A volte, il cinema asiatico è grande grande grande
 Uno dei meriti dei selezionatori
 della 61ª Mostra del Cinema
 Uno dei meriti dei selezionatori della 61ª Mostra del Cinema di 
 Venezia è stato certamente quello di aver voluto a tutti i costi 
 presentare il film Binjip del coreano Kim Ki-duk, già presente a 
 Venezia alcuni anni fa con L’Isola che lasciò parecchi 
 interdetti e…schifati per la troppa violenza. 
 "Binjip" è un film magico. Una di quelle pellicole che 
 colpiscono per la storia estrosa che si racconta e che una volta 
 vista ti lascia quella sensazione di aver assistito ad un 
 piccolo prodigio che solo il cinema sa realizzare.
 Attualmente nelle sale italiane, il film sarà presto in vendita 
 in DVD e cassette.
 E’ un piccolo gioiello da non perdere, visto l’incondizionato 
 entusiasmo con cui l’hanno visto i cinefili globali. E’ una 
 storia di poesia e d’amore fatta d’intesa profonda dove non 
 servono le parole, raccontata in modo asciutto, lineare ed 
 armonioso, conserva una divertente dimensione onirica fino alla 
 fine dove non sappiamo se quello che vediamo corrisponde al 
 sogno o alla realtà. Questo è il film che ha tanto divertito, 
 alla 61.ma Mostra di Venezia, sia i critici che il pubblico che 
 gli avrebbe voluto assegnare il leone d’oro. 
 Il film Binjip
 Presentato nelle sale con un titolo piuttosto fedele al 
 significato in coreano, ma curioso e non attraente in italiano, 
 ma facilmente spiegabile da chi pratica il golf (Ferro 3 è una 
 mazza da golf che serve al protagonista per certi “lavoretti”) 
 Ferro3. La casa vuota, narra la storia di Tae-suk, che cercando 
 case altrui da abitare in assenza dei proprietari, si imbatte 
 nella ricca Sun-hwa, maltrattata dal marito.
 Il ragazzo, gira 
 per la città per distribuire volantini pubblicitari. La sera non 
 torna a casa ma si introduce furtivamente nelle case che sa 
 essere vuote, ascolta dalle segreterie i messaggi dei padroni 
 che avvertono quando torneranno dopo di che vi si stabilisce. Egli 
 non ruba, né compie atti di vandalismo. Semplicemente vive per 
 qualche giorno in quelle case come se fosse lui il padrone. Lava 
 la biancheria, aggiusta le cose rotte, dorme nei letti, si 
 fotografa accanto alle fotografia dei legittimi proprietari. 
 Vive le case e le vite degli altri ma lo fa con estremo garbo e 
 rispetto quasi affezionandosi alle cose che per qualche giorno 
 usa ed utilizza.
 Un giorno si intrufola in una casa di ricchi 
 credendola vuota ed incontra Sun-hwa, una ragazza che da tempo 
 soffre per i maltrattamenti del marito. Tae-suk porta Sun-hwa 
 lontano dalla sua misera vita. Senza mai parlare comunicano con 
 il linguaggio del silenzio fatto di sguardi e d’intesa. Entrano 
 insieme nelle case vuote, ciascuno dei due sente il dolore e la 
 solitudine dell’altro e alla fine si innamorano. Un giorno 
 occupano una casa e scoprono il cadavere di un vecchio. 
 Celebrano un funerale decoroso al morto e cominciano a vivere 
 nella sua casa. Ma i loro brevi giorni di felicità finiscono 
 quando arriva il figlio del morto, che chiama la polizia.
 Tae-suk è accusato ingiustamente di omicidio, mentre Sun-hwa è 
 riportata dal marito. Mentre Sun-hwa aspetta il giorno che 
 Tae-suk sarà rilasciato, lui trova un modo “segreto” per far 
 ritornare la felicità che lui e Sun-hwa avevano condiviso.
 Il regista
 Dopo aver studiato arte a Parigi, Kim Ki-duk ritorna in Corea e 
 inizia la sua carriera di sceneggiatore, debuttando come regista 
 nel 1996 con il film a basso costo Ageo. Tra i suoi 
 lungometraggi più importanti, Bom yeoreum gaeul gyeoul geurigo 
 bom (2003), presentato ai premi Oscar come film straniero in 
 rappresentanza del cinema coreano e Samaria (2004), che ha vinto 
 l’Orso d’Argento per la miglior regia al 54. Festival del cinema 
 di Berlino.
 Domande & Risposte
 -
 Cosa significa il titolo del tuo film?
 Siamo tutti case vuote, e aspettiamo qualcuno che rompa la 
 serratura e ci renda liberi. La bellissima Sun-hwa mormora:
 Un giorno, il mio desiderio si avvera.
 Un uomo arriva come un fantasma
 E mi porta via dalla mia prigionia.
 E io lo seguo, senza dubbi, senza riserve...
 Finché incontro il mio nuovo destino... Infatti…
 -
 Hai studiato a Parigi, lontano dalla tua casa in un paese con 
 una cultura differente, quanto c’è di autobiografico nella 
 sceneggiatura,? Raccontaci come è nata la storia...
 Non c’è assolutamente nulla di autobiografico in questo film. La 
 storia vuole raccontare la storia dell’attesa, il film vuole 
 essere il film dell’attesa, l’attesa che anche una casa vuota 
 può avere che qualcuno arrivi a riempirla. E’ un film 
 essenzialmente sulla società più che sulle mie esperienze 
 personali; è il modo in cui io vedo la società, in questo è 
 personale, ma non è un film con caratteristiche autobiografiche, 
 assolutamente.
 -
 I giovani in Corea che non hanno casa, utilizzano le altre case 
 come nel film?
 Non c’è nulla di tutto questo nel mio film (non vuole denunciare 
 questioni sociali) Più che altro, voglio intendere il vuoto che 
 c’è nell’animo di ciascuno; la possibilità di una speranza, di 
 un miglioramento della propria vita, il poter andare verso 
 un’altra vita diversa da quella che si vive, in cui ci si trova. 
 è il vuoto che c’è nell’animo di ciascuno di noi che può essere 
 riempito quindi anche la storia di questa donna che è 
 estremamente maltrattata, molto triste, insoddisfatta a ragione. 
 Le piacerebbe venire fuori da questa situazione in cui si trova 
 ma non ci riesce se non c’è qualcuno che l’aiuta. Molto spesso è 
 così. 
 Abbiamo bisogno di qualcuno che ci aiuti a venir fuori da una 
 situazione di grande disagio, di grande sofferenza o di grande 
 difficoltà. Tae-suk, in questo caso, è il personaggio che 
 interviene ad aiutarla e che, quindi la porta via da questa 
 prigione, da questa casa prigione. In realtà poi sappiamo che la 
 storia non funziona molto liscia. Non va tutto per il meglio e 
 quindi lui poi viene imprigionato. Anche quando lei ritorna da 
 questo marito che abusa di lei, che la maltratta, riesce in 
 qualche modo a far sì che la donna ritorni ad essere felice. 
 (emblematica la scena di lei che abbraccia il marito ma bacia 
 lui nascosto dietro le sue spalle).
 Lei va verso un’altra vita e cioè quella che lei aveva sempre 
 desiderato. Questa felicità a cui lei anelava, Tae-suk fa in 
 modo che lei la ottenga.
 -
 Nei tuoi film c’è già stato questo confronto con un mondo molto 
 violento che è il mondo in cui viviamo, adesso però in questo 
 tuo ultimo lavoro si può cogliere più chiaramente questa ricerca 
 di pace, in un percorso sempre a metà strada tra sogno e 
 realtà...
 I miei film del passato sono stati definiti più tristi ed 
 ammetto che siano così ed è giusto che siano stati definiti 
 così.
 A partire da “Primavera estate, autunno inverno…”, “Samarithan 
 girl” e questo film, ho cominciato ad inserire nei miei lavori 
 un po’ di speranza.
 Io amo la vita, amo le persone, non ho niente contro le persone 
 però in questi film ho creduto opportuno introdurre questo mio 
 aspetto, in modo da poter dare anche quest’impressione. Volevo 
 cioè parlare anche di altre cose, dare altri messaggi, in 
 particolare che tutto sommato c’è sempre una speranza per un 
 miglioramento.
 Il superamento del disagio del vivere quotidiano avviene 
 attraverso l’estraneamento? La “rinascita” in questo film è 
 piuttosto sofferta, è un farsi fantasmi, un estraniarsi rispetto 
 al vivere quotidiano perchè forse è troppo violento, troppo 
 inaccettabile?
 -
 Nel film il protagonista fa anche razionalmente delle cose che 
 non hanno senso, anche questo suo esercitarsi in prigione, chi 
 vuoi che capisca questa sua frenesia di cercare di imitare un 
 fantasma o comunque uno spirito incorporeo, questa entità...
 -
 Molta gente non capisce queste cose, non solo tra il pubblico ma 
 anche nel film.
 Io mostro come nessuno riesca a comprendere questa sua 
 metamorfosi.
 Il punto è proprio questo; mi chiedo se non sia veramente 
 necessario “impazzire” ma nel senso buono del termine, dando 
 sfogo alla propria fantasia, per arrivare ad una speranza, cioè 
 alla realizzazione della propria speranza, del proprio ideale, 
 del proprio sogno, ognuno lo definisca come vuole.
 Probabilmente c’è proprio questa domanda e le azioni dell’attore 
 sono possibili soltanto perchè siamo in un film, perchè 
 cinematograficamente le sue azioni sono ampiamente giustificate, 
 ma, in una società normale, una cosa del genere sarebbe 
 considerata veramente il non plus ultra della pazzia.
 -
 Il film presenta anche dei momenti estremamente divertenti, 
 quali erano le tue intenzioni nell’inserimento di queste parti 
 ironiche?
 Non volevo fare umore nero sulla storia, la considero piuttosto 
 una commedia ironica. Io voglio, tendo a ironizzare su 
 situazioni di estrema difficoltà, di estremo disagio, perchè 
 penso, spero, insomma sono convinto, mi auguro possano essere 
 meglio comprese le situazioni; meglio di quanto non lo sarebbero 
 se io continuassi a piangere, se continuassi a mantenere la 
 disperazione dei personaggi calati ed imprigionati nella loro 
 situazione no? 
 Quindi definirei il mio film come una commedia ironica.
 -
 Sei stato pittore in Francia, oltre che militare nel tuo Paese, 
 oltre ad aver fatto lavori di assistenza ed altre cose ancora. 
 Il tuo aspetto artistico quanto ha influenzato il tuo lavoro di 
 regista?
 A parte aver dipinto per due anni durante la mia permanenza a 
 Parigi, poi non ho fatto più nulla in quella direzione. E’ ovvio 
 che aver avuto questo tipo d’esperienza mi aiuta nella 
 composizione della scena, ma non è solo quello che mi aiuta nei 
 miei film, mi aiuta il fatto di essere stato un militare, mi 
 aiuta il fatto di aver prestato servizio civile, mi aiuta il 
 fatto di aver vissuto tante esperienze, cioè quello che sono 
 oggi, è nei miei lavori. Quello che sono diventato oggi, mi 
 aiuta a produrre quello che produco oggi.
 -
 Quali sono i cineasti che da giovane ti hanno influenzato di 
 più?
 Non ritengo di aver avuto influenze particolari.
 -
 Come considera il rapporto tra la Corea di oggi e l’Occidente?
 Abbiamo visto altri tuoi film dove si vedeva una Corea 
 tradizionale appena contaminata dall’Occidente, nel film che hai 
 presentato a Venezia quest’anno vediamo una Corea che 
 sicuramente è molto più occidentale...
 Certo, nei miei primi film era più facile vedere persone che 
 vivevano in grande povertà, con gravi difficoltà economiche etc, 
 rispecchiava la realtà della Corea di allora. Era un Paese 
 ancora in fase di sviluppo.
 In realtà però la Corea è anche 
 altro oggi, non è solo quello, ed ho il desiderio di mostrare 
 una Corea che si è anche occidentalizzata. Tra l’altro le 
 problematiche della storia del film non sono strettamente 
 correlate alla Corea: la casa vuota, il tema della solitudine, 
 della speranza, sono un discorso universale valido sia in Corea, 
 in America, sia in Italia... La Corea attualmente si è 
 diversificata, difatti nel film non parlo soltanto di case 
 ricche, faccio vedere anche la casa di una persona poverissima. 
 Ci sono le varie tipologie di reddito come esistono in tutto 
 l’occidente e nel mondo.
 -
 Com’è tornare a Venezia dopo tre anni perchè quando presentasti 
 The Island l’accoglienza non fu calorosa, questa volta invece 
 l’accoglienza è stata molto buona, di pubblico e di critica 
 (standing ovation di 10 minuti!...); come hai vissuto tutto 
 questo?
 La mia partecipazione a Venezia durante la direzione di Barbera, 
 è stata in assoluto la mia prima partecipazione ad un festival 
 internazionale, Ho sicuramente un grande debito di riconoscenza 
 nei confronti del Festival del Cinema di Venezia, tra l’altro 
 Barbera mi ha voluto con un secondo mio lavoro dopo The Island. 
 Durante la direzione di Hagen i miei film non sono arrivati e 
 Spring Summer è andato al Festival di Locarno; molti giornalisti 
 mi chiedevano perchè non lo hanno voluto a Venezia, (come film 
 coreano ha avuto un notevole successo in Occidente) io 
 rispondevo che avranno avuto i loro motivi.
 Adesso con il cambio della guida del Festival, con l’arrivo di 
 Muller mi hanno richiamato, per cui non posso che essere felice 
 e riconoscente verso coloro che mi hanno richiamato. Per quanto 
 riguarda i premi, per me è già un premio molto grande essere 
 qui, altri desideri non ne ho... altre speranze non so.
 -
 Il prossimo progetto?
 Ho sempre pensato che io debba fare dei film diversi da quelli 
 che si fanno in America etc... Li voglio fare, sento di farli, 
 questo è il mio desiderio:
 Questa volta ho pensato di fare un film sulla storia di una 
 pistola, vista dal punto di vista della pistola. della macchina, 
 dello strumento in sé. Quindi una pistola che è nata per un 
 assassino perchè è lì per essere usata e l’uso di solito è 
 quello negativo dell’assassino che deve uccidere qualcuno però, 
 mi prefiggo di presentare la storia dal punto di vista della 
 macchina perchè voglio dimostrare che non è giusto considerarla 
 soltanto uno strumento ma bisogna darle la giusta importanza e 
 riconoscergli anche una sua personalità, nel senso che poi 
 vedremo.
 Domande agli attori protagonisti
 -
 La vostra interpretazione è stata veramente toccante, con così 
 pochi dialoghi siete stati capaci di dare così tanta emozione 
 sullo schermo
 Ringraziamo, ma è grazie alla bravura del regista che ci ha 
 preparato per la quale siamo riusciti a rendere 
 l’interpretazione così efficace anche in assenza di dialoghi.
 -
 Come è stato lavorare con Kim sul set di ripresa, quale è stata 
 l’interazione tra voi attori ed il regista?
 Prima di tutto ha voluto capire il carattere perfettamente poi 
 per capire come filmare. Quindi c’è stata una fase di 
 preparazione e poi abbiamo seguito le sue indicazioni.
 -
 Come è avvenuto il processo di caratterizzazione, avete letto la 
 sceneggiatura, poi come siete andati più a fondo nel 
 personaggio, avete discusso con il regista?
 Sul set abbiamo avuto momenti di attesa per la preparazione 
 tecnica ma, una volta chiariti i punti con il regista tutto si 
 risolveva con una presa, è sempre andata bene la prima! E’ stato 
 un rapporto molto stretto con il regista che ci ha permesso di 
 non ripetere mai le riprese, abbiamo reso esattamente quello che 
 voleva al primo ciak.
 Domanda al protagonista maschile
 Come sei riuscito ad immedesimarti nel personaggio che non parla 
 mai?
 Ho sempre immaginato la situazione nel mio cuore e nella mia 
 mente, identificandomi il più possibile nella storia.
 Domanda alLA protagonista FEMMINile
 -
 Dalla tua interpretazione si intuisce una certa sottomissione 
 delle donne nella cultura del tuo paese. Puoi dirmi qualcosa in 
 proposito?
 Penso che la violenza sulle donne purtroppo è presente. Penso 
 che l’importante è riuscire a mettere fine a queste situazioni. 
 Molte donne devono lottare per uscire da queste violenze. Come 
 nel film devono trovare una via per uscirne.
 Ma senza di lui saresti rimasta in quella situazione per 
 sempre...
 Credo effettivamente che sarei potuta morire.
 -
 Quale può essere il seguito del film, il seguito della storia 
 per voi due? - Cosa succederà ai due protagonisti del film?
 Vediamo che alla fine del film queste tre persone vivono insieme 
 ma, non sappiamo se una di queste è un fantasma, se esiste 
 realmente oppure no.
 Non sappiamo se è un prodotto della mente di lei per trovare un 
 modo di uscire da quella situazione insopportabile.
 Come pensate che verrà accolto il film nel vostro paese, in 
 Corea?
 Speriamo per il meglio, ma non sappiamo adesso come potrà essere 
 l’accoglienza per questo film. Speriamo che guardino questa 
 storia con una mente aperta e dato che non ci sono molti 
 dialoghi speriamo che sentano quello che riusciremo a 
 comunicargli dallo schermo con il cuore.
 Siete pronti per Hollywood?
 (ridono..) Non sappiamo...
Diana Barrows
 
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