Il fascino ammaliante
 Domenica, 15 febbraio 2004, quando è volato l’angelo con le 
 graziose sembianze di Carlotta Mantovan dal campanile di s. 
 Marco, c’era una folla talmente enorme, tra cui stranieri (francesi, cinesi, giapponesi che non mancano mai) che, pur 
 essendo all’aperto, pareva quasi mancasse l’aria (sono state 
 calcolate circa 70000mila persone).
 Si rimane strabiliati nel constatare come la gente ami queste 
 manifestazioni, come abbia tanta voglia di divertirsi, sebbene 
 attorno ruoti un mondo in cui non c’è proprio niente da 
 divertirsi. 
 E’ da centinaia d’anni che il Carnevale di Venezia affascina i 
 suoi visitatori, sempre uguale nei suoi riti e nei suoi miti, 
 sempre diverso nei suoi contenuti. Quelli di quest’anno, si 
 rivolgono ad una parte del mondo, l’Oriente, con la quale 
 Venezia ha intessuto rapporti commerciali, culturali, politici 
 nella sua secolare storia.
 E, senza nulla togliere ai tantissimi carnevali che si svolgono 
 in Italia e altrove, non c’è altra città che, oltre a fungere 
 da scenario naturale e quasi incontaminato per qualunque forma 
 di evento in essa si svolga, sia allo stesso tempo capace di 
 calamitare tanta appassionata partecipazione di viaggiatori e di 
 artisti. 
 Quest’anno, poi, sono giunti a centinaia dall’India, dalla 
 Thailandia, dalla Cina e dal Giappone per dar vita e corpo ai 
 tanti spettacoli programmati nel 17 giorni dell’”Oriental 
 Express” (Direttore artistico Felice Laudadio che a Venezia è già 
 stato direttore della Mostra del Cinema).
Perché ORIENTAL EXPRESS?  
 Naturalmente per ispirarsi al viaggiatore famoso di tutti i 
 tempi: quel Marco Polo che con il suo Il Milione fece sognare ad 
 occhi aperti le generazioni di ieri( ma anche di oggi) su quei 
 favolosi e fantastici luoghi così lontani che oggi divengono una 
 realtà tangibile attraverso la presenza di compagnie teatrali, 
 di balletti, di giocolieri, di musica che coinvolge in 
 particolare India, Thailandia, Cina e Giappone.
 Proprio per la ricchezza di questa umanità diversa, multiforme, 
 amichevole che fa sognare veramente di poter vivere tutti in 
 pace, magari comunicando con i linguaggi che non hanno bisogno 
 di troppe parole com’è l’arte, il periodo dei festeggiamenti si 
 estende a quasi tre settimane, dal 7 al 24 febbraio 2004.
 Una 'full immersion' nella cultura orientale con lezioni 
 tenute da orientalisti, corsi di yoga, chikitsa e arti marziali; 
 dalle mostre fotografiche sull'Oriente (quella di Michael 
 Yamashita alla Fondazione Levi, ma anche un excursus sugli 
 ultimi 30 anni della Cina negli scatti di Alberto Cannetta 
 all'aeroporto Marco Polo) ai concerti, le feste e gli incontri 
 nel Padiglione Italia ai Giardini, anche fulcro della vita 
 notturna del Carnevale.
 Accanto all'Oriente anche spettacoli, sfilate e 
 cortei storici nel solco dell'antica tradizione veneziana, come 
 la Festa delle Marie, il Volo dell’angelo ed altre finezze 
 tipicamente locali.
 Tra gli innumerevoli eventi della manifestazione - promossa dal 
 Comune e organizzato dal Consorzio Promovenezia, con la 
 collaborazione di Regione Veneto, Provincia di Venezia, Ava, Apt 
 e Camera di commercio - figurano ancora ''Kalarippayattu'', 
 spettacolo sull'arte marziale più antica dell’India; il circo 
 musicale gitano dei ''Musafir Gypsies of Rajastan''; ''Danza 
 Orissi'', esibizione di danza classica indiana femminile; i ''Fana 
 Dervisci roteanti''; l'esibizione di Shantala Shivalingappa, una 
 delle più note danzatrici indiane contemporanee; ''La geisha sul 
 filo'', numero funambolico dal Giappone; una mitica danza 
 tailandese tra demoni e scimmie proposta dal Royal Thai Ballet; 
 lo spettacolo etnico multimediale dei Tantra Tribe Unlimited; 
 gli Achanak, campioni della musica bhangra. E ancora ''Jaya'', 
 musica classica indiana della regione del Karnata e il dj set 
 ''Carnevale in Giappone'', mentre Chiyuth Tosa-ngar, musicista 
 di Ranad (lo xilofono tailandese), si esibirà in ''Bangkok 
 Xylophone''.
 Non potevano poi mancare le ''Storie del Mahabbarata'' e il 
 Circo di Taiwan, insieme a suggestioni d'oriente con l'arpa 
 elettrica e la voce di Cecilia Chailly. A completare il quadro, 
 lo spettacolo ''Pulcinella nella terra dei samurai'' e ''Il 
 ritorno di Marco Polo dal Catai'' proposto dalla venezianissima 
 Compagnia di Calza I Antichi.
 Sul sito www.carnevale.venezia.it, tutte le 
 indicazioni per questo carnevale “mostruoso” che ciascuno potrà 
 tagliarsi a suo piacimento.
 Nel segno della Thailandia, è stata presentata la prima delle 
 tre serate gratuite che, in seno a 'Oriental Express', edizione 
 2004 del carnevale di Venezia, ha dato vita al Palafenice 
 dell'isola del Tronchetto, uno spettacolo a dir poco favoloso: 
 costumi scintillanti, musiche straordinarie, danzatori e 
 danzatrici leggeri come nuvole in un cielo stellato… il Royal 
 Thai Ballet che ripeterà lo spettacolo più volte, assieme a il 
 Bangkok Xylophone, con 'Weerachai yak and Weerachai ling dance', 
 descrive la grande lotta dell'armata dei demoni e delle scimmie. 
 L'origine del Royal Thai Ballet e' avvolta nel mistero e troppo 
 lontana nel tempo per averne memoria. Il tutto inizia come parte 
 dell'entourage reale, quando i membri della compagnia 
 risiedevano e lavoravano nelle corti reali e nei palazzi dei 
 principi. 
 Secoli fa, il loro ruolo era quello di esibirsi sia in occasione 
 di cerimonie che per intrattenere la corte. Comunque, si “sente” 
 che è una rappresentazione anche religiosa: infatti la 
 Thailandia è uno dei paesi totalmente buddhista, dove i giovani 
 maschi si ritirano nei monasteri per prepararsi alla vita 
 angosciosa di adulti che corrono sia lì che qui. Ha completato 
 la serata tailandese Chiyuth Tosa-ngar, il famoso musicista di 
 Ranad (xilofono tailandese). Chiyuth ha fondato nel 1993 il 
 gruppo 'Bangkok Xylophone' di cui e' sia solista che leader. La 
 band fonde insieme i suoni di strumenti musicali tailandesi e 
 occidentali dando vita ad una musica tailandese nello stile 
 latino e jazz. A Piazza San Marco si è presentato, poi, il 
 gruppo musicale indiano della Jaipur Kawa Brass Band, la 
 straordinaria fanfara gitana proveniente da Jaipur, citta' del 
 Rajasthan. Sicuramente la migliore del genere in India, ha 
 ereditato questo sound dalle numerose bande militari inglesi 
 approdate in quella terra nei secoli scorsi in seguito alle 
 varie colonizzazioni. Appare nel programma dei migliori festival 
 europei.
 E noi speriamo che, dopo Venezia, questi gruppi riescano a 
 trasmettere la loro così delicata e meravigliosa cultura anche 
 in altre città italiane.
 Il che vorrebbe dire eliminare un po’ di tanto “sporco” dai 
 nostri tristi spettacoli televisivi e, magari, spingere 
 all’emulazione di cose veramente belle.
Una parola appena, per Orissi
 Al Teatro Piccolo Arsenale( Venezia), le Frecce di Miele del 
 Teatro Tascabile di Bergamo, ha presentato un teatro- danza 
 indiano stile Orissi, la danza classica indiana femminile. La 
 danza Orissi, che deve il suo nome all'odierno stato di Orissa 
 dell'India Nord orientale, vanta origini antichissime. Essa era 
 nella tradizione una pratica cultuale riservata esclusivamente 
 ad alcune sacerdotesse, le maharis che la eseguivano, in 
 particolare, nel corso della cerimonia quotidiana del bhara 
 singar in cui l'immagine del dio Jagannath (la divinità di 
 Orissa cui la danza , in origine, era destinata) veniva 
 preparata, sul far della sera per il riposo notturno. Pressoché 
 sconosciuta in Occidente, è stata riscoperta in tempi recenti. 
 Solo alla fine degli anni Cinquanta, infatti, quattro fra i più 
 reputati guru di Orissa, sulla base dei trattati classici e 
 della tradizione iconografica, e con l'aiuto delle più esperte 
 maharis, fissarono per intero il ricchissimo vocabolario della 
 tradizione. Come tutte le danze classiche indiane anche Orissi, 
 pur conservando l'impronta religiosa, è ora diventata un fatto 
 essenzialmente artistico.
 A uno dei quattro guru fondatori, Maya Dhar Raut e alla sua 
 prestigiosa allieva, Aloka Panikar, risale direttamente la 
 pratica di Orissi delle attrici del TTB. 
 Il loro spettacolo è stato presentato a più riprese in Italia, 
 Europa, Sud America e in India. Nel più celebre teatro di New 
 Delhi, le attrici del Tascabile hanno suscitato l'ammirazione 
 del pubblico indiano stesso e il Times of India ha così espresso 
 il proprio giudizio: “Italian born to Indian dance” (1989) “La 
 loro presentazione potrebbe essere un'ispirazione persino per le 
 danzatrici indiane” (1992). Il rispetto e la considerazione che 
 la pratica delle danze orientali gli ha procurato presso le 
 culture d'origine premia il tenace lavoro con cui il TTB ha 
 aperto una nuova categoria nella cultura della scena 
 occidentale.
E adesso: su il sipario sul passato del carnevale veneziano!
 Legato ad antiche tradizioni pagane, dai Saturnalia latini ai 
 culti dionisiaci greci, il Carnevale ha avuto a Venezia, nel 
 corso dei secoli, una delle sue manifestazioni più suggestive e 
 partecipate. Durava infatti per mesi interi (dal giorno di Santo 
 Stefano sino alla mezzanotte del martedì grasso) e coinvolgeva 
 la città con feste e balli sfarzosi, fuochi artificiali, 
 spettacoli di strada, gioco d'azzardo, in un rovesciamento delle 
 consuetudini che faceva mescolare ricchi e poveri, nobili e 
 plebei.
 Il primo documento ufficiale che cita il Carnevale e l’utilizzo 
 delle maschere è di otto secoli fa (fu redatto nel 1094 dal Doge 
 Vitale Faliero) e già contiene norme per porre un freno al 
 ‘decadimento morale’ legato all’uso di maschere e alle azioni 
 illecite che venivano compiute grazie ai travestimenti.
 Nel corso dei secoli il Carnevale rimase sempre in auge, e 
 divenne tradizione che venisse aperto con il ‘Volo della 
 colombina’, che tuttora si svolge ogni anno. In epoca antica, la 
 ‘colombina’ era in realtà uno schiavo che scendeva legato ad una 
 fune dal Campanile di San Marco alla Loggia di Palazzo Ducale, 
 spargendo fiori e rendendo omaggio al Serenissimo Principe. Lo 
 schiavo fu poi sostituito da un acrobata e infine da una colomba 
 di legno che spargeva fiori sulla piazza.
 Fu il Settecento il periodo di massimo splendore del Carnevale; 
 proprio allora si affermò la maschera più tipica del carnevale 
 veneziano, composta da un ‘tabarro’, un grande mantello scuro, 
 da una maschera bianca e dalla ‘baùta’, un cappello a tricorno 
 dalla foggia particolare, senza però dimenticare che i giovani 
 patrizi veneziani erano soliti riunirsi in allegre compagnie 
 chiamate "compagnie della calza" e i vari gruppi si 
 distinguevano tra loro per le calze variopinte e ricamate che i 
 membri indossavano, fantasiosi erano anche i nomi che imposero a 
 queste "compagnie" (Cortesi, Ortolani, Sempiterni), con uno 
 statuto proprio che i membri dovevano accettare. Il loro scopo 
 era la creazione e l'allestimento dei divertimenti e degli 
 spettacoli durante il Carnevale. Tra il 1487 e il 1565 si 
 contano ben 23 compagnie in Venezia. Nei teatri veneziani, ben 
 16, davano vita alla stagione più ricca d’Europa, tanto che il 
 commediografo veneziano Carlo Goldoni venne chiamato in Francia 
 a rappresentare la sua arte.
 Con la caduta della Repubblica Veneta e l’annessione all’impero 
 austro- ungarico, il Carnevale veneziano perse rapidamente in 
 popolarità. Le maschere furono dimenticate per il valzer 
 viennese, e solo qualche decennio fa esso è tornato a vivere 
 come tradizione popolare e come spettacolo.
Perché la maschera?
 Come abbiamo già accennato ,la maschera in una città come 
 Venezia ha origini antichissime e veniva utilizzata per molti 
 mesi durante l'anno: esse erano permesse dal giorno di S. 
 Stefano, data che sanciva l'inizio del Carnevale veneziano, fino 
 alla mezzanotte del Martedì Grasso, che lo concludeva 
 (naturalmente erano vietate nei giorni in cui vi erano festività 
 religiose solenni).
 Oltre a questo periodo dell'anno, i veneziani indossavano la 
 maschera durante la quindicina dell'Ascensione ed arrivavano ad 
 utilizzarla, con ulteriori deroghe, fino alla metà del mese di 
 giugno. Ulteriormente veniva poi concesso di utilizzare l'uso di 
 maschere dal 5 ottobre fino all'inizio della novena di Natale 
 (16 dicembre).
 Durante le manifestazioni più eleganti, come banchetti ufficiali 
 o feste straordinarie della Repubblica Serenissima, era 
 consentito l'uso di "tabarro e bauta". Quindi essa veniva 
 utilizzata, ad esempio, per "proteggere" giocatori d'azzardo 
 dagli sguardi indiscreti (soprattutto da quello dei loro 
 creditori) oppure era adoperata dai nobiluomini barnaboti per 
 chiedere l'elemosina agli angoli delle strade.
 I barnaboti erano i patrizi poveri: il nome deriva dalla zona di 
 S. Barnaba, abitata dai poveri della città.
 Il più antico documento riguardante l'utilizzo delle maschere a 
 Venezia è datato 2 maggio 1268: in esso è proibito agli uomini 
 in maschera di praticare il gioco delle "ova". Dai primi del 
 '300 cominciarono ad essere promulgate nuove leggi che mettevano 
 dei "paletti" all'inarrestabile decadimento morale dei veneziani 
 del tempo.
 Le leggi sul Carnevale iniziano con un decreto del 22 febbraio 
 1339 che proibisce alle maschere di girare di notte per la 
 città. Un decreto che può far capire quanto libertini erano i 
 veneziani del tempo è quello del 24 gennaio 1458: questo vieta 
 agli uomini di introdursi, mascherati da donne, nei monasteri 
 per compiervi multas inhonestates. Sempre nello stesso 
 "settore", è interessante il decreto del 3 febbraio 1603, atto a 
 ripristinare la moralità nei conventi: vengono proibite quindi 
 le maschere nei parlatori delle monache, in quanto era usanza 
 andare lì mascherati. Più volte sono stati promulgati decreti 
 per impedire alle maschere di portare con sé armi o strumenti 
 atti a ferire, come pure di entrare nelle chiese. Lo stesso 
 obbligo è esteso ai cittadini che si introducono nelle sacrestie 
 con abiti indecenti.
 Il 13 agosto del 1608, viene emanato un Decreto del Consiglio 
 dei Dieci, dal quale risulta che ormai la maschera è usata per 
 molti periodi dell'anno, tanto da creare seri problemi alla 
 Repubblica.
 Per evitare le pessime conseguenze di questo malcostume, viene 
 fatto obbligo a qualsiasi cittadino, nobile o forestiero, di non 
 usare la maschera se non nei giorni del Carnevale e nei 
 banchetti ufficiali. Le pene inflitte, in caso di trasgressione 
 del decreto, sono pesanti: per gli uomini la pena era di 2 anni 
 in carcere, di servire per 18 mesi la Repubblica vogando legato 
 ai piedi in una Galera, nonché di pagare 500 lire alla cassa del 
 Consiglio dei Dieci. Per quanto riguarda le donne meretrici che 
 venivano trovate in maschera, queste erano frustate da S. Marco 
 a Rialto, poste in berlina tra le due colonne in Piazza S. Marco 
 e venivano bandite per quattro anni dal territorio della 
 Repubblica Veneta: oltre a ciò dovevano pagare 500 lire alla 
 cassa del Consiglio dei Dieci . 
 Dopo cinquant'anni dal decreto del 1608, il 15 gennaio viene 
 pubblicato un proclama del Consiglio dei Dieci, dove si ribadiva 
 il divieto alle maschere di portare armi e veniva altresì 
 proibito di andare mascherati all'interno di luoghi sacri e 
 veniva espressamente proibito di mascherarsi con abiti 
 religiosi. In quello stesso decreto veniva proibito l'uso dei 
 tamburi prima di mezzogiorno e i balletti di qualsiasi tipo, al 
 di fuori del periodo di Carnevale.
 Con due differenti decreti (negli anni 1699 e 1718) viene negato 
 l'utilizzo della maschera durante la Quaresima e durante le 
 festività religiose che capitavano durante i giorni del 
 Carnevale.
 Nel 1776, una nuova legge, atta a proteggere l'ormai dimenticato 
 "onore di famiglia", impediva alle donne di recarsi a teatro 
 senza maschera, con la bautae il tabarro .
 Dopo la caduta della Repubblica, il Governo austriaco non 
 concedette più l'uso delle maschere, se non per feste private o 
 per quelle elitarie. Il governo italico si mostrò più aperto ma 
 questa volta sono i veneziani ad essere diffidenti: ormai 
 Venezia non era più la città del Carnevale ma solo una piccola 
 provincia dell'Impero, quindi senza più libertà. Durante il 
 secondo governo austriaco fu permesso di nuovo di utilizzare le 
 maschere durante il Carnevale.
I Luoghi del Carnevale
 Il Carnevale a Venezia era un momento magico, che coinvolgeva 
 l’intera città, era la "trasgressione" di tutte le regole 
 sociali e dello Stato, era il soddisfare il bisogno tipico 
 dell'uomo di abbandonarsi al gioco nell'ebbrezza della festa.
 Mascherati in bauta o in uno dei tanti fantasiosi travestimenti 
 i veneziani vivevano intensamente questo periodo. Le corti dei 
 palazzi si aprivano alle feste, nei “campi” spettacoli e musica 
 rallegravano i giorni e le notti.
 Lungo le calli, per i canali, nei "liston" invasi da maschere il 
 saluto era: "buongiorno siora maschera", l'identità personale, 
 il sesso, la classe sociale non esistevano più , si entrava a 
 far parte della grande illusione del Carnevale.
 Anche oggi è così. Basta seguire le “onde” della folla che 
 questa volta, viene ordinatamente “incanalata” nei due sensi di 
 marcia, per evitare guai (avete presente il ponte di Mina in 
 Arabia???).
 Ad ogni modo, giorno per giorno, ci si può informare nel Sito: 
www.carnevale.venezia.it
Team De 
 Falco Marotta
 GdS 20 II 2004 - www.gazzettadisondrio.it
