Il mangiare e il bere nelle religioni
 “Specchio” del 16 ottobre 2004, ha dedicato la copertina a “Il 
 cibo da salvare” con l’obiettivo di promuovere una nuova 
 coscienza alimentare(Torino, Salone del Gusto, 21- 25 ottobre 
 2004) attraverso la presenza di 1194 comunità che vanno dai 
 maestri birrai tedeschi, ai produttori di cacao e caffè del 
 Sudamerica, dagli allevatori polacchi, ai coltivatori della 
 vainiglia del Madagascar…
 Ciò significa che tuttora nel mondo, l’alimentazione riveste un 
 ruolo non indifferente cui senz’altro le religioni hanno dato il 
 loro contributo, a seconda del credo professato. 
 Se solo riflettiamo sulla religione cristiana, bisogna dire che 
 un suo evento sacro( l’istituzione dell’Eucarestia) si svolge 
 attorno a un tavolo, mentre si sta celebrando la pasqua ebraica 
 con il consumo dei suoi elementi tipici( l’agnello, il pane 
 azzimo, le erbe amare, frutta varia).
 Però nelle le tre religioni abramitiche, esistono notevoli 
 differenze nell’assunzione dei cibi. Ne elenco le più comuni.
 Per gli ebrei: la questione degli alimenti è assai complessa; 
 infatti essi dividono i cibi in puri ed impuri: tutto ciò che è 
 vegetale è puro, mentre per la carne vi sono severe 
 disposizioni. Innanzi tutto non mangiano carne di maiale o di 
 altro animale che non abbia lo zoccolo tagliato, niente 
 selvaggina, crostacei e molluschi. Sono permessi i pesci e tra i 
 volatili solo alcune categorie come il pollo, il tacchino, 
 l’oca. 
 La carne animale può essere consumata solo se prima viene 
 sottoposta alla macellazione rituale, immersa nell’acqua per 
 mezz’ora, quindi sotto sale per un’ora e poi risciacquata. 
 Essi, poi, non consumano nello stesso pasto carni e latticini e 
 non è previsto cuocerli insieme. Persino le stoviglie con cui 
 vengono cotti vanno tenute separate( tutte le prescrizioni 
 alimentari sono nel Levitico). 
 Per i cristiani : non ci sono limitazioni, l’unico divieto è per 
 la carne e gli insaccati nei venerdì di Quaresima, il mercoledì 
 delle ceneri e il venerdì santo. In questi due giorni, è incluso 
 anche il digiuno. 
 Per i musulmani: non si mangia carne di maiale, di cammello o di 
 animale trovato senza vita, né ci si ciba del sangue di alcun 
 animale. 
 E’ proibito l’uso di bevande fermentate; non vi sono freni al 
 consumo di legumi o cereali e non esistono divieti riguardo 
 l’abbinamento dei cibi. 
 Bisogna osservare il digiuno completo nel mese del Ramadan( da: 
 ramada= ardente), da due ore prima dell’alba a due ore dopo il 
 tramonto. 
 Durante lo svolgimento dei pasti è consigliabile utilizzare la 
 mano destra, perché la sinistra è considerata impura. È bene 
 ricordare che è necessario lavarsi le mani cominciando dalla 
 destra. 
 Tra le altre religioni, gli induisti ritengono che ogni forma di 
 vita animale sia sacra, sono, così, rigorosamente vegetariani.
 I buddhisti, osservano una regola stabilita dal Buddha, non 
 hanno limitazioni particolari, solo i monaci che vivono nei 
 monasteri, non assumono cibi solidi la sera.
 In generale, la carne di qualsiasi animale è la discriminante 
 tra le varie religioni.
Vegetariani sì, vegetariani no?
 Più si percorre all'indietro la storia e maggiore è il rispetto 
 e la compassione manifestata per ogni essere vivente. Questo 
 sentimento d'amore universale, questa ricchezza morale e 
 spirituale è andata gradualmente affievolendosi, specialmente 
 nei paesi occidentali, a causa della filosofia aristotelica, 
 agostiniana, d'aquiniana, cartesiana …, i cui principi 
 antropocentrici se da una parte hanno posto l'uomo al centro 
 della creazione dall'altra lo hanno staccato dalle sue origini 
 naturali causando un progressivo disprezzo per tutto ciò che era 
 ed è dissimile da lui. Così nell’EBRAISMO, le regole relative 
 all'alimentazione riguardano esclusivamente gli alimenti a base 
 di carne. Gli animali consentiti devono essere erbivori e devono 
 avere lo zoccolo aperto. Non è lecito mangiare la carne con il 
 sangue (anche se questo sembra impossibile dal momento che se si 
 può drenare il sangue dalle arterie non viene eliminato dai 
 capillari).
 Tra i vari richiami alla compassione verso gli animali vale 
 ricordare: "Non essere tra quelli che s'inebriano di vino né tra 
 coloro che sono ghiotti di carne" Pr, 23.30. "Fino a quando sarà 
 in lutto la terra e seccherà tutta l'erba dei campi? Per la 
 malvagità dei suoi abitanti le fiere e gli uccelli periscono" 
 Ger, 12.4. A questo c'è da aggiungere che in molte circostanze 
 Dio si serve degli animali per attuare i suoi programmi di 
 salvezza: l'asina di Balaam, la colomba dell'Arca, il cane di 
 Tobia, la balena di Giona, i leoni di Daniele ecc.
 Ma anche se questo aspetto della Legge è stato ampiamente 
 disatteso dalla dottrina ufficiale, la popolazione israelita ha 
 la più alta percentuale di vegetariani nel mondo, con 
 l'eccezione dell'India. Anche oggi alcuni noti rabbini ed alcuni 
 premi Nobel della cultura ebraica (come Isac B. Singer e Shuel 
 Y. Agnon) sono convinti assertori dell'alimentazione 
 vegetariana. 
 Nell’ISLAM, è nota la compassione di Maometto verso la 
 condizione degli animali; significativo è l'episodio in cui 
 preferì tagliarsi un lembo del mantello, piuttosto che svegliare 
 un gatto, sul quale si era addormentato. Il profeta vietò l'uso 
 di uccelli per il tiro al bersaglio. Egli preferiva cibi 
 vegetariani, però alla popolazione permise l'alimentazione 
 carnea, consigliando coloro che l’avevano mangiata di lavarsi la 
 bocca prima di mettersi a pregare.
 Per il profeta gli animali hanno un'anima: secondo lui gli 
 animali non sono nostri schiavi ma creature che Dio ci ha 
 affidato e delle quali ci chiederà conto nel giorno del 
 Giudizio. Alcuni discepoli gli chiesero se esistesse una 
 ricompensa per chi fa del bene agli animali: "Esiste una 
 ricompensa per chi fa del bene a qualunque essere vivente" 
 rispose.
 Alcuni gruppi islamici, come gli Sciiti ed i Sufi, hanno in alta 
 considerazione l’alimentazione vegetariana, come regola di vita. 
 Una santa sufi, quando si isolava in una foresta a pregare molti 
 animali le si facevano intorno. Un giorno andò a trovarla un 
 altro sufi ma gli animali scapparono e questi ne chiese il 
 motivo. "Che cosa hai mangiato oggi?" gli domandò: "Aglio fritto 
 e lardo" rispose. "Ti mangi il loro corpo e vuoi che non 
 scappino?" 
 Nel BUDDHISMO, i cui due principi fondamentali istituiscono la 
 sua filosofia la saggezza e la compassione, per il 
 raggiungimento dell'una e dell'altra è indispensabile essere 
 vegetariani.
 Il primo dei precetti buddhisti recita: "Non uccidere, anzi 
 tutela ogni forma di vita". L'unico testo ritenuto scritto di 
 proprio pugno dal Buddha dice: "Le creature senza piedi hanno il 
 mio amore, e così lo hanno quelle a due piedi e anche quelle a 
 molti piedi. Possano tutte le creature, tutte le cose che hanno 
 vita, tutti gli esseri di qualunque specie, non avere mai nulla 
 che possa danneggiarle. Possa non accadere loro mai nulla di 
 male". Dopo la sua morte i discepoli incominciarono a dare 
 maggiore importanza all'intenzione più che all'azione. I monaci 
 accettarono di mangiare carne a condizione che l'animale non 
 fosse stato ucciso per loro. 
 Il vegetarismo era ritenuto da Buddha una pratica essenziale per 
 il risveglio spirituale dell'individuo. 
 Gosvami, famoso maestro spirituale del XII sec. nella sua Gita 
 Govinda, in omaggio alle 10 principali incarnazioni di Dio dice: 
 "O mio Signore, o Persona Suprema. tutte le glorie a Te. Per la 
 tua grande compassione sei apparso nella forma di Buddha per 
 condannare i sacrifici di animali raccomandati dai Veda". 
 Oggi della grande famiglia buddhista solo i monaci Zen hanno 
 mantenuto inalterata la loro originale tradizione di 
 vegetariani.
 In Cina ed in Giappone, dove fin dai tempi più antichi 
 esistevano dei veri e propri codici di corretta alimentazione 
 vegetariana, il consumo di carne, che era considerato negativo e 
 quindi bandito, cessò del tutto intorno al 58 d.C. 
 Nei templi e nei monasteri si diffuse l'abitudine di non 
 mangiare alcun tipo di carne. Certi cibi, specialmente la carne 
 di maiale, si diceva rendessero il respiro sgradevole agli 
 antenati. Secondo la tradizione shinto(Giappone) per ottenere la 
 verità suprema era essenziale consumare cibi puri, cioè 
 vegetariani.
 L’INDUISMO, che è la più antica delle religioni asiatiche è 
 anche il più forte sostenitore del vegetarismo.
 I testi Vedici, scritti in sanscrito circa 3000 anni a.C., 
 contengono migliaia di ingiunzioni contro il consumo della 
 carne. 
 "Si diventa degni della salvezza quando non si uccide alcun 
 essere vivente" (Manusmrti,6.60).
 Particolarmente sentita è la legge dei karma. "Coloro che 
 ignorano il vero Dharma e, pur essendo ignoranti e malvagi, si 
 ritengono virtuosi uccidendo gli animali senza alcun rimorso o 
 timore di essere puniti, in seguito, nelle loro vite future, 
 questi peccatori saranno mangiati dalle stesse creature che 
 hanno ucciso in questo mondo" (Srimad Bhagavatam 11.5.14).
 In seguito l'alimentazione vegetariana divenne sempre meno 
 comune soprattutto a causa delle dominazioni straniere. Tuttavia 
 ancora oggi l'83% della popolazione indiana è induista e nella 
 stragrande maggioranza è vegetariana. I cibi impuri impediscono 
 l'ascesi spirituale: la carne degli animali uccisi è considerata 
 come la carne dei propri figli e colui che ne mangia è reputato 
 il peggiore degli uomini. La violenza sugli animali è infatti 
 stimata la causa della violenza dell'uomo verso il suo simile.
 I Veda riconoscono l'anima ad ogni creatura dotata della stessa 
 dignità umana, e la medesima possibilità di raggiungere alti 
 livelli di spiritualità: indipendente dal corpo in cui risiede 
 l'anima, dal momento che tutti gli esseri viventi sono 
 spiritualmente uguali. I Veda descrivono le varie incarnazioni 
 di Dio in forme non umane: il cavallo, il cinghiale, la 
 tartaruga, il pesce. Ucciderli significa rendersi colpevoli 
 verso di Lui.
 I sacri testi non condannano soltanto coloro che mangiano la 
 carne, ma chi uccide l'animale, chi vi partecipa, chi la compra 
 , chi la prepara e chi la serve. Solo rispettando tutte le forme 
 di vita si può rispettare lo spirito che le contiene e l'uomo 
 può raggiungere la genuina spiritualità e la reale saggezza.
 L'Ahimsa (il principio della non- violenza verso tutti gli 
 esseri viventi che ha appunto la sua origine nei Veda, è il 
 fondamento del Jainismo al quale i fedeli sono rimasti 
 pienamente conformi per tutta la loro storia. Originatosi da 
 Mahavira nel 600 a.C. circa, oggi conta 4 milioni di fedeli, 
 tutti strettamente vegetariani. Famosi per i loro ospedali per 
 animali e perché più rigorosi dei buddhisti nell'applicazione 
 dell'ahimsa, usano portare bende davanti alla bocca per evitare 
 di ingerire moscerini) è tutt'oggi un aspetto centrale delle 
 religioni orientali e ispiratrice delle grandi iniziative di 
 pace da Gandhi a M.L. King.
 Il principio comune alle grandi dottrine religiose e filosofiche 
 "Non fare ad altri ciò che non vorresti ti fosse fatto" non può 
 prescindere dall'alimentazione vegetariana, pena il subire le 
 conseguenze del male causato secondo la legge del karma.
 Zarathustra, da cui ZOROASTRISMO, era un fervente sostenitore 
 dell'alimentazione vegetariana. Condannò i sacrifici di animali 
 ed i banchetti cruenti: "Chi ha cura del suo bestiame e non si 
 nutre delle sue carni martoriate avrà lo spirito santo e la 
 verità". E ancora: "Colui che uccide un cane uccide la propria 
 anima".
 Oggi i Parsi (i seguaci di Zarathustra) che vivono in India, 
 sono per la maggioranza vegetariani (Cfr.: Franco Libero Manco, 
 Biocentrismo, l'alba della nuova civiltà umana)
REGOLE ALIMENTARI Di ALCUNE RELIGIONI  
 Di seguito, elenco i fedeli delle religioni più diffuse nel 
 mondo ed alcune domande cui, secondo l’ordine, si risponde 
 sinteticamente:
 1) Cattolici 
 2)Protestanti 
 3)Ortodossi 
 4)Ebrei 
 5)Musulmani 
 6)Induisti 
 7)Buddhisti 
 a)Limitazioni al consumo di carne 
 1)NO 
 2)NO 
 3)NO 
 4)SI'. Macellazione rituale, proibite carni di maiale, 
 crostacei, molluschi. 
 5)SI'. Macellazione rituale. Proibita la carne di maiale. 
 6)SI'. Proibita carne di mucca, molti sono vegetariani. 
 7)SI'. Quasi tutti sono vegetariani 
 b)Limitazioni al consumo di legumi o cereali 
 1)NO 
 2)NO 
 3)NO 
 4)SI'. Proibiti i frutti di un albero, piantato da meno di 3 
 anni. 
 5)NO 
 6)SI'. Bramini e caste elevate mangiano cereali puri. 
 7)NO 
 c)E' proibito mangiare insieme certi cibi? 
 1)NO 
 2)NO 
 3)NO 
 4)SI'. Proibito consumare insieme carne e latticini 
 5)NO 
 6)NO 
 7)SI. Niente legumi con la carne per i monaci. 
 d)Il consumo di bevande, è limitato? 
 1)NO. Occorre però evitare l'eccesso di alcol 
 2)NO. Ma niente eccessi. 
 3)NO, tranne durante il digiuno 
 4)SI'. I vini devono essere preparati secondo particolari regole
 5)SI'. Proibite le bevande alcoliche 
 6)SI'. L'alcol è proibito ai bramini, per gli altri consumo 
 limitato 
 7)SI'. Proibite le bevande alcoliche 
 e)Uomini e donne, devono osservare regole diverse? 
 1)NO. Le donne incinte sono esentate dal digiuno 
 2)NO 
 3)NO 
 4)NO 
 5)NO. La donna mestruata o incinta non digiuna 
 6)SI'. Le donne mestruate non possono entrare in cucina 
 7)NO 
 f)I bambini hanno regole particolari? 
 1)NO. L'obbligo del digiuno dai 14 anni 
 2)NO 
 3)NO. Fino agli 8 anni sono esentati dal digiuno 
 4)NO. L'obbligo del digiuno comincia a 13 anni 
 5)NO. Dispensati dal digiuno fino alla pubertà 
 6)NO 
 7)NO 
 g)Esistono regole alimentari legate al lutto? 
 1)NO 
 2)NO 
 3)NO 
 4)SI'. Tra la morte e la sepoltura i parenti non mangiano carne 
 e non bevono vino. 
 5) NO 
 6)SI'. Nei giorni dopo la morte di un parente, si preparano 
 piatti crudi e si beve solo acqua 
 7)SI'. Se il defunto era vegetariano, non si mangia carne dopo 
 il funerale 
 h)Esistono regole per lo svolgimento dei pasti? 
 1)SI'. Bisogna ringraziare Dio prima e dopo i pasti 
 2)SI'. Bisogna ringraziare Dio prima e dopo i pasti 
 3)NO 
 4)NO 
 5)SI'.E' consigliabile utilizzare la mano destra 
 6)SI'. Prima del pasto si fa il bagno e ci si cambia 
 7)SI'. I venerabili mangiano prima degli altri 
 i) Esistono particolari regole di "galateo"? 
 1) NO. Ma non bisogna sprecare il cibo 
 2).NO, però sono proibiti gli sprechi. 
 3)NO 
 4)SI' : abluzione obbligatoria, e benedire ciascun elemento 
 5) SI': lavarsi le mani cominciando dalla destra 
 6)SI'. La cucina è un luogo sacro, si mangia in silenzio 
 7) NO 
 l) Si osservano periodi di digiuno? 
 1)SI'. La carne è proibita il venerdì di Quaresima e il 
 Mercoledì delle Ceneri 
 2)SI'. Digiuno all'inizio della Quaresima 
 3) SI'. Astensione dalla carne il mercoledì e il venerdì. In 
 Quaresima niente carne, 
 latticini, vino e olio .
 4)SI'. Molti periodi di digiuno, durante lo Yom Kippur, digiuno 
 per tutto il giorno. 
 5)SI'. Durante il Ramadan, digiuno dall'alba al tramonto 
 6)SI'. Si digiuna in molte occasioni, durante le vigilie di 
 ricorrenze sacre.
 7) NO 
 In base poi al clima, alle proprie tradizioni etniche che hanno 
 sempre un fondamento religioso, seppure nel nostro tempo se n’è 
 perso il ricordo, potremmo raggruppare i vari modi di cucinare 
 sotto alcune denominazioni.
La cucina arabo-mediorientale (Egitto, Marocco, Tunisia, Iraq, 
 Libano, Siria, Turchia).  
 Essa ha le proprie radici nelle diverse tradizioni alimentari 
 delle popolazioni che nei secoli si sono insediate sulle sponde 
 orientali del Mediterraneo. 
 Il Medio Oriente, centro di scambi commerciali e culturali, 
 rappresenta gastronomicamente un ambiente piuttosto omogeneo 
 grazie soprattutto alla comune cultura islamica. 
 La legge del Corano detta precisi precetti riguardo la vita 
 quotidiana e le abitudini alimentari; infatti è vietato il 
 consumo di carne di maiale, di sangue animale e delle bevande 
 alcoliche, ma la varietà degli alimenti disponibili compensa 
 ampiamente questi divieti. 
 Verdure, legumi e frutta sono gli elementi essenziali di questa 
 cucina caratterizzata da un moderato uso di grassi e da un 
 elevato utilizzo di spezie e di erbe aromatiche
 La cucina giapponese(Giappone ed isole limitrofe)
 I piatti giapponesi vengono presentati in modo molto ornamentale 
 con l’utilizzo di poche spezie e privilegiando l’esaltazione del 
 sapore naturale dei singoli ingredienti. 
 Gli ingredienti fondamentali sono:
 • il dashi, brodo a base di pesce ed alghe secche
 • il mirin, vino di riso dolce
 • il sakè, vino di riso secco
 • il miso, pasta di soia fermentata
 • la salsa giapponese ed il tofu, entrambi derivati dai semi di 
 soia
 La cucina del sud–est asiatico(Indonesia, Malesia, Tailandia e 
 Vietnam). 
 Per il particolare clima, l’alimentazione di questi luoghi si 
 basa essenzialmente sul riso. Si varia, infatti, dalla pasta di 
 riso al dessert, dal pane di riso ai distillati alcolici. 
 A differenza della cucina cinese, la cucina del sud–est asiatico 
 richiede tempi di preparazione molto più lunghi: si pensi, ad 
 esempio, al NUOC–MAM, pesce fermentato in salamoia o salsa di 
 pesce, che necessita di almeno tre anni di invecchiamento e che 
 costituisce un condimento tradizionale sia per piatti a base di 
 carne che per quelli a base di verdure. 
 Il mare, inoltre, fornisce abbondante materia prima per piatti 
 di pesce: granchi, aragoste, gamberetti e addirittura meduse che 
 possono essere serviti in brodi di carne insieme a verdure 
 fresche. 
 La pianta di cocco è da ritenersi un ingrediente di primo piano: 
 mentre il frutto della noce viene utilizzato come elemento 
 rinfrescante di piatti piccanti o su spiedini e zuppe, il latte 
 è impiegato nella preparazione di salse e condimenti oppure in 
 delicati dessert.
La cucina indiana( India, Sri Lanka, Bangladesh, Pakistan).
 
 Questa cucina è stata influenzata dalle invasioni di popoli come 
 i Mogul che, nel XVI secolo, introdussero i fondamenti della 
 cucina islamica asiatica coniugando il kebab con le verdure 
 cotte al vapore. I piatti si fondono tra di loro assumendo 
 elementi della cucina musulmana, prevalentemente basata sulla 
 carne, con quella induista strettamente vegetariana. 
 I principali cibi sono: 
 il CHAPATI, un pane piatto non lievitato 
 il GHEE, burro di bufalo 
 il MASALA secco o in salsa, arricchito da spezie ed erbe 
 In questo tipo di cucina le spezie costituiscono una componente 
 fondamentale per l'esaltazione dei sapori, per la presentazione 
 estetica dei piatti, nonché per la conservazione degli alimenti.
La cucina cinese
 Nella vastità cinese le cucine variano in relazione alle diverse 
 zone. 
 Nella cucina del nord è rilevante la presenza di carni di 
 montone, agnello e animali da cortile cotte al barbecue o 
 tagliate in fette sottili e scottate in brodo bollente. 
 La cucina del sud, ritenuta in occidente la vera cucina cinese, 
 è caratterizzata dalla presenza del riso la cui coltivazione è 
 favorita dal clima subtropicale. 
 La cucina dell’ovest ha la particolarità di essere decisamente 
 piccante, grazie all’uso di una varietà di pepe, il FAGARA. 
 La cucina dell’est è invece maestra nell’arte di mantenere il 
 sapore originario di un cibo anche dopo la cottura.
La cucina filippina
 La cucina delle Filippine risulta essere molto legata alle 
 attività ed alle risorse marittime: infatti ogni giorno grandi 
 quantità di pesce vengono portati a riva in bilancieri di legno 
 e cucinati in pentole di argilla. 
 Nell'antichità il sopraggiungere di mercanti cinesi e di 
 colonizzatori spagnoli su queste isole portò alla diffusione di 
 nuove abitudini alimentari. 
 Vennero introdotti gli "involtini primavera" e la pasta 
 glutinata ad opera dei mercanti cinesi, mentre i colonizzatori 
 spagnoli importarono le "empanadas" e lo "chorizo", cioè 
 salsiccia piccante di maiale ed aglio. 
 I piatti filippini vengono spesso marinati in aceto o succo di 
 agrumi e ciò li rende particolarmente agri.
La cucina africana (Sudan, Burkina Faso, Ciad, Gambia, Niger, 
 Senegal, Liberia, Mali, Etiopia, Somalia, Camerun, Kenya, 
 Tanzania, Uganda, Malawi, Lesotho, Sud Africa).  
 Pur essendo l'Africa un Paese molto vasto, vi è una 
 caratteristica alimentare comune a tutte le regioni che la 
 compongono: l'abbondante uso di salse e spezie. L'elevata 
 povertà dei popoli africani ha contribuito alla scoperta di 
 ricette originali costituite da pochi ingredienti di base, quali 
 spezie, manioca e miglio. Quest'ultimo, insieme alla tapioca, è 
 utilizzato nella preparazione delle polentine che, in 
 sostituzione del pane, accompagnano i pasti. 
 Altro apprezzabile elemento di base di questa cucina è 
 rappresentato dalle arachidi. Da esse si ricava l'olio, spesso 
 utilizzato nella fritture e, tra le specialità più conosciute, 
 ricordiamo il "mafè" del Senegal, costituito da salsa di 
 arachidi e pomodoro, carne di manzo, verdure e riso bianco.
Cucina sudamericana( Argentina, Bolivia, Cile, Ecuador, Perù e 
 Brasile.  
 Considerando le dure condizioni ambientali dell’altopiano 
 andino, occorre evidenziare che le popolazioni incaiche hanno 
 saputo sviluppare una straordinaria capacità di adattamento 
 coltivando molteplici forme vegetali ricche di proteine e 
 calorie. 
 Un‘eredità precolombiana è possibile ritrovarla nell’uso delle 
 patate (oltre un centinaio di tipi) conservate utilizzando la 
 tecnica del freddo naturale che non ne permette la 
 degenerazione. 
 In Brasile, invece, è presente un piatto tipico che rispecchia 
 la mescolanza dei gusti del paese, terra di razze e tradizioni 
 variegate. Questo piatto è la FEIJOADA ed è composto da lingua 
 di manzo, carne secca e salsiccia di maiale bollite 
 separatamente e stufate con fagioli neri: tutto ciò servito con 
 riso, cavolo verde, manioca, peperoncino, succo di limone e 
 fette di arancia. 
 Il condimento più utilizzato è senza dubbio il peperoncino, 
 mentre un apporto fresco e nutriente per contorni ed insalate è 
 rappresentato dal cuore di palma. 
 La frutta, infine, propone un tripudio di gusti: avocados, 
 maracuja, papaye, manghi, noci di cocco, mamao, cedri, 
 cherimoyas e banane.
La cucina greca
 La cucina greca è forte e semplice, non raffinata, fatta 
 perlopiù di ingredienti freschi: verdure, pesce, carne di 
 montone e formaggio di capra. Il tutto insaporito con delicato 
 olio di oliva creato in un clima mite quasi tutto l’anno. 
 Tra le verdure troviamo: le melanzane, con cui si prepara la 
 famosa MUSSAKA, i pomodori e i cetrioli per l’ottima insalata 
 greca impreziosita dalla FETA e dalle olive nere. 
 Il pesce viene cucinato alla brace, così come gli spiedini di 
 agnello da gustare intinti nello TZATZIKI, la salsa a base di 
 yogurt. 
 Una cucina gioiosa e saporita, spesso accompagnata dal 
 caratteristico sapore di un bicchiere di RETSINA, lo splendido 
 vino bianco greco.
La cucina centroamericana (Messico, Caraibi, Haiti, Rep. 
 Dominicana, Nicaragua, Guatemala).  
 Al momento della scoperta dell’America erano già conosciute più 
 di duecento varietà di mais che furono importate in Europa ed in 
 seguito diffuse in Medio Oriente ad opera dei veneziani. 
 Gli elementi che costituiscono la base delle abitudini 
 alimentari centroamericane sono ancor oggi mais, fagioli e 
 pomodori. Per la preparazione di TORTILLAS e TAMALES, piatti 
 tipici di questi Paesi, il mais viene macinato dopo essere stato 
 bollito con del lime. 
 Le tortillas, pane maya e azteco, farcite con salsiccia 
 grigliata e guarnite con formaggio a cubetti ed insalata o 
 presentate con carne insaporita con salsa di avocado, sono un 
 versatile accompagnamento per ogni sorta di preparazione 
 gastronomica. 
 Occorre però specificare che il vero piatto forte è a base di 
 carne, stufata, bollita o grigliata: maiale alle arance o 
 tacchino alle erbe aromatiche. Il contorno è a base di fagioli, 
 bianchi, neri o rossi, cotti con riso, soffritti con aglio e 
 cipolle. 
 Elementi maya, indigeni, spagnoli, francesi ed inglesi si 
 mescolano felicemente in una cucina tropicale ricca ed originale 
 con un gusto spiccato per i sapori piccanti. 
 Al giorno d’oggi, si estende e intensifica il fenomeno della 
 globalizzazione, riguardante sia la sfera economica e 
 finanziaria sia quella della comunicazione mondiale. 
 Vivendo in un villaggio globale, ossia in un mondo in cui 
 l’intensità degli scambi culturali ed economici cresce 
 rapidamente nel tempo, la variabile “consumi”, intesa come 
 acquisto di beni e servizi da parte delle famiglie, assume 
 un’importanza rilevante.
 In questo contesto, utilizzando il cibo come punto di 
 riferimento, si sono potute notare le differenze nelle abitudini 
 alimentari insite nelle diverse culture.
 A Torino, per esempio, esistono alcuni ristoranti etnici che 
 realizzano
MENU MULTICULTURALI .
 Eccone alcuni:
 CUCINA AFRICANA 
 Datteri allo yogurt (Tunisia) 
 Risotto con gamberetti e piselli (Egitto) 
 Torta di manioca e formaggio (Zanzibar) 
 Pollo al tegame (Marocco)
 CUCINA EUROPEA 
 Shepherd's pie (Gran Bretagna) 
 Paella (Spagna)
 Zuppa Gulasch (Ungheria)
 Moussaka (Grecia) 
 Torta Sacher (Austria)
 Isola galleggiante - Ile flottante (Francia)
 CUCINA LATINO-AMERICANA
 Guacamole - Purea di avocado al pomodoro e coriandolo (Messico)
 Empanadas Criollas (Argentina)
 Feijoada (Brasile)
 CUCINA ORIENTALE
 Riso cantonese (Cina) 
 Sashimi - Antipasto di pesce crudo (Giappone) 
 Chapati (India) 
 Maiale in salsa agrodolce (Giappone)
 CUCINA NORD-AMERICANA
 Hamburger made in USA 
 Country Pie – Timballo rustico (Canada)
 Bistecche stelle e strisce (U.S.A.)
 CUCINA AUSTRALIANA
 Filetto di canguro ai capperi (Australia) 
 Gelato alla pesca con macadamia (Australia)
 CUCINA ITALIANA
 Lasagne Verdi alla Bolognese (Emilia Romagna)
 Pizza Margherita (Campania) 
 Orecchiette alle cime di rapa (Puglia) 
 Seppie ripiene (Abruzzo) 
 Fonduta al tartufo (Piemonte) 
 Cardo gobbo di Nizza in bagna caöda (Piemonte). 
 (Il materiale è tratto da una sperimentazione della scuola.T.C. 
 SPERIMENTALE “BLAISE PASCAL” , VIA CARDUCCI, 4 – 10094 GIAVENO 
 (TO), TEL. 011/9378193 – 
 FAX 011/9377478 che ha utilizzato anche i volumi: Centro Nuovo 
 Modello di Sviluppo,
 “Geografia del Supermercato Mondiale” EMI, Bologna 1998, Guida 
 al consumo critico” EMI, Bologna settembre 2000, Carta di Peters 
 più video illustrativo, Daviddi G., De Lorenzini D., Lisi G. 
 “Prodotti del Sud, consumi del Nord” Editrice Consumatori, 
 Bologna 1994).
La storia del vino.
 A Torino, al Salone del gusto da me già citato(21- 25 ottobre 
 2004), oltre alle numerose comunità internazionali che sono il 
 “meglio” delle produzioni alimentari del pianeta che vogliono 
 proteggere e valorizzare i loro cibi e vini che hanno una storia 
 sociale e religiosa dietro le spalle, saranno presenti 2500 
 “etichette” italiane, tra cui risulteranno premiati 264 
 produttori che hanno ottenuto “3 bicchieri” dalla “Guida dei 
 vini d’Italia”, edita da Slow Food e Gambero Rosso.
 La storia del vino si confonde con le origini dell'umanità.
 Le prime notizie non risalgono a Noè , ma ai sumeri ( 
 Mesopotamia), gli inventori della scrittura cuneiforme che 
 influì sul sorgere di altre scritture come l'egizia. 
 Durante recenti scavi in Mesopotamia, è stato rinvenuto un inno 
 che risale al 4000 a. C. (quindi in epoca pre- biblica) composto 
 in occasione dell'inaugurazione del tempio di Enki ,dio della 
 sapienza nella città di Eridu:- Enki s'avvicinò alle provviste 
 delle bevande inebrianti, s'accostò al vino:
 Vino nei vasi di bronzo versò;
 Mischiò con generosità birra di spelta;
 In una botte apposita, che la bevanda rende buona, mischiò;
 La sua bocca con miele e datteri in parti (uguali) trattò;
 Nel suo interno, miele, con generosità, sciolse in acqua fresca;
 Enki, al padre, in Nippur,
 A suo padre Enlil ,pane diede a mangiare (preparò un banchetto)
 An sedette al posto d'onore,
 A fianco di An si pose Enlil;
 Nintu sedette su una poltrona,
 Gli Anunanki per ordine presero posto,
 Gli inservienti offrono birra, preparano vino. .ecc.
LE MISTURE NELL'ANTICHITA'
 I Sumeri che conoscevano vino e birra già avevano provato a 
 rendere queste bevande più inebrianti miscelandole con datteri e 
 miele. La tradizione era continuata anche nei secoli successivi. 
 Infatti, qualche millennio più tardi, in Grecia, troviamo ancora 
 questa usanza con il mulsum, ce lo ricorda Omero il quale 
 riferisce che Aristeo di Tracia (figlio di Apollo e della ninfa 
 Cirene) lo otteneva mescolando vino e miele 
 Ai tempi di Ulisse si produceva il maroneo, che era servito 
 all'eroe per ubriacare il ciclope Polifemo. Esso era un vino 
 forte, nero e profumato che con l'invecchiamento diventava 
 ancora più corposo. Sia questo sia tutti gli altri vini erano 
 allungati con l'acqua nella misura di un sestario di vino e otto 
 di acqua. I greci ritenevano infatti che solo agli dei era 
 consentito bere il vino puro e non agli uomini che, per 
 punizione sarebbero impazziti. Alcuni vini invece che con acqua 
 semplice, erano allungati con acqua di mare. Lo si faceva con il 
 clazomene (che aveva preso il nome dalla omonima città di Lidia 
 in Asia minore), patria del filosofo Anassagora, (IV sec. a.C.) 
 e con il famoso vino di Cos, che era allungato con acqua di mare 
 che era presa al largo. Si racconta che questa usanza sarebbe 
 derivata dalle bevute furtive di uno schiavo il quale colmava la 
 misura di quello rubato, aggiungendovi acqua di mare.
 Il vino di Lesbo la famosa Lesbo dalle bianche case, aveva 
 invece sapore di mare naturale, in quanto assorbiva l'aria di 
 mare. E ancora, molto conosciuto era il vino di Efeso che era 
 trattato con acqua di mare e defrutum (vin cotto ottenuto 
 facendo bollire il mosto fino a ridurlo alla metà). Il defrutum 
 in Italia si otteneva nella zona di Atri con il pretuziano. 
 In Frigia con il vino di Apanea si otteneva il melato
 Nell'antica Roma era diventata celebre l'annata <121> (a.C.) in 
 quanto quell'annata aveva avuto un sole splendente. Questo vino 
 era stato ritrovato duecento anni dopo ridotto però a una sorta 
 di miele amaro (il gusto amaro era la caratteristica dei vini 
 invecchiati), ma fu utilizzato ugualmente in piccole dosi con 
 vini nuovi rendendoli diversi nel sapore e di miglior qualità.
 Augusto fra tutti i vini preferiva quello di Sezze (in 
 prossimità delle paludi Pontine) che era considerato un forte 
 digestivo. Esso seguiva per fama quelli dell'agro di Falerno di 
 cui il più noto era il faustiniano del quale esistevano tre 
 qualità, il forte, il dolce e il leggero.
 I famosi vini Albani avevano come caratteristica la leggerezza 
 ed erano consigliati per i convalescenti
 Quelli invece di Segni (sulla via Appia) erano fortemente aspri, 
 tanto che erano usati come astringenti per l'intestino. Si 
 cercava di mitigare i sapori forti, usando il defrutum oppure 
 con altre soluzioni come la pece crapulana , in Italia(resina 
 trattata con acqua calda o esposta al sole facendo evaporare 
 l'olio essenziale); in Africa si utilizzava il gesso o la calce; 
 in Grecia l'argilla, polvere di marmo, il sale o l'acqua di 
 mare.
 Vini dal sapore intermedio tra il vino normale e quello dolce 
 erano ottenuti arrestando la fermentazione mettendo il mosto in 
 orci messi a loro volta in acqua e lasciati lì fino al solstizio 
 d'inverno (21 dicembre). In questa categoria famoso era il 
 protopo che era una specie di Porto secco ottenuto dal mosto di 
 prima pigiatura, immediatamente imbottigliato e fatto fermentare 
 e cuocere al sole per quaranta giorni nell'estate successiva .
 Il miglior passito era ottenuto con uve messe a seccare per 
 sette giorni al sole su graticci in luogo riparato e protetto 
 dall'umidità della notte e pigiate all'ottavo giorno. 
 Il vino così ottenuto era profumato e di eccellente sapore.
ENOTRIA COLONIA FONDATA DA ENOTRO
 Si è sempre pensato che il nome di Enotria dato all'Italia 
 nell'antichità, derivasse dal fatto che essa fosse ritenuta 
 terra del vino. Invece per Enotria era originariamente designata 
 la parte della Lucania bagnata dal Tirreno, cui i coloni greci 
 che arrivarono nell'VIII sec. a.C. la denominarono così, 
 derivando il suo nome da un personaggio, Enotro, il quale, a 
 capo di un gruppo di greci e di arcadi si trasferì in Italia, 
 sbarcando sulle coste della Calabria, dove fondò una colonia, i 
 cui abitanti da lui presero il nome di enotri.
 Ciò avvenne (come ci riferisce Dionisio di Alicarnasso circa 
 150/200 anni prima della guerra di Troia).
 LE LIBAGIONI SACRIFICALI
 La libagione è una forma di sacrificio diffusa nelle religioni 
 primitive. Consisteva nel versare vino o altre bevande 
 sull'altare, sul fuoco o sulle vittime da sacrificare oppure 
 bevendo dopo aver invocato la divinità (libamen era il liquido 
 versato goccia a goccia). Presso i romani libamina erano le 
 offerte sacrificali e aspersioni fatte con acqua ,vino, latte, 
 miele ecc.. Nell'antica Grecia si praticava anche per sancire 
 tregue o alleanze, bevendo vino misto ad acqua.
 Le origini di questa forma di sacrificio si fanno risalire, in 
 base a ritrovamenti, all'età del Bronzo, ma essa era sicuramente 
 precedente. Andando ad epoche più recenti (2000 a. C), vediamo 
 che in Oriente era praticata con recipienti detti situle che 
 assumevano varie forme in base alle libagioni cui erano 
 destinati; ad esempio, in Egitto e Mesopotamia per libagioni con 
 il latte le coppe avevano la forma di mammella.
 I Celti, quando uccidevano i propri nemici, usavano conservare 
 il cranio che ricoprivano d'oro, per servirsene nelle loro 
 libagioni rituali. Le antiche leggende germaniche, raccontano 
 che i guerrieri che morivano in battaglia, quando giungevano nel 
 Valhalla(aldilà), banchettavano con le carni di cinghiale 
 soehrimnir (che non si esauriva mai) e con l'idromele attinto 
 dalla capra heidrhrun, serviti dalle bellissime valchirie che 
 avevano il compito di tenere le coppe sempre piene di birra 
 spumeggiante.
 Presso gli Slavi del litorale baltico, si usava sacrificare alla 
 divinità (Svantovit), i buoi o i montoni (quei popoli 
 praticavano anche il sacrificio umano) ed il sacerdote chiudeva 
 il rito libando con sangue delle vittime, seguito dal festino al 
 quale partecipavano i fedeli.
 I sacrifici dei persiani del periodo achemenide (da Achamanisch 
 700 a C.) si svolgevano nella maniera più semplice. Erodoto 
 racconta che i sacrifici li eseguivano senza altari e senza 
 accendere fuochi, non usavano libagioni, flauti, corone o 
 focacce, ma andavano in un luogo puro, portandovi una bestia e 
 invocando il dio al quale volevano sacrificare. Chi operava 
 sacrifici non poteva chiedere benefici per se solo ma la 
 prosperità per tutti i persiani e per il re. Sempre Erodoto 
 riferisce una strana usanza dei persiani i quali pare fossero 
 grandi bevitori: amavano prendere le loro decisioni dopo essersi 
 ubriacati; ciò che decidevano in tali condizioni era riesaminato 
 il giorno dopo quando erano sobri. Se erano soddisfatti della 
 decisione la eseguivano, altrimenti, d'accordo, la lasciavano 
 perdere. 
 Tra i persiani la libagione fu successivamente introdotta nel 
 culto parsi (riservata ai soli zoroastriani) e fatta 
 esclusivamente con haoma; questa era una bevanda inebriante 
 ricavata dalla pianta hom, considerata sacra .
 Mi piace riportare la leggenda (XII sec.) sulle bevande 
 inebrianti del Vecchio della montagna, raccontata da Marco Polo 
 nel Milione. Costui mandava i suoi adepti (hasciscin-assassini, 
 coloro che fumavano hascish) ad eseguire i delitti commissionati 
 , facendosi ammazzare o ammazzandosi se non erano in grado di 
 tornare da lui. 
 Il Vecchio addestrava in modo singolare i giovani audaci e 
 disposti alle armi, dai dodici ai vent'anni. Ne prendeva alcuni 
 che drogava e facendoli poi accompagnare nel giardino che era 
 pieno di delizie, con donzelle che cantavano e li sollazzavano a 
 tal punto, che quei ragazzi non volevano più andarsene. Poi, 
 addormentati, erano trasferiti nel castello e svegliandosi si 
 meravigliavano che le belle visioni fossero sparite. Il Vecchio 
 li convinceva che essi avevano visto il Paradiso, per cui non 
 dovevano temere la morte, perché morendo sarebbero andati a 
 godere quelle meraviglie. Per questo essi nel compiere le loro 
 missioni l’ affrontavano volentieri in quanto li aspettava il 
 Paradiso( cosa questa che pensano ancora gli islamici e, in modo 
 tragico, i Kamikaze, di cui si conoscono le crudeli gesta). 
 Gli Assiro- Babilonesi (4000 anni fa, circa) nelle loro offerte 
 utilizzavano sia il vino sia la birra 
 Essi ritenevano (come tutti gli altri popoli), che gli dei 
 avessero le stesse esigenze degli uomini e quindi offrivano loro 
 cibi e bevande di vario genere, per piegarli ai loro voleri. 
 In Cina, in epoca Chou (primo millennio a C.) nei sacrifici 
 operati dall'imperatore a Shang-ti, tra le varie oblazioni 
 (incenso, seta, cartoncini con scritti) vi era anche il vino e 
 il sangue di giovenca.
 Nell'antico Perù si spargeva sulle vivande, come la Chichia, le 
 foglie di coca, anche nelle tombe e sull'ara e le libagioni 
 erano precedute (l'usanza dura tuttora) dalla particolare forma 
 di offerta (che si chiamava tinca), che si svolgeva introducendo 
 tre dita nella coppa da cui si beveva - con un movimento delle 
 dita - spruzzando le gocce della bevanda verso le montagne o 
 dove si credeva vi fosse lo spirito da propiziare.
 Presso i Greci le libagioni si attuavano nelle occasioni più 
 disparate, come quando stringevano patti. Famoso quello per il 
 duello tra Paride e Menelao (Iliade)
 I sacrifici agli dei avvenivano più o meno alla stessa maniera, 
 come racconta Omero. Si ornavano d'oro le corna di una giovenca 
 , le si tagliavano i peli del collo che erano gettati sul fuoco 
 con chicchi d'orzo; dopo averla sgozzata, si tagliavano le cosce 
 che erano ricoperte di grasso; sul fuoco erano disposte le 
 primizie, poi versato il vino, poi, quando le cosce erano 
 bruciate, i sacrificanti mangiavano i visceri, e facendo il 
 resto a pezzi li infilzavano cuocendoli, dopodiché banchettavano 
 (Odissea).
LA LEGGE DI NUMA POMPILIO
 Nella Roma arcaica nelle libagioni si adoperava latte; ciò però 
 non toglie che l'uso sacrale del vino fosse altrettanto antico. 
 Romolo libava col latte e Numa Pompilio (secondo re di Roma, 
 715- 673) aveva stabilito con una legge di non cospargere di 
 vino il rogo. Con la stessa legge egli aveva dichiarato empie le 
 libagioni agli dei, fatte con vino di vite non potata, 
 escogitando così uno stratagemma per far potare le viti. Queste, 
 infatti, in alcune zone erano fatte arrampicare sui pioppi, per 
 cui salivano tanto in alto che i contratti con chi era 
 ingaggiato per la vendemmia prevedevano anche le spese del 
 funerale e della sepoltura nel caso di caduta e di morte.
 Proprio perché scarso, l'uso del vino era molto parco, tanto che 
 il comandante Papirio che si apprestava a combattere contro i 
 Sanniti, aveva fatto voto a Giove, in caso di vittoria, 
 dell'offerta di una piccola coppa di vino.
 Alle donne, proprio per questa scarsità era proibito berne, e 
 l'apoteca (dispensa che normalmente era il locale situato nella 
 parte superiore della casa - stanza riscaldata e fumosa - dove 
 era tenuto il vino perché maturasse e diventasse bevibile), era 
 sotto chiave. In proposito Plinio ricorda che una matrona 
 romana, per aver aperto la cassetta che conteneva le chiavi 
 dell'apoteca, fu costretta dai parenti a morire d'inedia. I 
 parenti delle donne poi usavano dar loro il bacio (da qui 
 l'usanza del bacio per salutarsi) soltanto per verificare se 
 sapessero di temetum (l'antico nome del vino, da cui temulentia 
 l'ubriachezza).
IL VINO IN EGITTO
 Gli Egizi normalmente bevevano birra, che Erodoto chiama vino di 
 orzo, precisando che essi usavano questa bevanda perché nelle 
 loro terre non esistevano viti. Egli ignorava che invece in 
 Egitto si produceva il vino che era offerto con vivande ai 
 sacerdoti. La testimonianza è data dal ritrovamento di 
 affreschi, nella tomba di Nakt della XVIII dinastia (1420-1411) 
 con riproduzione della vendemmia e nella tomba di Userhat, regno 
 di Amenofi (1450-1425), con riproduzione della pigiatura e 
 registrazione delle giare.
 Gli Egizi accendevano il fuoco e versavano il vino sulla vittima 
 (normalmente si usavano bovini o, in alcune occasioni, il 
 maiale) uccidendola e invocando il dio. Era poi tagliata la 
 testa, sulla quale erano indirizzate imprecazioni. Queste si 
 eseguivano dicendo che i mali, che potevano ricadere sui 
 sacrificanti o sull'Egitto, dovevano ricadere su di essa (per 
 questo motivo gli egiziani non mangiavano mai la testa di alcun 
 animale). Alla fine del sacrificio, la testa era venduta ai 
 mercanti elleni (ai quali le maledizioni poco interessavano) o 
 era buttata nel fiume.
 Gli animali normalmente sacrificati erano buoi puri o vitelli, 
 non le vacche che erano sacre a Iside. In alcune zone 
 dell'Egitto erano invece sacrificate capre, in altre pecore. Il 
 maiale invece era considerato animale impuro, tanto che se un 
 egiziano lo sfiorava, doveva immergersi nel fiume con tutte le 
 vesti per purificarsi. I porcari, poi, erano considerati 
 intoccabili. Non avevano accesso in alcun tempio e normalmente i 
 matrimoni avvenivano nella loro cerchia perché nessuno osava 
 sposarne le figlie.
 La stessa sorte dei porcari toccava, come si sa (dal famoso 
 romanzo di Mika Waltari e film Sinhue l'egiziano), agli 
 imbalsamatori di cadaveri, che vivevano tutta la loro esistenza 
 nelle case dei morti.
LA FESTA DI BUBASTI
 Dioniso, per eccellenza il dio del vino, era venerato anche in 
 Egitto. Tra le varie festività , la più celebre era quella di 
 Bubasti, in onore di Artemide, dove gli egiziani si recavano in 
 gran numero su imbarcazioni.. Durante la navigazione, le donne 
 suonavano i crotali, gli uomini il flauto, e altri cantavano e 
 ritmavano battendo le mani. Passando dalle varie città, le 
 imbarcazioni attraccavano e le donne schernivano quelle della 
 città, mostrando loro il sedere. Giunti a Bubasti, si eseguivano 
 grandi sacrifici e si consumavano enormi quantità di vino d'uva.
L'ABDALA'
 Nella religione ebraica, le libagioni erano di vino di pura uva, 
 versando il vino alla base dell'altare e con offerta 
 dell'agnello (che doveva essere di un anno ed esente da 
 imperfezioni fisiche) oppure con fior di farina intrisa di olio 
 vergine. 
 Nell'abdalà, la particolare cerimonia familiare che segna il 
 passaggio dal giorno sacro (sabato) a quello feriale, la 
 libagione consiste in una coppa di vino puro, accompagnata da un 
 recipiente contenente spezie profumate o rametti di albero o 
 arbusto odoroso (mirto, rosmarino) e delle fiammelle luminose e 
 si pronunciano benedizioni a Dio Creatore del frutto della vite, 
 degli aromi e delle sorgenti luminose. 
 Per la cerimonia del sabato, il pasto è preparato nel pomeriggio 
 del venerdì, poco prima del tramonto, disponendo sulla tavola 
 due pani interi e vino di pura uva; il capo famiglia, o chi per 
 lui, solleva il calice del vino nel momento del Kiddush, 
 all'altezza del petto, e dopo aver recitato le benedizioni, beve 
 un sorso porgendo il calice agli altri.
 La stessa bevanda è spruzzata e bevuta nella Pasqua di azzime, 
 quando gli Ebrei festeggiano e ricordano l'Esodo (l'uscita 
 dall'Egitto degli antenati tenuti in schiavitù dal Faraone). 
 Per la cena pasquale si prepara la mensa in maniera particolare. 
 Oltre alle candele accese, davanti al posto del capofamiglia, vi 
 sono il sedano, l'insalata amara, l’aceto o acqua salata, un 
 uovo sodo, uno zampino di agnello e un impasto di frutta secca 
 triturata e amalgamata con il vino, oltre a tre pezzi di pane 
 azzimo (la cerimonia è chiamata seder). Ogni commensale ha 
 davanti a sé un bicchiere di vino che sarà bevuto 
 successivamente e sarà riempito solo quattro volte. 
 La cerimonia, ricorda l'Esodo, vale a dire la liberazione dalla 
 schiavitù egiziana; le azzime sono memoria del pane della 
 afflizione che avevano mangiato i padri (durante la fuga non 
 c'era tempo per far lievitare il pane, da ciò il rito 
 dell'azzima). Il primo bicchiere si beve alla benedizione 
 d'apertura, dopo aver benedetto il Creatore del frutto della 
 vite, ricordando i precetti ebraici e l'uscita dall'Egitto; si 
 lavano le mani, si prende un pezzo di appio (sedano), si intinge 
 nell'aceto o nell'acqua salata e si mangia dopo aver benedetto 
 Dio che ha creato i frutti della terra distinti dagli alberi.
 Dopo aver spezzato una delle tre azzime, ha inizio la narrazione 
 della fuga, poi si versa il secondo bicchiere, segue la fase 
 delle domande da parte dei figli sul significato delle cerimonie 
 che si stanno svolgendo. In questa occasione si spruzza con le 
 dita il vino per scacciare i mali che punirono gli oppressori. 
 Si beve il secondo bicchiere, si mangiano poi pezzetti di 
 azzima, l'erba amara (in ricordo della antica schiavitù) che è 
 intinta nel dolce impasto di frutta (in memoria dell'antica 
 liberazione; l'impasto ricorda anche la calce e i mattoni con 
 cui gli Ebrei lavoravano in Egitto). Si mangia ancora un piccolo 
 pezzo di azzima e si bevono infine gli altri due bicchieri e, 
 fino al giorno successivo non si assume altro.
 Nella liturgia cristiana è ben noto l'uso simbolico del vino 
 dell'ultima cena di Cristo.
 I paleocristiani brindavano tante volte ai defunti nella 
 ricorrenza della morte che per loro era invece dies natalis, 
 cioè la nascita della nuova vita. Durante i banchetti funebri 
 che si svolgevano nelle catacombe, si brindava con vino 
 riscaldato che, in sintonia con l'usanza dei tempi, era 
 allungato con l'acqua, in onore del defunto per il quale era 
 lasciato un posto libero ed imbandito.
 Queste i riti nell'uso del vino, nel mito, nella storia e nelle 
 religioni. Esse in ogni caso hanno sempre rispecchiato le 
 abitudini stesse delle popolazioni a seconda che fossero di 
 guerrieri, di pastori o agricoltori e che da cruente, come è 
 stato nelle cerimonie sacrificali agli albori della civiltà, 
 sono diventate non cruente, fino a trasformarsi, in epoche più 
 recenti, in simboliche.
 Ma gli integralisti odierni come brindano???
 (da :www.rivstoricavirt.com)
ALCUNE CURIOSITA’
 In Occidente, ma anche in Oriente, il maiale è, forse, l’animale 
 più mangiato: in tutte le salse e in tutti i modi. Il suo nome 
 deriva dalla Dea Maia, figlia di Atlante e madre di Mercurio. 
 Poi “porcus” da “sporchus” per la sua nota predilezione del 
 fango. Nel X libro dell’Odissea la maga Circe trasforma gli 
 spasimanti in porci, nel I secolo a. C. a Roma la salsiccia 
 inventata in Lucania( da cui tuttora luganega)e derivante anche 
 da: salcictia= sale, assieme ai prosciutti erano monete correnti 
 per pagare le tasse( Varrone, De Agricoltura, I secolo a. C). 
 Nel Vangelo è famoso l’episodio degli spiriti immondi che 
 entrano nei porci che si gettano a mare, mentre nel Corano è 
 proibito assolutamente di cibarsene. Divieto tuttora osservato 
 dagli islamici. In Inghilterra, in una scuola di Batley è stato 
 proibita la proiezione dei Tre porcellini della W.Disney perché 
 offendono i bambini musulmani(nel 2003!). Nell’Africa 
 subsahariana, non si mangiano assolutamente ovini, né si fa bere 
 ai neonati il colostro non “puro” perché li contamina( anche in 
 India e Asia). La carne dei bovini deve essere Halal, cioè 
 uccisa secondo il rituale islamico: l’animale deve avere il capo 
 rivolto verso la Mecca, deve essere completamente dissanguato 
 mentre si pronuncia la parola “Baslama”( cioè si uccide in nome 
 di Maometto).
 La vacca, sacra agli induisti, non è commestibile. Occorrono 86 
 trasmigrazioni per far passare l’anima dal demone alla vacca e , 
 quindi, all’uomo. Chi la uccide, passa allo stadio più basso. Di 
 essa, però, si usano ben cinque prodotti: il latte, la 
 quagliata, il burro, l’urina e lo sterco. Quest’ultimo, 
 essiccato, è usato come combustibile.
 Nella Cina bisogna sempre fare attenzione nel combinare gli 
 alimenti Yin( cibi che rinfrescano: frutta, aceto, piccante, 
 zucchero…) con quelli Yang(cibi che riscaldano: cereali, 
 formaggi, carni…).
 Il pane, il vino e l’olio, sono le basi dell’alimentazione 
 mediterranea che tutti ritengono la più corretta, qualora venga 
 integrata con verdura e frutta.
 Per il bere, il vino è al primo posto nel mondo anche se 
 ricavato con tecniche diverse.
 Le religioni monoteiste sono concordi nel considerarlo nella sua 
 duplice immagine di elemento buono, portatore di gioia e di 
 elemento cattivo, che trascina all’ubriachezza. Mentre 
 nell’ebraismo è permesso purché preparato secondo le regole del 
 Levitico, nel cristianesimo è il simbolo del sangue di Cristo 
 durante la messa e non c’è festa dove esso non venga libato 
 abbondantemente. Però è anche un elemento di divisione tra i 
 cristiani: infatti, i riformatori protestanti nell’eucaristia si 
 cibano con il pane e il vino, così gli ortodossi, mentre ai 
 cattolici è concesso il solo pane. Nel Corano vige la 
 proibizione. Secondo una leggenda, pare che esso sia stata causa 
 del peccato dei primi uomini. Eva invece della mela, offrì al 
 suo compagno del vino, sicché Maometto lo vietò assolutamente, 
 però, sempre secondo il Corano, nel paradiso per i fedeli 
 scorreranno fiumi di vino prelibato.
 E tanto, per non dimenticare che le donne sono state sempre 
 discriminate anche nel mangiare e nel bere sia socialmente che 
 religiosamente, termino raccontando un episodio tragicomico 
 connesso al vino e risalente al tempo di Numa Pompilio, secondo 
 re di Roma.
 Il vino era un prodotto piuttosto scarso e gli uomini lo 
 conservavano nell’ apoteca( questo nome è ancora vivo nel 
 dialetto napoletano ed indica la bottega) chiusa ermeticamente a 
 chiave che poi veniva custodita gelosamente lontana dagli occhi 
 della matrona. Però, essendo Eva più furba del diavolo, 
 succedeva che fosse trovata, così il vino era consumato anche da 
 questa intrepida che, se scoperta, veniva bastonata e messa a 
 morte.
 Avanti così non si poteva andare e allora, qualche patrizio più 
 intuitivo scoprì il modo di controllare le “bevute romane”. 
 Come? Al ritorno, i fieri tribuni baciavano sulle guance le loro 
 spose, non per affetto ma per sentire se” puzzavano” di vino! Da 
 allora, il bacio sulle guance ha cambiato connotazione…o no?
 Maria De Falco Marotta
 GdS 30 X 2004 - www.gazzettadisondrio.it
