Oggi 14 maggio. 40 anni fa Dossetti...
Moro capro espiatorio innocente e politico morto come potatore della passione di Cristo
Il 14 maggio 1978 a Monteveglio don Giuseppe Dossetti tenne alla sua Comunità monastica una meditazione con le sue riflessioni sulla cattura e la morte di Moro.
Invitò a meditare che la sua cattura avviene a ridosso della Settimana Santa inizio della Passione del Signore per cui la Croce si rivela e si propone come l’unica chiave capace di dare senso agli eventi.
Moro va visto alla luce di una santità cristo mimetica. E’ Moro stesso che prima di morire ricorda di avere capito cosa significa essere associato alla passione di Cristo, prima - dice - non l’avevo mai compreso. Per Dossetti è l’unica chiave di lettura per dare senso al male che gli è stato fatto. E per riscattare gli eventi da una soggezione al male. La prigionia di Moro ricorda Dossetti, coincide con la Settimana di Passione e con tutto il tempo pasquale e termina quarantotto ore dopo che era stata celebrata l’ascensione. Per Dossetti Moro è stato chiamato a comparire davanti al Signore. Ogni vicenda di un uomo come ogni vicenda umana s’iscrive liturgicamente nei misteri di Cristo pertanto Dossetti cerca di scorgere nell’evento tragico di Moro lo stigma della Santità.Vuole fornire a chi lo ha conosciuto una chiave cristiana di interpretazione degli eventi e un motivo di conforto. Come i due fratelli principi russi Boris e Gleb erano santi nel senso di essere portatori della Passione di Cristo così è stato Moro. Non martire , ma portatore della passione di Cristo. Una santità cristomimetica. Come i due principi russi muoiono non da martiri perché non c’è la fede di mezzo così Moro non è martire della sua fede cristiana, ma portatore della passione di Cristo.
Possiamo a distanza di anni riflettere cristianamente su Moro “ uomo buono, mite , saggio, innocente ed amico” ( Paolo VI), un riflesso del Cristo che ha patito ed è risorto nella gloria del padre. Un democristiano cristiano.
Mario Garbellini