise di prevenirli con l’attacco a Pearl Harbor, 
 che fu salutato con veri brindisi alla Casa Bianca. Veri 
 brindisi : era dagli anni Venti che gli USA attendevano il 
 momento della resa dei conti col Giappone per la supremazia nel 
 Mercato dell’Oriente : fu per il Giappone che in quegli anni fu 
 stabilita la strategia della Guerra Totale con bombardieri, e fu 
 messa a punto la tecnica di sbarco con Marines ( nel 1921, dal 
 maggiore Ellis ) con i relativi mezzi anfibi, i cingolati e gli 
 zatteroni. Fu attentamente studiato dagli addetti militari 
 dell’Ambasciata americana di Tokio il terribile terremoto che 
 nel 1921 provocò 100.000 morti nella città : furono dovuti 
 all’incendio che si sviluppò dopo e questo fece decidere per lo 
 sviluppo di bombe incendiarie anziché esplosive, che poi furono 
 effettivamente adoperate ( i più tremendi attacchi aerei sulle 
 città giapponesi non furono quelli nucleari ma quelli incendiari 
 : il bombardamento di Tokio del 10 marzo 1945, dove furono 
 gettate 1.665 tonnellate di bombe incendiarie al Napalm M 47 e M 
 69, provocò 300.000 morti ). Ciò pone in una prospettiva diversa 
 la guerra del Pacifico americana : il Giappone aggredì la Cina e 
 gli USA aggredirono il Giappone solo perché la Cina volevano 
 aggredirla loro. Poi alla fine del conflitto, nonostante 
 avessero battuto il Giappone e sterminato alcuni milioni dei 
 suoi civili, si accorsero che il vero obiettivo, la Cina, era 
 stato mancato. Ma questa è un’altra storia. E’ per tutto ciò che 
 il film “ Pearl Harbor “ della Disney è uno scandalo, un insulto 
 alla verità, una vera presa per il culo di tutto il mondo.
 Il signor Terence Malick non affronta il tema delle motivazioni 
 della guerra nel Pacifico ma l’atmosfera e le suggestioni del 
 film convogliano nel pubblico l’idea convenzionale : giapponesi 
 aggressori, americani solo si difendono e combattono per la “ 
 Libertà “. E’ l’idea convenzionale appunto perché sempre 
 propagandata dall’USIA attraverso tutti i suoi canali, Hollywood 
 in testa. Dobbiamo anche vedere ciò che nel film avrebbe potuto 
 esserci. Ad esempio l’umano cap. Staros avrebbe potuto fare 
 qualche accenno alle poco pulite motivazioni americane. 
 Clamorose poi le generiche, fumose e inconcludenti elucubrazioni 
 filosofiche di Witt sul male e sulla guerra, presentati come 
 ineluttabili, fatali, dovuti a cause imperscrutabili al di fuori 
 della portata e della volontà umana ; forse dovuti a Dio in 
 persona. Bastava dicesse : Questa guerra c’è perché il 
 bastardino Giappone vuole portare via l’osso Cina al feroce 
 molosso America, ed il grande arcano sarebbe stato risolto, 
 almeno per la situazione in essere. 
 Ma niente del genere. Eppure Malick - un filosofo, un traduttore 
 di Heidegger - dovrebbe sapere quanto ho appena esposto. Lo sa 
 ma deve portare il carro dove vuole il padrone. 
 3) Il riferimento appena fatto a Dio non era per caso, né sono 
 stato io il primo a tirare in ballo la teologia. Prima 
 dell’assalto il capitano umano prega Dio e dice : “ Fa che io 
 non Ti tradisca. Fa che io non tradisca i miei uomini “. Tradire 
 i suoi uomini nell’attacco, cioè non offrire loro la sua valida 
 guida, sarebbe tradire Dio. Allora Dio sta con gli americani ! 
 Ci mancherebbe. Dio sta da tutt’altra parte. Con gli americani, 
 se esiste, ci sta il Diavolo. 
 4) Conquistato il campo base dei giapponesi i soldati americani 
 si danno a ripulire le sacche di resistenza gettando bombe a 
 mano in pertugi del terreno. Ciò ci lascia pensare che in quei 
 buchi ci fossero dei soldati giapponesi residui. C’erano 
 certamente a Guadalcanal nidi di giapponesi nel terreno ma la 
 scena mi pare fatta apposta per richiamare la grande topica di 
 Okinawa, dove come detto esplosivi furono gettati 
 sistematicamente negli ingressi delle grotte in cui si erano 
 rifugiati i civili. Mi meraviglio anzi che Malick non abbia 
 fatto comparire dei lanciafiamme ; ma forse ci sono in un’altra 
 versione del film. Ciò servirebbe per suggerire al pubblico che 
 anche per Okinawa si fosse trattato dopotutto di soldati 
 nascosti, o che almeno così gli americani credessero. Il film è 
 esportato anche in Asia, dove il ricordo di Okinawa è più vivo e 
 preciso che in Europa. 
 5) Dopo il 1953 nei film americani di guerra gli effettivi dei 
 reparti sono sempre presentati con una composizione etnica che 
 riflette quella percentuale nella popolazione : ci sono tot 
 bianchi anglosassoni, tot bianchi caucasici e tot neri, e se c’è 
 posto un giallo, un ispanico e così via. Si tratta di una 
 indicazione dell’USIA, che serve per far credere che la società 
 americana sia equamente multirazziale, dove tutti sono sullo 
 stesso piano, si trovano bene e collaborano quindi nelle sue 
 guerre. Questo film deroga : i tanti protagonisti della corale 
 rappresentazione sono tutti bianchi e non mi pare neanche di 
 aver visto soldati neri sullo sfondo. Non è un caso e secondo me 
 ha due motivazioni, entrambe riconducibili a una inquietante 
 affermazione razzista, evidentemente promossa dall’USIA ( non 
 conta se i protagonisti del romanzo da cui è tratto il film sono 
 tutti bianchi ). La prima è che il film ha per oggetto ( 
 dichiarato ) l’analisi psicologica di veri uomini in una 
 situazione di vero combattimento, veri uomini che nel caso di 
 Witt fanno anche tante e apparentemente intelligenti 
 considerazioni filosofiche : da ciò i neri sono esclusi. La 
 seconda motivazione ha attinenza con i messaggi di sintesi, 
 riportati più avanti. 
 Si dirà che critico l’USIA sia quando mostra i reparti 
 statunitensi multietnici e sia quando li mostra composti solo da 
 bianchi. Critico le sue motivazioni, illecite in entrambi i 
 casi. Mi si chiederà allora come andrebbero veritieramente 
 rappresentati i reparti americani. Ecco fatto : nella reale 
 composizione multietnica, ma dove non c’è affatto né armonia né 
 parità razziale e dove nessuno combatte volentieri, né i neri o 
 le altre minoranze per quanto appena detto e né i bianchi per 
 via del loro individualismo caratteriale ( gli americani si 
 battono solo per i soldi e in guerra non c’è niente da 
 guadagnare ). C’è qualche elemento, sempre di una qualche 
 minoranza, che ha un eccesso di zelo determinato dal desiderio 
 di farsi accettare. Negli eserciti americani combattono solo i 
 professionisti, cioè i mercenari, e anch’essi con i limiti 
 tipici del loro status ( per i soldi si può combattere ma non 
 morire ). 
 6) Infine il più squallido elemento di propaganda subliminale 
 inserito nell’intero film : la Compagnia dell’Army cui 
 appartengono i nostri umani eroi non è la Compagnia A come Alpha 
 o B come Bravo o D come Delta ; è la Compagnia C, C come Charlie. 
 Il regista si preoccupa che lo capiamo bene : prima si nomina la 
 Compagnia “ C “ ; poi si ricorda ancora la Compagnia “ C “ ; e 
 infine si dice chiaro : la Compagnia “ C, C come Charlie “. Non 
 vi ricorda nulla la Compagnia “ Charlie “ ? E’ la Compagnia che 
 compì la strage di My Lai in Vietnam nel marzo del 1968, quando 
 quegli umani eroi sbarcarono da elicotteri e sterminarono tutti 
 gli abitanti del villaggio, 500 fra donne, bambini e vecchi ( 
 gli uomini erano alla pesca ). Fu l’unico fra i tanti episodi 
 del genere in Vietnam a giungere di dominio pubblico, avendo 
 anche una grande eco all’estero, perché il coscritto Ronald Lee 
 Ridenhour appena terminata la ferma denunciò il fatto ad un 
 parlamentare contrario alla guerra e questi riuscì a far 
 celebrare un processo ( l’unico fra le decine di casi analoghi : 
 il Senatore Bob Kerrey, 57 anni, solo ora è accusato ora di aver 
 compiuto la sua strage di civili, di 21 donne e bambini, quando 
 era tenente in Vietnam ). Che si concluse comunque in questo 
 modo : tutti assolti tranne il tenente Calley, un uomo che 
 operando una mitragliatrice aveva ucciso 62 o 63 di quei civili. 
 Per questo Calley scontò ben 3 ( tre ) anni in un carcere 
 militare ( di minima sicurezza, cioè di massimo comfort ). Ora 
 fa il gioielliere a Columbus, Georgia. Kerrey al tempo ricevette 
 una medaglia di bronzo, perché disse di aver fatto fuori coi 
 suoi uomini 21 Viet Cong. L’aver denominato in quel modo, nel 
 film, la Compagnia dei protagonisti costituisce una 
 riabilitazione surrettizia degli autori della strage di My Lai : 
 il subconscio fa l’associazione e conclude che anche gli autori 
 della strage erano dopotutto solo dei poveri soldati 
 benintenzionati sotto stress. Bravo Malick, sei un benemerito 
 dell’umanità. 
 I messaggi di sintesi
 I MESSAGGI DI SINTESI sono dei concetti convogliati sotto forma 
 di impressioni generali tramite il tono del film, alcuni 
 dialoghi, alcuni particolari. Mirano ad essere recepiti dal 
 subconscio degli spettatori scavalcando il loro stato vigile e 
 cioè la loro capacità di critica ; appartengono quindi al campo 
 della comunicazione subliminale. Sono premeditati, studiati a 
 tavolino. Ho individuato i seguenti :
 a) C’è una riabilitazione della condotta di guerra americana nel 
 Pacifico. Le efferatezze furono compiute da soldati normalmente 
 brave persone ma sottoposte a stress e non dettate da una 
 filosofia di guerra precisa. Questa riabilitazione, anche 
 compiuta da Salvate il soldato Ryan per il teatro europeo, a mio 
 parere è stata ritenuta opportuna per i contraccolpi di immagine 
 dovuti alla Guerra del Golfo ed altri episodi precedenti il 
 film, ad esempio a Panama e in Somalia : il pubblico 
 internazionale ha notato la ferocia inaudita di queste azioni ( 
 300.000 morti in Iraq ; rastrellamenti e fucilazioni in strada 
 in Somalia ; bombardamento del quartiere popolare di El 
 Chorrillo a Panama City, con 2.000 o 4.000 morti, solo a 
 generico scopo punitivo ) ed ha cominciato a riflettere su tanti 
 episodi poco chiari della Seconda Guerra Mondiale. Il coperchio 
 posto sinora dall’USIA sulla vera prassi di guerra americana 
 nell’ultimo conflitto sta cominciando a perdere e Hollywood 
 sottopone al pubblico una nuova ottica, con piccole ammissioni 
 che vorrebbero nascondere la grande verità : Si, abbiamo ucciso 
 prigionieri, o compiuto comunque efferatezze, ma nella foga 
 della battaglia ; allo stesso modo magari ci sarà capitato di 
 uccidere qualche civile. L’USIA non vuole a nessun costo che il 
 mondo realizzi quella che è la filosofia di guerra americana di 
 sempre : accettare il combattimento solo quando in superiorità 
 schiacciante ; fare niente o pochi prigionieri ; fare stragi di 
 civili. Ciò perché così il mondo temerebbe TROPPO gli americani 
 e comincerebbe a isolarli e a prendere provvedimenti. 
 b) Ma UN PO’ di timore gli USA al mondo lo vogliono infondere. 
 Ricordiamoci in che momento siamo. Il Muro di Berlino è caduto 
 nel 1989. Gli americani pensano che la Russia è alle corde e in 
 attesa che scompaia si preparano al dominio di fatto del mondo 
 intero, per sfruttarlo. Per farsi obbedire dai vari paesi già 
 sin da ora possono minacciare l’intervento armato e la minaccia 
 è più efficace se si instilla nel mondo la cognizione che - 
 MAGARI NON VOLENDO - gli americani quando intervengono fanno 
 sempre carneficine. Il messaggio è : Pensateci bene prima di 
 dire di no all’America. 
 c) Il mondo va ABITUATO dunque alla VIOLENZA AMERICANA, ci si 
 deve rassegnare. I soliloqui di Witt instillano appunto l’idea 
 che il mondo deve convivere con la violenza, con le guerre e 
 guerricciole, perché il Male è immanente. Non è colpa di nessuno 
 in particolare ; che nessuno si fissi nel dare la colpa 
 all’America, anche se è lei ad uccidere. Messaggio molto 
 sofisticato. Infatti c’è Malick. Il convogliamento di un 
 messaggio del genere non si esaurisce certo con un film. Si 
 tratta di creare con la dovuta gradualità e con la solita 
 molteplicità di mezzi in sinergia fra di loro un’atmosfera nella 
 psiche internazionale, così come fatto ad esempio per la Guerra 
 Fredda o il Consumismo, e come si sta facendo con la 
 Globalizzazione. Ci saranno altri film e naturalmente i prodotti 
 di altri mezzi mediali come i romanzi e la musica. 
 d) Chiaro tema fra le righe del film è l’avanzata del Progresso 
 : a penetrare in una natura incontaminata e abitata da genti 
 arretrate, respingendo le sue forze ostili e oscurantiste ( i 
 giapponesi-indiani ), non è in realtà l’esercito americano ma il 
 Progresso. Questo è il motivo per cui non ci sono soldati neri 
 nel film : non è un esercito reale ma il Progresso, che è 
 bianco. E’ un tema propagandistico pro America, visto come è 
 trattato. Questo Progresso né dialoga né cerca di convincere ma 
 semplicemente si impone con la forza : è la prassi statunitense 
 nel Terzo Mondo, con le sue sovversioni politiche, le sue 
 minacce, i suoi bombardamenti. Il film ci dice che tale prassi 
 non è condannabile, perché è ineluttabile, connaturata nel modo 
 di camminare della Storia. Il fatto che il soldato Witt 
 circondato da un nugolo di giapponesi non si arrenda sottolinea 
 l’impossibilità di compromessi e di concessioni. 
 e) Notiamo ulteriormente che gli unici due soldati bianchi non 
 esattamente all’altezza del compito sono il capitano Staros e il 
 fante in crisi di panico : il primo è di origine greca 
 dichiarata e il secondo con tratti latini, forse di origine 
 italiana ( è anche possibile che nelle versioni del film non per 
 l’Italia le sue origini italiane risultino con più chiarezza ). 
 Sarebbe strano che ciò fosse per caso in un film studiato come 
 questo ( di nuovo il romanzo di ispirazione non conta ) e 
 parrebbe allora che si faccia una ulteriore distinzione 
 nell’ambito del Progresso bianco : esso è nella sua essenza 
 anglosassone. Ci troveremmo così anche in presenza di una 
 sintesi di Malick sulla storia dell’Occidente attraverso la 
 composizione del manipolo, che sarebbe una allegoria del suo 
 prodotto finale : prima i Greci, poi i Romani, ed ora gli 
 Anglosassoni, che inglobano i resti dei due precedenti in 
 posizione subordinata. Messaggio molto sofisticato anche questo.
 In conclusione
 In conclusione, La sottile linea rossa è un film di propaganda 
 congegnato con molta intellettualità e realizzato con padronanza 
 delle tecniche subliminali. Non è stato facile decodificarlo. 
 Per quanto riguarda la validità filmica dell’opera non sono un 
 esperto. Come semplice spettatore posso dire che si tratta di un 
 film lungo ( due ore e mezza ) e globalmente noioso. Si possono 
 apprezzare i paesaggi : grandiosa la collina con l’erba alta e 
 fitta mossa dal vento, un’inquadratura ripetuta due o tre volte 
 che mi sembra copiata da Van Gogh ( fra le altre cose Malick è 
 un esperto d’arte ). C’è una grande cura dei dettagli : ogni 
 mezzo e ogni arma, comprese quelle leggere giapponesi, sono 
 originali. A mio avviso è particolarmente buona, dal punto di 
 vista filmico, la scena dell’attacco finale al campo base 
 giapponese. Ma all’ultimo si tratta sempre di un prodotto di 
 propaganda, di un manifesto pubblicitario come un altro, di 
 carta straccia. Da buttare nella mondezza, come tutti 
 indistintamente i film di Hollywood prodotti dopo il 1953. 
 John Kleeves
 GdS 18 X 02 - 
www.gazzettadisondrio.it
